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mercoledì 7 giugno 2017
L'uragano incombente sulla perfezione eterna del casinò
di David Stockman
Non esiste altro modo per dirlo: il mercato è follemente sopravvalutato in questo momento.
La cosiddetta ripresa economica è già durata 96 mesi. È la ripresa più lunga della storia. È anche la più debole, ma non lo vedrete mai dal mercato azionario.
Adesso l'indice S&P è trattato a circa il 24X dei suoi utili. Questa è quella che chiamerei una sezione della storia davvero folle. E non è assolutamente giustificata dall'economia di base.
Quello che il mercato sta dicendo è che avremmo raggiunto il punto della sempiterna piena occupazione. Non ci sarà mai un'altra recessione o qualsiasi tipo di sorpresa economica o dislocazione. Non vi è alcuna ragione per cui i mercati dovrebbero trovarsi vicino ai livelli a cui sono oggi, se ai mercati fosse permesso di funzionare normalmente.
I mercati sfoggiano prezzi che a quanto pare saranno perfetti per l'eternità.
Senza senso!
Il fatto è che l'economia reale, a parte i canyon di Wall Street, è in una pessima forma. Il Dipartimento del Commercio ha recentemente segnalato che la crescita del PIL per il primo trimestre è stata solo dello 0.7%. Il rapporto ha anche rivelato che è stato il primo trimestre più lento per la spesa familiare sin dal 2009.
Alcuni economisti la chiamano "velocità di stallo". Dopo 94 mesi di ripresa più debole nella storia moderna, non c'è altro modo per descriverlo.
Non è esattamente la perfezione.
Siamo alla fine di una bolla ventennale che ha gonfiato l'economia mondiale al di là di qualsiasi livello sostenibile. Stiamo ora affrontando il giorno della resa dei conti in cui soffriremo per una deflazione enorme negli anni a venire.
L'economia globale si trova in un punto in cui non è mai stata prima d'ora. Non abbiamo mai sperimentato otto anni di tassi nei mercato monetari effettivamente a zero, neanche durante il punto più basso della depressione negli anni trenta. E non abbiamo mai avuto una bolla del credito nell'economia mondiale paragonabile a quella che abbiamo adesso.
In 20 anni le banche centrali hanno portato i loro bilanci da circa $2,000 miliardi nel 1995 ai $21,000 miliardi di oggi.
E l'economia globale è ora sepolta sotto una montagna di debiti da $225,000 miliardi, se riuscite ad immaginare un numero così grande.
Nel settore immobiliare stanno spuntando nuove bolle. Stiamo inoltre assistendo ad elevati livelli di default nei prestiti agli studenti e nell'industria automobilistica. Nonché un tracollo nel settore della vendita al dettaglio
Anche il Bureau of Labor Statistics (BLS) sembra aver capito la condizione orribile in cui languono i centri commerciali. Negli ultimi mesi ha riportato una riduzione di 60,000 unità nei conteggi delle occupazioni. E un calo di 758,000 unità nel conteggio effettivo fin dal picco del dicembre scorso.
A proposito, ciò si confronta con un calo di 644,000 unità rispetto al dicembre/marzo dell'anno precedente.
Il ribasso nelle vendite dei grandi magazzini — che comprendono il 70% del traffico nei centri commerciali — non è affatto finito. Secondo la lettura più recente, il tasso di vendita mensile è sceso del 30% rispetto al picco pre-crisi.
Questo in dollari nominali. In termini reali, le vendite dei grandi magazzini sono diminuite del 50% a partire dai primi anni di questo secolo.
Inoltre ciò che sta accadendo non è semplicemente ciclico nel senso tradizionale. I consumatori americani gravati dal debito sono bloccati: non stanno affatto facendo shopping, perché la cosiddetta "ripresa" è stata sprecata. Cioè, i consumatori non possono spendere energicamente perché non c'è stato un deleveraging significativo sin dalla crisi del 2008.
Questo a sua volta significa che la politica economica keynesiana di Washington è stata nuovamente confutata: la convinzione che la spesa al consumo sia il motore della prosperità.
Infatti, nonostante un aumento del 5X nel bilancio della FED — da $900 miliardi alla vigilia della crisi Lehman ai $4,500 miliardi di oggi — i nostri banchieri centrali keynesiani non potrebbero spingere i consumatori a prendere in prestito e spendere.
Questo perché, come ho già sottolineato molte volte, sono impalati sul Picco del Debito.
L'unica crescita significativa nella spesa al dettaglio dopo la crisi, si è verificata tra il 20% delle famiglie americane. Ma la storia dimostra oltre un'ombra di dubbio che quando il mercato azionario crolla, le carte di credito tornano nel portafoglio.
Infatti questo sta già succedendo. I migliori dati non sono forniti dai mulini statistici dello stato, ma dalle carte di credito e di debito di Bank of America.
A febbraio le vendite nei grandi magazzini sono calate del 15% rispetto all'anno scorso. Questo è il più grande calo mai registrato.
In una parola, il settore dei centri commerciali si trova ad affrontare forti turbolenze: domanda in calo ed immensa sovraccapacità.
Sembra proprio che quasi 150 milioni di metri quadrati di spazi al dettaglio potrebbero chiudere nel 2017 — un record di tutti i tempi.
Quindi, in uno sforzo disperato per farvi fronte, i rivenditori al dettaglio in tutto il mondo stanno riducendo i prezzi, aumentando le spese di merchandising e tentando di riempire i negozi vuoti con servizi d'intrattenimento.
Questo è un disastro in corso di svolgimento. L'indice S&P potrebbe facilmente cadere del 40% o più, a 1,600 o 1,300, una volta che la fantasia avrà fine. Quando verrà sconfessata la folle idea che ci sarà un stimolo fiscale targato Trump, l'illusione sarà fatta a pezzi.
Lo stimolo non avverrà. Il Congresso non riuscirà ad approvare un taglio fiscale così grande senza una risoluzione di bilancio che incorpori nel prossimo decennio $10,000 miliardi o $15,000 miliardi in nuovo debito.
Non ci sarà alcuna offerta d'acquisto per le azioni una volta che si diffonderà il panico. L'indice S&P 500 scenderà di centinaia e centinaia di punti mentre ci sposteremo in questa crisi "inaspettata".
La cosa principale è uscire dai mercati. Sono instabili. Non credo che ci sia alcuna ragione per possedere azioni a questo punto del gioco. L'intero mercato è semplicemente sopravvalutato. Può ancora salire del due o tre per cento, ma le azioni si trovano ad affrontare un calo del 30% o 40%.
In altre parole, il quoziente rischio/ricompensa è orribile. La morale della favola è che tutto questo avrà fine.
La FED ha finalmente esaurito la polvere da sparo asciutta. Sta smettendo di acquistare obbligazioni. Sta addirittura parlando di iniziare a contrarre il suo bilancio. Le banche centrali stanno finalmente arrivando alla fine della strada.
Non ci sarà una maggiore stampa di denaro, e questa è la dura realtà che i mercati devono affrontare.
Dirigetevi verso le uscite ora, mentre è ancora possibile!
Oltre a ciò, la Cina è sull'orlo di un'implosione finanziaria massiccia e ha già fatto ricorso alla crescita del debito, il quale ha raggiunto un tasso annualizzato di $4,000 miliardi (33% del PIL) nel primo trimestre. Di conseguenza i prezzi mondiali del commercio e delle materie prime si stanno dirigendo verso una caduta deflazionistica — come sta già accadendo al petrolio, al ferro e al rame.
Ma per qualche strano motivo la volatilità del mercato è ad un livello minimo da 24 anni a questa parte, nonostante la convergenza senza precedenti tra rischi politici, fiscali e monetari — per non parlare dei punti caldi della politica estera, dall'Ucraina alla Siria fino alla penisola coreana.
Per usare una metafora, non sono mai stato nell'occhio di un ciclone ma vivo a pochi isolati da Wall Street e riesco a sentire salire la pressione barometrica finanziaria.
Infatti, a differenza delle cinque azioni FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Goggle), il mercato è in crollo silenzioso dal primo marzo.
Proprio così. Negli ultimi 70 giorni i FAANG hanno guadagnato $260 miliardi in valore di mercato, mentre le altre 495 aziende nell'indice S&P 500 hanno perso un ammontare identico. E questa storia del tutto inconfondibile è assolutamente chiara.
Infatti la capitalizzazione di mercato dell'indice S&P 500 è salita da $19,500 miliardi a $21,300 miliardi negli ultimi 29 mesi. Ma solo cinque titoli NASDAQ (i cosiddetti "Big 5"), composti da Microsoft più i FAANG (meno Netflix), rappresentano il 56% di quei $1,800 miliardi di aumento.
Detto in modo diverso, la capitalizzazione di mercato dei "Big 5" del NASDAQ è salita da $1,900 miliardi a quasi $3,000 miliardi rispetto all'inizio del 2015, o del 55%. Questo a confronto con un aumento solo del 4.5% nella capitalizzaione di mercato degli altri 495 titoli nell'indice S&P 500 in suddetto periodo.
Questo è un radicale restringimento del mercato, se ancora ce ne fosse uno. È anche la prova che l'occhio del ciclone finanziario ora si trova in cima ai canyon di Wall Street.
Quando il mercato si restringe ad una manciata di nomi cosiddetti momo, è tutto finito. Come il caso Nifty Fifty nei primi anni '70, un crash è proprio dietro l'angolo.
In breve, queste cinque compagnie gigantesche rappresentano essenzialmente l'ultimo spasmo di una bolla finanziaria monumentale che è stata gonfiata per quasi tre decenni.
Uscite mentre ancora potete!
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Ce ne faremo una ragione, meglio ancora stando dentro altri tipi di mercato: tra fisico e digitale rigorosamente non governativi.
RispondiEliminaR.G.