Bibliografia
▼
giovedì 1 giugno 2017
Da sola, la vendita di debito USA da parte della Cina non metterà in pericolo il dollaro
di Frank Shostak
Dopo essere arrivati a $1,315 miliardi a luglio 2011, i possedimenti di US Treasuries nelle mani della Cina sono calati a $1,058 miliardi a dicembre dello scorso anno — una calo del 19.5%.
La percentuale dei possedimenti totali di US Treasuries nelle mani delle aziende cinesi è scesa dal 28.2% a luglio 2011 al 17.6% a dicembre 2016.
Esiste una forte consenso secondo cui un calo dei possedimenti cinesi di US Treasuries potrebbe seriamente indebolire il dollaro USA e causare un notevole aumento della struttura dei tassi d'interessi americani. Quanto è realistico questo punto di vista?
Cosa determina il tasso di cambio?
I tassi di cambio sembrano muoversi in risposta a tanti fattori che rendono quasi impossibile stabilire dove siano diretti. Ma, piuttosto che prestare attenzione a questa molteplicità di variabili, è più ragionevole concentrarsi sulla variabile essenziale.
Per quanto riguarda la determinazione del tasso di cambio, la variabile essenziale è la variazione del potere d'acquisto delle diverse valute. È il potere d'acquisto relativo delle valute dei diversi Paesi che stabilisce il tasso di scambio.
Il prezzo di un paniere di beni è l'importo in denaro pagato per tale paniere. Possiamo anche dire che l'importo in denaro pagato per suddetto paniere, rappresenta il potere d'acquisto del denaro in rapporto al paniere di beni.
Se negli Stati Uniti il prezzo di un paniere di beni è $1 e in Europa un paniere identico viene venduto a €2, allora il tasso di cambio tra il dollaro e l'euro deve essere $1 = €2.
Un fattore importante per stabilire il potere d'acquisto del denaro è l'offerta di moneta. Se nel tempo il tasso di crescita dell'offerta monetaria degli Stati Uniti supera il tasso di crescita dell'offerta monetaria europea, ceteris paribus, questo metterà pressione al rialzo sui dollari USA. Dal momento che un prezzo di un bene è la quantità di denaro pagato per esso, questo significa che i prezzi dei beni in termini di dollari aumenteranno più velocemente rispetto ai prezzi in termini di euro, ceteris paribus.
Se usiamo l'esempio numerico di sopra, allora possiamo dire che un rapido aumento dell'offerta di moneta statunitense farà aumentare il prezzo di suddetto paniere di beni a $2, mentre in Europa rimarrebbe a €2; il tasso di cambio diventa di $1 = €1. In altre parole, il dollaro s'è dimezzato di valore rispetto all'euro, mentre lo stesso paniere di beni è raddoppiato di prezzo in termini di dollari.
Un altro fattore importante che influenza il potere d'acquisto del denaro ed il tasso di cambio, è la domanda di moneta. Ad esempio, un aumento della produzione di beni farà aumentare la domanda di moneta. La domanda dei servizi del mezzo di scambio salirà poiché si prevede che più beni verranno scambiati, di conseguenza, per una determinata offerta di moneta, il potere d'acquisto del denaro aumenterà perché meno soldi "inseguiranno" più beni.
Vari fattori, come il differenziale del tasso d'interesse, possono far deviare temporaneamente il tasso di cambio dal livello dettato dal relativo potere d'acquisto. Queste deviazioni, tuttavia, mettono in moto forze correttive.
Diciamo che la FED aumenti il suo tasso d'interesse di riferimento mentre la Banca Centrale Europea mantenga invariata la propria linea di politica.
Abbiamo visto che se il prezzo di un paniere di beni negli Stati Uniti è di $1 e in Europa €2, allora secondo il quadro di riferimento del potere d'acquisto il tasso di cambio dovrebbe essere $1 = €2.
A seguito di un allargamento del differenziale del tasso d'interesse tra gli Stati Uniti e l'Eurozona, un aumento della domanda di dollari spingerà il tasso di cambio sui mercati verso, per esempio, $1 = €3.
Ciò significa che il dollaro è ora sopravvalutato se misurato dal relativo potere d'acquisto tra il dollaro e l'euro.
In questa situazione, sarà proficuo vendere il paniere di beni in cambio di dollari, scambiarli per euro e poi acquistare il paniere di beni in euro — facendo così arbitraggio.
Ad esempio, gli individui vendono un paniere di beni per un dollaro, scambiano un dollaro per tre euro e poi scambiano tre euro per 1.5 panieri, guadagnando uno 0.5 in panieri di beni.
Il fatto che chi possiede dollari aumenterà la sua domanda di euro per trarre vantaggio dall'arbitraggio, renderà l'euro più costoso in termini di dollari — spingendo di nuovo il tasso di cambio verso $1 = €2.
Ci sarà sempre un arbitraggio se il tasso di cambio devia, per qualsiasi motivo, dal tasso di cambio sottostante determinato dal potere d'acquisto delle varie valute.
Vendita di titoli di stato USA da parte degli investitori cinesi e il dollaro
La possibilità che le autorità cinesi possano ridurre i loro possedimenti di asset statunitensi e passare ad asset europei, viene vista da diversi commentatori economici come una minaccia per il dollaro statunitense.
Ora supponiamo che, a causa di questo cambiamento, il dollaro USA si indebolisca. Tale indebolimento, invece, è contrario al tasso di cambio sottostante, impostato dal potere d'acquisto delle varie valute.
Se, in base alla logica sopra illustrata, il dollaro non è troppo costoso (vale a dire, non sopravvalutato in termini di potere d'acquisto), allora il calo del dollaro derivante dalle modifiche nell'asset allocation da parte della Cina sarà di breve durata.
Questo perché — come sopra descritto — gli arbitraggi agiranno per riportare il tasso di cambio in linea con il relativo potere d'acquisto delle varie valute.
Ad esempio, un calo del dollaro rispetto all'euro renderà vantaggioso vendere merci in cambio di euro e poi scambiarli per dollari.
Con più dollari un individuo sarà in grado di comprare più beni e servizi. Ovviamente questo metterà in moto forze correttive fino a quando il tasso di cambio non si sposterà verso quello dettato dai mercati.
Si noti che il calo visibile dei possedimenti cinesi di debito pubblico statunitense dal luglio 2011 al dicembre 2016, non sono associati ad un forte calo del dollaro rispetto alle principali valute.
Al contrario, in questo periodo — quando i possedimenti sono diminuiti del 19.5% — il dollaro è aumentato del 27% rispetto all'euro e del 52.3% rispetto allo yen.
Il fattore chiave è che il potere d'acquisto del dollaro rispetto al potere d'acquisto dell'euro e dello yen, ha fornito il supporto al tasso di cambio del dollaro.
Al fine di cogliere i cambiamenti nel potere d'acquisto delle valute, confrontiamo, coi grafici qui sotto, la crescita relativa dell'offerta di moneta (utilizzando l'AMS, la nostra misura preferita) tra, da un lato, gli Stati Uniti e l'Eurozona e, dall'altro, gli Stati Uniti e il Giappone.
Rispetto all'Eurozona e al Giappone, la crescita dell'offerta di moneta negli Stati Uniti (AMS) ha mostrato un calo visibile, il che significa che il ritmo di pompaggio monetario negli Stati Uniti è diminuito rispetto all'Eurozona e al Giappone.
Ciò ha portato ad un dollaro più forte rispetto all'euro e allo yen.
Vendita di titoli di stato USA da parte degli investitori cinesi e tassi d'interesse degli Stati Uniti
La preferenza temporale degli individui è ciò che sostanzialmente va a determinare il tasso d'interesse. Mentre la ricchezza degli individui si espande, considereranno l'allocazione delle loro risorse in attività che, prima di questa espansione, non potevano permettersi.
Un aumento della ricchezza è associato ad un abbassamento della preferenza temporale, vale a dire, un passaggio ad una preferenza per il consumo futuro rispetto ad un consumo presente.
Ad esempio, l'abbassamento delle preferenze temporali a causa dell'espansione della ricchezza reale è associato ad una maggiore propensione al risparmio e all'investimento, riducendo così la domanda di moneta. Ciò significa che per un determinato prezzo del denaro, emergerà un aumento in eccesso nell'offerta di moneta in base alle esigenze delle persone.
Per sbarazzarsi di questo aumento in eccesso, ceteris paribus, le persone aumenteranno l'acquisto di vari asset, facendone salire nel processo i prezzi e riducendone i rendimenti. (Ricordate che l'aumento del bacino della ricchezza reale è associato ad un abbassamento della struttura dei tassi d'interesse. Avviene l'inverso con una diminuzione della ricchezza reale.)
Qual è la relazione tra i tassi d'interesse e un aumento dell'offerta di moneta? Un aumento dell'offerta di moneta, ceteris paribus, significa che quegli individui la cui quantità di denaro è aumentata, sono ora molto più ricchi. Questo a sua volta mette in moto un abbassamento delle preferenze temporali. Quindi emergerà una maggiore volontà d'investire e di prestare risorse reali. L'aumento dei prestiti e degli investimenti comporterà l'abbassamento della domanda di moneta da parte del prestatore e dell'investitore.
Di conseguenza, per un determinato prezzo del denaro, un aumento dell'offerta di moneta insieme ad un calo della domanda, faranno emergere un eccesso nell'offerta di moneta che a sua volta farà salire i prezzi degli asset ed abbasserà i loro rendimenti.
Capiamo quindi che la chiave per la determinazione dei tassi d'interesse è la preferenza temporale delle persone, la quale si materializza attraverso l'interazione tra domanda e offerta di moneta.
Il ruolo della Cina
Esaminiamo ora il ruolo della Cina in questo contesto. Per quanto riguarda l'offerta di moneta — ossia, l'offerta di dollari — la Cina non ha alcun effetto.
La fonte dell'offerta di dollari è la banca centrale (la FED) e le banche commerciali (tramite la riserva frazionata).
Dal punto di vista della domanda, quando la Cina aumenta le proprie esportazioni di beni negli Stati Uniti, il primo effetto è l'aumento della domanda cinese nei confronti dei dollari statunitensi.
Tuttavia una volta che la banca centrale cinese investe questi dollari in US Treasuries, ciò compensa la domanda cinese nei confronti del denaro degli Stati Uniti.
Quindi l'effetto netto complessivo non è un cambiamento della domanda. La domanda potrebbe anche emergere quando la banca centrale cinese interviene per fermare un rafforzamento dello yuan.
Una volta che la banca centrale investe questi dollari in altri asset, ciò va a ridurre la domanda di denaro americano.
Le azioni della Cina non influenzano né la domanda di denaro statunitense, né la sua offerta; ciò implica che le azioni della Cina non hanno alcun effetto duraturo sui tassi d'interesse degli Stati Uniti.
Se la Cina dovesse decidere di vendere le proprie quote di titoli di stato americani, potrebbe portare ad un aumento iniziale e di breve termine dei rendimenti.
Tuttavia è improbabile che i cinesi si siedano sui dollari ricevuti — probabilmente li spenderebbero comprando altri asset statunitensi, aumentandone di conseguenza i prezzi e riducendone i rendimenti.
Pertanto l'azione della Cina è improbabile che abbia un effetto sull'offerta di denaro americana. Di conseguenza, oltre a possibili ripercussioni di breve termine, la vendita di titoli del Tesoro USA non avrà alcun effetto sul livello generale dei tassi d'interesse degli Stati Uniti.
Infatti un calo dei possedimenti cinesi di US Treasuries tra il luglio 2011 e il dicembre 2016, è stato accompagnato da un calo dei rendimenti del decennale americano.
Inoltre, si noti che il rendimento ha una correlazione inversa con la crescita dell'offerta monetaria (AMS) — in linea con la nostra precedente discussione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Shostak non tiene conto della geopolitica, che se ne infischia delle sacrosante leggi immutabili dell'economia onesta (non manipolata).
RispondiEliminaI governanti cinesi coi dollari intascati comprano l'oro fisico ai prezzi bassi del cartaceo che riescono a tenere giù proprio per questo motivo. Perché l'oro è il lasciapassare per sedersi al tavolo che conta di più.
Shostak ragiona in modo coerente, ma distante dalla realtà falsificata in cui siamo. E che fa comodo a tutti quelli che fanno girare il mondo ed a quelli che hanno capito come gira e ne approfittano finché gira così.