martedì 2 maggio 2017

Perché la guerra è un'illusione così attraente?





di Jeffrey A. Tucker


Gli Stati Uniti sembrano sull'orlo di dichiarare l'ennesima guerra in base all'indignazione su ciò che sta accadendo in Siria, e presumibilmente per il bene dei diritti umani, con un senso del tutto ingiustificato di certezza che la guerra produrrà un risultato migliore rispetto alla diplomazia, al commercio e alla cautela.

Il 6 aprile di 100 anni fa gli Stati Uniti entravano nella Grande Guerra, la guerra per porre fine a tutte le guerre, una guerra per la libertà, l'autodeterminazione, la giustizia, la morale, la verità, la democrazia e contro la monarchia, la tirannia e l'assolutismo. A quei tempi doveva sembrare una passeggiata per coloro che detenevano il potere: mettere insieme una massiccia forza militare, far vedere che facevano sul serio e guardare i nemici farsela sotto dalla paura. Il presidente Woodrow Wilson ci credeva così tanto che perseguitava ed imprigionava coloro che erano in disaccordo con lui.

Il progresso della libertà si concluse quel giorno. Dopo pochi anni gli Stati Uniti avevano già introdotto un'imposta sul reddito, insieme ad interventi strutturali in materia di diritto del lavoro, stato sociale, diritto di famiglia, normativa aziendale, antitrust, e molto altro ancora. Fatto ancor più significativo, sarebbe stata istituita la FED che avrebbe fornito una nuova garanzia per la sicurezza dei titoli di stato.

Erano tempi nuovi, con in atto una strategia per il controllo della popolazione ed il raggiungimento di alcuni risultati. Questa generazione di élite divenne apertamente sprezzante della Costituzione, dell'economia di mercato, del liberalismo in generale. La guerra divenne la prova del nuovo modo di pensare.

I risultati sono stati catastrofici, non solo per quella generazione, ma per tutte le generazioni future. È sconcertante considerare le conseguenze: più di 17 milioni di persone morte, la maggior parte a causa delle malattie. La pace in Europa venne frantumata e non sarebbe tornata per un lungo periodo di tempo.

Michael Kaziz ci spiega i risultati:

Come sarebbe finita la guerra se l'America non fosse intervenuta? La carneficina avrebbe potuto continuare per un altro anno o due, fino a quando i cittadini delle nazioni in guerra, che già protestavano per gli infiniti sacrifici richiesti, avrebbero costretto i loro capi a raggiungere un accordo. Se gli alleati, guidati da Francia e Gran Bretagna, non avessero raggiunto una vittoria totale, non ci sarebbe stato alcun trattato di pace punitivo come quello di Versailles, niente risentimenti da parte dei tedeschi, e quindi nessuna ascesa, tanto meno trionfo, di Hitler e dei nazisti. La guerra mondiale successiva, con i suoi 50 milioni di morti, probabilmente non ci sarebbe stata.

La guerra ha anche distrutto i vecchi sistemi morali e li ha sostituiti con quelli nuovi, in cui gli stati non sarebbero stati tenuti a rispettare qualsiasi senso di giusto e sbagliato. Gli stati non si preoccupavano della vita umana o della proprietà privata; perché se ne sarebbe dovuto preoccupare chiunque altro? Dopo questo periodo aveva senso vedere un crescente senso di disperazione nell'arte, nella musica e nell'architettura. Le luci della civiltà non erano state del tutto spente, ma erano state fortemente oscurate.

È facile parlare per slogan: “Abbasso la guerra, abbasso l'imperialismo, basta con l'uccisione di innocenti all'estero!” E questi sono bei sentimenti. Ma il mondo reale dei conflitti esteri raramente offre una scelta netta tra la pace e la guerra. Più spesso le cose si riducono ad un unico dilemma: l'intervento in una guerra già in corso ridurrà o intensificherà un problema che già esiste?

Gli Stati Uniti hanno spesso sostenuto di andare in guerra per evitare una guerra peggiore, o per punire un'aggressore ed evitare una guerra futura. E qui è dove le cose diventano moralmente confuse. È stato per sostenere i “combattenti per la libertà” in Afghanistan e liberare il paese dall'oppressione sovietica che gli Stati Uniti sono intervenuti negli anni '80; solo per scoprire in seguito che quei gruppi sostenuti dagli Stati Uniti sarebbero diventati gradualmente i talebani, poi Al Qaeda e, infine, l'ISIS. C'è da rabbrividere se si pensa che gran parte delle armi usate oggi dai terroristi, sono state originariamente fornite dai contribuenti americani.

Era per “punire l'aggressione” che gli Stati Uniti hanno attaccato la prima volta l'Iraq un quarto di secolo fa. E a causa della armi di distruzione di massa (inesistenti), gli Stati Uniti hanno attaccato di nuovo l'Iraq nel 2003, con risultati catastrofici per l'America e l'intera regione del Medio Oriente. E alla fine hanno scatenato una crisi di rifugiati in Europa, la quale sta incoraggiando le forze autoritarie nella vita politica. E nel caso della Libia, gli Stati Uniti sono intervenuti con attacchi aerei per rovesciare un terribile dittatore, ma invece di dare la libertà, i risultati hanno scatenato un esercito che continua a diffondere violenza e morte in tutta l'Africa e in tutto il mondo.

E ora ci troviamo di fronte al problema intrattabile della Siria, dove la sofferenza cresce di giorno in giorno. Sembra quasi impossibile mappare la politica degli attuali giocatori, tanto meno sapere per certo chi tra loro dovrebbe trionfare al fine di realizzare la migliore speranza per la pace. Ormai avremmo dovuto capire che non serve a nulla bombardare un governo o un regime. È da irresponsabili non porsi la domanda: che cosa accadrà dopo?

Questo è qualcosa che sappiamo grazie alla storia degli ultimi 100 anni. L'intervento degli Stati Uniti è più probabile che farà del male piuttosto che far giungere ad una pace duratura. La grande eccezione è l'intervento alleato per fermare la macchina da guerra nazista, ma anche questa eccezione ha bisogno di considerazioni aggiuntive. Perché gli USA hanno chiuso i confini agli immigrati ebrei dopo il 1924, e quante vite avrebbero potuto essere salvate permettendo semplicemente agli Stati Uniti di essere un santuario per coloro che negli anni '30 fuggivano dalla guerra? E perché, alla fine della guerra, gli Stati Uniti hanno dato il consenso per imporre una nuova tirannia sovietica sui paesi appena liberati?

Ma se dobbiamo davvero imparare dalla storia degli ultimi 100 anni, dovremmo stamparci in fronte una cosa: lo stato non può controllare i risultati dei suoi interventi militari. E tuttavia li persegue in ogni caso, sperando per un certo miglioramento del risultato.

Oggi guardiamo indietro alla Grande Guerra e ci chiediamo: a cosa stavano pensando? Come potevano essere così miopi riguardo gli effetti della guerra? Perché non sono stati più attenti circa le prospettive di scatenare un inferno incontrollato? Dovremmo porre le stesse domande su qualsiasi intervento odierno in Siria.

Le buone intenzioni non sono mai sufficienti per giustificare l'intervento statale. Ciò è particolarmente vero per la guerra, il programma statale più meschino, più mortale e più distruttivo mai concepito. Eppure continuiamo a supportarlo, riponendo la nostra fiducia nelle bombe, nella distruzione di massa, nella violenza legalizzata. Pensiamo che attraverso la guerra si possa fare del bene, ma potrebbe essere solo un'altra illusione seducente, proprio come lo era 100 anni fa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. fottersene di quello che avviene dopo https://www.youtube.com/watch?v=aYgmhO9QJFc

    RispondiElimina