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mercoledì 31 maggio 2017
L'apocalisse nella vendita al dettaglio e l'oppio degli utili di Wall Street
di David Stockman
Il Dipartimento del Commercio ha riferito che la crescita del PIL per il primo trimestre è stata solo dello 0.7%. Il rapporto ha anche rivelato che la spesa familiare s'è rilevata fra le più lente sin dal 2009.
Alcuni economisti la chiamano "velocità di stallo". Dopo 94 mesi di pseudo-ripresa economica, non c'è altro modo per descriverla.
Il PIL reale è cresciuto ad un tasso annuo dell'1.25% rispetto al picco precedente nel quarto trimestre del 2007 — appena un terzo del tasso di tendenza storico del 3.4%.
Generalmente penso che il PIL a breve termine e altri numeri sfornati dai mulini statistici di Washington, siano solo rumore casuale. Ma questa volta ci sono molti "dati in entrata" nella sfera commerciale che non possono essere ignorati.
Mi riferisco principalmente alle entrate fiscali dell'IRS. Nessuno dei 20 milioni di imprenditori americani compila moduli per sostituti d'imposta in base a salari fantasma. Non riportano pagamenti stimati per profitti che non si aspettano di fare.
Quindi, quando il marzo scorso la media mobile a 12 mesi delle entrate federali è scesa in territorio negativo per il quarto mese consecutivo, ci è stato consegnato l'ennesimo grande avvertimento. Dal punto di vista storico, questo non è accaduto al di fuori di una recessione.
Dopo un rimbalzo enorme alimentato dall'allentamento monetario sin dal crollo 2008-2009, i prestiti commerciali e le vendite immobiliari stanno ora tornando. Inutile dire che nel cuore di questo mercato da $3,000 miliardi c'è l'Armageddon nel settore delle vendite al dettaglio con più di 3,500 centri commerciali che chiuderanno solo all'inizio del 2017.
Anche il Bureau of Labor Statistics (BLS) sembra comprendere la condizione orribile dei centri commerciali. Negli ultimi mesi ha riportato una riduzione di 60,000 unità nei conteggi dei lavori. E un calo di 758,000 unità nel conteggio effettivo fin dal picco di dicembre.
A proposito, ciò si confronta col calo di 644,000 unità rispetto al periodo dicembre/marzo dell'anno scorso.
Il fatto è che, a parte le vendite di auto alimentate del credito allentato e le vendite su Amazon, il consumatore americano è stato quasi in coma per tre anni.
A febbraio le vendite nei negozi di beni generici non erano superiori a quelle di circa 30 mesi fa nell'agosto 2014 — e intendo vendite "nominali". Dal momento che l'indice dei prezzi al consumo (IPC) è aumentato del 2.8% solo nel corso dell'ultimo anno, le vendite aggiustate all'inflazione sono in realtà già in territorio recessivo.
Ancora più importante, il crollo delle vendite dei grandi magazzini — che costituiscono il 70% del traffico nei centri commerciali — non è affatto finito. A partire dalla lettura più recente, il tasso delle vendite mensili è sceso del 30% rispetto al picco pre-crisi.
Ancora una volta, in dollari nominali. In termini reali, le vendite dei grandi magazzini sono diminuite del 50% a partire dai primi anni di questo secolo.
Inoltre, ciò che sta accadendo non è semplicemente un ciclo nel senso tradizionale. I consumatori americani gravati dal debito non stanno affatto facendo shopping, perché la cosiddetta ripresa economica è stata sprecata. Cioè, i consumatori non possono spendere perché non c'è stato un deleveraging significativo dalla crisi del 2008.
Questo, a sua volta, significa che la politica economica keynesiana di Washington è stata nuovamente confutata: la convinzione che la spesa dei consumatori possa essere il motore della prosperità. Infatti nonostante un aumento del 5X del bilancio della FED — dai $900 miliardi alla vigilia del crollo della Lehman ai $4,500 miliardi di oggi — i nostri banchieri centrali keynesiani non possono spingere i consumatori a prendere in prestito e spendere affinché l'economia USA raggiunga il proverbiale traguardo della prosperità.
Sono impalati sul Picco del Debito.
L'unica crescita significativa della spesa al dettaglio dopo la crisi, si è verificata tra il 20% delle famiglie americane. Ma la storia dimostra oltre ogni ombra di dubbio che quando il mercato azionario crolla, le carte di credito tornano nel portafoglio.
In realtà, ci sono prove che questo stia già succedendo: la massiccia presenza di carte di credito e carte di debito. A febbraio le vendite nei grandi magazzini sono calate del 15% rispetto all'anno scorso. Questo è il più grande calo mai registrato.
Il settore dei centri commerciali si trova ad affrontare forti turbolenze: domanda in calo ed immensa sovraccapacità.
Ora sembra che quasi 150 milioni di metri quadrati in spazi commerciali potrebbero chiudere nel 2017 — un record di tutti i tempi. Quindi, in uno sforzo disperato per farvi fronte, i rivenditori in tutto il mondo stanno riducendo i prezzi, aumentando le spese di merchandising e promuovendo il tentativo di riempire i negozi vuoti con servizi di intrattenimento.
Chiamatela pure la grande collisione tra Amazon/e-commerce e il mondo fisico della vendita al dettaglio. Ma in qualunque modo vogliate chiamarla, non è "crescita economica".
Ma non è finita qui: prendete in considerazione il periodo di dodici mesi (LTM) terminato a settembre 2013, gli utili riportati per l'indice S&P 500 erano di $94.37 per azione. Durante il periodo LTM conclusosi a dicembre 2016, erano a $94.55 per azione.
Proprio così. Neanche venti centesimi di guadagno negli ultimi 40 mesi!
Ciononostante qualche testa di legno di Morgan Stanley a Bloomberg ha detto di non essere affatto disturbata dal piccolo aumento del PIL (0.7%) nel primo trimestre, perché era tutto temporaneo e l'economia sarebbe tornata al 3% nel prossimo trimestre.
Gli economisti di Wall Street l'hanno detto da sei anni, ma l'arrivo della proverbiale "velocità di fuga" non s'è mai visto. Il rimbalzo sarebbe dovuto essere maggiore solo su base puramente statistica.
Infatti il PIL reale dell'ultimo trimestre è aumentato dell'1.9% anno/anno rispetto all'aumento dell'1.6% nel primo trimestre 2016... un 3.3% nel primo trimestre 2015... e l'1.6% nel primo trimestre 2014.
Questo non sembra proprio un rimbalzo sostenuto dopo un crollo economico.
Quindi l'ultima crescita annuale è stata in realtà un po' più debole della media annuale al 2.1% durante i sei anni precedenti (2011-2016) — nonostante le ripetute assicurazioni di Morgan Stanley che ogni periodo di crescita lenta sarebbe stato semplicemente "temporaneo".
Quindi ciò che abbiamo ottenuto nel primo trimestre è stato più dello stesso percorso di crescita bassa. Non vi è alcuna prova di una ripresa economica sostenibile che possa giustificare multipli di valutazione del 24X relativi all'indice S&P 500 durante il mese 95 della presunta ripresa economica.
Ma non importa. Il racconto di Wall Street riguardo gli utili è diventato così corrotto che non esiste alcuna necessità per una crescita economica effettiva. Il "su" è diventato "giù" ormai.
Ad esempio, le entrate operative di Amazon sono diminuite durante il primo trimestre. Ha registrato un margine operativo del 3.7% per il primo trimestre 2016. Questa cifra è scesa al 2.8% nel trimestre appena concluso.
È certamente vero che i dettaglianti sono in difficoltà e che i centri commerciali stanno morendo come mosche; ed è altrettanto vero che Amazon sta abbattendo tutto il castello di carte nel mondo fisico delle vendite al dettaglio, il quale è costretto a ricorrere a risposte competitive sempre più disperate.
Malgrado ciò, il rally delle azioni di Amazon dimostra effettivamente che il "giù" è diventato "su".
Non voglio solo evidenziare l'assurdità della valutazione di Amazon, ma anche sottolineare come i robo-trader abbiano aggiunto $12 miliardi alla capitalizzazione di mercato di Amazon nonostante i suoi guadagni siano stati completamente vaporizzati.
Amazon è diventato un motore senza profitti della distruzione di massa del mondo fisico della vendita al dettaglio. Poiché il casinò supportato dalla FED ha abolito una determinazione onesta dei prezzi e ha radicalmente soppresso il costo del rischio per gli speculatori finanziari, Amazon è diventata esageratamente sovravvalorizzata.
Quindi la valutazione di Amazon è semplicemente un'esuberanza irrazionale e spasmi come questo aumento di $12 miliardi, ricordano i giorni finali prima del crollo tecnologico dell'aprile/maggio 2000.
Nel caso in cui non fossi stato chiaro, sto dicendo che Amazon non è un'impresa a scopo di lucro e il prezzo delle sue azioni non misura nient'altro che le speculazioni selvagge che imperversano nel casinò azionario.
In un libero mercato, gli investitori reali non avrebbero mai dato una valutazione di quasi cinquecento miliardi di dollari ad un'impresa che rifiuta di fare un profitto, non paga mai un dividendo ed è taccagna nel reparto dei flussi di cassa — cioè, il cuore pulsante delle imprese capitalistiche.
Ma c'è di più. La devastazione di Amazon nel mondo fisico della vendita al dettaglio non è un caso di "distruzione creativa" in cui le nuove tecnologie e gli imprenditori innovativi demoliscono il vecchio ed inaugurano il nuovo a beneficio di una produzione crescente e standard di vita più elevati per tutti.
Al contrario! Amazon non è solo orribilmente sopravvalutata sul mercato azionario, è anche un mutante economico che sta distruggendo la ricchezza e la prosperità capitalistica a causa degli incentivi perversi sulla scia di una "crescita economica" a qualsiasi prezzo ed alimentata dal regime distruttivo della Finanza delle Bolle della FED.
Non potrei dirlo più forte e chiaro: se non l'avete già fatto, uscite dal casinò quando ancora potete.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
"Sono impalati sul Picco del Debito."
RispondiEliminaE quanno ce vo', ce vo'! Peccato che per i big sia figura retorica, per la comune plebaglia invece assai più fisico e reale.
Amazon il prossimo tuo come nemico.
Riccardo Giuliani
http://www.zerohedge.com/news/2017-05-31/how-long-can-fed-keep-boom-going
RispondiEliminaPolleit è meno drammatico di Stockman
Il divario tra superclass e resto del mondo continua imperterrito ad aumentare.
RispondiEliminaMa se gli facciamo tanto schifo da ridurci alla schiavitù con la loro sanguinaria macelleria sociale globalista, ma perché non se ne vanno su un altro pianeta?