venerdì 26 maggio 2017
Controllo dei prezzi e propaganda
di Alasdair Macleod
La maggior parte degli economisti è d'accordo su una cosa: il controllo dei prezzi non funziona. Si dice che crei carenze di merci, che spinga inevitabilmente più su i prezzi nel mercato nero.
Il controllo dei prezzi è stato provato l'ultima volta negli anni '70, e tutti hanno giurato di non riproporlo mai più. Oggi chiunque proponga una cosa del genere viene preso per pazzo e deriso. Solo in Venezuela e Zimbabwe è possibile attuarlo.
Tuttavia la probabilità di una loro reintroduzione è maggiore di quanto si pensi generalmente, soprattutto ora che ci sono segni di un aumento dei prezzi. Finora i banchieri centrali hanno affermato che il raggiungimento del loro obiettivi d'inflazione al due per cento dell'IPC (già raggiunto negli Stati Uniti), è il segno che stiamo tornando verso la normalità economica. Sono anche fiduciosi di poter gestire il tasso d'inflazione dei prezzi, quindi non dovrebbe rappresentare un rischio. Ma in tutti i precedenti cicli economici il ritmo al quale i prezzi sono aumentati, è sempre stato al di là del controllo delle banche centrali. Questo articolo spiega il ruolo centrale della propaganda statistica, di cui i suoi promotori sono all'oscuro. Spiega anche come si manifesta l'evoluzione dell'inflazione. Inizieremo guardando a come i prezzi vengono ufficialmente registrati.
L'inutilità dell'IPC
Il primo dei quattro grandi errori dietro le statistiche dei prezzi sponsorizzate dallo stato, è l'applicazione delle medie. Non una sola persona sulla Terra acquista i prodotti nell'indice dei prezzi al consumo basandosi sulle proporzioni in cui sono inclusi in esso, né paga i prezzi presunti dall'indice stesso. Benvenuti nello strumento preferito dai macroeconomisti, la media. Le medie consentono loro di pianificare i prezzi per noi. Siamo stati tutti ridotti ad una media. In secondo luogo, i prezzi sono sempre storici e quello che abbiamo comprato ieri non è lo stesso di quello che compriamo oggi, ed è anche diverso da quello che compreremo domani. Prendere in considerazione numeri statici che stonano con un ambiente economico dinamico, distorce l'interpretazione dei mercati che invece si evolvono continuamente.
Poiché la tecnica della media permette agli economisti di presumere che l'economia sia statica e che non esistano più le singole persone, possono quindi volare con la fantasia. In nome del miglioramento, accogliamo con favore l'edonica. Ci viene detto che quest'ultima rappresenta un approccio logico per regolare i prezzi in base al miglioramento del prodotto; e se il prezzo di un prodotto aumenta, al margine la gente sceglierà un'alternativa più economica. Ancora una volta, questo concetto è imperfetto, perché qualcuno alle dipendenze dello stato pretende di sapere come io e voi valutiamo i beni ed i servizi che acquistiamo, e cosa ci fa scegliere tra di loro. E dato che allo stato piace sottolineare il successo nella gestione dei nostri affari, questo concetto inaffidabile può essere utilizzato per produrre un risultato desiderato.
L'errore più grande (ce ne sono altri, ma analizzeremo solo questo qui) è quello di classificare le nostre transazioni in categorie definite come consumi e non consumi. Quindi la persona o la commissione responsabile di ciò che viene incluso nell'indice, influenza il risultato.
Non sorprende quindi se l'IPC ufficiale sottostimi l'inflazione, perché gli econometrici dello stato hanno i mezzi affinché sia così. A poco a poco le distorsioni si accumulano, e nel corso del tempo la realtà viene lasciata indietro. Alla base di tutto questo processo, e che ci viene propinato come progresso della scienza, c'è solo propaganda. Basta ridurre il tasso d'inflazione dei prezzi per ottimizzare i nostri consumi. Basta ridurre il deflatore del PIL per convincerci che l'economia è in crescita. Basta ridurre il tasso d'inflazione dei prezzi per abbassare le passività delle prestazioni pensionistiche e previdenziali dello stato.
I tentativi imparziali che misurano l'indice d'inflazione mostrano un tasso di gran lunga superiore. Negli Stati Uniti il sito Shadow Stat di John Williams mostra un tasso vicino al 10% rispetto al 2.1% indicato dall'IPC ufficiale. La differenza è il cambiamento di metodo sin dal 1980. Lo conferma anche il cosiddetto Chapwood Index.
Immaginate se lo stato ammettesse un tasso più elevato! L'impoverimento delle masse, attraverso la perdita di potere d'acquisto dei loro salari e risparmi, diventerebbe evidente a tutti; e ciò condurrebbe a rabbia diffusa, malcontento e scioperi. L'economia finirebbe in una crisi prolungata. La FED finirebbe sotto considerevole pressione affinché aumentasse nettamente i tassi d'interesse, in modo da fermare un'inflazione dei prezzi fuori controllo. E lo stato finirebbe in palese bancarotta. Niente di tutto questo può essere confessato, nell'interesse nazionale, quindi suddetta propaganda diventa pienamente giustificata.
Ci sono tanti dollari depositati nel sistema bancario degli Stati Uniti, quantitativo raddoppiato ben oltre i $6,000 miliardi dopo la crisi Lehman. Se la popolazione arrivasse a capirlo, forse potrebbe smettere d'usare il denaro fiat. Questo è un rischio sempre presente in un mondo costituito da denaro scoperto, il quale è ostaggio della valutazione della popolazione e delle borse estere. Provate ad immaginare che cosa accadrebbe al dollaro se il popolo americano si rendesse conto che il suo potere d'acquisto si è deprezzato ad un tasso molto più veloce rispetto a quanto ufficialmente ammesso, mentre il tasso d'interesse di riferimento è stato soppresso a meno dell'1%.
Questo è il motivo per cui la propaganda statistica è diventata cruciale per la politica economica e monetaria. È anche il motivo per cui tutti coloro che prevedono un peggioramento delle prospettive dell'inflazione dei prezzi a partire da oggi, fraintendono come stanno veramente le cose. Gli analisti dovrebbero dire che ci si aspetta che il tasso dell'inflazione dei prezzi del dollaro aumenti a circa il 10%. È una cifra più precisa, ma molto più spaventosa di un'inflazione al 2%. La crisi dell'inflazione è già a buon punto, essendo stata nascosta per molto tempo. Ciò è dovuto interamente alla propaganda statistica.
L'esito inevitabile
Uno dei miti più antichi in politica recita che non si possono ingannare le persone per sempre e quando se ne accorgono ciò rischia di provocare un notevole malcontento. La domanda è: come accadrà?
Ci sono sostanzialmente due percorsi che ci conducono verso la distruzione monetaria, presumendo che prima non arrivi un evento come una crisi dell'Eurozona. Il primo percorso è relativamente semplice: le masse cominciano a smascherare la propaganda macroeconomica e danno via i loro soldi in cambio di merci. Questo ci porta direttamente al crack-up boom descritto da von Mises, in cui l'unica ragione per l'acquisto di merci è quella di scaricare la valuta senza valore. Il secondo percorso vuole che i tassi d'interesse vengano rialzati dalle banche centrali al punto in cui vanno ad innescare insolvenze diffuse, portando ad una nuova crisi finanziaria. Quest'ultima verrebbe seguita da un salvataggio del sistema bancario che richiederebbe un altro giro di espansione monetaria. Una dose supplementare di credito potrebbe quindi rivelarsi la rovina finale della valuta. Di seguito esaminerò entrambi suddetti percorsi.
Le persone smettono di stare al gioco
La comprensione che le statistiche riguardanti l'inflazione non dicono il vero, è stata incarnata dal rifiuto anglosassone dello status quo politico nel 2016. La Brexit e l'elezione di Trump sono prove che le maggioranze silenziose nei due principali Paesi del mondo, sono ribollenti di rabbia e ci sono forti segnali di dissenso simile in tutta l'Europa. Le classi politiche stanno perdendo credibilità e non vengono più credute sulla parola, quindi questo processo di comprensione ha ancora vita lunga.
Non c'è dubbio che quest'anno l'inflazione dei prezzi ufficiale negli Stati Uniti aumenterà. I prezzi delle materie prime e dell'energia sono aumentati in modo significativo l'anno scorso, lo stimolo per la spesa al consumo mediante i tassi d'interesse a zero ha rafforzato il PIL nominale, ed i piani di Trump tra la spesa per infrastrutture ed i tagli fiscali condurranno quasi certamente a prezzi ancora più elevati per i consumatori degli Stati Uniti.
Come valuta di riserva mondiale, è il dollaro che conta di più, quindi dobbiamo guardare con attenzione all'America. Siamo tutti in attesa di vedere come evolverà la politica monetaria della FED. Se la FED intuirà che un tasso dei Fed Funds superiore al 2% rischierà d'innescare una crisi del debito, non andrà oltre tale livello. A questo punto il tasso ufficiale dell'IPC, che ha già raggiunto il target della FED, potrebbe salire al 4% e oltre. Diventerebbe sempre più evidente che i prezzi al consumo aumenterebbero ad un ritmo più veloce di quello catturato dalle statistiche ufficiali, perché le prove sarebbero innegabili. Ci sarebbe solo una possibilità per le autorità: perpetuare la propaganda dell'inflazione dei prezzi con l'introduzione di controlli sui prezzi, probabilmente spacciata come misura temporanea (ma sappiamo tutti che cosa significa).
Un altro sussulto nel ciclo del credito
Un secondo percorso vedrebbe l'aumento dei tassi d'interesse oltre il punto in cui s'innescherebbe una liquidazione del debito. Questo è quello che è successo nel 2007, 2000, 1989 e 1980, illustrato dai picchi in declino nel grafico qui sotto.
La FED pensa d'essere in grado di gestire il ciclo del credito ed evitare che ciò accada di nuovo, proprio come pensava in tutte le occasioni precedenti. Se il tasso d'inflazione ufficiale aumenta, e continuerà ad aumentare, la FED probabilmente alzerà i tassi d'interesse fino a quando non si verificherà una crisi del credito.
Prendiamo in considerazione le dinamiche alla base di questa inevitabilità. Lo stimolo del consumo, mediante tassi d'interesse nominali bassi, accelera man mano che i prezzi aumentano, perché i tassi d'interesse reali diventano più negativi. Comincia a prendere slancio la preferenza per l'acquisto di beni e spesa per servizi, rispetto al possedimento di una valuta in deprezzamento. Le aziende, vedendo l'espansione della domanda dei consumatori e l'aumento dei prezzi, aumentano la propria domanda di capitale a basso costo per investirlo nella produzione di beni, i quali dovrebbero essere venduti a prezzi più elevati. I banchieri diventano sempre più sicuri per quanto riguarda l'attività di prestito al punto in cui si trovano a competere per concederli. Fortunatamente per le banche, esse hanno consistenti riserve presso la FED da cui attingere.
La FED non può rimanere a guardare questa spirale nel consumo ed una fiducia economica che va fuori controllo, perché l'inflazione dei prezzi accelera. Se comprende i pericoli nell'aumentare i tassi al di là di un punto di non ritorno, la FED inizierà a parlare della necessità di controllare i prezzi "temporaneamente", in modo da calmare le acque. In caso contrario, il tasso dei Fed Funds sarà rialzato finché non avverrà una crisi bancaria e del credito.
In tal caso, la FED non avrà altra scelta che salvare le banche acquistando asset tossici su scala ancora maggiore rispetto alla crisi Lehman. I prezzi delle obbligazioni verrebbero fatti salire grazie ad un QE più massiccio, garantendo così il debito pubblico. Lo sappiamo perché in ogni ciclo del credito gli interventi diventano progressivamente più grandi, sempre più disperati e sempre più destabilizzanti.
Sappiamo anche che ogni volta che il pavimento del credito crolla sotto i nostri piedi e ci troviamo a cadere nell'ignoto finanziario, la FED interviene per lanciare quantità crescenti di denaro e credito nelle banche. Il trucco è sempre stato quello di riconquistare la fiducia sistemica, cosa che richiede propaganda riguardo la natura del denaro.
Credo che questo sia il risultato più probabile, in assenza di altri rischi sistemici più importanti. Che la gente comune scopra da sé la verità sul denaro scoperto, è invece meno probabile. La gente vuole credere alla propaganda del potere d'acquisto della moneta fiat, perché il pensiero contrario è troppo sgradevole da contemplare. I cambi esteri, dominati da banche autorizzate dalle autorità americane, potrebbero essere altrettanto lenti a capire d'essere vittime della propaganda finanziaria, o a causa della loro cultura o perché prendono istruzioni dalla FED. Ma non può essere esclusa una escalation d'inflazione dei prezzi in assenza di una posizione più ristretta da parte della FED. Alla fine i mercati, che rappresentano le azioni collettive degli individui, vincono sempre e teoricamente tale esito può verificarsi in qualsiasi momento.
Se ci troveremo ad affrontare o meno un deterioramento del potere d'acquisto delle valute fiat senza un ultimo spasmo del ciclo del credito, le autorità monetarie americane, con l'acquiescenza di quelle delle altre nazioni, hanno fatto affidamento sulla propaganda statistica per nascondere le conseguenze della realtà economica, accelerando lo svilimento della moneta fiat. Si tratta di un percorso che porta inevitabilmente alla scoperta della frode monetaria, ma non all'accettazione della colpa. Sarà accusato il libero mercato invece, ed è per questo motivo che gli stati molto probabilmente cercheranno di controllarli di più attraverso la soppressione dei prezzi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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"Che la gente comune scopra da sé la verità sul denaro scoperto, è invece meno probabile. La gente vuole credere alla propaganda del potere d'acquisto della moneta fiat, perché il pensiero contrario è troppo sgradevole da contemplare."
RispondiEliminaEd è sempre stato così.
Pertanto, soluzioni individuali e minoranze organizzate. Per provare a savarsi.
http://www.zerohedge.com/news/2017-05-27/golden-conspiracy
RispondiEliminaÈ sempre e solo geopolitica. Cioè, manipolazione.
È denaro di valore geopolitico. Serve per sedersi al tavolo che conta. Per avere rispetto e considerazione. È un'arma di difesa tra superpotenze.
Per gli individui dovrebbe fungere da ancora di salvezza. Ma in una battaglia assolutamente impari.
Vedremo.