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mercoledì 12 aprile 2017
5 modi per pensare come lo stato
di Jeffrey Tucker
Avete notato una sorta di modello quando vi ritrovate a trattare con qualsiasi aspetto dello stato? Credo proprio che l'abbiate notato tutti. L'esperienza dimostra che se qualcosa va veramente male, spreca il vostro tempo, vi infastidisce, intacca la vostra dignità e, infine, si dimostra solo essere totalmente inefficace, c'è una buona probabilità che sia coinvolto lo stato. Questa è una delle caratteristiche più persistenti e tuttavia meno riconosciute della vita moderna.
C'è una certa mentalità alla base. Di seguito cercherò d'inquadrare ed individuare i principali tratti della "personalità dello stato", cioè, il settore pubblico moderno che, in linea di principio, non conosce limiti per quanto riguarda la gamma del suo potere.
La società al di fuori dello stato ha forze correttive sempre al lavoro. La vita non è perfetta, ma generalmente fa del suo meglio per migliorare. Il mercato e l'ordine volontario hanno al loro interno strutture che impediscono al vizio umano ed al fallimento inesorabile di conquistare il sistema.
Questo non vale per lo stato il quale costruisce muri di protezione intorno a sé, in modo da impedire la fine di quei comportamenti sconsiderati che adotta. Le cose sembrano cristallizzate in un modello di fallimento. Nella migliore delle ipotesi, lo stato porta a termine in malo modo le cose necessarie e più spesso in modo disastroso. Nel peggiore dei casi, fa le cose in modo indicibilmente orribile.
Un esempio veloce per farvi capire di cosa sto parlando: la TSA. Un sacco di persone sono profondamente offese dalla rudezza della TSA. Più sorprendente, però, è la sua incompetenza sul compito che deve assolvere, la sua mancanza d'attenzione per qualsiasi cosa al di fuori del compito assegnato, e lo scollamento tra l'obiettivo della sicurezza e la realtà attuale.
La TSA non è unica in questo senso, però la maggior parte delle persone vi ha a che fare di più rispetto a qualsiasi altra agenzia governativa. Sì, fa impazzire tutti. Ma sperimenteremmo le stesse assurdità se ogni giorno avessimo a che fare con il Dipartimento del Lavoro, il Pentagono, il Dipartimento dei Trasporti, o il Dipartimento dello Sviluppo Urbano. Coloro che vi hanno a che fare possono raccontare storie incredibili!
La caratteristica distintiva dello stato è la sua presunzione di controllo e il suo uso della forza per esercitare tale controllo. Ma questo non è il vero problema con lo statalismo. Questa caratteristica dà luogo a molte altre caratteristiche che fanno parte di quello che potremmo chiamare un "modo di pensare statalista". Significa seguire un sentiero che osanna il potere e tutto ciò che può essere preso con esso senza temere effetti correttivi di sorta.
Quindi quali sono le caratteristiche di questo modo errato di pensare che sembra diffuso nelle istituzioni governative? Basandomi sulle mie solite influenze (Nock, Hazlitt, Read, Mises, Rothbard, Hayek), cerchiamo di esplorare come pensa uno stato.
1. Presumere che tutte le cose che valga la pena di conoscere, sono già note. Ciò include un qualsiasi obiettivo ed i mezzi per raggiungerlo. Lo stato ritiene che la società dovrebbe funzionare in un certo modo e presume una forma predeterminata, e lo sa con assoluta certezza. Non vi è nessun processo, nessun risvolto storico che produce risultati inaspettati. Lo stato è così certo del punto d'arrivo dell'ordine sociale che non deve mai spiegare o giustificare la sua percezione.
Esso conosce la giusta allocazione del reddito tra le classi, la giusta dimensione ed il numero delle imprese in ogni settore, la giusta allocazione tra sicurezza e rischio, ciò che è legittimo e ciò che non lo è, ciò che è giusto e ciò che non lo è. Sa quando l'economia cresce troppo o troppo poco. Sa quali industrie dovrebbero morire e quali durare per sempre. Sa cosa è bene o non lo è per voi.
Poiché non c'è incertezza nella mente statalista, non c'è bisogno di scoperta, improvvisazione, o immaginario che col tempo rivelino determinate meccaniche. Non è necessario ascoltare, apprendere, adattarsi. Uno stato non dubita d'avere i mezzi per raggiungere i suoi obiettivi. Volere è potere. La sua onniscienza è dotata di onnipotenza.
Questo è il motivo per cui nel mondo non esiste un'arroganza paragonabile a quella dello stato. Allo stesso tempo, qualsiasi persona o qualsiasi istituzione può adottare questa abitudine mentale deprecabile: dirigenti, genitori, pastori, professionisti aziendali. Al di fuori dello stato e delle protezioni che costruisce intorno a sé, però, emerge ciò che costituisce la realtà: l'incertezza, il cambiamento, la sorpresa, l'innovazione, l'adattamento. I mercati danno vita a queste forze nello stesso modo in cui lo stato finge che non esistano.
2. Presumere che il percorso verso la vittoria sia lastricato dall'imposizione. Questa è una caratteristica del modo di pensare statalista che è più in mostra durante i tempi di guerra. La guerra è la causa che spinge più persone ad ingrandire le fila dei ribelli? La risposta è più brutalità! Se questo non funziona, mandare più carri armati, costruire cannoni più grandi, megafoni più grandi, e schierare più truppe.
Va da sé che si presume non esserci niente di sbagliato con il piano dello stato, quindi l'unico problema è che le persone non sono sufficientemente deferenti nei confronti dell'autorità legittima. C'è solo una strada da percorrere: mostrare alla gente chi comanda.
Questo non solo in tempo di guerra. Ogni agenzia statale la pensa in questo modo. Lo si vede nelle leggi penali. Se qualcosa è un male, come la droga o l'alcol ai minorenni, la risposta sembra ovvia: aumentare le pene per coloro colti in flagrante. Nessuna punizione è troppo dura. Più è dura la punizione, più sarà incisiva la deterrenza, o almeno così crede lo stato. Allo stesso modo, non ci potrà mai essere troppa polizia, troppe persone incaricate di far sì che gli altri si conformino.
Ma questo percorso non potrebbe creare conseguenze indesiderate? Potrebbe essere l'imposizione la causa di un peggioramento del problema o di eventuali contraccolpi e mercati neri? Oppure la durezza potrebbe mobilitare più persone nella classe dei ribelli e scoraggiare l'obbedienza alla legge? Secondo il modo di pensare dello stato, questo non è possibile. Le leggi e le normative sono le voci di dio, e quest'ultimo non si sbaglia mai. Certamente questo dio non ammette mai di sbagliarsi, in nessun caso.
3. Presumere che tutto il disaccordo equivalga ad un tradimento. Questo punto segue direttamente gli altri due. Se conoscete tutte le cose e tutte le cose sono possibili attraverso l'imposizione, è ovvio che se qualcuno osa contraddire le versioni ufficiali allora diventa un nemico dello stato.
Siete contro la guerra? Allora siete a favore del nemico e state sfidando l'autorità legittima. Avete dubbi sul saccheggio infinito della ricchezza privata e sull'irreggimentazione dell'interazione umana? Siete parte del problema anziché la soluzione.
Secondo il modo di pensare dello stato, ci sono solo due possibili archetipi del buon cittadino: il servo ed il sicofante. Se non si ricade in una di queste due categorie, siete un ribelle che deve essere monitorato o un traditore che deve essere schiacciato.
Secondo lo stato esiste un solo percorso. Tutte le cose funzionano in questo mondo, perché una sola volontà governa tutti. In realtà, questo è esattamente quello in cui credono tutti coloro che la pensano come lo stato. A meno che non ci sia un dittatore, la vita finirà sicuramente nel caos, nella brutalità, nell'eresia, o in qualche altro disastro.
Lo stato non può nemmeno concepire la verità sulla società come la enuncia la vecchia tradizione liberale: funziona proprio perché non è governata da una sola volontà. È la conoscenza decentrata dei singoli soggetti che crea ordine nel mondo. È la molteplicità dei piani di tutti, coordinati attraverso varie istituzioni, che crea l'ordine esteso che a sua volta dà origine alla civiltà e induce a svilupparsi in modo inaspettato.
4. Presumere che il mondo materiale sia più importante delle idee. Ancora una volta, questo si desume dai tre punti precedenti. La caratteristica distintiva dello stato è il suo controllo sulla proprietà fisica. Governa lo spazio in cui scorrazzano i suoi carri armati e l'interno delle sue linee giurisdizionali. Prende ricchezza puntando una pistola.
Il suo amore per il mondo fisico è così intenso che ama costruire sempre e ovunque enormi edifici per i suoi burocrati e monumenti giganti a sé stesso. Si avvolge in teorie del mondo che ruotano principalmente attorno alle cose fisiche.
Si diletta nella propaganda e nell'educazione, ma non in modi che sono di successo. Lo stato non può controllare le menti umane. Quelle sono e saranno sempre e solo nostre. Anche nei campi di prigionia, i prigionieri sono liberi di pensare quello che vogliono. Tutti possiamo, in qualsiasi momento. Questo è il motivo per cui lo stato è profondamente sospettoso della mente umana e di ciò che produce. La mente umana e tutto il mondo delle idee è, in ultima analisi, oltre la sua portata.
Inoltre l'intero mondo fisico dell'uomo, così come lo conosciamo, ha avuto inizio dalle idee. Allo stesso modo, le idee in nostro possesso oggi, sono la prefigurazione del mondo di domani. Ed è proprio per questo motivo che il modo di pensare statalista ha paura del libero pensiero e perché lo stato stesso non è lungimirante.
5. Opporsi ad ogni cambiamento non approvato nel piano. Questo punto deriva dai precedenti quattro. Il punto d'arrivo dell'ordine sociale è già noto: può essere raggiunto mediante l'applicazione e la soppressione del dissenso e la frantumazione delle nuove idee. Tale atteggiamento mentale non deve prevede sorprese, pertanto è meglio assicurarsi che non avvenga alcun cambiamento che non sia già integrato nel modello.
Pensare come uno stato, quindi, significa sempre sguazzare nel contesto di quello che è stato ordinato prima. Se qualcosa è diventata legge, deve rimanere una legge. Se qualcosa è sempre stato imposto, deve essere imposto per sempre. Guardare indietro a quello che è stato (o una versione mitica di questo concetto) e non in avanti a quello che potrebbe essere. Lo stato ama la propria storia: i suoi leader, le sue guerre, le sue leggende.
Questo pregiudizio è profondamente radicato. La maggior parte delle leggi e dei regolamenti che vengono applicati ogni giorno nella società, non ha nulla a che fare con gli attuali dirigenti politici (contrariamente a quanto promettono le elezioni). Risalgono a decenni o addirittura secoli fa. Le leggi non lasciano i libri. Vengono solo aggiunte ed accumulate come gli anelli sul tronco di un albero. Per lo stato puntellare ciò che esiste, aggiungere toppe se necessario, è molto più importante che correggere gli errori del passato.
Questa idea è talmente radicata che le nuove leggi devono avere una disposizione conclusiva esplicitamente inclusa nella loro stesura, e ciò viene di solito aggiunto solo per comprare voti. Ma il più delle volte arriva la data di scadenza e la legge viene rinnovata ancora una volta. Si tratta di un evento quando una cattiva politica muore: si pensi alla portata epica della fine del limite di velocità a 55 mph. Queste sono eccezioni che confermano la regola.
Questa caratteristica di pensare come uno stato è la più distruttiva per la civiltà. Il cambiamento è la fonte della vita e dello sviluppo della società. Ci sono persone nuove, nuove idee, nuovi gusti e preferenze, nuovi modelli di vita, nuove tecnologie. L'umanità ha un debole per volersi migliorare e ciò richiede gettare le vecchie cose. Lo stato usa tutto il suo potere per sostenere il passato e per condurre una battaglia quotidiana contro il movimento in avanti della storia.
Se capite queste caratteristiche, non potete restare sorpresi da tutte le frustrazioni quotidiane e dai fastidi imposti da burocrati e politici. Lo stato ha un disturbo della personalità, uno che nasce dal suo monopolio e dalle sue tattiche coercitive. Questo disturbo non lo manifesta solo lo stato, probabilmente riconoscete alcuni di questi sintomi in persone che conoscete. Accidenti, potreste riconoscerle anche in voi stessi.
Va bene inveire contro i burocrati, ma potreste anche provare empatia nei confronti dei lavoratori della TSA, dei funzionari pubblici, della polizia e dei milioni di persone che fanno parte dello stesso tipo di strutture istituzionali. La differenza tra noi e lo stato è che quando appaiono questi disturbi di personalità, siamo in grado di cambiarli e abbiamo tutto l'interesse a farlo. Lo stato nel suo complesso continua a conservarli invece.
Lo stato non è né dispensatore di grazia angelica, né una bestia aliena a cui il male è sconosciuto. Si immagina come il purificatore dei difetti della società, ma tende ad ignorare che esso stesso è un ricettacolo di difetti umani. Nella nostra vita quotidiana tutti potremmo pensare come lo stato, almeno fino a quando non ci imbattiamo nel fallimento e impariamo gradualmente a pensare in modo diverso.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Lo stato, il privante!
RispondiEliminaRiccardo Giuliani