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mercoledì 1 febbraio 2017
Bonificare la palude 2.0: Trump & Reagan
di David Stockman
C'è una certa rabbia per l'idea che Donald Trump possa essere un degno successore di Ronald Reagan e quindi innescare un boom economico nel mercato azionario.
Infatti ci sono ancora in giro supply-sider, come Stephen Moore, che insistono sul fatto che la cosiddetta Trumpenomics innescherà un boom ed una crescita economica.
Possiamo aspettarci che i venditori ambulanti di azioni a Wall Street credano stupidamente ad una prospettiva così fantasiosa, ma è addirittura imbarazzante quando si tratta di un presunto pro-capitalista e pro-libero mercato come Moore.
La crescita economica che di fatto si verificò durante l'era Reagan, fu il risultato di un imbroglio storico.
Venne alimentata da una massiccia espansione del debito pubblico, seguita da un peccato più grande nei confronti delle leggi di una finanza funzionale. Vale a dire, i soldi stampati da Greenspan monetizzarono il debito pubblico, uccidendo in tal modo i bond vigilantes e rimandando ad un futuro indefinito gli effetti distruttivi derivanti da un aumento del finanziamento pubblico.
Ironia della sorte, siamo arrivati a suddetto "futuro indefinito". Questo vuol dire che per Donald Trump oggi non è più possibile fare quello che Reagan fece allora. Ossia, consentire all'economia degli Stati Uniti di indebitarsi ed incamminarsi verso una falsa prosperità che prima o poi porta ad un'economia mal funzionante ed all'inevitabile rimborso del debito.
La ripresa economica di Reagan sfruttò un bilancio nazionale relativamente pulito. Al momento del suo insediamento, il debito pubblico ammontava a $980 miliardi, solo il 31% del PIL. Alla fine dell'epoca Reagan/Bush arrivò quasi a $4,000 miliardi, un'esplosione in tempo di pace che non si era mai vista nella storia americana.
In entrambi i miei libri, The Great Deformation e Trumped!, ho documentato come sarebbe dovuto già arrivare il giorno della resa dei conti per tutto questo ingiustificabile gozzovigliare col debito pubblico — rimandato più volte sin da quando Greenspan venne messo a capo della FED e scoprì la stampante monetaria nel seminterrato dell'Eccles Building nell'ottobre 1987.
Ben presto Greenspan scoprì che il credito a buon mercato ed un ampio flusso di liquidità nel mercato azionario, lo resero l'eroe della città. Per 19 anni ha gonfiato il sistema monetario ed i mercati finanziari. In sostanza ha parcheggiato il massiccio deficit di Reagan/Bush nel bilancio della FED e delle altre banche centrali di tutto il mondo.
Infatti le altre principali banche centrali hanno iniziato a credere che non avevano altra scelta se non quella di replicare la grande inflazione monetaria della FED. L'alternativa sarebbe stata un'impennata dei tassi di cambio ed un colpo incapacitante alle esportazioni di cui sono diventate dipendenti le economie della maggior parte dei paesi dell'Asia e dei mercati emergenti, come pure i Petro-stati ed altri fornitori di materie prime.
Ma come osservò Herbert Stein, ogni tendenza insostenibile prima o poi tende a fermarsi. A questo punto il debito pubblico oltrepasserà sicuramente i $20,000 miliardi prima che Donald Trump si insedi (ora è già sopra i $19,800 miliardi). Ciò significa che arriverà al 105% del PIL, fermo restando il fatto che ci troviamo in un ambiente economico completamente diverso rispetto a quello del 1981.
In sostanza, Ronald Reagan ha seminato vento e Donald Trump ha ereditato la tempesta. Nel 1981 vi era ancora spazio nel bilancio dello Zio Sam, ma ora è esaurito — sia politicamente, sia finanziariamente.
In questo contesto, mi preme ricordare che la FED è a corto di polvere da sparo. Nel corso degli ultimi tre decenni ha espanso il proprio bilancio e ha monetizzato il debito pubblico, passando da $200 miliardi nel 1981 ai $4,400 miliardi di oggi. Stiamo parlando di un incremento del 22X durante un arco di tempo in cui il PIL nominale è cresciuto solo del 5X.
L'elezione di Trump significherà la fine dello "stimolo" monetario e fiscale che ha alimentato una falsa prosperità per Main Street e una valutazione spropositata degli asset finanziari per Wall Street.
Accolgo con favore questa prospettiva perché le attuali classi dirigenti di Wall Street e Washington hanno portato la nazione sull'orlo della rovina. Il capitalismo clientelare, il racket finanziario, l'aggressione imperiale e le elargizioni sociali finanziate col debito, però, non si eclisseranno nella notte senza far rumore.
Quindi dovrà esserci prima un fallimento epocale delle politiche stataliste affinché siano completamente screditate e le élite che controllano le leve del potere siano finalmente spodestate.
Donald Trump ha definito questo compito "bonificare la palude". Ma gli incorreggibili giocatori d'azzardo a Wall Street hanno escogitato un nuovo trucco: la cosiddetta Trumpflation, un nuovo round di stimolo fiscale tramite tagli fiscali e lavori pubblici.
Peccato per loro, però, che non ci sarà alcun grande stimolo fiscale di Trump, perché i bond vigilantes sono risorti dal loro sonno pluri-decennale.
Questo in prospettiva che la FED abbia smesso di monetizzare il debito pubblico, il che significa che se prima fare front-running nel mercato obbligazionario era un'operazione altamente lucrativa, ora è diventata una trappola finanziaria mortale.
Sin dall'otto novembre scorso sono stati già persi più di $2,000 miliardi nei mercati obbligazionari di tutto il mondo e siamo solo all'inizio — soprattutto se si considera anche l'implosione delle bombe ad orologeria finanziarie che sono state sparse in tutto il sistema finanziario globale attraverso la repressione finanziaria e la falsificazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali.
Nonostante la momentanea euforia a Wall Street sullo stimolo fiscale, ciò che ci attende è un bagno di sangue fiscale. E non c'è alcuna via di fuga, checché ne dica Stephen Moore con la sua ipotetica e fantasiosa crescita del 4% — una visione che purtroppo contagia l'intero team di Trump, Wall Street e gli economisti supply-sider.
In realtà, tutta la crescita economica possibile in un'economia gravata da $64,000 miliardi tra debito pubblico e privato, è già stata inserita nella linea di base del Congressional Budget Office.
Nel frattempo è bene ricordare che Ronald Reagan cercò di bonificare la palude nel 1981, ma non c'è riuscito. La quota di spesa pubblica in rapporto al PIL non è mai diminuita, la spesa per il welfare state è stata lasciata completamente intatta, mentre quella per la difesa è cresciuta facendo passi da gigante.
Ma Reagan se l'è cavata, perché Washington ha calciato il barattolo — chiedendo prestiti e stampando soldi — per i 35 anni successivi.
Donald Trump, al contrario, non ha nemmeno un vago programma per bonificare la palude — solo slogan buoni su Twitter.
Ha dichiarato di avere già speso $3,600 miliardi dei $4,200 miliardi previsti in bilancio — vale a dire, l'86% della "palude".
Ancora una volta la palude l'avrà vinta. E con la Città Imperiale nel caos e la menzogna dello "stimolo fiscale", è possibile un solo risultato: la bolla finanziaria gonfiata sin dal gennaio 1981 alla fine scoppierà.
E questa volta non sarà possibile rigonfiarla, perché gli stimoli monetari e fiscali hanno completamente esaurito la loro capacità di sfidare le leggi fondamentali dell'economia e di una sana gestione finanziaria.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Sebbene Trump stia catalizzando su di sé tutte le attenzioni con i suoi ordini esecutivi, sono le decisioni prese dal Federal Open Market Committee della Federal Reserve che fanno la differenza. Sono queste decisioni che contano davvero. Il resto di tutto quello che succede a Washington è solo rumore di fondo.
RispondiEliminaA meno che non ci sia un qualche scandalo che faccia dimettere Trump, la sua amministrazione sarà smantellata o mandata in bancarotta da quello che deciderà il FOMC. Lo stesso vale se fosse stata eletta la Clinton. Ron Paul s'è battuto anima e corpo per mettere in evidenza questa gigantesca truffa davanti gli occhi della maggior parte delle persone, quindi non bisogna perdere il focus della situazione.
Di conseguenza quando si vuole prestare attenzione alle decisioni che contano per davvero, non bisogna guardare a Capitol Hill o alla Casa Bianca. Bisogna tenere gli occhi fissi sull'Eccles Building a Washington. Gli altri luoghi altrettanto importanti sono a New York: 33 Liberty Street e Pratt House.
A confronto, il mondo descritto in Eyes Wide Shut pare quello di Mary Poppins.
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