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giovedì 26 gennaio 2017

Il rally nell'azionario guidato da Trump: la più grande occasione di sempre per posizionarsi short





di David Stockman


Il rally nell'azionario guidato da Trump si dimostrerà quello che è sempre stato: una bolla di sapone. Si basa solamente sul passaggio da una politica ad un'altra ed è sgusciato fuori dalle sale di Wall Street nella notte dell'ultima tornata elettorale.

Dopo tutto, quale modo migliore per portare gli agnelli al macello se non quello d'invertire il mercato con un aumento di più di 1,000 punti del Dow Jones poche ore dopo la scioccante elezione di Donald Trump come 45° Presidente degli Stati Uniti?

A dire il vero, abbiamo accolto con favore l'elezione di Trump perché ha ripetutamente accusato le classi dirigenti di Wall Street e di Washington. Scaraventerà Washington in un vortice di caos politico ed economico. In pochi mesi l'incombente tetto del debito in scadenza ($20,000 miliardi) e l'economia americana affaticata, praticamente in recessione, potranno finalmente porre fine al continuo calcio al barattolo riguardo la politica fiscale nazionale.

Quest'anno i libri contabili dello Zio Sam torneranno a vomitare deficit annuali da migliaia di miliardi di dollari. Lo Stimolo di Trump così tanto sbandierato fino ad ora, sarà solo un lontano ricordo. Assisteremo, invece, ad una deflagrazione politica con lo shutdown del governo federale e toppe d'emergenza per estendere di qualche mese la capacità del Tesoro USA di prendere in prestito.

Quello di cui stiamo parlando, è uno scenario fiscale dove tutti i nodi vengono al pettine. Questo è ciò che l'elezione di Trump preannuncia veramente.

Dopo tutto, neanche un Houdini in politica sarebbe in grado di governare quando migliaia di miliardi di dollari in nuovo deficit implodono sulla Città Imperiale. Quindi come ci si può aspettare che un inesperto come Trump — che twitta contro truffatori e ricattatori politici della Beltway, salvo poi dovervi scendere a patti per vincere le sue monumentali sfide fiscali ed economiche — rappresenterà l'elemento distruttore dello status quo?

Infatti, nel contesto attuale, i democratici scenderanno in guerra fin dal primo giorno se Trump manterrà fede alla sua promessa elettorale di abrogare quel disastro noto come Obamacare e continuerà ad attaccare quei simboli d'identità politica su cui è fondato il Partito Democratico contemporaneo.

Sì, Chuck Schumer vorrebbe stringere un accordo sulle infrastrutture (es. i treni per New York), ma questo non è il 1981 e lui non è Tip O'Neill. L'idea che possa esistere una qualche cooperazione bipartisan su un pacchetto di stimolo fiscale, è un sogno irrealizzabile.

In realtà, gli odierni mezzi busti televisivi non ricordano che non esisteva alcun compromesso bipartisan neanche al tempo di Reagan; questo è un mito revisionista spacciato dagli agiografi di Reagan e da Chris Matthews a nome del suo ex-capo e Presidente della Camera.

Il famoso taglio delle tasse di Reagan nel 1981 passò alla Camera solo per un pelo: grazie ad una fragile coalizione del GOP e alla simpatia della popolazione nei confronti di Reagan, dopo il tentativo di assassinio. La maggioranza democratica combatté con i denti e con le unghie per tutto l'iter legislativo.

Il cosiddetto "compromesso bipartisan" arrivò solo quando si palesarono le inevitabili conseguenze fiscali disastrose. Cioè, quando dal 1982 al 1984 vennero approvate leggi per aumentare le tasse e recuperare il 40% di entrate dal precedente taglio delle tasse di Reagan, in modo da arginare l'allora emorragia d'inchiostro rosso. Anche così il debito nazionale triplicò sotto lo sguardo di Reagan, passando dai $930 miliardi alla fine del mandato di Jimmy Carter ai $2,600 miliardi nel dicembre 1988.

Allo stesso modo, non c'è possibilità che le varie fazioni all'interno del GOP, ovvero, i neocon, i guerrieri socio-culturali, i veri credenti nei tagli fiscali e/o semplicemente i vecchi politici legati agli stanziamenti di fondi pubblici, saranno in grado di concordare e approvare qualsiasi cosa assomigli anche vagamente ad un grande stimolo fiscale concepito da Wall Street.

In realtà, Trump ha correttamente identificato una Grande e Brutta Bolla Speculativa che aleggiava su Wall Street durante la campagna elettorale e ha anche detto che alla fine scoppierà. Quello che non ha detto è che la sua ascesa alla Casa Bianca sarà lo spillo che la farà scoppiare.

L'indice S&P 500 a 2213 ed al 24.5X dei guadagni segnalati, sono risultati alquanto bizzarri. Non esiste quindi alcuna strada in su, ma solo il rischio di un ribasso ed una crisi che porti alla paralisi politica.

Gente, la classe dirigente non avrebbe mai lasciato governare Donald Trump — anche se avesse avuto un programma economico coerente e ragionevolmente plausibile. Ma ha solo slogan, battute di spirito, banalità e vecchie idee sul taglio delle tasse e sul costruire strade e ponti. Non ha la minima idea di come possano essere finanziate queste opere senza far schizzare alle stelle il deficit federale e far risvegliare i “bond vigilantes”.

La verità è che i mercati finanziari si stanno dirigendo verso una tempesta perfetta: fallimento delle politiche delle banche centrali, una carneficina nel mercato obbligazionario, una recessione mondiale ed un bagno di sangue fiscale a Washington. Gli investitori dovrebbero fare passaparola e tenersi pronti.

Ciononostante ogni giorno gli operatori finanziari ed i robo-trader si sono affrettati a mandare i grafici azionari verso nuovi massimi, in base all'assurda illusione che lo “scettro dello stimolo” sarebbe stato tolto alla FED (paralizzata e senza polvere da sparo asciutta) e consegnato nelle mani di una nuova "crescita" targata Partito Repubblicano a Washington.

Per i motivi fin qui elencati, è esattamente il contrario. Non ci sarà nessun governo funzionante, o politica economica coerente, nei prossimi quattro anni. Ciò significa che non ci sarà nessuno stimolo fiscale gigantesco sotto forma di investimenti in infrastrutture e di enormi sgravi fiscali, e nessuna compensazione economica per frenare le forze recessive che ora incombono sull'economia degli Stati Uniti.

Quello che trasparirà sarà un bagno di sangue fiscale come mai visto prima d'ora nella storia di Washington. Trump ha ereditato $20,000 miliardi di debito pubblico: una bomba ad orologeria che è impostata per esplodere il 15 marzo prossimo e getterà nello sconforto Washington prima dei tanto decantati 100 giorni dall'insediamento.

Inoltre quando i consulenti di Trump si prenderanno la briga di fare i conti, scopriranno che si è già messo in conto un supplemento di nuovo deficit da $15,000 miliardi per il prossimo decennio — prima che mettano in conto un centesimo di più di un eventuale nuovo stimolo di Trump.

Infatti ora che Trump ha nominato due speculatori di Wall Street — Steven Mnuchin al Tesoro e Wilbur Ross al Commercio — alla guida della sua squadra economica, la calamità fiscale è praticamente certa. Non hanno la minima idea che lo Zio Sam è fallito e che la crescita reale del 3-4%, in una nazione sepolta sotto $64,000 miliardi di debito pubblico e privato, è solamente un'illusione destinata a trasformarsi in un incubo fiscale.

Ecco la morale della storia: il mercato azionario a 2213 punti sull'indice S&P 500 è l'occasione di una vita per posizionarsi short.

Saluti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Beh, tanto prima o poi accadrà. Saranno tempi interessanti per tutti, ma soprattutto per quelli che si sono affidati al sistema politicofinanziario fiatmoney. Certo, l'anello più debole è l'eurozona. Ed al suo interno lo è il sistema politicofinanziario italiano, ma non solo.
    È come se la realtà stesse prendendo la mira.
    Al riparo!

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