di Frank Hollenbeck
Non è un eufemismo dire che sin dal 2008 la politica economica degli Stati Uniti è stata di stampo keynesiano. I tassi d'interesse sono vicini allo zero e il debito nazionale si attesta a quasi $20,000 miliardi. Questo è un risultato diretto dell'applicare la prescrizione politica raccomandata nella Teoria Generale di Keynes. Un giorno il suo libro sarà probabilmente accostato al Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx, come opere che hanno generato false nozioni riguardo la realtà con conseguenze disastrose.
Keynes ha derivato la maggior parte delle sue conclusioni contro il capitalismo eliminandone la caratteristica essenziale: regolazione dei prezzi per allocare le risorse economiche scarse laddove la società lo ritiene più urgente. La sua teoria presuppone una rigidità dei prezzi.
Supponiamo che qualcuno sostenga che la gravità non ci tiene ancorati al pianeta come disse Newton, e che la gente galleggerebbe nello spazio a meno che non si costruiscano grandi reti per salvare l'umanità. Una tale persona verrebbe molto probabilmente trasportata d'urgenza in ospedale – a patto che non sia keynesiano, visto che i pazzi ormai sono a piede libero. Presumendo un'inflessibilità dei prezzi, Keynes concluse che la disoccupazione poteva essere una presenza fissa in un'economia capitalista e che la contraffazione legale (politica monetaria), o la formula "rubare a Pietro per pagare Paolo" (politica fiscale), potevano essere politiche economiche sane. Invece di essere additato come un economista ignorante e sciroccato, a Keynes è stato dato lo status di genio economico.
Perché un tale libro, scritto male come la Teoria Generale di Keynes, è così acclamato? Ha innumerevoli errori di logica e le definizioni sono sempre mutevoli (ad esempio risparmio, efficienza marginale del capitale e tassi d'interesse). La risposta è semplice: i politici mettono Keynes su un piedistallo perché ha dato loro il fondamento teorico per giustificare politiche che precedentemente venivano ridicolizzate dagli economisti classici.
Prendete, ad esempio, il concetto di moltiplicatore fiscale: non esiste! Esiste invece solo nella mente illogica di professori e scrittori keynesiani. Dal momento che questo concetto è incorporato in ogni libro universitario, cerchiamo di farne una breve ricapitolazione: se lo stato spende $1, qualcuno riceverà $1, e ne spenderà una parte, diciamo 80 centesimi, che verranno ricevuti da qualcun altro che ne spenderà solo una frazione, e così via. I keynesiani, poi, introdurranno una bella formula e diranno che in questo caso il moltiplicatore è 5 e $1 speso dallo stato creerà $5 in reddito nazionale.
Ma la domanda sorgerebbe spontanea: come ha fatto ad essere finanziato il singolo dollaro iniziale di spesa? Qui il keynesiano ha una risposta precisa: il moltiplicatore del budget all'equilibrio. Se lo stato spende $1 e tassa per $1, la spesa sale lo stesso di 20 centesimi dal momento che la persona che è stata tassata avrebbe speso solo 80 centesimi. Il moltiplicatore in questo caso è di $1. A questo punto la maggior parte dei professori proseguirebbe con un altro argomento, inosservato da parte degli studenti incauti e che rappresenta l'assunto insidioso alla base di questa conclusione teorica.
Il concetto di moltiplicatore vuole far credere che i 20 centesimi sono stati risparmiati, o trattenuti in contanti – l'equivalente di stipare denaro sotto il materasso. Se, invece, l'importo tassato andasse a ridurre il risparmio[1], $1 di spesa pubblica scalzerebbe $1 di consumi e spesa per investimenti (risparmio); il moltiplicatore sarebbe pari a zero, e la spesa pubblica e la politica di bilancio non avrebbero un'influenza diretta sulla produzione attraverso la domanda aggregata. Naturalmente se prendessimo in considerazione l'offerta, il moltiplicatore sarebbe negativo. Come disse Murray Rothbard, si tratta di un trasferimento di "risorse dal [settore privato] produttivo al settore pubblico parassitario." I $20,000 miliardi di debito pubblico attuali riflettono la spesa pubblica, o risorse reali che sarebbero state messe a miglior uso se fossero state lasciate in mani dei privati.
Keynes sosteneva anche la cosiddetta "eutanasia del rentier", con l'abbassamento dei tassi d'interesse a zero. I suoi fedeli seguaci nell'Eccles Building a Washington hanno seguito il suo consiglio alla lettera. Eppure, come disse Mises, questo punto di vista riguardo i tassi d'interesse è di una ingenuità insuperabile.[2]
Un professore di microeconomia spiegherà ai suoi studenti come il controllo dei prezzi crei una divergenza tra ciò che la società vuole e quello che produce – la conseguenza non intenzionale è rappresentata da laghi di vino, montagne di burro e disoccupazione rampante. Ciononostante questo economista schizofrenico proseguirà dicendo che giocherellare con il prezzo più importante del capitalismo, il tasso d'interesse, risolverà i problemi economici della società.
La realtà è che l'economia non è come una macchina e i tassi d'interesse non sono come il pedale dell'acceleratore. I tassi d'interesse giocano un ruolo chiave nell'allineamento tra domanda e offerta nel tempo. Più a lungo s'interferisce con i tassi d'interesse, maggiore sarà il disallineamento e maggiore sarà l'aggiustamento inevitabile e necessario per riallineare l'offerta con la domanda.
Attualmente ci troviamo in una buca profonda. Questa linea di politica mal concepita porterà al cosiddetto crack-up boom che Mises aveva previsto e sarà molto peggio del 2008. Eppure non abbiamo il consenso intellettuale affinché possiamo uscirne. Quel che è peggio è che la prossima crisi fomenterà senza dubbio più richieste per implementare quelle strategie che fino ad ora hanno fallito. Agli economisti di oggi è stato fatto il lavaggio del cervello affinché credessero che l'unica soluzione fosse una maggiore spesa pubblica e una maggiore stampa di denaro. Il fine partita sarà decretato dall'iperinflazione, la quale porterà a dittature. Eppure c'è un'alternativa migliore, e inizia con:
- Ristabilire una moneta sonante;
- Porre fine alla riserva frazionaria;
- Mettere fine alle banche centrali.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] La definizione corretta di risparmio monetario è trasferimento dei crediti da un gruppo all'altro. Questa è la definizione che ritroviamo nella teoria dei tassi d'interesse nei fondi mutuabili. Il risparmiatore non applica le sue rivendicazioni e sarà in grado di consumare più beni e servizi in futuro. Egli effettua questo trasferimento a favore di quegli investitori che ne faranno miglior uso, acquistando impianti ed attrezzature che poi produrranno beni e servizi in futuro. Keynes ha creato una grande confusione quando ha usato la parola "risparmio" per riflettere due atti: il trasferimento dei crediti (definizione classica di risparmio) e il trattenimento dei crediti, o accaparramento.
[2] "Riguarda l'interesse come compensazione della rinuncia temporanea al denaro nel senso più ampio – un punto di vista di un'ingenuità insuperabile. I critici scientifici erano perfettamente giustificati quando lo trattavano con disprezzo; non vale nemmeno la pena nominarlo. Ma è impossibile astenersi dal sottolineare che queste stesse opinioni sulla natura dell'interesse occupano un posto importante nel giudizio popolare, e che vengono continuamente proposte e consigliate come base per le misure di politica bancaria."
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Venerdì scorso, a Focus Economia in onda su Radio 24, il conduttore pontificava su come esistesse un'inflazione buona e un'inflazione cattiva. La prima pare dipendere dalla spesa al consumo, mentre la seconda dai prezzi dell'import aumentati a causa di un tasso di cambio declinante. Il keynesismo è una teoria incoerente. Henry Hazlitt nel 1959 demolì la Teoria Generale di Keynes. I keynesiani si sono limitati ad ignorarlo. Viviamo nell'era di Keynes e Barisoni è quanto di più vicino esista in Italia al "sommo sacerdote" di questa teoria. In fin dei conti, Draghi non ha fatto altro che seguire i piagnistei di quelli come Barisoni che inneggiavano ad un maggiore interventismo da parte della BCE. Quando Trichet ha smesso di inflazionare la base monetaria, nel 2009, abbiamo avuto successivamente il crollo della Grecia e la crisi dei PIIGS. Le rinnovate infusioni monetarie della BCE non sono servite a nulla tranne che ad acuire i malesseri economici, perché, come ho ripetuto spesso sul blog, i PIIGS sono doline finanziarie che non faranno altro che sprecare risorse reali.
RispondiEliminaPerché? Perché Ludwig von Mises aveva ragione quando nel 1912 scrisse La Teoria della Moneta e del Credito, in cui delineava l'origine monetaria del ciclo boom/bust. Puntò il dito contro la banca centrale e ancora oggi solo la Scuola Austriaca punta il dito contro tale istituzione. Quando la prossima recessione colpirà le sale dei casinò finanziari, saranno i keynesiani a finire sul banco degli imputati: sono i promotori della spesa in deficit e dell'inflazionamento monetario della banca centrale. E questa gente, senza un comprensione di causa ed effetto, popola le banche centrali di tutto il mondo. Non importa chi viene eletto, vediamo adottate le stesse politiche economiche: deficit ed inflazione del denaro fiat. Tutto il resto viene respinto come "austerità".
Quando durante la prossima recessione ci sarà un tonfo dei mercati azionari e riappariranno tutti quei problemi che si presupponeva la stampante monetaria avesse debellato, l'incoerenza dei keynesiani sarà palese. Non ammetteranno mai d'aver sbagliato, ma alla fine faranno la fine degli economisti marxisti. Il disastro economico che deriverà dalle politiche keynesiane di oggi, sarà il loro epitaffio. Ci vorrà una generazione, ma accadrà. Ci sarà un cambiamento di paradigma.
Questo è il motivo per cui, in quanto Austriaco, critico con veemenza il keynesismo. Questo è il motivo per cui ripeto spesso: "Vi ho detto come e perché". Questo è il motivo per cui in questo blog c'è l'etichetta "keynesismo".