Bibliografia

giovedì 8 dicembre 2016

I sondaggi possono dirci dove si sta dirigendo l'economia?





di Frank Shostak


Per farsi un'idea delle condizioni economiche future, molti economisti seguono una serie di sondaggi riguardanti consumatori e imprese.

Si sostiene che i sondaggi siano utili per una cosa: la conoscenza per quanto riguarda le condizioni economiche future è dispersa, quindi ci sono basse probabilità che un qualsiasi individuo possa ottenere un quadro preciso dell'economia.

È probabile quindi che un grande gruppo di persone scelte possa dipingere un quadro quanto più preciso possibile.

In questi sondaggi, viene chiesto a consumatori ed imprenditori di fornire in modo casuale il proprio parere sul futuro dell'economia.

Se un sondaggio mostra che la maggior parte delle persone è ottimista, questa dovrebbe rappresentare una buona notizia per l'economia.

Al contrario, se la maggioranza degli intervistati è pessimista allora ciò viene visto come un cattivo presagio per il futuro.



Le aspettative di recessione causano una recessione?

Dato il punto di vista popolare secondo cui le aspettative sono la forza trainante di un'economia, molti economisti sostengono che una buona dose di "notizie positive" possa impedire lo sviluppo delle cattive aspettative e quindi un calo dell'attività economica.

Questo è il motivo per cui quando l'economia cade in una fase di recessione, gli economisti citati dalla stampa sono spesso molto guardinghi nelle loro affermazioni.

Su questo tema Rothbard scrisse:

Dopo il disastro del 1929, economisti e politici affermarono che una cosa del genere non sarebbe più dovuta accadere. Il modo più semplice per riuscirci era cancellare il termine "depressione". Da quel momento in poi, l'America non avrebbe più sofferto di depressioni economiche. Sebbene se ne palesò un'altra, nel 1937-38, gli economisti si rifiutarono di usare quel termine e ne inventarono uno nuovo, una parola molto più tranquillizzante: "recessione". Da quel momento in poi, ci furono un bel po' di recessioni, ma non una sola depressione.

Ma ben presto la parola "recessione" diventò anch'essa troppo dura per la sensibilità della popolazione americana. E ora sembra che la nostra ultima recessione sia datata 1957-58. Da allora abbiamo avuto solo "flessioni", o, meglio ancora, "rallentamenti" o "movimenti barcollanti". Quindi su col morale, d'ora in poi depressioni e persino le recessioni sono state banditi dalla semantica degli economisti; d'ora in poi, il peggio che possa accaderci sono i "rallentamenti". Tali sono le meraviglie della cosiddetta "Nuova Economia."[1]

Questo tipo di credenza nasce dalla paura che un linguaggio aspro sconvolgerà la fiducia della gente e di conseguenza le aspettative circa le future condizioni economiche. Se la fiducia della gente viene mantenuta stabile, allora l'attività economica resterà stabile.

Dato che aspettative stabili si dice che implichino condizioni economiche future stabili, molti economisti raccomandano fortemente che le politiche dello stato e delle banche centrali siano "trasparenti".

Supponiamo che lo stato voglia aumentare le tasse. Il semplice fatto che questo piano sia noto a tutti, come può evitare un'erosione degli standard di vita e un'instabilità economica?

Anche se i politici potrebbero riuscire a convincere la gente che l'aumento delle tasse rappresenta un bene per loro, non possono alterare il fatto che si ridurranno i redditi degli individui.

Oppure immaginiamo che la banca centrale renda di dominio pubblico la notizia secondo cui aumenterà notevolmente l'offerta di moneta.

Come può la semplice pubblicazione di queste informazioni prevenire il consumo di capitale e lo sviluppo di un ciclo boom/bust?

Le cosiddette "aspettative stabili" non possono annullare i danni causati dalle politiche monetarie allentate o da tasse più alte – le opinioni sui fatti non cambiano i fatti stessi.

Che cosa c'è da guadagnare se ad ogni individuo viene fatto il lavaggio del cervello affinché creda che le cose vanno bene, mentre, in realtà, l'economia va a rotoli?

Quindi ciò che conta non è la trasparenza delle politiche dello stato e delle banche centrali, ma se queste politiche danneggiano il benessere degli individui.



Le aspettative in un'economia libera e non libera

Le aspettative dei consumatori non emergono dal nulla, ma sono parte integrante del processo di valutazione di ogni individuo, il quale si basa sul punto di vista personale per quanto riguarda il mondo reale.

In un'economia di libero mercato e senza ostacoli, quando gli individui sviluppano aspettative che vanno contro i fatti della realtà, vengono spinti a riconsiderare le loro valutazioni e ad effettuare azioni diversificate. Il mercato non permette l'esistenza di valutazioni sbagliate per un periodo di tempo prolungato.

Supponiamo che come risultato di una valutazione sbagliata venga investito troppo capitale nella produzione di automobili e troppo poco nella produzione di case.

L'effetto dell'overinvestment nella produzione di auto va a deprimerne i profitti, perché la quantità eccessiva di auto viene venduta a prezzi che sono bassi in relazione ai costi necessari per realizzarle.

Invece l'effetto della carenza di investimenti nella produzione di case, alzerà il loro prezzo in relazione ai costi e quindi ne aumenterà il profitto.

Questo processo porterà ad un ritiro di capitali dal settore delle auto e ad una loro canalizzazione nel settore delle case, il che implica che se l'investimento va troppo in una direzione e non abbastanza in un'altra, si metteranno in modo forze contrastanti e correttive.[2]

In un mercato libero la realtà affermerà il suo predominio abbastanza rapidamente, attraverso la valutazione degli individui e quindi delle loro azioni.

Le cose non stanno così in un'economia di mercato distorta. Applicando le loro politiche, gli stati e le banche centrali possono impostare una piattaforma in cui si viene a creare una distorsione prolungata delle aspettative rispetto alla realtà.

Tuttavia, né lo stato né la banca centrale possono perseguire questa linea di politica tanto a lungo. Un caso classico è l'abbassamento artificiale dei tassi d'interesse da parte della banca centrale, cosa che si traduce in cicli di boom/bust.

Possiamo concludere che in un'economia di mercato senza ostacoli, le aspettative di un individuo avranno una tendenza a cambiare in tandem con le condizioni di mercato vere.

Tutto questo è in contrasto con un'economia ostacolata in cui le politiche dello stato e delle banche centrali danno luogo ad aspettative che sono fuori sincrono rispetto alla realtà.

Il punto di vista popolare, secondo cui per mezzo dei sondaggi si può discernere la direzione futura di un'economia, è davvero problematico.

Il fatto che un grande gruppo di persone possa esprimere un parere in merito alle condizioni economiche future, non lo rende più preciso rispetto al punto di vista espresso da un particolare individuo.

Ciò che conta qui non è quante persone partecipino ad un sondaggio, ma il modo di pensare che hanno implementato per sviluppare i loro punti di vista.

Fino a quando le persone intervistate non rivelano le teorie dietro i loro punti di vista, non vi è alcun motivo per considerare i sondaggi una base valida per una valutazione accurata del futuro stato di un'economia.

Inoltre, dal momento che non abbiamo un'economia senza ostacoli, è probabile che i sondaggi forniranno una visione fuorviante per quanto riguarda le condizioni economiche future.

Per esempio, come risultato di una posizione monetaria più ristretta da parte della banca centrale, molte attività in bolla finiranno sotto pressione.

Diversi sondaggi su imprese e consumatori mostreranno un deterioramento delle aspettative per quanto riguarda le condizioni economiche future.

In realtà un'attenta analisi mostra che una dismissione delle attività in bolla e un calo della fiducia dei consumatori e delle imprese rappresentano una buona notizia per le varie attività che generano ricchezza, in quanto verrà deviata meno ricchezza a favore delle attività in bolla. Di conseguenza questa è una buona notizia per l'economia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Murray N.Rothbard, Economic Depression: Their Cause and Cure, (Auburn, Ala.: Mises Institute, 2009), pp. 65–66.

[2] George Reisman, The Government Against the Economy  (Ottawa, Ill.: Janeson Books, 1985), p.5.

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1 commento:

  1. L'idea che l'andamento futuro dell'economia dipenda da quello che crede la maggioranza della gente mi fa tornare in mente un concetto che mi ha fatto ghignare spesso. St.Agostino sosteneva che una delle prove dell'esitenza di Dio era il cosi' chiamato consensus gentium, ovvero il solo fatto che ci fossero tante persone che credevano in Dio era sufficiente a dimostrarne l'esistenza. Gli economisti sembrano a corto d'idee.

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