Bibliografia

venerdì 21 ottobre 2016

I pazienti zero dell'esperimento monetario centrale: Argentina e Giappone






di Francesco Simoncelli


Alla fine ci siamo arrivati. Inizia a sgretolarsi quel muro di certezze che granitico aveva sorretto le illusioni che i pianificatori monetari centrali avevano elargito alla massa. Eccoci, quindi, a discutere di come una banca potrebbe far cadere il domino di mattoncini che sin dal 2008 erano stati eretti attraverso le politiche monetarie straordinarie, strategia applaudita dalla maggior parte dei commentatori economici. Eppure eccoci qui, otto anni dopo, a parlare di come tutto questo caos economico sarebbe potuto essere evitato. Gli Austriaci avevano detto come e perché. Rivediamo tale come e perché sia stato lanciato come avvertimento e non come "cassandrata", soprattutto attraverso due esempi emblematici. Ovvero, i pazienti zero.



FRODE, FRODE OVUNQUE

Osservate queste due immagini.






La prima rappresenta l'interconnessione dell'attuale sistema bancario europeo. In altre parole, quell'immagine rappresenta i tasselli del domino. Per chi volesse approfondire ho avuto modo di parlare dei cosiddetti GSIB in questo articolo. La seconda immagine, invece, rappresenta il lending facility della BCE, ovvero, la "stanza" utilizzata dalla banca centrale europea per ottenere prestiti in brevissimo termine. È una misura cautelativa, la quale serve semplicemente a puntellare le riserve delle banche commerciali presso la stessa banca centrale. Nel caso di crisi si dimostra che esistono riserve solide da cui attingere, le quali vengono temporaneamente fatte uscire attraverso accordi di repurchase agreement. È quasi lo stesso modo usato dalla FED per mostrare ai mercati mondiali che sta tentando di sgonfiare il suo enorme bilancio da circa $4,500 miliardi; essa invece fa ricorso ai reverse repurchase agreement.

Inutile sottolineare come suddetta interconnessione rappresenti una bomba ad orologeria innescata di cui non si può vedere il timer. Qualsiasi istituto di credito, ormai, potrebbe rappresentare l'innesco della caduta del domino. Dal sistema bancario commerciale italiano, a Commerzbank, fino a Deutsche Bank. MPS è un caso emblematico, poiché se fosse fallita si sarebbe portata dietro tutti quegli istituti di credito di cui era debitrice. L'ultima cosa che vogliono al giorno d'oggi i pianificatori monetari centrali è l'azzeramento o addirittura la semplice riduzione degli attivi di una banca GSIB. Lo stesso discorso vale per assicurazioni, hedge fund, fondi pensione. Ma anche le cosiddette stime ufficiali danno per "eccessiva" l'attuale pseudo-ripresa. I pazzi monetari scatenati stanno pompando liquidità al ritmo di $200 miliardi al mese. E cosa hanno da mostrare come risultato? Redditività aziendale ai minimi, debito a rischio ai massimi, asset gonfiati artificialmente di prezzo. E c'è addirittura chi parla di "tapering". E no, il bilancio della FED non si sta riducendo perché sta vendendo asset alla vecchia maniera.




Le principali banche centrali del mondo sono all'angolo e non sapranno che pesci pigliare quando la prossima recessione spazzerà via l'illusione di stabilità finora spacciata attraverso la ZIRP, il presunto effetto ricchezza a cascata e l'obiettivo d'inflazione al 2%. Per non parlare delle mosse implementate dalla maggior parte delle banche centrali del mondo. Sono tutte impantanate con la ZIRP, di conseguenza quando arriverà la prossima recessione non potranno tagliare ulteriormente i tassi d'interesse senza scatenare una rivolta popolare. E non potranno aumentarli senza scatenare un caos a livello obbligazionario e azionario. Sono in trappola. Ma i fondamentali di mercato sono in continuo deterioramento, perché la politica monetaria allentata e il presunto effetto ricchezza a cascata delle banche centrali non hanno funzionato. Il canale della trasmissione monetaria a Main Street è rotto a causa del suo raggiungimento di una condizione di Picco del Debito, quindi ora esistono due economie parallele. Problema: i pianificatori monetari centrali pensano che resterà per sempre così, invece diventeranno perpendicolari scontrandosi.

Perché? Perché al giorno d'oggi s'è ripresentato di nuovo quello che per i keyensiani è un paradosso: stagflazione. I deficit continueranno ad erodere ricchezza reale, mentre il settore privato non sarà in grado di stare al passo con questo processo aumentando l'incidenza della legge dei rendimenti decrescenti. Questo significa che si arriverà ad un punto di rottura: inflazione di massa o depressione. Dipenderà da come si muoveranno le banche centrali e gli stati (io propendo per il primo esito). Infatti è proprio questo che c'è in cantiere, visto che l'intellighenzia è orientata verso la propaganda di uno stimolo fiscale. Ovvero, lo stato dovrebbe spendere di più, dovrebbe essere più invadente. Paul Krugman e Larry Summers l'hanno ripetuto fino alla nausea.

Questo è l'esito che attende tutte quelle nazioni che hanno gozzovigliato con la stampante monetaria pensando di poter seppellire sotto un cumulo di carta straccia problemi economici latenti. È proprio per questo motivo per cui una nuova crisi sta arrivando: gli errori economici eruttati prorompenti nel 2008 non sono stati corretti. Questo significa che quelle entità che sono state tenute artificialmente in vita attraverso interventi centrali, non hanno fatto altro che risucchiare risorse reali e sprecarle. È il caso infatti di tutte quelle grandi banche commerciali che fino ad ora sono risuonate sulle prime pagine dei giornali. Deutsche Bank è solo l'ultima di una lunga serie. È meglio dire che più si tengono in vita e più si rimanda nel tempo la correzione degli errori economici, più alacre sarà infine la correzione recessiva.

Infatti la banca tedesca è di gran lunga più sistemica rispetto alla Lehman e il suo parco derivati è venti volte più grande del PIL tedesco. Inutile dire che la situazione è peggiorata, poiché come è stato detto sopra, il canale della trasmissione monetaria all'economia più ampia è rotto a causa del raggiungimento della condizione di Picco del Debito, quindi lo stimolo monetario partorito dalle banche centrali è rimasto confinato nel circuito finanziario. Il denaro creato ex-novo è andato a saturare i bilanci delle grandi imprese, le quali, non potendo più contare su segnali economici genuini, non hanno potuto far altro che sostenersi non attraverso una domanda genuina di mercato, bensì attraverso l'ingegneria finanziaria.




Ciò non ha fatto altro che far aumentare debiti e capacità in eccesso in quei settori ritenuti superflui dalle priorità d'acquisto degli attori di mercato. Ma le banche commerciali ormai detengono parecchio di tale debito, per non parlare delle banche centrali. Ed per questo motivo che, ad esempio, la BCE sta prendendo in considerazione la possibilità di estendere il proprio programma di QE al settore azionario. Finora questo atteggiamento interventista non ha fatto altro che scatenare crisi sempre più grandi: crollo immobiliare e azionario giapponesi nel 1989, crisi asiatica del debito nel 1997, crisi russa del debito nel 1998, bolla dot-com nel 2001, bolla immobiliare nel 2008. Queste mosse, comunque, per quanto disperate hanno un progenitore unico, un paziente zero: il Giappone.



DUE CASI DI STUDIO: ARGENTINA E GIAPPONE

Sebbene il Giappone possa essere il paziente zero per eccellenza, ne esiste un altro. In questo segmento analizzerò la storia economica di entrambi per tracciare una linea continua e dimostrare come la presunta onniscienza dei pianificatori monetari centrali, altro non è che uno specchietto per le allodole per trarre in inganno gli sprovveduti e truffarli, generando solamente distruzione economica. L'altro esempio è l'Argentina.

Alla fine del XIX secolo le terre argentine erano carezzate da idee liberali, e uno stato minimo unito a tasse basse, rendevano quei posti appetibili agli immigrati. In quel periodo l'Argentina era praticamente considerata alla stregua degli Stati Uniti: un luogo con una moneta sonante e una burocrazia praticamente assente. I flussi migratori erano in ascesa e il paese prosperava, grazie ad una politica praticamente improntata sul laissez-faire. In meno di una generazione, la nazione divenne la terza più ricca del pianeta. L'intera America Latina guardava con invidia a come il commercio scorresse florido nelle pampa e come l'Argentina fosse diventata accogliente dimora delle principali migliorie tecnologiche del secolo.

Ma quando il nido inizia a farsi pieno di uova, ecco arrivare un approfittatore pronto a trarne vantaggio. Nel nostro caso si tratta delle persone che "sanno (apparentemente) di più", coloro in grado di migliorare le vite altrui mettendo a disposizione della collettività il proprio ingegno. È proprio questo il problema: una mente che spaccia la propria conoscenza come universale. E allora ecco che iniziano a serpeggiare le idee collettiviste, facendo spazio a rigidi cambiamenti che hanno lo scopo di incasellare quanto più possibile la vita degli individui in modo da renderli prevedibili agli occhi del pianificatore centrale di turno. Le asimmetrie informative lasciano spazio a presunte simmetrie, che in realtà non cancellano le prime bensì tentano di sovrapporvisi. Il decentramento lascia, quindi, spazio ad un persistente accentramento. La prosperità lascia spazio al declino.

Ed è proprio questo quello che accadde all'Argentina a partire dalla prima guerra mondiale. Tal processo accelerò con la Grande Depressione degli anni '30, dove il crollo dei prezzi delle commodity assestò un duro colpo all'economia argentina. In poco tempo la corsa verso la prosperità divenne la corsa per appropriarsi delle ricchezze degli altri, con una classe dirigente sempre più opportunista e dedita ad espropriare i creatori di ricchezza. Il colpo di grazie arrivò nello stesso periodo quando venne istituita la banca centrale ed essa provvedette a fare il suo "lavoro": svalutare la moneta. Durante gli anni '40, e le carneficine di massa in Europa, l'Argentina sperimentò un periodo di tregua, con la sua industria alimentare che lavorava a pieno ritmo per soddisfare una domanda mondiale crescente. Il problema, però, si presentò al momento della fine della guerra, dove la domanda mondiale cambiò in base alle nuove condizioni e le industrie alimentari argentine chiedevano protezione.

L'ascesa di Péron, un uomo militare, fu la goccia che fece traboccare il vaso: le industrie vennero nazionalizzate e divennero inefficienti, le riserve d'oro e dollari evaporarono, le ferrovie vennero nazionalizzate e divennero inefficienti, i mezzi di divulgazione (radio, giornali, ecc.) vennero nazionalizzati e divennero inefficienti, ecc. Il paese non stava facendo altro che mangiare i semi che aveva messo da parte piuttosto che piantarli per far crescere nuove colture. L'unico intervallo in cui sembrò che questo declino dovesse arrestarsi fu i dieci anni di governo di Menem, i quali, sebbene non fossero improntati secondo un'ottica di mercato, diedero al paese un po' di respiro cercando in qualche modo di restringere le spire dello stato. Ma quelle di Menem erano mezze misure, completamente inadeguate per curare i malanni della pianificazione centrale del paese.

Infatti non bastò agganciare il peso al dollaro, visto che i malanni alla base dell'economia argentina erano incarnati in una teoria economica votata all'irresponsabilità. L'espansionismo monetario artificiale coadiuvato dalla riserva frazionaria del sistema bancario commerciale, resero inutile questa mossa di ridare forza al peso. Prima o poi situazioni simili vanno fuori controllo, e ciò fu il caso nel novembre 2001 quando in Argentina vennero emanati controlli sui prezzi e controlli sui capitali: vennero limitati i prelievi di denaro e venne limitata l'esportazione di capitali. Il quadro nefasto venne completato quando, l'anno successivo, il peso venne pesantemente svalutato nei confronti del dollaro e tutti coloro con un con un conto di risparmio o deposito in peso, si videro derubati del 30% dei loro risparmi/depositi. Il problema non era il peg col dollaro, ma la politica economica sbagliata.

E per nascondere le loro colpe, i pianificatori monetari centrali fecero di peggio: prima congelarono tutti i conti di deposito/risparmio sopra i $3,000 e poi tutti i conti in dollari vennero convertiti forzatamente in pesos. Visto che la maggior di tali conti era proprio in dollari, e che all'epoca il peso valeva $0.60, i pianificatori monetari centrali attuarono un vero e proprio furto nei confronti della popolazione argentina per salvaguardare il sistema economico finanziario così com'era.

In sostanza, sembra che l'economia argentina, sin dal secondo dopoguerra, sia stata sottoposta a quello che io definisco "continuo waterboarding economico". Un processo di alti e bassi che segue un trend discendente. Infatti, dopo l'inizio del secolo, nonostante la tirannia economica che hanno dovuto sopportare gli attori di mercato argentini, il paese è tornato brevemente a respirare agganciandosi al treno del ciclo economico stimolato dalle politiche monetarie allentate statunitensi. In particolare, ha tratto nuovamente vantaggio dall'aumento del prezzo delle commodity

Su queste pagine continuavo a ripetere che i dati ufficiali argentini erano falsati. Era praticamente impossibile un incremento dei salari del 25%-30% in un'economia con un'inflazione (presumibilmente) all'8%. Avrebbe comportato un incremento del costo del lavoro assolutamente insostenibile, a meno che non ci fosse stato un incremento di produttività del lavoro a sostegno dei tassi di crescita dell'economia. Davvero era possibile una cosa del genere in un luogo in cui la Kirchener aveva nazionalizzato le due più grandi linee aeree del paese? Davvero era possibile una cosa del genere in un luogo in cui la Kirchener aveva nazionalizzato le più grandi aziende petrolifere? Davvero era possibile una cosa del genere in un luogo in cui la Kirchener aveva nazionalizzato i fondi pensione? Davvero era possibile una cosa del genere in un luogo in cui la Kirchener aveva imposto tasse ingombranti sulle esportazioni?

La cosa più probabile è che l'inflazione non fosse all'8%, ma al 20%-25%. Ciò non esclude altre macchinazioni statistiche, come un deflatore del PIL minore di quello corretto. Ora il Financial Times riporta che l'ufficio di statistica argentina comunicherà le revisioni sui conti del PIL e che uno studio condotto dall'Università di Harvard, in collaborazione con l'Università di Buenos Aires, evidenzia come il PIL argentino andrebbe corretto al ribasso del 40%. Insomma sembra ormai assodato, oltre ogni ragionevole dubbio, che la Kirchener e il suo gruppo di banditi abbiano taroccato i conti.

Dopo le ultime elezioni, il cosiddetto vento del cambiamento ha fatto entrare aria nuova nelle terre argentine. Il neo-eletto Macrì ha promesso di far risorgere il paese dopo che la Kirchener l'ha messo in ginocchio a suon di nazionalizzazioni e stampa monetaria. Ci riuscirà? Probabilmente sarà meno "estremista" rispetto alla sua collega, ciononostante la rinnovata fiducia estera nel paese delle pampa utilizza questo cambiamento come maschera. La verità è che, come ben sappiamo, i mercati sviluppati stanno soffrendo di una fame di rendimenti decenti cronica a causa della politica dei tassi a zero. Questo spinge coloro che hanno il compito di far fruttare gli asset (AUM), a correre rischi in base al presunto presupposto che le banche centrali rimarranno accomodanti ancora a lungo. Quindi non è un caso se di recente l'Argentina sia riuscita a piazzare bond spazzatura per $16.5 miliardi.

Sebbene le basi di questa domanda siano marce, la borsa argentina guadagna trazione. Ora, dato che sappiamo che le attenzioni nei confronti dell'Argentina sono fondamentalmente legate ad un mercato drogato di denaro fiat, avvicinarsi al mercato a rendimento fisso non credo sia saggio. Chi vuole puntare sull'Argentina dovrebbe farlo semplicemente per speculare nel breve periodo. Di conseguenza in questa ottica diventa attraente il mercato azionario argentino, in modo da avere una finestra sempre aperta in cui si voglia scappare. Insomma affinché si possa avere una diversificazione quanto più agile possibile. E, a meno di un rimbalzo del petrolio e delle commodity in generale, meglio lasciar stare il comparto energetico e puntare sul comparto delle utilities e del settore bancario.

È quindi iniziato un nuovo giro di "waterboarding economico", con il prigioniero che potrebbe restarci secco da un momento all'altro.



PRIMA TOKYO, POI BUENOS AIRES

Nonostante i fallimenti plateali registrati nelle politiche monetarie e sociali in Argentina, si potrebbe liquidare la cosa come l'ennesimo esperimento socialista del Sud-America. Sotto i nostri occhi ci sono i rimasugli dell'ennesimo laboratorio socialista sud-americano, il Venezuela, dove controlli dei prezzi ed espansionismo monetario sfrenato hanno condannato all'estrema povertà i venezuelani. Fortunatamente ci si sta accorgendo che tirare troppo la corda potrebbe essere deleterio. Ciononostante c'è anche un altro esempio nel mondo moderno che ci permette di affermare come i pianificatori monetari centrali non sanno quello che fanno e lungo il loro cammino lasciano solamente morte e distruzione economica. Un esempio lontano anni luce dai "pregiudizi" riguardanti il Sud-America. Sto parlando del Giappone.

Alla fine del secondo conflitto mondiale, l'economia giapponese era un cumulo di macerie. La guerra aveva riscosso un pedaggio alto soprattutto sulle infrastrutture del paese del sol levante, sia per quanto riguardava le industrie sia per quanto riguardava le abitazioni civili sia per quanto riguardava le vie di comunicazione. Malgrado ciò i giapponesi si rimboccarono le maniche, dando vita ad un boom economico che venne definito "un miracolo". Ovviamente non era nulla di tutto ciò, poiché questo è il normale funzionamento dei mercati quando vengono lasciati liberi di funzionare.

Ma se c'è una cosa che i pianificatori centrali odiano, è persone libere che determinano i mercati in base alle loro esigenze e necessità. Di conseguenza non passò molto prima che intervennero. Sul lato estero, il protezionismo rampante e i dazi sulle importazioni incancrenirono il cosiddetto "miracolo"; sul lato interno, a causa di tasse alte e normative opprimenti, le start-up vennero uccise sul nascere mentre le grandi aziende furono schermate dalla concorrenza. La ciliegina sulla torta ce la mise la BOJ, poiché svalutando lo yen rese attraente il settore dell'export, ma così facendo non fece altro che rendere costose le importazioni (e stiamo parlando di un paese che ci campa con le importazioni) e sovvenzionare artificialmente il benessere degli altri paesi. Inutile dire che in questo modo le grandi aziende divennero praticamente a tutti gli effetti branche dello stato, e tutto ciò a scapito della produttività.

La spirale di morte dell'economia giapponese è peggiorata definitivamente all'incirca tre decenni fa, andando ad acuire tutti quegli errori economici che erano stati accumulati in precedenza. La scarsa competitività delle aziende e il cestinamento dello yen hanno portato all'inizio della resa dei conti, accelerando il corso della legge dei rendimenti decrescenti. Il punto cruciale è sempre stato unico: il Lunedì Nero e la scoperta della stampante monetaria nel seminterrato della FED da parte di Greenspan. Quest'ultimo per smorzare la correzione dei mercati avviò le rotative dell'Eccles Building, facendo scendere il dollaro in rapporto alle altre valute del mondo. Questo significa che lo yen, nel nostro caso, raddoppiò di valore, andando ad incidere sul lato delle esportazioni del paese. Perseguendo una politica mercantilista, la BOJ rispose allentando pesantemente la sua posizione monetaria, iniettando nuova liquidità nel sistema economico che trovò dimora soprattutto nel valore dei terreni.

Il settore finanziario divenne estremamente gonfio e il Nikkei quadruplicò i suoi numeri. La crescita smisurata del settore finanziario è un chiaro segno di bolla gonfiata dal settore bancario centrale, ma diversamente da oggi in cui la maggior parte delle economie sviluppate ha raggiunto una condizione di Picco del Debito, all'epoca il canale della trasmissione monetaria con l'economia di Main Street era ancora integro. Infatti questa follia monetaria risultò in famiglie e piccole/medie imprese che contrassero enormi quantità di debiti supportati da risparmi inesistenti. Era inevitabile che questa bolla scoppiasse, dato il restringimento del bacino della ricchezza reale che comportava. Il 1989 fu l'anno fatidico: il Nikkei crollò di oltre l'80% del suo precedente valore, i prezzi delle case colarono a picco, e la crescita del PIL finì ad un anemico 1%.

Il successivo "decennio perduto" non è stato altro che il periodo in cui l'economia giapponese ha cercato di ripulirsi da tutti gli errori al suo interno, ma questo processo è stato costantemente impedito dalla successiva intrusione della pianificazione monetaria centrale.




Ormai sono tre anni che la BOJ sta tentando disperatamente di raggiungere quell'obiettivo d'inflazione del 2% che considera la panacea di tutti i mali economici. Come vediamo dal grafico qui sopra, lo stimolo monetario è servito a poco o niente per far rimettere in carreggiata l'economia giapponese. E quindi cos'ha fatto la BOJ ogni volta che è risultato palese come la formula "più della stessa cosa" non funzionava? Ha raddoppiato la dose. Oltre ad essere diventata il market maker nel mercato obbligazionario giapponese, ha inglobato nel proprio bilancio ETF azionari e J-Reit (fondi immobiliari). Più è intervenuta, più gli effetti transitori del QE sono svaniti più in fretta, lasciando il disastro conseguente: salari reali stagnanti, incapacità di competere da parte delle aziende, redditi fissi esposti all'inflazione seppur "contenuta" (almeno come calcolata dai mulini statistici dello stato). Ma quando il mercato diventa saturo di errori economici inizia a non rispondere più agli stimoli centrali, avviando correzioni ad ogni minimo accenno di panico. Questo significa deflazione dei prezzi per quegli asset gonfiati artificialmente dalla precedente manna monetaria artificiale.

Kuroda, però, ha continuato a scendere lungo la scala del dissesto economico, implementando tassi negativi del -0.10% sulle riserve in eccesso detenute dalle banche commerciali presso la BOJ. Non solo, ecco l'ennesima follia: la BOJ comprerà qualsiasi decennale sovrano affinché il relativo rendimento sia inchiodato allo zero. Quindi la BOJ pensa di stabilizzare il mercato obbligazionario facendo sprofondare la curva dei rendimenti antecedente il decennale nella zona del sotto zero, e, nel frattempo, fornire alle banche commerciali possibilità di un briciolo di rendimento frenando gli acquisti successivi al decennale giapponese. In sostanza le banche commerciali potranno mostrare bilanci positivi a fine anno, grazie all'acquisto di trentennali giapponesi ad esempio. Qual è l'inghippo? Se i tassi a breve termine scenderanno ancor di più nel sottoscala della storia economica, le banche commerciali saranno costrette a traslare i costi derivanti da questo effetto sui depositanti. Questo vuol dire spostamento dei tassi negativi sui conti dei depositanti, oppure aumento degli interessi richiesti per i prestiti.

Esatto. A pagare il conto della follia monetaria giapponese saranno i contribuenti e i depositanti. Siamo passati dal quantitative easing al quantitative and qualitative easing, fino a giungere adesso al quantitative and qualitative easing in check with the yield curve. Il fine ultimo dei pazzi monetari è quello di diluire nel tempo l'onerosità del debito pubblico, ma, come nel caso dell'Argentina, il cosiddetto waterboarding economico sta portando alla morte il paziente: la legge dei rendimenti decrescenti sta accelerando il suo corso. Giappone e Argentina hanno semplicemente tracciato la via lungo la quale anche il resto dell'Occidente ha iniziato a camminare. Se volete un assaggio del futuro, guardate al dissesto economico che hanno provocato in quelle terre i pianificatori monetari centrali



CONCLUSIONE

Ci sono parecchie bombe finanziarie ad orologeria innescate nell'attuale panorama economico. Dal mercato azionario, a quello obbligazionario, ai problemi crescenti del comparto bancario commerciale, allo stress politico, al rallentamento economico globale, fino al fatto più importante: la perdita della fiducia. È questa la moneta più commerciata nel mondo finanziario di oggi. Ma è evanescente, non è sonante. L'attuale sistema economico, quindi, è fondato su basi argillose che lo stanno man mano fagocitando. Durante la discesa, l'Occidente seguirà il percorso suicida già intrapreso da Giappone e Argentina. Questi due paesi sono il simbolo per eccellenza di come i pianificatori monetari centrali sono risuciti a distruggere la prosperità economica. La stessa storia si ripeterà in quei paesi che hanno scioccamente deciso di seguire le loro orme. Invece d'imparare dagli errori, stanno perseverando negli errori. Finirà male.


8 commenti:

  1. Assolutamente in Linea di quanto espresso nel dettaglio, ben articolato!!!Mi spiace per le generation che dovranno rividere di MOLTO il loro programmi e stile di vita.. ma ancora non si intravvede L'inizio di tutto Cio'............non capisco cosa aspettanno!!! Holaaa

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  2. Risposte
    1. Sì. Davvero ottimo.
      Ho visto e conosciuto personalmente i protagonisti di una situazione paragonabile, anche se in scala ridotta.
      Chi aveva il potere assoluto non lo ha voluto condividere mai fino alla propria fine. Peraltro minacciando il diluvio successivo. Gli ultimi anni furono di guerra senza quartiere per la successione. Poi dopo un breve nuovo assetto in cui dominava il peggiore, c'è stato un colpo di mano (ben organizzato da anni prima) ed un nuovo capo. Poi, al rientro del primo successore, un accordo di spartizione alla pari. Adesso, due nuovi successori. Nel corso degli anni, cmq, perdita netta e graduale del prestigio della sede cosi tanto disputata.
      Ad oggi si sta molto meglio lontani da lì.
      Qualcosa mi suggerisce similitudini. Meglio lontani.

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  3. Questa è una notizia davvero succulenta. Sin dal marzo scorso, abbiamo appreso che la BCE, in carenza di debito sovrano da acquistare a causa della sua Gigantesca Offerta d'Acquisto che ha praticamente scatenato i front-runner, avrebbe acquistato dobito societario o bond IG. Tra questi ci sono anche i bond dell'azienda tedesca Kassel, i quali hanno subito una bella botta ultimamente. Cosa succederà quando bond simili verranno declassati alla categoria junk?

    Siamo di fronte alla classica legge delle conseguenze non intenzionali che affligge sempre le azioni dei pianificatori monetari centrali. I mercati stanno facendo "call" alla promessa di Draghi del luglio 2012.

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  4. Don’t vote early. The purpose of early voting is to show the One Percent how the vote is shaping up. From this information, the oligarchs learn how to program the electronic machines in order to elect the candidate that they want.

    Paul Craig Roberts agli Americani

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  5. Eccole le conseguenza della cosiddetta sovranità monetaria: India, un mese di demonetizzazione. File agli sportelli nelle città, crollo dell’economia informale in campagna.

    Non esiste nulla nella teoria politica ed economica a sostegno della sciocchezza di una sovranità monetaria. Esiste la sovranità individuale, ma questa viene derubata dallo stato che attraverso le sue branche (come la banca centrale) cerca di controllare quanto più invasiamnete la vita degli individui. Poiché il denaro è monopolizzato dallo stato e dalla banca centrale, la popolazione non ha potuto controbattere alla stupidità di Modi. Le conseguenze dell'idiozia di pochi, le paga la popolazione nel suo complesso che crede ad idiozie come "una sovranità monetaria detenuata dallo stato".

    Imprese in bancarotta, venditori ambulanti impossibilitati a vendere, caos alle stazioni di servizio, trasporti in tilt. I politici non comprendono la teoria economica. Credono d'avere la soluzione a portata di mano per tutti i problemi. Finché si tratta di chiacchiere per la strada è un conto. Ma quando c'è un imbecille al comando in grado di indurre violenza sulla vita degli individui, affiora la legge delle conseguenze non volute e il caos pianificato. Come il Giappone, l'Argentina e il Venezuela sono i pazienti zero del fallimento finale dell'interventismo monetario, economico e politico, così l'India rappresenta il paziente zero del fallimento finale della guerra al contante.

    Se non vi preoccupate dell'economia, l'economia si preoccuperà di voi.

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  6. Questo pezzo del 2016 è più importante che mai. Già qui cercavo di far comprendere ai lettori che le dinamiche di base sono MOLTO più importanti degli esiti che poi si vedono ex post e che, ovviamente, cambiano ogni volta. Il nocciolo della questione è sempre stato uno: l'interventismo monetario genera deformazioni insostenibili all'interno del tessuto economico, in particolare nell'allocazione efficiente del capitale scarso, che infine devono essere corrette. Nello stesso articolo sottolineavo come il Giappone fosse il paziente zero di questo assetto distorcente, primo Paese ad aver inaugurato il QE, e nel corso degli anni poi hanno fatto seguito anche i Paesi occidentali. La più grande bolla attualmente gonfiata è quella nei titoli di stato, ma diversamente dal passato non esiste alcun asset che possa gonfiato (senza intaccare l'autorità del sistema bancario centrale) e in tal modo accogliere l'aria che viene tolta dai bond statali. Perché? Perché, come ci insegnava Mises, la pervasività dell'interventismo arriva a un punto in cui i rendimenti marginali della sua applicazione diventano negativi. Detto in parole povere, più si interviene più si erode ricchezza reale, più le criticità aumentano.

    L'incapacità degli attori di mercato di comunicare efficacemente attraverso segnali di prezzo genuini, distorti a causa del filtro apposto alle loro azioni dal sistema bancario centrale, rappresenta il fulcro di questo caos, un mismatch aggravato, inutile dirlo, dalla corruzione del denaro fiat.

    Silicon Valley Bank, Signature Bank, Silvergate Bank, ecc. sono solo il sintomo, non il malessere.

    Quando si induce tutti a prendere in prestito migliaia di miliardi abbassando artificialmente i tassi d'interesse per più di 10 anni, l'esito non può che essere una pericolosa e debilitante bolla del debito. In un'economia, come quella statunitense, con circa $90.000 miliardi tra debito pubblico e privato e un settore azionario/obbligazionario ipertrofico, i crac sono destinati a essere pervasivi. SVB non ha fatto altro che seguire punto per punto la regolamentazione (Dodd-Frank Act), gli incentivi della politica monetaria e le raccomandazioni degli economisti keynesiani. Molti daranno la colpa a tutto tranne che agli incentivi perversi e alle bolle create dalla politica monetaria e già chiedono tagli dei tassi e nuovi giri di droga monetaria per risolvere il problema. NON SONO LA SOLUZIONE. Anzi peggioreranno solo il problema finora esposto e dal 2016 avvertito. Non si risolvono le conseguenze di una bolla gonfiando altre bolle. La regolamentazione e la politica monetaria sono direttamente responsabili di quanto sta ora accadendo. Le valutazioni sempre più elevate nel settore tecnologico e il presunto flusso inarrestabile di capitali per finanziare l'innovazione e gli investimenti verdi non sarebbero mai avvenuti senza tassi reali negativi e gigantesche iniezioni di liquidità. Nel caso di SVB, la sua crescita fenomenale nel 2021 è stata una diretta conseguenza della folle politica monetaria attuata nel 2020, quando le principali banche centrali hanno aumentato il proprio bilancio oltre i $20.000 miliardi.

    SVB ha investito in obbligazioni sovrane, MBS e titoli tecnologici. Lo ha fatto perché era stupida? No, l'ha fatto perché il rischio in tali asset è stato azzerato artificialmente e ha creduto alla narrativa di "tassi a zero per sempre" e "l'inflazione è transitoria". Nessuna banca accumula rischio in asset potenzialmente traballanti; lo fa se percepisce che non ce n'è. Perché non lo percepiscono? Perché lo stato, le autorità di regolamentazione, le banche centrali e gli esperti dicono loro che non ce n'è. Questi, comunque, sono solo i danni che il keynesismo ha fatto all'economia e al mondo finanziario: il lungo termine è arrivato e siamo ancora vivi.

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