lunedì 31 ottobre 2016

Böhm-Bawerk: un economista Austriaco che disse “No” al Big Government





di Richard Ebeling


Viviamo in un'epoca in cui politici e burocrati conoscono solo una via politica: uno stato sempre più grande. Eppure c'è stato un tempo in cui anche coloro che hanno servito nel governo difendevano una sua presenza limitata nella vita delle persone. Uno dei più grandi di questi è morto un centinaio di anni fa, il 27 agosto 1914, l'economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk.

Böhm-Bawerk è più famoso come uno dei principali critici del marxismo e del socialismo negli anni precedenti la prima guerra mondiale. È altrettanto famoso come uno degli sviluppatori della teoria "dell'utilità marginale" come base per mostrare la logica e il funzionamento del sistema dei prezzi in un mercato competitivo.

Ma per tre volte ha anche ricoperto il ruolo di ministro delle finanze nel vecchio impero austro-ungarico, periodo durante il quale ha strenuamente combattuto per una spesa pubblica e una tassazione più basse, bilanci in pareggio, e un solido sistema monetario basato sul gold standard.



Il pericolo di una spesa pubblica fuori controllo

Anche dopo che Böhm-Bawerk aveva lasciato la carica pubblica ha continuato a mettere in guardia dai pericoli insiti in una spesa pubblica incontrollata, poiché avrebbe condotto l'Austria-Ungheria lungo la strada della rovina. Parole tanto vere allora quanto oggi.

Nel gennaio del 1914, poco più di un un anno e mezzo prima dell'inizio della prima guerra mondiale, Böhm-Bawerk, in una serie di articoli su uno dei più importanti giornali di Vienna, disse che il governo austriaco stava seguendo una politica d'irresponsabilità fiscale. Nel corso degli ultimi tre anni, la spesa pubblica era aumentata del 60%, e per ciascuno di questi anni il deficit pubblico era stato pari a circa il 15% della spesa totale.

Come disse Böhm-Bawerk, il parlamento austriaco e il governo in generale erano avvolti in una tela di ragno fatta di interessi specifici. Costituito da un gran numero di gruppi linguistici e nazionali, l'Impero austro-ungarico era stato danneggiato attraverso l'abuso del processo democratico, dove ogni gruppo d'interesse utilizzava il sistema politico per ottenere privilegi e favori a scapito di altri.

Böhm-Bawerk lo spiegò così:

"Abbiamo visto innumerevoli varianti del gioco fastidioso in cui si genera soddisfazione politica attraverso concessioni materiali. Se in passato i parlamenti sono stati i guardiani della parsimonia, oggi sono i suoi nemici giurati."

"Al giorno d'oggi i partiti politici e nazionalisti [...] hanno l'abitudine di coltivare l'avidità attraverso un ampio ventaglio di benefici per i loro connazionali o circoscrizioni, e se la situazione politica sarà corrispondentemente favorevole, vale a dire corrispondentemente sfavorevole per il governo, allora la pressione politica produrrà ciò che si vuole. Molto spesso, però, a causa della rivalità attentamente calcolata e la gelosia tra le parti, ciò che viene concesso ad un gruppo, dev'essere concesso anche agli altri — da una sola concessione costosa scaturisce un intero pacchetto di concessioni costose."

Accusò il governo austriaco d'aver "sperperato tutta la nostra fortuna [prosperità economica] fino all'ultimo centesimo, prendendo in prestito nel presente a scapito del futuro.

Per qualche tempo aggiunse anche: "Un numero elevato tra le nostre autorità pubbliche ha vissuto oltre le proprie possibilità." Una tale politica fiscale stava minacciando la stabilità finanziaria di lungo periodo e la solidità di tutto il paese.

Otto mesi più tardi, nell'agosto 1914, l'Austria-Ungheria e il resto d'Europa finirono nel cataclisma bellico che poi divenne noto come prima guerra mondiale. E non solo le finanze dell'Impero austro-ungarico finirono in rovina quando si concluse la guerra quattro anni più tardi, dal momento che l'impero stesso scomparve dalla mappa dell'Europa.



Un uomo onesto e integro

Eugen von Böhm-Bawerk è nato il 12 febbraio 1851 a Brno, capitale della provincia austriaca della Moravia (oggi la parte orientale della Repubblica Ceca). Morì il 27 agosto 1914, all'età di 63 anni, proprio mentre stava cominciando la prima guerra mondiale.

Dieci anni dopo la morte di Böhm-Bawerk, uno dei suoi studenti, l'economista austriaco Ludwig von Mises, scrisse un saggio sul suo insegnante:

"Eugen von Böhm-Bawerk rimarrà nella mente di tutti coloro che lo hanno conosciuto. Gli studenti che hanno avuto la fortuna d'essere membri del suo seminario [presso l'Università di Vienna] non potranno mai perdere ciò che hanno ottenuto dal contatto con questa grande mente. Per quei politici che sono venuti in contatto con tale uomo, la sua onestà estrema, il suo altruismo e la sua dedizione al dovere, rimarranno per sempre un fulgido esempio."

"E nessun cittadino di questo paese [Austria] dovrebbe mai dimenticare l'ultima ministro austriaco delle finanze, che, a dispetto di tutti gli ostacoli, ha cercato seriamente di mantenere l'ordine nelle finanze pubbliche ed evitare la catastrofe finanziaria. Anche quando tutti coloro che sono stati vicino a Böhm-Bawerk avranno lasciato questa vita, la sua opera scientifica continuerà a vivere e dare i suoi frutti."

Un altro degli studenti di Böhm-Bawerk, Joseph A. Schumpeter, usò gli stessi termini entusiastici nei confronti del suo maestro, dicendo: "Non era solo una delle figure più brillanti nella vita scientifica del suo tempo, ma anche un fulgido esempio di statista, un grande ministro delle finanze [...]. Come dipendente pubblico, si prese carico del compito più difficile e ingrato della politica, il compito di difendere sani principi finanziari."

I contributi scientifici a cui sia Mises sia Schumpeter si riferivano, erano quelli di Böhm-Bawerk e di quella che è diventata nota come teoria Austriaca del capitale e degli interessi, e della sua formulazione altrettanto penetrante della teoria Austriaca del valore e del prezzo.



La teoria Austriaca del valore soggettivo

La scuola Austriaca d'economia è nata nel 1871 con la pubblicazione di Principi d'Economia di Carl Menger. In questo lavoro, Menger sovvertì le premesse fondamentali degli economisti classici, da Adam Smith passando per David Ricardo fino a John Stuart Mill. Menger sosteneva che la teoria del valore-lavoro era fallace, perché presumeva che il valore delle merci fosse determinato dalle quantità relative di lavoro che erano state spese nella loro fabbricazione.

Invece Menger formulò una teoria soggettiva del valore, dicendo che il valore ha origine nella mente del valutatore. Il valore dei mezzi riflette il valore dei fini che il valutatore vorrebbe raggiungere. Il lavoro, quindi, come le materie prime e le altre risorse, deriva il proprio valore dal valore della merce che può produrre. Da questo punto di partenza, Menger delineò una teoria del valore dei beni e dei fattori produttivi, e una teoria dei limiti di scambio e della formazione dei prezzi.

Böhm-Bawerk e il suo futuro cognato, Friedrich von Wieser, scoprirono il libro di Menger poco dopo la sua pubblicazione. Entrambi videro immediatamente il significato del nuovo approccio soggettivo per lo sviluppo della teoria economica.

Verso la fine del XIX secolo Böhm-Bawerk entrò a far parte nella macchina pubblica, e presto divenne Ministero delle Finanze. Lavorò sulla riforma del sistema fiscale austriaco. Ma nel 1880, con l'aiuto di Menger, Böhm-Bawerk venne nominato professore presso l'Università di Innsbruck, posizione che conservò fino al 1889.



Gli scritti di Böhm-Bawerk sul valore e sul prezzo

Durante suddetto periodo scrisse i due libri che avrebbero stabilito la sua reputazione come uno degli economisti più importanti del suo tempo, Capital and Interest, Vol. I: History and Critique of Interest Theories (1884) e Vol. II: Positive Theory of Capital (1889). E un terzo volume, Further Essays on Capital and Interest, apparso nel 1914 poco prima della sua morte.

Nel primo volume di Capital and Interest, Böhm-Bawerk presentò un ampio e dettagliato studio critico sulla teorie dell'origine dell'interesse dal mondo antico fino al suo tempo. Ma fu nel secondo volume che emerse il maggiore contributo di Böhm-Bawerk al corpo dell'economia Austriaca. Al centro del volume, c'è una digressione di 135 pagine in cui viene presentata una dissertazione raffinata sulla teoria soggettiva Austriaca del valore e del prezzo. Egli sviluppò nei minimi dettagli la teoria dell'utilità marginale, mostrando la logica di come gli individui valutano e soppesano le alternative tra cui possono scegliere, e il processo che porta a decisioni di determinate combinazioni guidate dal principio marginale. E mostra come lo stesso concetto d'utilità marginale spiega l'origine e il significato dei costi e delle valutazioni assegnate ai fattori di produzione.

Nella sezione sulla formazione dei prezzi, Böhm-Bawerk sviluppa una teoria di come le valutazioni soggettive di acquirenti e venditori creino incentivi per le offerte di entrambe le parti. Egli spiega come la logica della creazione dei prezzi da parte degli attori di mercato, determina anche l'intervallo in cui qualsiasi prezzo d'equilibrio deve infine venire a crearsi, visti i prezzi massimi della domanda e i prezzi minimi dell'offerta degli acquirenti e dei venditori.



Capitale e tempo per gli investimenti come fonti di prosperità

È impossibile elencare tutti i pregi della teoria del capitale e dell'interesse di Böhm-Bawerk. Ma possiamo ricordare che affinché l'uomo possa raggiungere i suoi fini desiderati, deve scoprire i processi causali attraverso i quali il lavoro e le risorse a sua disposizione possono essere utilizzati. Al centro di questo processo di scoperta c'è l'intuizione che spesso il percorso più efficace per raggiungere un obiettivo desiderato, è quello che passa attraverso metodi "circolari" di produzione. Un uomo sarà in grado di catturare più pesci in un breve lasso di tempo, se prima costruirà una rete da pesca, ricavando una canoa da un tronco d'albero, e creando una pagaia da un altro albero.

Ci sarà una maggiore produttività in futuro, se l'individuo sarà disposto ad intraprendere un certo "periodo di produzione", durante il quale le risorse e il lavoro saranno utilizzate per fabbricare capitale — rete da pesca, canoa, e pagaia — che verrà poi impiegato per pescare quanti più pesci possibili, e soprattutto più grandi.

Ma il tempo necessario per intraprendere e attuare questi metodi più circolari di produzione comportano un costo. L'individuo dev'essere disposto a rinunciare ad attività di produzione (spesso meno produttive) nel futuro più immediato (andare a caccia con una lancia), perché lavoro e risorse richiedono un metodo di produzione che consuma più tempo, ma i risultati saranno più produttivi.



L'interesse su un prestito riflette il valore del tempo

Ciò portò Böhm-Bawerk alla sua teoria dell'interesse. Ovviamente gli individui che valutano le possibilità di produzione appena discusse, devono prima pesare i fini disponibili rispetto ad altri (forse più produttivi) ottenibili in seguito. Come regola generale, gli individui preferiscono merci prima piuttosto che dopo.

Ogni individuo pone un premio sui beni disponibili nel presente e pone una sorta di penale su alcuni beni che possono essere ottenuti solo in futuro. Dal momento che gli individui hanno diversi premi e penali (preferenze temporali), il commercio offre benefici reciproci. Questa è la fonte del tasso d'interesse: è il prezzo della negoziazione tra consumo e produzione di merci nel corso del tempo.



Böhm-Bawerk confuta la critica marxiana al capitalismo

Una delle più importanti applicazioni della teoria di Böhm-Bawerk la ritroviamo nella confutazione della teoria marxiana dello sfruttamento, secondo cui i datori di lavoro staccano profitti privando i lavoratori del valore di ciò che producono col loro lavoro. Presentò la sua critica alla teoria di Marx nel primo volume di Capital and Interest e in un lungo articolo originariamente pubblicato nel 1896 sulle "Contraddizioni irrisolte nel sistema economico marxista". In sostanza, Böhm-Bawerk sosteneva che Marx avesse confuso l'interesse col profitto. Nel lungo periodo non possono essere guadagnati profitti in un mercato competitivo, perché gli imprenditori faranno salire i prezzi dei fattori di produzione e attraverso la competizione faranno scendere i prezzi dei beni di consumo.

Ma tutta la produzione richiede tempo. Se tale lasso di tempo è di una lunghezza significativa, i lavoratori devono essere in grado di sostenersi fino a quando il prodotto è pronto per la vendita. Se non sono disposti o non sono in grado di sostenersi, qualcun altro deve anticipare il denaro (salari) per consentire loro di consumare nel frattempo.

Questo, spiegò Böhm-Bawerk, è quello che fa il capitalista. Risparmia rinunciando al consumo, e tali risparmi sono la fonte dei salari dei lavoratori durante il processo produttivo. Ciò che Marx definì "profitti provenienti dallo sfruttamento", Böhm-Bawerk definì invece il pagamento implicito dell'interesse per anticipare i soldi ai lavoratori durante i processi ciclici di produzione.



Difendere il conservatorismo fiscale nel Ministero delle Finanze austriaco

Nel 1889 Böhm-Bawerk venne richiamato dal mondo accademico al Ministero delle Finanze austriaco, dove lavorò sulla riforma dei sistemi d'imposizione diretta e indiretta. Venne promosso a capo del dipartimento fiscale nel 1891. Un anno dopo diventò vice-presidente della commissione nazionale che propose di implementare il gold standard in Austria-Ungheria, come mezzo per stabilire un sistema monetario sonante scevro da manipolazioni statali.

Tre volte ricoprì il ruolo di ministro delle finanze: per breve tempo nel 1895, di nuovo nel 1896-1897, e poi dal 1900 al 1904. Durante l'ultimo periodo, Böhm-Bawerk dimostrò il suo impegno per il conservatorismo fiscale, con la spesa pubblica e la tassazione tenuti rigorosamente sotto controllo.

Tuttavia Ernest von Koerber, primo ministro austriaco, mise a punto un sistema di opere pubbliche notevolmente costoso nel nome dello sviluppo economico. Doveva essere costruita una fitta rete di linee ferroviarie e canali per collegare varie parti dell'Impero austro-ungarico — sovvenzionando nel processo una vasta gamma di gruppi d'interesse in quello che oggi sarebbe descritto come un programma di "stimolo" per "creare posti di lavoro".

Böhm-Bawerk lottò instancabilmente contro quella che considerava una stravaganza fiscale, cosa che richiedeva tasse più alte e debito più alto, senza che ci fosse garanzia alcuna che i benefici industriali avrebbero giustificato la spesa. Alle riunioni del Consiglio dei Ministri, Böhm-Bawerk andò contro alle proposte di spesa presentate dall'imperatore austriaco Francesco Giuseppe, il quale presiedeva le sedute.

Quando alla fine diede le dimissioni dal Ministero delle Finanze nell'ottobre 1904, Böhm-Bawerk era riuscito ad impedire la maggior parte dei progetti di spesa del primo ministro Koerber. Ma scelse di dimettersi a causa di quelle che considerava "irregolarità" finanziarie nel bilancio della difesa austriaca.

Tuttavia gli articoli di Böhm-Bawerk risalenti al 1914 e con argomento centrale le finanze statali, indicano che l'ondata di spesa pubblica che aveva combattuto così duramente aveva infine invaso il paese.



Controllo politico o legge economica

Pochi mesi dopo la sua scomparsa, nel dicembre 1914, venne stampato il suo ultimo saggio, "Control or Economic Law?" In esso spiegava come i vari gruppi d'interesse nella società, soprattutto i sindacati, fossero annebbiati dalla falsa concezione che attraverso l'uso o la minaccia della forza sarebbero stati in grado d'aumentare i salari in modo permanente.

Impostare arbitrariamente salari e prezzi ad un livello più elevato di quello che pensano datori di lavoro ed acquirenti – ad esempio con l'imposizione di un salario minimo – non fa altro che mandare fuori mercato alcuni prezzi e lavori.

Inoltre quando i sindacati impongono stipendi ai datori di lavoro, stipendi fuori mercato, i sindacati non fanno altro che erodere temporaneamente i margini di profitto dei datori di lavoro, i quali hanno l'incentivo a lasciare quel settore dell'economia.

Ciò che fa aumentare i salari reali dei lavoratori nel lungo periodo è la formazione di capitale e gli investimenti in quei metodi di produzione più indiretti, i quali aumentano la produttività dei lavoratori e quindi rendono i loro servizi più preziosi nel lungo periodo, mentre aumentano anche la quantità di beni e servizi che possono comprare con i loro stipendi di mercato.

Eugen von Böhm-Bawerk difese fino all'ultimo la ragione e la logica del mercato contro gli appelli emotivi e i ragionamenti sbagliati di coloro che volevano usare il potere e lo stato per acquisire dagli altri quello che non potevano ottenere attraverso la libera concorrenza. I suoi contributi alla teoria economica e alla politica economica l'hanno portato ad essere considerato uno dei più grandi economisti di tutti i tempi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. che vergogna, laureati in economica che non sanno neanche l esistenza di persone di tale levatura. attenzione ad una cosa: l eccesso di democrazia ed il referendum, argomento sul quale mi sono scontrato con libberisti attuali. come noto gia la trilaterale (e la P2, suo strumento) avevano denunciato i guasti dell iperdemocrazia. come gia ortega y gasset, ed ovviamente i liberali classici. cio però non vuol dire affinita tra liberali e libertari da una parte e conservatori ed elitisti dall altra. il governo forte non mi spaventa di per sé: meglio il governo di singapore che il parlamentarismo di allende. ma il governo forte della thatcher non è quello di maduro od hitler. insomma, un poco di realismo e sostanzialismo non guasta quando si valuta il potere. ma il problema non è governo (forte / debole) vs parlamentarismo (che sarebbe la causa dell eccesso di democrazia, il che non è sempre vero). quanto quello che il governo (od il parlamento) possono fare. all iperdemocrazia si risponde con aumento della sfera della liberta individuale e tutela dei singoli. non col governo forte, che fa quello che gli pare senza neanche che altri abbiano possibilita di mediare l azione governativa attraverso il parlamento. nell esempio dell articolo, alla concessione ad uno, non rispondono le concessioni ad altri. nei giorni di oggi, un governo forte puo senza problemi imporre patrimoniale o espropriare per pubblica utilita senza troppi problemi

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    1. Proprio per realismo, nel caso specifico italiano degli ultimi decenni, preferisco ancora la democrazia diretta del referendum (magari senza quorum) alla democrazia rappresentativa che è degenerata come sempre le succede e che, non a caso, non richiede quorum per realizzarsi.
      Noi conosciamo bene cosa vuol dire dittatura della maggioranza. Ma in versione paradossale. Maggioranza dei votanti effettivi, che diventa maggioranza dei rappresentanti, pur essendo minoranza degli aventi diritto di voto. Il paradosso compiuto della iperdemocrazia: la dittatura della minoranza rappresentata in parlamento.
      Tuttavia, sempre meglio l'iperdemocrazia rispetto all'assenza della democrazia nelle segrete stanze delle burocrazie e delle tecnocrazie nazionali e sovranazionali. Hanno appena approvato a Bruxelles il CETA col Canada, così il TTIP delle multinazionali è entrato di nascosto dalla finestra senza passare dalla porta principale.

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  2. Secondo me in questo blog ci dovrebbe essere anche qualche scritto di Henry Ford. Dal mio punto di vista Henry Ford e' uno dei pochi industriali che ha dimostrato attraveso tutti i suoi esperimenti imprenditoriali di una vita la potenza e modernita' del libero mercato. Svelando come il business sia effettivamente un servizio dei cittadini ai cittadini e che solo come tale puo' sopravvivere.

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