Bibliografia

lunedì 12 settembre 2016

Eccoci di fronte ad un nuovo 2007





di David Stockman


Quasi ovunque sul pianeta le bolle finanziarie create dalle banche centrali nel corso degli ultimi due decenni, si stanno sgonfiando. Gli ultimi esempi sono i titoli bancari che si infrangono in Italia e altrove in Europa, e le improvvise sospensioni delle negoziazioni di tre fondi britannici immobiliari.

Se tutto questo sta cominciando a sembrare come l'agosto 2007, è perché lo è. E le smentite da parte dei trader nel casinò sono arrivate repentine.

All'epoca i permabull incolparono quello che definirono "una singola dose di bromuro", vale a dire, la tempesta finanziaria era dovuta ad un paio di errori isolati che non avevano alcun rapporto con le grandi tendenze del mercato, perché l'economia era presumibilmente solida come una roccia.

Così, il crollo inatteso di Countrywide Financial è stato attribuito agli eccessi immobiliari di Angelo Mozillo e il crollo dei mutui di Bear Stearns era presumibilmente dovuto ad una mancata supervisione.

Quindi il tutto si riduce al classico "Circolare! Non c'è niente da vedere qui!" Basta spostarsi avanti e continuare a comprare.

Infatti, dopo aver raggiunto un picco a 1550 il 18 luglio 2007, l'indice S&P 500 scese di circa il 9% il mese successivo, ma i cosiddetti "acquirenti durante i ribassi" tornarono alla carica su consiglio dei venditori ambulanti "esperti". Il 9 ottobre l'indice era di nuovo tornato al picco pre-crisi, a 1565, e poi da lì è andato alla deriva fino al settembre 2008.

Ovviamente i permabull avevano torto. Al momento del crollo della Lehma,n tutte le crepe finanziarie precedenti crearono enormi buchi e l'ascia si scagliò sul mercato azionario in modo violento.

Durante i 160 giorni successivi, l'indice S&P 500 è calato di un ulteriore 50%. Complessivamente andarono in fumo più di $10,000 miliardi di capitalizzazione di mercato.




L'ironia suprema di oggi è che i permabull insistono sul fatto che non esista alcuna lezione da imparare dalla Grande Crisi Finanziaria. Questo perché s'è scoperto che la liquidazione del singolo asset più rischioso dei tempi moderni, è stato anche un evento una tantum.

Non può accadere di nuovo, ci viene assicurato. Dopo tutto, le cause principali sono state eliminate.

In tal senso si è insistito che le banche degli Stati Uniti sono state tutte risanate e ora hanno bilanci "solidi". Allo stesso modo, il mercato immobiliare ha messo in scena una sana ripresa, ma rimane tiepido e stabile senza alcun segno di bolle. E i multipli PE del mercato azionario ricadono presumibilmente all'interno del loro range storico e sono pienamente garantiti dagli attuali tassi d'interesse ultra-bassi.

Questa è una sciocchezza, naturalmente. Durante lo scorso anno, per esempio, l'IPC core è aumentato del 2.20%, mentre questa mattina il decennale USA ha sforato il suo minimo storico a 1.38%. Il rendimento reale è negativo, e questo senza contare le tasse sui pagamenti degli interessi.

Pertanto affermare che è possibile cavalcare il mercato azionario ad un multiplo PE insolitamente elevato, implica che i tassi reali negativi siano una condizione permanente e che i governi saranno in grado di distruggere i risparmiatori fino alla fine dei tempi.

La verità è che i tassi d'interesse possono solo salire, il che significa che l'attuale repressione dei tassi è semplicemente assurda. Infatti dopo il breve rally della settimana scorsa, l'indice S&P 500 è scambiato al 24.3X degli utili riportati.

Inoltre gli $87 per azione riportati per il periodo conclusosi a marzo, rappresentavano un calo del 18% rispetto al picco dei $106 per azione registrato a settembre 2014. Quindi, di fronte al calo degli utili e all'inesorabile aumento dei tassi d'interesse, gli scommettitori nel casinò sono invitati a chiudere gli occhi e ad acquistare ancora una volta durante i ribassi.

E questa non è nemmeno la metà della storia. Questa volta è davvero diverso, ma non in senso positivo. L'ultima volta, dopo il dead cat bounce dell'agosto 2007, gli utili annuali dell'indice S&P 500 erano trattati a $85 per azione, il che significa che alla vigilia del crollo del 2008 il multiplo era solo del 18.4X.

Proprio così. Dopo l'esperienza pre-morte del 2008-2009 e una pseudo-ripresa economica, i giocatori d'azzardo nel casinò hanno drasticamente aumentato ancora una volta le valutazioni.

C'è una ragione per tale sconsideratezza, la quale va ben oltre la propensione degli scommettitori di Wall Street e i robo-trader di rimanere seduti ai tavoli finché le cose non vanno a rotoli. Vale a dire, sono incapaci di capire che la Finanza delle Bolle alimentata dalle banche centrali genera inesorabilmente cicli boom/bust che alla fine portano sempre a crash finanziari.

La Finanza delle Bolle si basa sulla falsificazione sistematica dei prezzi degli asset finanziari. Questa è l'essenza della ZIRP e della NIRP.

È anche il risultato di un massiccio acquisto di obbligazioni attraverso il QE delle banche centrali. Ed è lo scopo della dottrina dell'effetto ricchezza. Quest'ultimo è progettato per gonfiare i prezzi delle azioni ed i valori netti, incoraggiando così le famiglie ad accendere nuovi prestiti (rispetto a garanzie reali carenti) ed a spendere nell'aspettativa di una ricchezza reale sempre maggiore.

Il problema è che i prezzi finanziari non possono essere falsificati a tempo indeterminato. Alla fine, diventano oggetto di un gioco incentrato sulla fiducia, rischiando d'innescare crisi ed eventi imprevedibili che neanche le banche centrali sono in grado di controbilanciare. Poi arriva il giorno della resa dei conti e del dolore economico.

E questo ci porta al padre della Finanza delle Bolle, l'ex-presidente della FED Alan Greenspan. In una parola, ha abusato sistematicamente del potere della FED per cortocircuitare ogni singolo tentativo di correzione dei mercati finanziari durante tutto il suo mandato di 19 anni nell'Eccles Building.

Ciò include il panico dell'ottobre 1987, quando inondò il mercato con liquidità dopo il Lunedì Nero. Peggio ancora, inviò anche i gendarmi monetari della FED a New York affinché chiedessero a Wall Street di commerciare con parti che sapevano d'essere insolventi e di sostenere i prezzi delle azioni e altre valutazioni finanziarie che erano scollegate dai fondamentali.

Greenspan continuò ad ostacolare le forze di mercato ed a distruggere il processo di una determinazione onesta dei prezzi nei mercati monetari e dei capitali. Sicuramente fu questo che fece quando tagliò i tassi d'interesse nel 1989-1990, e quando schiacciò la rivolta giustificata dei bond vigilantes nel 1994 con un rinnovato slancio di stampa monetaria.

Idem quando salvò Long-Term Capital e sostenne il mercato azionario nell'autunno del 1998 — una manovra che generò la bolla delle dotcom e il conseguente collasso.

E poi assestò il colpo di grazia a ciò che rimaneva della determinazione onesta dei prezzi a Wall Street. Durante i 30 mesi successivi al dicembre del 2000, tagliò i tassi d'interesse dal 6.25% all'1.0% in un diluvio incessante di liquidità. Quest'ultima, a sua volta, diede il via alla bolla più folle nel mercato immobiliare che il mondo avesse mai visto.

Nel secondo trimestre del 2003, per esempio, i tassi furono portati fino all'1.0%, cifra che il sistema finanziario non aveva mai visto; e il sistema finanziario generò finanziamenti ipotecari ad un tasso annuale di $5,000 miliardi. Anche un paio di anni prima, un tasso di finanziamento ipotecario di $1,000 miliardi era considerato eccessivo.

Inutile dire che i prezzi delle case e i costi dei finanziamenti nell'edilizia abitativa vennero sistematicamente e radicalmente distorti. Il crollo del 2008-2009 era il risultato inesorabile della politica di Greenspan: falsificazione dei prezzi degli asset finanziari — una politica che il suo successore, lo zio Ben, ha raddoppiato e che è equivalsa a gettare fango in un ventilatore acceso.

Così, mentre siamo seduti sulla cuspide del prossimo crollo della Finanza delle Bolle, ora arriva Alan Greenspan per spiegarci ancora una volta che non sa nulla sulle bolle finanziarie. Secondo l'impenitente ex-Maestro, è tutta colpa dell'irrazionalità della "natura umana".

A suo dire le banche centrali non hanno nulla a che fare con tutto ciò!

"La bolla del 2000 è esplosa. A malapena abbiamo visto un cambiamento nell'attività economica. Il 19 ottobre 1987 il Dow Jones è sceso del 23% in un solo giorno. Non troverete la minima indicazione dell'esplosione di una bolla nei numeri del PIL – o nella produzione industriale o in qualsiasi altra cosa. Quindi penso che si debba decidere cosa stia causando cosa. Credo che il problema principale nei modelli finanziari sia quello di catturare gli effetti delle bolle. Queste ultime sono essenzialmente parte di una natura umana non interamente razionale. E lo si può vedere nei dati in modo molto chiaro."

E invece le cose non stanno così. Come Doug Noland ha osservato nel suo articolo più recente:

Nella loro intima essenza, le bolle riguardano l'eccesso di credito e le distorsioni nei mercati. Nelle grandi bolle c'è quasi certamente lo zampino dello stato. Sono tossiche e seducenti. Se la FED di Greenspan non avesse sostenuto artificialmente i mercati e inondato il sistema con liquidità dopo il crash del 1987, il credito si sarebbe ristretto e gli effetti della bolla sarebbero stati evidenti anche nei dati. Invece alla fine degli anni ottanta (il "decennio dell'avidità"), l'eccesso ha assicurato bolle nel debito spazzatura, nelle fusioni & acquisizioni e negli immobili. Sin da allora ci sono state bolle in serie.

Noland ha ragione, infatti. Durante la prima parte dell'epoca della Finanza delle Bolle, l'economia di Main Street è stata inondata di volta in volta da credito a buon mercato, il quale induceva le famiglie e le imprese a spendere i ricavi sfruttando una leva finanziaria superiore.

Alla fine, l'economia americana non ha fatto altro che eseguire un LBO su sé stessa. Il rapporto di leva storico dell'1.5X tra debito totale nel mercato del credito e reddito nazionale, salì al 3.5X alla vigilia della crisi finanziaria. Ciò significava che l'economia degli Stati Uniti si trascinava dietro $52,000 miliardi di debito nel dicembre 2007 — o $30,000 miliardi di più rispetto a quanto ce ne sarebbe stato col rapporto storico dell'1.5X.

Inutile dire che l'effetto leva una tantum sui bilanci collettivi dell'economia degli Stati Uniti ha effettivamente generare PIL incrementale, sebbene tale crescita economica fosse alimentata da debito insostenibile.

Pertanto l'affermazione di Greenspan, secondo cui le precedenti bolle non avevano fatto vacillare i numeri del PIL, fornisce al termine sofisma una nuova connotazione. Infatti la FED non ha fatto altro che reflazionare bolle scoppiate, rendendo la resa dei conti finale più traumatica e distruttiva.

Tuttavia, all'epoca Greenspan aveva addirittura applaudito l'esplosione della leva finanziaria nei bilanci delle famiglie. In realtà si vantava di come avesse indotto una maggiore spesa al consumo incoraggiando le famiglie americane a rifinanziare i loro castelli e poi a spendere il ricavato in MEW (mortgage equity withdrawal) per una nuova auto o un viaggio a Disneyland.

Ecco cos'è successo al rapporto di leva delle famiglie durante la campagna monetaria distruttiva di Greenspan. Pensava davvero che l'aumento del rapporto di leva durante il suo mandato, a quasi il doppio della media storica, fosse dovuto all'irrazionalità della natura umana?





In realtà la limpida ripresa della spesa per consumi delle famiglie, anche secondo le misure keynesiane della FED, non è affatto una conseguenza della natura umana. È la conseguenza delle politiche delle banche centrali che prima hanno spinto il settore delle famiglie verso una condizione insostenibile di Picco del Debito, e ora l'ha lasciato con un onere di debito schiacciante da $14,500 miliardi.

In breve, per sua natura la Finanza delle Bolle impregna il sistema con dispositivi finanziari esplosivi. E peggio ancora, ciò che Greenspan ha iniziato negli Stati Uniti è stato esportato al resto del mondo.

In parte ciò è stato causato dall'emulazione della Finanza delle Bolle da parte di tutte le banche centrali del mondo. Ed è stato aggravato dalle razionalizzazioni a favore della stampa di denaro, strategia implementata a causa del massiccio flusso di passività in dollari nel sistema finanziario globale.

Ora stiamo entrando nell'agosto 2007 per l'ennesima volta, ed è evidente dalla crisi del sistema bancario italiano. Quello che succede verso la fine di un ciclo boom/bust, è che quelle attività che non meritavano le loro valutazioni gonfiate vengono abbandonate dagli scommettitori, come è successo con Countrywide e Bear Stearns alla fine del 2007.

Nel caso della terza banca d'Italia, Monte dei Paschi di Siena, la festa è finita. È completamente insolvente e lo è stata per anni. Eppure non più tardi di due anni fa veniva trattata al 225X dell'attuale prezzo delle sue azioni.

Ma il crollo mostrato qui sotto non è dovuto ai mercati; è semplicemente aria speculativa alimentata dalla stampante di Mario Draghi che esce dalla bolla.




E questo non è un esempio isolato. Come abbiamo sottolineato la scorsa volta, il sistema bancario italiano nel suo complesso è insolvente. Sin dalla fine del secolo scorso, i suoi bilanci sono quasi triplicati e ora si attestano a €4,000 miliardi.




Questo numero rappresenta il doppio del PIL italiano, un rapporto decisamente aumentato rispetto al 2000. L'altra cosa fuori scala, oltre a questo tipo di esplosione dei bilanci delle banche, è stato l'accumulo di asset tossici nel sistema bancario commerciale.

Ora ci sono circa $3,000 miliardi di prestiti nel sistema bancario italiano e il 13% sono non-performanti. In termini relativi, stiamo parlando di un rapporto quasi 3 volte superiore al cattivo debito nel sistema bancario degli Stati Uniti al culmine della crisi dei mutui subprime.

Inutile dire che questi €400 miliardi di sofferenze stanno crescendo rapidamente. Monte dei Paschi, Unicredit e le altre tre grandi banche italiane hanno €119 miliardi di sofferenze. Invece alla fine del primo trimestre il patrimonio netto complessivo del sistema bancario italiano era di appena €125 miliardi.

Le banche italiane sono sostanzialmente insolventi. Che le azioni siano scese sin dal Brexit, e ora siano giù del 50%-70% rispetto all'inizio dell'anno, incarna semplicemente la comprensione tardiva degli speculatori che né il governo italiano né la BCE sono in grado di fare tutto il necessario per sostenere questa particolare truffa della Finanza delle Bolle.

Il primo ha chiesto alla UE di aggirare le regole riguardo il bail-in, mentre alla seconda non sarà consentito dai tedeschi di estendere il QE ai €187 miliardi di obbligazioni bancarie italiane che sono dirette verso un haircut.

Infatti, non più tardi di due anni fa il capitale e il debito del sistema bancario italiano era valutato a $400 miliardi. In realtà, non valeva sostanzialmente niente.

La battaglia del governo italiano per salvare questa catastrofe da un crollo completo, creerà senza dubbio la prossima crisi di governo e innescherà l'implosione dell'UE. Ma prima che queste eventualità si materializzeranno completamente, il punto più grande è già stato dimostrato.

Vale a dire, come Countrywide e i suoi compari nel 2007, l'implosione del sistema bancario italiano non è un evento una tantum. Invece, è parte integrante della Finanza delle Bolle.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Allarghiamo la visuale oltre le bc.

    http://www.tempi.it/cosa-dice-benedetto-xvi-di-obama-putin-e-castro#.V9ajVE-pXqA

    http://www.antoniosocci.com/grande-retroscena-capire-cosa-accaduto-accade-vaticano-nella-politica-italiana-ed-europea/

    Cosa c'è di più relativista del fiatmoney? Di più massonico del fiatmoney?

    RispondiElimina
  2. Facciamoci due (amare) risate. Come di consueto ad ogni uscita del DEF e aggiornamenti, andiamo a guardarci le nostre due tabelle preferite. La prima la troviamo a pagina 4, dove, per un puro gesto masochistico, i pianificatori centrali mettono a confronto le stime dell'aprile scorso con la realtà di fatti. Il grido "fallimento" si espande in tutto l'universo, con il rapporto debito/PIL aumentato e la proiezione del deficit/PIL per il prossimo anno in attesa d'essere aumentata. Ricordate: ufficialmente non siamo in recessione.

    Andiamo avanti a pagina 36. Qui abbiamo il quadro generale riguardante le proiezioni di bilancio della macchina statale. Lato entrate: notiamo che per l'anno prossimo la pressione fiscale salirà da 42.6 a 42.8. Chi era che fino a ieri sbandierava un taglio delle tasse? Inoltre l'ottimismo basato su una crescita irreale del PIL (1% nel 2017), stimola la fervida fantasia dei mentecatti che hanno redatto la nota del DEF ad affermare un probabile aumento delle entrate a fronte di una lievissima diminuzione della pressione fiscale (qualcuno ha detto tasse indirette?) nel biennio 2017-2018. Lato uscite: tutto come prima, la spending review in realtà era solo un motivo per incontrarsi e fare baldoria in osteria.

    RispondiElimina