Bibliografia

lunedì 1 agosto 2016

Tassi d'interesse e oro

Ormai, in gran parte del mondo sviluppato, i tassi d'interesse negativi sono una realtà ben radicata. Basti pensare ai tassi decennali del Tesoro tedesco, oppure a quelli svizzeri, o, addirittura a quelli giapponesi. Uno dei governi più insolventi del mondo riesce a vendere cartaccia obbligazionaria a rendimenti negativi. Inutile dire che c'è qualcosa che non va in un'economia del genere. Infatti le cose iniziano a farsi più chiare se, evitando le sciocchezze dei funzionari statali domiciliati presso le banche centrali, guardiamo al comportamento dell'economia reale. Non è un caso, quindi, se in Europa, Svizzera e Giappone la richiesta di cassette di sicurezza sia aumentata del 40-50% solo nell'ultimo anno, permettendo agli attori di mercato di minimizzare la loro presenza in conti di deposito e aggirare i tassi negativi attraverso l'affitto dei caveau delle banche in cui immagazzinare denaro contante. Non solo, ma in Giappone è iniziata una vera e proprio caccia al metallo giallo da immagazzinare nelle cassette di sicurezza, piuttosto che detenere un conto deposito fruttante un interesse minimo e richiedente costi di gestione cannibali. Le vendite di oro ai clienti giapponesi sono salite da 17.9 tonnellate nel 2014 a 32.8 tonnellate l'anno scorso; mentre la vendita di barre d'oro è aumentata del 35% rispetto all'anno scorso. In un ambiente economico in cui il divieto al denaro contante e i tassi d'interesse negativi prosciugano la ricchezza reale degli attori di mercato, ricorrere a cassette di sicurezza in cui immagazzinare contanti e gioielli sta diventando una pratica comune. Questo perché rappresentano le poche difese che si possono mettere in campo per schermare i propri risparmi dalla voracità infinita dello stato e del suo stuolo di burocrati.
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di Alasdair Macleod


In genere si ritiene che i tassi d'interesse e il prezzo dell'oro si muovano in direzioni opposte. In altre parole, tassi d'interesse più alti sono accompagnati da prezzi dell'oro più bassi. Come tutte le ipotesi circa i prezzi, a volte sono vere e a volte no.

Al giorno d'oggi i mercati pullulano d'oro sintetico, ovvero, oro che raramente viene consegnato. Pertanto il rapporto attuale è con i tassi d'interesse relativi, perché le posizioni riguardo l'oro sintetico, sotto forma di contratti futures e forward, sono finanziate nei mercati monetari. Questo è il motivo per cui voci di un probabile rialzo dei tassi d'interesse, se si riflettessero nei tassi interbancari a termine, porterebbero ad una diminuzione del prezzo dell'oro.

Ma le cose non sempre sono andate così. Il grafico qui sotto ci mostra che dopo il 1971 l'aumento dei tassi d'interesse è stato accompagnato da un prezzo dell'oro più alto.




Possiamo dividere il decennio in quattro fasi distinte, numerate di conseguenza sul grafico. Nella fase 1, a dicembre del 1971, i tassi d'interesse scesero e l'oro aumentò di prezzo, tanto quanto suggerirebbero le aspettative odierne, ma da allora in poi fino alla fine del decennio emerse una forte correlazione. Perché?

Quelli di noi che all'epoca lavoravano nei mercati finanziari ricorderanno lo sviluppo della stagflazione negli anni sessanta e nella prima metà degli anni settanta, dove i prezzi salivano senza un corrispondente aumento della domanda. Le banche centrali si trovavano in una posizione difficile. In accordo col pensiero macroeconomico del dopoguerra, la politica monetaria era (come lo è anche oggi) uno degli strumenti principali per promuovere la crescita economica, e quindi la mancanza di crescita era attribuita a stimoli monetari insufficienti. Pertanto la politica monetaria non venne impostata per tassi d'interesse più elevati, necessari per contrastare l'aumento dell'inflazione dei prezzi. I banchieri centrali volevano tassi d'interesse bassi, ma furono costretti dai mercati ad alzarli, cosa che fecero con riluttanza e in ritardo. Il prezzo dell'oro salì scontando il tasso crescente dell'inflazione dei prezzi, invece d'essere soppresso dai tassi d'interesse in salita. Questa è la Fase 2 sul grafico.

La stagflazione durò fino alla fine del 1974. L'inflazione dei prezzi misurata dall'indice dei prezzi alla produzione aumentò oltre il 25%, riflettendo l'aumento dei prezzi del petrolio imposti dal cartello dell'OPEC. L'inflazione misurata dall'IPC aveva raggiunto il 12%. I mercati azionari erano crollati, con il dimezzamento del Dow e l'indice FT30 di Londra in discesa di oltre il 70% rispetto al picco del 1972. A Londra, la crisi bancaria secondaria innescata dall'aumento dei tassi d'interesse, aveva portato al fallimento di quelle banche che avevano prestato denaro agli sviluppatori di proprietà, con un conseguente crollo finanziario nel novembre 1973. Gli economisti mainstream erano confusi, perché il crollo della domanda a seguito della crisi avrebbe dovuto portare alla deflazione, ma i prezzi continuavano a salire.

La storia dell'oro non riguardava solo i rialzi tardivi e insufficienti dei tassi d'interesse. I ricchi in Medio Oriente traevano beneficio dai prezzi in salita del petrolio, una società arretrata che aveva investito una parte significativa dei propri dollari in oro fisico. Questa era una pratica naturale per gli arabi, i quali consideravano l'oro come denaro e i dollari, invece, una sorta di carta semi-inutile. Investire in oro fisico era stato anche il consiglio fornito loro dai banchieri privati ​​svizzeri. Il riciclaggio dei petrodollari in oro ripuliva regolarmente le aste del Tesoro USA, il quale non riusciva a sopprimere il prezzo dell'oro.

La crisi finanziaria e il crollo dei mercati azionari nel 1974, ci porta alle Fase 3 del grafico. I tassi d'interesse scesero dopo che i mercati azionari cominciarono a recuperare dai minimi raggiunti all'epoca. Anche il prezzo dell'oro stava diminuendo, quasi dimezzato da poco meno di $200 a dicembre 1974 a poco più di $100 nell'agosto 1976. Era diventato evidente che il mondo finanziario sarebbe sopravvissuto, così scesero anche i rendimenti obbligazionari mentre i mercati azionari recuperavano il loro equilibrio. La paura pareva essersi diradata.

Ancora una volta, il prezzo dell'oro andava di pari passo con i tassi d'interesse. Poi è iniziata la Fase 4. Dal 1976 in poi, l'attività economica si stabilizzò e l'inflazione dei prezzi raggiunse un picco quello stesso anno, con l'IPC al 13% nel 1980. I tassi d'interesse salirono insieme all'inflazione dei prezzi, e l'oro passò da $100 a $850 il 21 gennaio 1980. Per la terza volta, il prezzo dell'oro era andato di pari passo con i tassi d'interesse.

Dalla storia degli anni '70, abbiamo appreso che oggi la mancata correlazione tra oro e tassi d'interesse non può essere considerata normale nelle relazioni del mercato dei futures. Certo, i mercati dei derivati ​​e il mercato dell'oro di Londra non erano così sviluppati come lo sono oggi, ma lo sarebbero stati durante il successivo mercato toro dell'oro, dal 2000 al 2011. Tuttavia, il confronto con gli anni settanta è molto più interessante, in particolare per la stagflazione di allora.

Mentre i dati ufficiali di oggi ci mostrano una certa assenza d'inflazione dei prezzi, gran parte di questo fenomeno è spiegato dai cambiamenti nel modo in cui viene calcolata. John Williams di ShadowStats.com stima che l'inflazione di oggi, se calcolata come negli anni ottanta, sarebbe nettamente superiore alle cifre ufficiali. Secondo i suoi calcoli sarebbe a circa il 5%. E il Chapwood Index, compilato trimestralmente e inglobante 500 elementi comunemente acquistati in 50 città americane, registra un'inflazione dei prezzi al 9%.

Come sempre, le statistiche ufficiali devono essere trattate con grande cautela, come confermano le stime di John Williams e del Chapwood Index. Ma tra qualche anno a questa parte anche l'IPC ufficiale aumenterà al di là dell'obiettivo della FED, se continueranno i recenti aumenti dei prezzi delle materie prime e dell'energia. Questo perché i fattori negativi che hanno soppresso l'indice, come ad esempio il prezzo del petrolio, invertiranno la tendenza dando una spinta verso l'alto all'IPC. Inoltre l'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'energia avrà poco a che fare con il livello della domanda negli Stati Uniti, perché l'economia USA non è più l'elemento motore dei prezzi delle materie prime. Tale ruolo ora appartiene alla Cina, che prevede di utilizzare grandi quantità di materie prime per sviluppare infrastrutture economiche in patria e in Asia, e di conseguenza sta cominciando ad accumularle.

In base a questa semplice analisi, possiamo capire come i prezzi interni degli Stati Uniti potrebbero registrare un aumento significativo senza alcun aumento della domanda interna. In altre parole, esistono ora le condizioni per quella stagflazione che alla fine degli anni '60 in poi divenne così nociva dal punto di vista economico. Come risponderà la FED?

Una cosa non è cambiata nel corso dei decenni: i banchieri centrali credono che i prezzi siano legati alla domanda. Questo è il concetto che sta alla base dell'obiettivo d'inflazione al 2% delle banche centrali, dove si presuppone che un tasso d'inflazione del 2% sia in linea con una crescita economica sostenibile. La macroeconomia convenzionale non ha alcuna spiegazione per la stagflazione, nonostante la sua esistenza provata.

Nessuno è più sorpreso dei membri presumibilmente lungimiranti della FED, i quali si ritroveranno ad affrontare lo stesso dilemma che i loro predecessori hanno affrontato nella Fase 2 del nostro grafico. L'economia degli Stati Uniti diventerà stagnante, mentre l'inflazione dei prezzi aumenterà. La FED sarà divisa tra la necessità di mantenere bassi i tassi d'interesse per stimolare la domanda di credito, e alzare i tassi d'interesse per controllare l'inflazione dei prezzi. Solo che questa volta un aumento dei tassi d'interesse e dei rendimenti obbligazionari (anche poco oltre il due per cento) potrebbe mandare in rovina la FED stessa, perché le perdite sui suoi investimenti obbligazionari, inaugurati a seguito della crisi finanziaria attraverso il quantitative easing, supererebbero facilmente il cosiddetto capitale.

Le dinamiche che ora stanno dietro al mercato dell'oro, sono comunque diverse rispetto a quelle nei primi anni settanta. Il livelli di debito di oggi sono così alti che rischiano di destabilizzare l'intero sistema finanziario, rendendo impossibile l'ulteriore rialzo dei tassi d'interesse senza causare un tracollo finanziario. I governi asiatici, come ad esempio i cinesi e i russi, sono noti per aver accumulato oro fisico, e le popolazioni cinesi e indiane, insieme ad altre di origine asiatica, hanno anch'esse mostrato un notevole appetito per il metallo fisico. Invece di partire da una posizione in cui il solo Tesoro degli Stati Uniti possiede il 14% dello stock estratto, come nel 1969, i suoi possedimenti ufficiali sono attualmente meno del 5%. Questo, ovviamente, se credete che abbia ancora le 8,134 tonnellate dichiarate

Questa volta il prezzo dell'oro è probabile che verrà alimentato da carenze di metallo fisico nel vecchio mondo, in quanto gli investitori americani ed europei si ritroveranno a dover affrontare una stagflazione, il dilemma delle loro banche centrali riguardo i tassi d'interesse e la perdita di liquidità fisica dai loro caveau.

L'assetto dei mercati di oggi, in particolare se si materializzerà la domanda cinese di energia e materie prime in conformità con il suo nuovo piano quinquennale, sembra essere identico alla Fase 2 nel grafico presentato in questo articolo. L'oro salì di cinque volte, da $42 ad un picco di circa $200 in tre anni. Le circostanze oggi presentano notevoli differenze, non ultima la probabilità di tassi d'interesse negativi. Ma possiamo cominciare a vedere il motivo per cui, nonostante la crescita pressoché infinita dei derivati ​​come meccanismo di controllo dei prezzi, potrebbe essere sbagliato supporre che non ci sia correlazione tra tassi d'interesse e oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Salve Francesco, cosa accadrebbe peró al prezzo dell oro nel caso in cui chi specula con i derivati si renda finalmente conto che l oro fisico scarseggi e venga consegnato con 'fatica'? Che in automatico chiudono le posizioni,giusto? Questo significa che in caso di chiusura del Comex per assurdo il prezzo crollerebbe, in quanto chi ha derivati chiuderebbe le posizioni, dunque paradossalmente un prezzo dell oro in caduta libera nonostante che tutti capiscono la sua reale poca disponibilitá, o sbaglio?

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