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lunedì 29 agosto 2016

Perché la presunta “prosperità di Clinton” degli anni '90 è un mito ridicolo





di David Stockman


Che Hillary Clinton sia rimasta — inspiegabilmente — vicina al suo uomo per 40 anni sono fatti suoi. Ma ora lei vuole che anche 320 milioni di americani stiano dalla sua parte eleggendola presidente, in modo che possa fare di Bill lo zar economico della nazione:

Nel corso di un discorso in Kentucky ha detto: "Mio marito, che metterò a capo della rivitalizzazione dell'economia perché lui sa quello che sta facendo."

A dire il vero, no invece.

In realtà la presunta prosperità degli anni '90 è stata elargita da Alan Greenspan, e non in senso buono.

L'era della prosperità tecnologica s'è dimostrata in realtà il solito crack-up boom. Cioè, un simulacro di prosperità; un artefatto dell'inflazione monetaria e della speculazione finanziaria. Non solo era insostenibile; ma era sicuro che si sarebbe ritorto contro la nostra economia, e l'ha fatto col doppio dell'intensità prevedibile.

Il Boom di Greenspan era la fonte delle tossine finanziarie che hanno afflitto questo secolo. Vale a dire, le implosioni immobiliari e del credito dopo il 2007, il crollo del mercato azionario e il crollo delle bische clandestine a Wall Street nel 2008-2009, l'economia di Main Street in stallo dopo la crisi, gli indicibili guadagni inattesi per l'élite finanziaria abilitati dalla NIRP e dal QE, e la disperazione dell'entroterra statunitense che ha dato carburante alla campagna elettorale di Donald Trump — tutte queste cose hanno le loro radici nelle perfidie monetarie dello zio Al durante gli anni '90.

Nessuno degli "economisti" di Wall Street o di Washington è in grado di esporre il mito della Prosperità di Clinton. Ecco perché sono allineati alle parole presenti nel vangelo keynesiano.

Di conseguenza, pensano che l'intervento politico — soprattutto lo stimolo della banca centrale — possa fare la differenza. Cioè, possa innescare la crescita economica, migliorare gli standard di vita e la ricchezza rispetto a quello che accadrebbe se si lasciassero agire indisturbate le forze recessive e correttive dei mercati.

A dire il vero, perché dovrebbero pensarla diversamente? Anche quelli che fanno la danza della pioggia credono nella propria magia.

Ma una giusta lettura degli ultimi 25 anni suggerisce che non c'è stata affatto magia. Infatti la massiccia intrusione monetaria avviata da Greenspan dopo il Black Monday dell'ottobre 1987, non ha disinnescato il ciclo economico, ma l'ha sostituito temporaneamente con cicli sempre più furiosi di boom e bust. In tal modo ha distorto e deformato l'attività economica, non l'ha espansa; e la falsificazione dei prezzi finanziari e l'inflazionamento dei valori patrimoniali, non ha migliorato in modo permanente la ricchezza economica.

Di conseguenza ciò che viene esposto dai keynesiani come prova del successo economico del periodo Clinton, è in realtà il suo esatto contrario. Infatti la crescita media del PIL reale del 3.8% l'anno tra il quarto trimestre 1992 e il quarto trimestre 2000, è esattamente il motivo per cui la crescita è drasticamente rallentata all'1.2% annuo nel corso degli ultimi otto anni.

La presunta magia monetaria di Greenspan non ha fatto altro che rubare dal futuro in modo da pompare gli anni '90. Così facendo, ha lasciato il futuro profondamente e permanentemente compromesso. I posti di lavoro buoni della classe media sono andati persi, i redditi reali delle famiglie sono stagnanti, e il grande debito pubblico e privato sono la sua eredità.

Al centro della questione c'è l'esplosione del debito, e soprattutto dopo la cosiddetta rivolta dei bond vigilantes nel 1994. Da allora in poi, i mercati monetari sono stati ultra-allentati e il credito è diventato troppo a buon mercato.

Ma, come spiegato di seguito, la conversione dello zio Al alla dissolutezza monetaria non poteva arrivare in un momento peggiore, dato il contesto finanziario ed economico globale. Quello che il libero mercato avrebbe generato a fronte della massiccia eruzione del mercantilismo in Cina e nel resto dei mercati emergenti asiatici, sarebbe stato esattamente l'opposto del boom Greenspan/Clinton.

Cioè, al fine di adattarsi al drastico spostamento verso il basso della curva del lavoro e della produzione globale promulgato dal "made in China", l'economia degli Stati Uniti sarebbe dovuta tornare a tassi d'interesse elevati, risparmi elevati, crescita dei consumi tiepida, basso debito interno e mercati finanziari austeri.

Invece il tasso di risparmio delle famiglie è sceso dal 10% alla fine del 1992 al 4% alla fine del 2000. Allo stesso tempo, il debito totale nel mercato del credito è salito da $15,800 miliardi a $28,600 miliardi, o ad un tasso annuo del 7.7%.

Questa crescita del debito di famiglie, imprese e settore finanziario ha di gran lunga superato la crescita del PIL nominale, il quale è cresciuto invece ad un tasso annuo del 5.5%.

Vale a dire, durante la presidenza Clinton il debito nei mercati del credito è salito di quasi $13,000 miliardi, o del 3.4X rispetto ai $3,700 miliardi di crescita del PIL nominale nel corso del suddetto periodo.




Da questa equazione deformata è seguito tutto il resto. Ancora più importante, la spesa per i consumi ha cominciato a correre più veloce dei salari, il che significa che il processo di saturare i bilanci al fine di consentire alle famiglie di vivere oltre i propri mezzi, ha avuto pesanti ritorsioni. Non ha raggiunto il punto di rottura fino al 2007, quando infine i nodi sono venuti al pettine.




Più volte su queste pagine abbiamo sottolineato l'enorme crescita dei rapporti di leva delle famiglie, trucco da salotto una tantum della FED di Greenspan. Le banche centrali possono far crescere più rapidamente il PIL nominale, soppiantando temporaneamente la legge di Say.

Cioè, se viene aumentata la fonte naturale dei consumi e della spesa per investimenti (es. salari delle famiglie e flusso di cassa delle aziende) con finanziamenti incrementali rispetto alla capacità di bilancio, la spesa totale o il PIL si gonfieranno. Ma questo trucco funziona solo fino a quando il rubinetto della leva finanziaria raggiunge il punto di saturazione, o ciò che altrimenti potrebbe essere chiamato Picco del Debito.

Inutile dire che tale condizione è stata raggiunta nel 2007-2008, e sin da allora l'economia della nazione è rimasta in stallo. Ma i frutti del boom sono stati raccolti durante gli anni '90. I Clinton si sono semplicemente goduti il viaggio.

Poi è successo che a poco a poco la bolla monetaria di Greenspan ha perso la sua efficacia, mentre il sistema finanziario è diventato più saturo di debiti e speculazioni. Così, dopo un'espansione ad un ritmo del 3.8% durante il periodo 1992-2000, la crescita del PIL in termini reali è rallentata al 2.4% nel corso dei sette anni successivi fino al picco ciclico nel quarto trimestre del 2007. E poi durante gli otto anni successivi è scesa all'1.2% l'anno.

Ecco il punto. Non esiste alcun arco di otto anni nella storia moderna in cui la crescita economica s'è minimamente avvicinata a questa misura. Lo stato miserabile in cui si trova l'economia della nazione, rappresenta essenzialmente il giorno dopo la sbornia offerta da Bill e Hillary.

Detto in modo diverso, la massiccia speculazione finanziaria che ha alimentato il boom immobiliare e il boom del credito post-2000, e quindi il relativo bust, era parte integrante della deformazione finanziaria che nel corso degli anni '90 ha messo tutti questi grandi numeri sul tabellone. Contrariamente alla narrativa keynesiana, il 15 settembre 2008 non siamo stati colpiti da una sorta di "contagio" alieno arrivato su una cometa e la tiepida "ripresa" sin da allora non è stata causata da una sorta di battuta d'arresto una tantum. Era tutto opera delle intrusioni distruttive delle banche centrali.

Quindi l'essenza della prosperità di Clinton deriva da errori nella politica di Greenspan — un errore fatale che ha lasciato le famiglie sepolte sotto montagne di debiti e con redditi reali stagnanti.

È accaduto perché quando all'inizio degli anni '90 Deng lanciò la grande macchina cinese dell'esportazione mercantilista, Alan Greenspan era più interessato a coccolare Washington piuttosto che a tener fede alle convinzioni di una vita riguardo una moneta sonante.

Infatti quando entrò nell'Eccles Building nell'agosto 1987, lasciò alla reception il suo cappello colmo di principi sul gold standard. Non solo non l'ha mai richiesto indietro, ma, invece, ha abbracciato l'anti-deflazionismo istituzionale della banca centrale.

Questo tradimento ha provocato un mix letale culminato con lo svuotamento dell'economia americana, perché ha impedito al capitalismo americano di adattarsi allo tsunami di manufatti a basso costo provenienti dalla Cina e dalla sua catena di approvvigionamento nell'est asiatico.

Come abbiamo spiegato molte volte su queste pagine, l'unica politica compatibile con il regime monetario inflazionistico di Greenspan è stata il ritorno ad un commercio completamente manipolato e il passaggio a dazi elevati sui beni e servizi importati.

Ciò ha notevolmente rallentato la produzione estera, rimanendo fedele all'economia del Grande Pensatore. Dopo tutto, nel 1931 Keynes si trasformò in un protezionista e scrisse addirittura un'ode alle virtù dei "beni tessuti a mano".

Ahimè, nemmeno l'inflazione in un paese barricato dietro barriere commerciali funziona, come abbiamo visto durante la spirale inflazionistica tra la fine degli anni '60 e '70. Questo perché in un'economia chiusa l'allentamento monetario conduce ad un aumento di salari e prezzi interni a causa di troppa spesa alimentata dal credito facile; e questa spirale va fuori controllo in assenza della disciplina imposta dai beni e servizi esteri a basso prezzo.

Al contrario, l'impennata del debito nazionale in un'economia aperta — come in quella durante l'amministrazione Clinton — non ha come risultato la salita dell'IPC, ma la salita del costo delle importazioni. Infatti l'esplosione dei prestiti alle famiglie stimolata dalla FED nei primi anni '90, ha provocato un crescente indebitamento delle famiglie e un'impennata dei costi dei manufatti cinesi a basso costo.




Detto in modo diverso, se il rapporto della leva finanziaria delle famiglie non fosse stato fatto levitare, il debito totale delle famiglie al momento della crisi finanziaria sarebbe stato di $6,000 miliardi, e non di $14,000 miliardi. E questo significa, a sua volta, che negli anni '90 l'economia nazionale sarebbe stata messa sotto torchio dalla deflazione.

Non ci sarebbe stata alcuna prosperità sotto l'egida di Clinton. L'interazione tra denaro sonante e il sistema dei prezzi avrebbe ripristinato la posizione competitiva dell'economia degli Stati Uniti. I prezzi nominali, i livelli salariali e i costi sarebbero stati di gran lunga inferiori a quelli che abbiamo visto durante il Boom di Greenspan. Di conseguenza meno imprese avrebbero delocalizzato.

A quest'ora la crescita competitiva dell'economia nazionale sarebbe stata rigenerata. La sbornia di Main Street a causa della festa finanziaria 1992-2007, non sarebbe affatto esistita.

Allo stesso modo, Wall Street non si starebbe crogiolano nei suoi guadagni imprevisti da migliaia di miliardi, provenienti da sopravvalutazioni di bond, azioni e immobili; né le élite starebbero banchettando sugli zampilli di crescita nella Silicon Valley e altrove.

Le politiche inflazionistiche della FED di Greenspan e dei suoi successori hanno creato un buco gigante nel lato dell'offerta dell'economia degli Stati Uniti, e poi l'hanno riempito con $8,000 miliardi di debito incrementale che ha aspirato lo tsunami delle importazioni mostrato qui sopra. Ciononostante rappresenta ancora un avvoltoio sull'economia di Main Street.

Sotto la rosea superficie dei conti del PIL durante l'era Clinton e dopo, è sorta un'economia "panem et circenses". Le importazioni illimitate hanno massicciamente spostato la produzione nazionale e i redditi — nonostante abbiano imposto un limite massimo alla salita dell'IPC.

Il "made in Cina" su lato dei beni e il "made in India" sul lato dei servizi, hanno strozzato l'inflazione interna e hanno impedito una spirale inflazionistica. La domanda sempre crescente (alimentata dal debito) delle famiglie degli Stati Uniti per beni e servizi è stata incanalata nelle importazioni, le quali hanno svuotato le risaie e i campi agricoli nelle economie emergenti a favore delle fabbriche.

In una parola, l'inflazione monetaria della FED è stata esportata e con essa un pezzo enorme della produzione nazionale. Infatti il grafico qui sotto rappresenta la proverbiale pistola fumante. Il profondo rosso nelle partite correnti degli Stati Uniti durante il periodo 1992-2008, non sarebbe mai potuto accadere in un sistema con una moneta sonante.




Gli stampatori keynesiani e i presunti liberali dicono di passare oltre a queste cose. Secondo loro gli americani scelgono di prendere in prestito sempre di più dai loro fornitori esteri al fine d'importare beni e servizi meno costosi.

E invece no, non hanno "scelto" di tumularsi nel debito; sono stati indotti, incentivati ​​e sovvenzionati dal credito a basso costo. Il libero mercato non ruba dal futuro per vivere alla grande oggi, perché i tassi d'interesse onesti ripuliscono il mercato prima che le bolle del debito sfuggano di mano.

Il presunto libero commercio ha anche permesso a molte aziende d'ingrassare i propri profitti tramite l'arbitraggio tra salari gonfiati negli Stati Uniti e salari nei mercati emergenti. Infatti l'alleanza tra grandi imprese e FED a favore di denaro gratuito e presunto libero commercio, è uno dei patti più distruttivi della storia economica.

In ogni caso, il grafico qui sotto centra il punto. Durante i 29 anni da quando Greenspan è diventato presidente, sono aumentati i salari nominali dei lavoratori nazionali, passando dai $9.22 l'ora nell'agosto 1987 ai $21.26 l'ora di oggi. È stata questa crescita del 2.3X nei salari nominali che ha reso attraente il mondo del lavoro in Cina, India e nel resto dei mercati emergenti.

Allo stesso tempo, i salari aggiustati all'inflazione dei lavoratori nazionali non sono andati da nessuna parte.

Proprio così. Sono state create decine di milioni di posti di lavoro all'estero, ma in dollari costanti di potere d'acquisto, il salario medio dell'operaio nel 1987 era di $383 la settimana e 29 anni dopo è di $380 la settimana.




Durante l'arco di suddetti 29 anni, il bilancio della FED è cresciuto da $200 miliardi a $4,500 miliardi. Si tratta di una salita del 23X in un lasso di tempo decisamente breve. Greenspan ha sostenuto di essere il salvatore della nazione per aver portato il tasso d'inflazione fino a circa il 2% durante il suo mandato; e Bernanke e la Yellen si sono anch'essi presentati come aspiranti salvatori, pompando denaro per evitare che suddetto target scendesse al di sotto del parametro di riferimento.

Ma il 2% d'inflazione è un errore keynesiano fondamentale, e la massiccia esplosione del bilancio della banca centrale è la più grande farsa monetaria nella storia.

La presidenza Clinton s'è ritrovata in mezzo a questa fase, ma non si trattava di prosperità — e in modo particolare per quanto riguarda la bolla del mercato azionario e il boom di Wall Street alimentati dalla stampante monetaria della FED.

Infatti è stato da quest'ultimo che la Fondazione Clinton ha raccolto i suoi miliardi. Di conseguenza ciò di cui ha davvero bisogno l'America, non è una nuova presidenza Clinton, ma una resa dei conti per le bolle che sono spuntate fuori quando Bill era alla Casa Bianca.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Furono gli anni in cui prosperarono Blair e Prodi-D'Alema e quello che da noi fu chiamato l'Ulivo mondiale.
    Quello che bombardo' Belgrado e ci portò nella UE della BCE.

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