Bibliografia

lunedì 25 luglio 2016

Un punto a favore di Trump, questi clown meritano d'essere sbertucciati





di David Stockman


Il presidente Obama dice che i leader mondiali che la settimana scorsa hanno partecipato alla riunione del G-7 in Giappone, sono "scossi" da Donald Trump.

Ottimo per Trump!

Questi pagliacci devono essere scossi — fino al midollo. E potremmo anche iniziare con il nostro venditore di fumo a capo della nazione.

Sembra che Obama non riesca a smettere di decantare la ripresa impressionante che egli sostiene d'aver presieduto e i 14 milioni di nuovi posti di lavoro che sostiene d'aver creato. Eppure tali affermazioni sono tanto esagerate quanto tutto ciò che ha detto Trump.

Diamo un'occhiata ai fatti:

  1. Al picco del febbraio 2008, prima della crisi, il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti (BLS) riportava l'esistenza di 138.5 milioni di posti di lavoro;
  2. Confrontateli con i 143.9 milioni dell'aprile 2016;
  3. Aumento netto: solo 5.4 milioni di posti di lavoro non agricoli.

Questo significa una cosa: quasi 9 milioni, o il 61%, dei 14 milioni di "nuovi" posti di lavoro strombazzati da Obama non sono affatto nuovi.

Questi 9 milioni di posti di lavoro sono in realtà "nati di nuovo". Sono lavori meno retribuiti e di minor qualità rispetto a quelli eliminati durante la crisi e la cosiddetta Grande Recessione.

Per esempio, c'è stata una perdita di 2.3 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero, minerario/energetico e delle costruzioni. Tali lavori avevano una retribuzione media di $58,000 all'anno. Ora sono stati sostituiti da 1.9 milioni di posti di lavoro nell'ospitalità che hanno una retribuzione inferiore ai $20,000 l'anno.

La Casa Bianca potrebbe anche aver nascosto questo fatto grazie alle sue relazioni impressionanti, ma l'entroterra americano l'ha sicuramente notato. Ed è qui che Trump ha toccato un nervo scoperto di malcontento generalizzato.

Dietro tutta la magniloquenza della Casa Bianca sui posti di lavoro e la ripresa economica, c'è un rimprovero pungente anche nel conteggio esagerato del BLS riguardo i posti di lavoro.

L'economia degli Stati Uniti ha creato nuovi posti di lavoro netti al tasso irrisorio di 56,000 unità al mese negli ultimi otto anni. Durante questo periodo, il tasso di crescita della popolazione adulta è stato di 200,000 unità al mese. Questo significa che sono stati creati posti di lavoro solo per un quarto della popolazione adulta.

Ciò rappresenta, in realtà, un peggioramento della tendenza che ha prevalso fino al volgere del secolo. C'è ancora un numero inferiore di lavoratori tra i 25 ed i 54 anni in possesso di un posto di lavoro a tempo pieno rispetto a 16 anni fa. Non sorprende, quindi, se il tasso occupazione/popolazione, uno degli elementi più vulnerabili della forza lavoro, rimane nel seminterrato della storia moderna.

Come mostrato di seguito, il tasso di occupazione per i lavoratori con il solo diploma di scuola superiore è sceso dal 60.5% prima della crisi al 54.5% durante la Grande Recessione. E non s'è ripreso sin da allora. Cioè, $800 miliardi di stimolo fiscale e $3,500 miliardi d'acquisto di bond della FED non hanno avuto alcuno impatto.

Questo non a causa dei dati demografici della generazione dei baby-boomer, come recita il mantra keynesiano standard. Il grafico qui sotto mostra anche che il tasso di partecipazione dei lavoratori con più di 65 anni è stato in forte aumento sin dal 2008.




La verità è che oggi per l'economia degli Stati Uniti ci sono meno posti di lavoro da capofamiglia a tempo pieno rispetto al dicembre 2007, e le chiacchiere della Casa Bianca non cambiano di una virgola la realtà. Ma ciò non spiega perché la stampa statunitense e i leader mondiali siano apparentemente rimasti "sorpresi" dal fatto che Trump sia improvvisamente diventato il candidato del GOP.

Infatti Trump non solo ha spaventato l'establishment in patria, ma anche quella all'estero. La sua ascesa equivale ad un rifiuto totale di tutto il periodo della Finanza delle Bolle. Quel periodo è stato orchestrato dai banchieri centrali keynesiani di tutto il mondo e dai loro relativi governi. Hanno inventato una falsa prosperità con il debito, le bolle del mercato azionario e gli svettanti trasferimenti sociali.

Questa falsa prosperità è palpabilmente insostenibile, e anche gli elettori dell'entroterra statunitense lo stanno capendo rapidamente. La verità è che il piano economico di Trump può essere al meglio semi-coerente e sicuramente destabilizzante nella misura in cui innescherebbe una guerra commerciale...

Ma ecco il punto: le politiche dello status quo verso il baratro economico non sono più percorribili. Non sorprende, quindi, se i lavoratori dell'entroterra statunitense si chiedono come facciano i trasferimenti dello stato sociale a crescere due volte più velocemente dei guadagni salariali senza impalare il paese sul debito e le tasse.




Anno dopo anno, il G-7 ha sproloquiato sullo stimolo della crescita e del consumo, come è anche accaduto questa volta. Eppure mai una volta è stato menzionato in un comunicato post-incontro quanto segue: come accidenti possono fare le famiglie a fare acquisti quando sono già sepolte sotto il Picco del Debito?

In realtà tutto il biascicamento momentaneo circa il troppo debito che ha accompagnato i mesi dopo la crisi, è da tempo scomparso dalla narrazione mainstream. Dopo 30 anni di baldoria finanziaria, il deleveraging era necessario più di ogni altra cosa. Eppure non un centesimo dei $14,300 miliardi di debito assunti dal settore delle famiglie fino al 2007 è stato spazzato via.




La storia è addirittura peggio se guardiamo al lato delle aziende. Oggi Bloomberg ha pubblicato un grafico in cui ci viene ricordato che sono i leader del G-7 ad essere distaccati dalla realtà, non il candidato del GOP.

A $6,700 miliardi, il debito societario è ora più del doppio rispetto al livello a cui era alla vigilia dell'ultima crisi, ma questa non è nemmeno la metà della storia. Praticamente tutto questo aumento è finito nell'ingegneria finanziaria — cioè, riacquisti d'azioni proprie, offerte di fusioni & acquisizioni improduttive e notevolmente sopravvalutate, e varie forme di leveraged buyout e ricapitalizzazioni.

Infatti, invece di blaterare circa una ripresa inesistente nell'entroterra della nazione, la Casa Bianca dovrebbe essere decisamente allarmata su quanto sta accadendo alla spesa in conto capitale — la fonte della crescita capitalistica. Dal momento che ha raggiunto un picco a metà del 2014, le spese in conto capitale (esclusa la difesa) sono in calo di circa il 12%, ben al di sotto dei livelli pre-recessione.

La situazione finanziaria ed economica del resto delle nazioni del G-7 è ancora più traballante di quella degli Stati Uniti. Quindi i leader presumibilmente "scossi" che si sono riuniti in Giappone dovrebbero sconvolgersi per il motivo seguente: perché continuare a far finta che il Giappone non sia gestito da pazzi che sono un pericolo per l'intera economia globale?

Ironia della sorte, il governo del Giappone ha richiesto una dichiarazione per quanto riguarda la crisi nel sistema finanziario mondiale. Ma il G-7 s'è rifiutato, perché accettare la realtà potrebbe far scoppiare la bolla globale. Come è stato spiegato dai media mainstream:

[...] Quindi non è del tutto sorprendente che una risposta coordinata ad una certa dinamica, non possa essere raggiunta al tavolo dei negoziati del G-7", ha detto Maguire. "Inoltre il G-7 è a conoscenza del cosiddetto 'effetto annuncio' che ha provocato il comunicato ufficiale", ha detto. "In una situazione del genere, il solo avvertimento di rischi negativi può farli diventare realtà."

Infatti il primo ministro Abe ha presentato alcuni documenti al G-7 riguardanti un pericolo per l'economia mondiale, la quale si trova sull'orlo di una crisi simile a quella Lehman nel 2008.

Uno degli altri pagliacci presenti alla riunione del G-7 ha per caso prestato attenzione?

Affatto. Al contrario, Abe ha più volte ripetuto che procederà ad un aumento dell'imposta sulle vendite ad aprile 2017, a meno che non avvenga un evento simile a quello Lehman o un forte terremoto. Egli era semplicemente alla ricerca di leader mondiali che confermassero la sua intenzione di ritardare ulteriormente l'inevitabile necessità di rimettere in ordine i conti nipponici:

Il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, ha intenzione di ritardare un aumento delle imposte sulle vendite di due anni e mezzo, ha detto un funzionario del governo, poiché l'economia arranca e Abe si prepara per le elezioni nazionali.

Abe ha informato il Ministro delle Finanze, Taro Aso, e il Segretario Generale del suo partito liberal-democratico al potere, Sadakazu Tanigaki, del suo piano di ritardare l'aumento delle tasse per la seconda volta, fino ad ottobre 2019.

Si prevede inoltre che il primo ministro, che ha promesso di annunciare misure per stimolare la crescita economica e promuovere la riforma strutturale, ordini un bilancio supplementare per finanziare le misure di stimolo, appena due mesi dall'inizio dell'anno fiscale e sulla scia di un bilancio suppletivo per pagare i danni dei recenti terremoti nel sud del Giappone.

Proprio così. Il Giappone sta ancora spendendo quasi il doppio di quello che raccoglie in tasse, e il debito pubblico si sta dirigendo verso una catastrofico 250% del PIL. Ma questi pazzi vogliono calciare il barattolo nel prossimo decennio, sebbene il Giappone stia diventando una colonia di pensionati in bancarotta.

Nessuna meraviglia, quindi, che il G-7 sia scosso da quello che dice Trump. Se fosse eletto Presidente, solo lui potrebbe presentarsi ad un vertice del G-7 e chiamare le cose con il loro vero nome.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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