venerdì 17 giugno 2016

Perché le banche centrali non riescono mai a vedere una bolla





di David Stockman


Ogni giorno abbiamo la conferma che il casinò è un luogo estremamente pericoloso e che l'esposizione ai mercati azionari e obbligazionari è da evitare a tutti i costi. In sostanza tutta la baracca si basa su una menzogna istituzionalizzata, ovvero, le dichiarazioni dei banchieri centrali, dei broker di Wall Street e dei grandi dirigenti di società sono costituite da depistaggi, offuscamenti e inganni.

Come abbiamo indicato molte volte nei precedenti articoli, tutto viene definito dalle luci dei banchieri centrali di oggi e dai loro seguaci a Wall Street. Dal momento che i primi sono occupati con "l'accomodamento" e lo "stimolo" delle economie di tutto il mondo, le recessioni e i bust del mercato azionario non possono accadere.

Allo stesso tempo, i discorsi del casinò puntano sempre alle opportunità di oggi e ancor di più alle prospettive di domani (cioè, nella seconda metà di quest'anno e il prossimo). I venditori ambulanti proiettano gli utili dell'S&500 per il quarto trimestre 2016 a $32/azione, una crescita del 39% rispetto ai $23/azione per il quarto trimestre 2015; ed entro la fine del 2017 puntano ad un aumento del 57%.

Alla chiusura dei mercati di oggi, a 2094, cosa c'è che non va coi livelli di valutazione e i rapporti PE? Dopo tutto, le gambe rialziste dei venditori ambulanti puntano a $119 per azione nel 2016 e $136 nel 2017. I multipli impliciti PE sono un modesto 17.3X e 15.3X, rispettivamente.

Tranne che le cose non stanno neanche lontanamente così. Gli utili dell'S&P 500 su base GAAP sono a $86.47 e per il trimestre in corso stanno già perdendo il 10%.

Infatti il mercato azionario è ora valutato al 24.2X in un momento in cui il ciclo di crescita globale si sta invertendo, la pseudo-ripresa negli Stati Uniti ha di gran lunga sorpassato le medie passate e gli utili GAAP effettivi sono giù del 18.5% rispetto al picco del settembre 2014.




E all'interno di questo enorme divario troviamo la suddetta menzogna istituzionalizzata. E tanto per iniziare in bellezza la settimana, abbiamo avuto un altro bel pacco di frottole.

Durante il fine settimana il folle stampatore di denaro a capo della BCE, Mario Draghi, ha detto che non ci sono bolle in vista — nonostante il fatto evidente che egli abbia trasformato il mercato obbligazionario europeo in una bolla monumentale.

Allo stesso modo, prima che i mercati aprissero questa mattina, abbiamo avuto due esempi della stessa prevaricazione delirante. Sia PepsiCo che Morgan Stanley hanno riferito risultati disastrosi per il primo trimestre, ma in modo del tutto spudorato i portavoce aziendali e i media li hanno liquidati come "una tantum". Naturalmente questo ha mandato in orbita i prezzi delle loro azioni, e nel caso di Pepsi a quasi un massimo storico.

Per quanto riguarda Morgan Stanley, è difficile immaginare come i suoi risultati potessero essere peggiori. I ricavi al netto degli interessi sono calati del 26% rispetto all'anno passato, mentre il suo core business e il suo investment banking hanno fatto registrare un calo del 18% e del 43%. Nel complesso, i ricavi totali sono crollati del 21% rispetto all'anno passato, e l'utile netto è sceso di un incredibile 54%.

Proprio così. Rispetto all'utile netto di $2.4 miliardi dell'anno scorso, il risultato del primo trimestre è stato pari a soli $1.1 miliardi, mentre il rendimento sul capitale proprio è crollato dal 14.1% al 6.2%.

In un libero mercato, Morgan Stanley sarebbe stata mandata sulla panchina delle penalità, ma non nel casinò di oggi. È salita soprattutto perché gli utili riportati di 55 centesimi per azione "hanno battuto" le aspettative del consenso (es. 46 centesimi).

Ma a ottobre il "consenso" prevedeva $1.00 per azione. Nel frattempo c'è stato un frenetico abbassamento delle stime che non si è fermato — com'è evidente dalla linea rossa qui sotto — fino alla vigilia della sua relazione del primo trimestre.




Fare finta che questo sia semplicemente un "battito" non solo è un insulto all'intelligenza di un bambino delle elementari, ma in realtà è emblematico della serie di menzogne presenti nel casinò.

Infatti la sindrome del "battito" ha ormai raggiunto un livello ridicolo. L'unico significato razionale per "battito" sarebbe quello di descrivere risultati che hanno migliorato le prestazioni precedenti e sono stati una vera e propria sorpresa per gli investitori. Ma quando i risultati vengono palesemente manipolati dalle foche ammaestrate che si presentano come analisti azionari, i pochi centesimi d'aumento per ogni azione non rappresentano un "battito"; sono una truffa!

Quindi i venditori ambulanti nel casinò non hanno nessun altro scopo se non quello di abbassare i multipli PE e rendere più attraenti di quello che in realtà sono le azioni in sovrapprezzo. A tal proposito, la giustificazione secondo cui le aziende stanno tentando di rimuovere il "rumore" dai loro rapporti, a causa degli oneri una tantum, non è sufficiente.

Per prima cosa, gli oneri una tantum vanno in entrambe le direzioni, come nel caso delle plusvalenze derivanti dalla vendita di un asset. Oltre a ciò, le svalutazioni aziendali a causa di affari andati male, gli oneri per la chiusura di impianti a causa della cessazione di attività per perdite, le spese per le opzioni di fine rapporto, le stock option — tutto rappresenta il consumo di risorse aziendali reali e di valore.

Se i CFO volessero davvero "normalizzare" i loro numeri GAAP trimestrali, ci sarebbe un modo di gran lunga migliore per farlo. Vale a dire, potrebbero raggruppare i loro oneri non ricorrenti e presentare numeri "aggiustati" in base alle medie di queste perdite "non ricorrenti" lungo un periodo mutli-trimestrale. Oppure potrebbero ammortizzare il bacino delle svalutazioni inserendolo nei guadagni trimestrali all'interno di un certo lasso di tempo, come quattro o otto trimestri.

Ma questa sarebbe una cosa completamente diversa da quello che accade oggi. Secondo la procedura ingannevole attuale, i guadagni sono sempre più alti — e spesso molto, molto più alti — dei profitti GAAP. Infatti, tra il 2007-2015, gli utili aggiustati dell'S&P 500 sono stati sovra-stimati per più di $1,100 miliardi!

Al contrario, se le rettifiche ai principi contabili GAAP fossero basate su una media o un ammortamento una tantum delle spese non ricorrenti, gli utili non sarebbero superiori a quelli tendenziali GAAP.




Insistiamo su questo argomento perché l'approccio di PepsiCo, ad esempio, è stato proprio l'opposto. Ha avuto il coraggio di presentare un tessuto di menzogne come risultati e poi l'ha trasformato nell'immagine qui sotto.

Vale a dire, l'utile netto di PEP è sceso dagli $1.2 miliardi dell'anno scorso ai $931 milioni di oggi, giù del 24%. Ma tramite la magia dei riacquisti d'azioni e la manipolazione degli utili, ha trasformato un utile per azione di 64 centesimi (rispetto agli 81 dell'anno scorso) in 89 centesimi per azione, sorprendendo le aspettative generali di otto centesimi.

La trasformazione è davvero mozzafiato. Un calo delle vendite del 3% è stato trasformato in un guadagno del 3.5%; un calo dell'utile operativo del 10% è stato rettificato ad un guadagno del 12%; e il grande calo del 24% dell'utile netto è stato contorto in un guadagno dell'11% se teniamo conto delle azioni.

Ecco il punto principale. Perché lo zio Sam spende miliardi l'anno cercando di far rispettare la contabilità GAAP, quando gli abitanti del casinò sono più che felici di produrre risultati fantasiosi?




Nel frattempo, ecco cosa è accaduto realmente. Con i risultati del primo trimestre, l'utile netto annuale di PepsiCo si è attestato a $5.16 miliardi. Questo è il tasso più basso sin dal giugno 2009.

Sì, la capitalizzazione di mercato di PEP è raddoppiata da $75 miliardi a $150 miliardi nel frattempo, ma perché paghereste il 29X per una società che non ha nemmeno la minima parvenza di una crescita?




Alla fine, tutte queste truffe cederanno il passo ad una recessione globale e ad un crollo sostenuto degli utili. Cioè, l'S&P 500 si sta dirigendo verso i 1300 rispetto al picco di 2130 a maggio 2015 — nonostante i robo-trader continuino a giocare coi punti sui grafici.

Ma, come sopra indicato, i profitti annuali di fine anno 2015 sono stati pari a soli $86.47 per azione. Questo numero particolare rappresenta un mercato killer. Ad un multiplo PE plausibile del 15X, siamo davvero a 1300 per l'indice S&P 500.

Significa anche che i robo-trader e i giocatori d'azzardo negli hedge fund hanno dipinto 24.2X sulla porta d'ingresso del casinò. Ma le medie storiche dei rapporti PE sono troppo alte per le realtà di oggi. Vale a dire, in un mondo che sta scivolando in un declino deflazionistico prolungato, i tassi di capitalizzazione stanno scendendo nella cantina della storia, e non stanno salendo a livelli stratosferici.

Perché? Perché gli utili attuali valgono molto meno di quello che sono, visto che ogni volta si spaccia una crescita degli utili la cui percentuale reale è tra lo zero e il niente.

Così, quando i tassi di capitalizzazione dovrebbero calare il casinò spaccia agli sciocchi numeri in ascesa, facendo finta che tutto vada bene sul fronte guadagni. Eccovi servito il processo della menzogna istituzionalizzata.

Infatti, per la terza volta in questo secolo gli utili societari sono già in caduta libera. Eppure i venditori ambulanti di Wall Street stanno ancora puntando maliziosamente alla parte in alto a destra del grafico qui sotto.




Ma questa volta i retroscena sono decisamente più comici. Quando gli utili dell'S&P 500 hanno raggiunto un picco a $84.92 per azione a giugno 2007 (su base annuale), erano cresciuti ad un tasso annualizzato del 6.8% rispetto al picco precedente di circa $54/azione nel terzo trimestre 2000. Al contrario, al livello di $86.47 per il quarto trimestre 2015, il tasso di crescita implicito di 8 anni è... beh, niente di niente... a meno che non preferiate due cifre dopo la virgola. In tal caso, il CAGR è dello 0.22%.

Proprio così. Sulla base degli utili societari reali che i CEO e i CFO devono certificare, pena il carcere, i profitti sono ora appena al di sopra del livello del giugno 2007, e ancora una volta stanno scendendo lungo il pendio scivoloso tracciato già due volte in questo periodo dalla Finanza delle Bolle delle banche centrali.

Sì, proprio come farebbero dei giocatori di prestigio, i venditori ambulanti del casinò insistono che questi profitti GAAP devono essere ignorati perché sono zeppi di componenti non ricorrenti.

Ebbene, sì, lo sono. Come ha mostrato un'eccellente indagine del Wall Street Journal, la versione degli utili sfornata da Wall Street per il 2015 era di $1,040 miliardi per l'S&P 500. Ma stiamo parlando di un 32% in più rispetto a quelli GAAP reali di $787 miliardi!




La differenza di $253 miliardi indicata per il 2015 nel grafico qui sopra, non costituiva qualcosa di speciale quando si tratta di valorizzare le azioni. A quanto pare la tendenza di quest' ultime si muove sempre dal basso a sinistra in alto a destra dei grafici. E questo perché secondo il consenso di Wall Street non ci può essere un'altra recessione. Le banche centrali sono al lavoro e ne hanno escluso la possibilità per definizione.




Non esattamente. Il grafico qui sopra è stato riproposto più e più volte ed è clamorosamente errato, soprattutto nei punti di svolta del ciclo economico.

Infatti, il divario da $253 miliardi tra utili segnalati e l'intruglio di Wall Street per il 2015 è quasi la stessa grandezza della disconnessione nella Grande Recessione.

L'utile netto aggregato dell'S&P 500 per il 2007, secondo i venditori ambulanti di Wall Street, era di $730 miliardi — e non hanno avuto alcun problema ad insistere sul fatto che il mercato azionario era "ragionevolmente" prezzato. Nel corso del 2007 la capitalizzazione media dell'indice S&P era di $13,000 miliardi, il che implica un multiplo PE del 18X.

In realtà, gli utili GAAP reali per quell'anno erano solo di $587 miliardi, il che significa che il numero dei venditori ambulanti di Wall Street era superiore del 24% rispetto al livello dei profitti depositati presso la SEC. Come adesso, i venditori ambulanti dicevano d'ignorare i $144 miliardi di oneri e spese che erano ritenuti non ricorrenti; né volevano riconoscere che il multiplo del mercato reale era del 22X rispetto alla contabilità GAAP ed era estremamente costoso in base a qualsiasi altro standard storico — soprattutto all'apice del ciclo economico.

Inutile dire che Wall Street rimase scioccato quando scoprì la verità l'anno successivo. Durante la primavera del 2007 era prevista la solita storia — cioè, gli utili segnalati dai venditori ambulanti sarebbero dovuti salire del solito 12-15% nel 2008, a circa $120 per azione. Poi però hanno fatto marcia indietro a $50 per azione, ma in realtà sono stati solo $15/azione su base GAAP.

Espresso in termini aggregati, quest'ultimo dato significa che i profitti dell'S&P erano calati a $132 miliardi nel corso del 2008, dopo che le varie aziende hanno dovuto svalutare $304 miliardi di asset drammaticamente sopravvalutati e operazioni di business diventate irrimediabilmente inutili. In breve, in quei due anni le società nell'S&P 500 si sono sobbarcate quasi $450 miliardi tra oneri e perdite che i venditori ambulanti di Wall Street dissero d'ignorare. Stiamo parlando del 37% dei presunti utili per il 2007-2008.

Detto in modo diverso, il mercato dovrebbe essere un'agenzia d'attualizzazione. Eppure a ottobre 2007, in un momento in cui i mercati subprime e del credito erano visibilmente in frantumi — i fondi ipotecari di Bear Stearns e Countrywide Financial erano quasi saltati in aria, e Merrill Lynch e AIG erano in evidente difficoltà — l'indice era valutato a $13,000 miliardi in base alle teorie fantasiose allora ampiamente diffuse a Wall Street.

Proprio così. Il mercato azionario trattava al 100X gli utili effettivi che si sarebbero dovuti concretizzare l'anno successivo, non al 13X spacciato giorno dopo giorno dalle teste di legno nello zombie-box.

Così eccoci di nuovo al punto di flesso di una bolla finanziaria alimentata dalle politiche della banca centrale. Come allora, i picchi registrati nel corso del 2015 sono letteralmente evaporati — il tutto dovuto alla falsificazione dei tassi d'interesse, del prezzo del debito e dei titoli azionari.

Per esempio, nel corso del 2015 mentre il settore energetico nell'S&P 500 faceva registrare perdite effettive di $45 miliardi, i venditori ambulanti di Wall Street sventolavano profitti per $48 miliardi in base ai loro intrugli rialzisti. Questi $93 miliardi di differenza significavano qualcosa dal punto di vista finanziario?

Certo che sì. Erano composti principalmente da massicce svalutazioni del valore delle riserve di petrolio e gas. Ma è stato il boom del credito globale alimentato dalle banche centrali che ha spinto il prezzo del petrolio al di sopra dei $100 al barile e ha incoraggiato massicci investimenti improduttivi.

E poi, per aggiungere la beffa al danno, è stata la drastica repressione post-crisi dei tassi d'interesse che ha innescato una fame per rendimenti decenti tra i gestori di fondi e i giocatori d'azzardo. Queste deformazioni economiche, a loro volta, hanno incoraggiato le grandi aziende ad accendere nuovi prestiti nel mercato del prestito spazzatura per un ammontare di $400 miliardi e finanziare gli investimenti nell'olio di scisto e altrove.

Suddette svalutazioni possono anche essere interpretate da Wall Street come estraneità non ricorrenti, ma in realtà rappresentano perdite nel capitale reale.

Lo stesso vale per gli altri settori analizzati dall'indagine del WSJ. Le aziende nel campo dei materiali hanno riferito $13 miliardi di utili GAAP rispetto ai $30 miliardi dei feticisti delle gambe rialziste. E le aziende nel campo sanitario hanno guadagnato $104 miliardi secondo i principi contabili GAAP rispetto ai $157 miliardi immaginati dagli analisti di Wall Street. La differenza di $70 miliardi in questi due settori non sono spiccioli.

La maggior parte è rappresentata da svalutazioni di asset e oneri di ristrutturazione per investimenti anti-economici e Fusioni & Acquisizioni fallimentari. Vale a dire, quel tipo di cose che la falsificazione dei prezzi finanziari da parte delle banche centrali favorisce inevitabilmente.

Anche nel settore delle tecnologie il grado con cui Wall Street ne ha stravolto gli utili è imbarazzante. Mentre i feticisti delle gambe rialziste segnalavano $218 miliardi di utili complessivi, i rapporti inviati alla SEC ne mostravano solo $176 miliardi. All'interno di questi $42 miliardi d'inchiostro rosso invisibile, c'erano un sacco di Fusioni & Acquisizioni fallimentari e costi delle stock option che diluiscono gli utili degli azionisti.

Infine, per quanto riguarda lo stampatore folle a capo della BCE, forse dovrebbe guardare i titoli a 10 anni della sua quasi-fallita terra natale. Oggi hanno chiuso con un rendimento dell'1.36%, e questo significa che stanno cavalcando la madre di tutte le bolle obbligazionarie.

Qui sotto c'è l'andamento dell'inflazione al consumo nella zona Euro. È aumentata ad un tasso del 2.1% negli ultimi otto anni e dell'1.0% negli ultimi 12 mesi di presunta deflazione. Ci si potrebbe domandare se gli europei stiano meglio con un 1% o un 2% d'inflazione. La risposta è che il 2% è meglio, anzi imperativo — almeno secondo una piccola schiera di banchieri centrali e dei loro accoliti. Ma non lo stanno dicendo, lo stanno affermando.




Non ci sono bolle, eh?

Il governo dell'Italia è paralizzato, il che significa che i suoi segni vitali fiscali sono in continuo deterioramento. La quota di spesa in percentuale del PIL è al 51.1% e l'onere del debito continua solo ad aumentare.





Ecco la morale della favola. L'Italia si sta rapidamente trasformando in una colonia socialista di vecchi, con un tasso di natalità di un mero 1.3. Su questa strada, l'ultimo italiano scomparirà nel giro del prossimo secolo. Ma un'economia che ha continuato a restringersi sin dal 2007, andrà in bancarotta molto prima.




Quando l'ultimo dei front-runner tra gli hedge fund sarà imbottito di bond europei e i tedeschi, infine, spegneranno la stampante a Francoforte, ci sarà un giorno della resa dei conti, mentre l'enorme bolla obbligazionaria italiana si sgonfierà violentemente.

E sicuramente la battezzeranno la Bolla di Draghi — un raptus di follia altrettanto disastroso come quello di John Law, quello nella rivoluzione francese e quello nel 1929.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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