Bibliografia

mercoledì 22 giugno 2016

Il Brexit e una nuova Lega anseatica

Domani la Gran Bretagna andrà al voto per decidere se rimanere nell'Unione Europea o meno. Se gli elettori voteranno per lasciare l'UE, allora questo esperimento del NWO finirà in grossi guai. Come sottolineato anche nel presente articolo, altri paesi domanderanno la stessa cosa. Inutile dire che l'establishment di Bruxelles odia quanto sta accadendo e quanto potrà accadere, perché non ha nessuna intenzione di onorare simili decisioni. Questo è stato vero sin dal referendum in Irlanda per entrare nell'Unione Europea. Ma quando le politiche dei tassi negativi della BCE produrranno la prossima recessione, una peggiore rispetto a quella scoppiata nel 2009-2010, allora questa gente perderà legittimità. Non riusciranno a tenere incollati tutti quei pezzi del mosaico che tenteranno di staccarsi. Soprattutto in virtù del fatto che stanno guadagnando trazione voci contrarie all'accentramento coatto europeo. Una di queste è senza dubbio quella di Nigel Farage. Se gli inglesi andranno al voto domani, è gran parte merito della sua compagna contro gli eurocrati. Come ha fatto a guadagnare trazione? Fondamentalmente grazie alla popolarità acquisita su Internet, e in particolar modo grazie ai suoi video su Youtube. Il decentramento informatico sta facendo cadere, pezzo dopo pezzo, burocrazia dopo burocrazia, il mostro statale affamato di centralità dei poteri. Se la Gran Bretagna lascia l'UE, sarà difficile per gli eurocrati indire un nuovo referendum. Il vecchio adagio che ha caratterizzato fino ad ora il loro modus operandi, "mai prendere no come risposta", sarà inapplicabile. Il decentramento tecnologico permette agli individui d'organizzarsi. Se invece la Gran Bretagna sceglierà di restare, sarà applicato un nuovo adagio: "Mai prendere un sì come risposta". Farage e i suoi estimatori condurranno questa battaglia di resistenza grazie al decentramento tecnologico e informatico, aiutati, inoltre, dall'inevitabile auto-distruzione della pianificazione monetaria centrale.
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di Alasdair Macleod


David Cameron, il primo ministro della Gran Bretagna, ha negoziato i termini con gli altri stati membri dell'UE e ha indetto un referendum il 23 giugno sulla permanenza o meno del suo paese nell'Eurozona.

In questa prima fase della campagna, i termini non sono sufficienti per dare un chiaro vantaggio a favore di un voto, contribuendo ad una discesa della sterlina sul mercato dei cambi esteri. Tuttavia, se gli elettori votassero per lasciare l'Unione Europea, non sarà solo la sterlina che ne soffrirà, ma anche l'euro dovrà affrontare sfide considerevoli.

Si pensa che quanto più presto verrà organizzato il referendum, tanto più si limiterà la disaffezione nei confronti dell'UE. All'interno di questo lasso di tempo, la strategia è quella di sottolineare i pericoli del Brexit, evidenziare i vantaggi d'influenzare le politiche dell'UE dall'interno e sottolineare i vantaggi in fatto di sicurezza. Si tratta essenzialmente di una campagna debole e negativa progettata per spaventare gli elettori contro il cambiamento. Le campagne negative sono una strategia debole e tendono a tramontare attraverso la ripetizione.

C'è un elefante nella stanza che potrebbe anche ribaltare il risultato previsto: un rischio crescente d'instabilità finanziaria nella zona Euro. Mentre è probabile che prima di giugno non emergeranno grossi problemi, c'è una possibilità significativa che invece le cose andranno diversamente. Il sistema bancario della zona Euro vacilla tra l'insolvenza e la bancarotta, con le banche italiane, greche e portoghesi in terapia intensiva. I prezzi dei titoli di stato della zona Euro, talmente cari da avere rendimenti negativi, è sicuro che caleranno in modo significativo ad un certo punto, portando ad un'inevitabile crisi del debito nell'Eurozona.

Se a questo ci aggiungiamo il problema dei profughi, abbiamo gli ingredienti di un bust europeo fin troppo evidente. Inoltre il primo ministro della Repubblica Ceca, Bohuslav Sobotka, ha avvertito che se la Gran Bretagna decidesse di lasciare l'Unione Europea, la Repubblica Ceca potrebbe seguire l'esempio. Inoltre vi è la possibilità di un referendum simile nei Paesi Bassi. La disaffezione nei confronti di Bruxelles è molto diffusa, e non sarà solo un "ratto britannico" che abbandonerà la nave che affonda.

Finora queste tesi sono state definite solo chiacchiere allarmiste, ma il problema finanziario dell'UE sta già diventando esorbitante. George Osborne, alla riunione del G-20 a Shanghai, ha detto che "i colleghi ministri delle finanze e i capi delle banche centrali hanno concluso che una volontà inglese di lasciare l'UE rappresenterebbe uno dei maggiori pericoli economici di quest'anno". Inoltre ha fatto notare che "lo shock di una potenziale uscita del Regno Unito dall'Unione Europea sarebbe destabilizzante." Queste dichiarazioni sono un'ammissione che l'UE, piuttosto che il Regno Unito, è in pericolo e che l'uscita della Gran Bretagna sarebbe la classica goccia che fa traboccare il vaso. È anche un appello affinché la Gran Bretagna sacrifichi i propri interessi a favore del bene comune.

L'incubo default dell'UE non è più solo un parto della fantasia di catastrofisti e teorici della cospirazione. I suoi problemi sono ufficialmente spaventosi. Con i suoi problemi di debito intrattabili, la zona Euro e l'euro potrebbero essere le prime vittime del deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie globali; e il rischio è abbastanza reale affinché l'elettorato della Gran Bretagna recepisca il messaggio. Quindi è giunto il momento che le autorità escogitino un piano B in caso di Brexit. Di recente ho discusso questa possibilità con un contatto stretto che ha familiarità con la macchina del governo, e abbiamo concluso che è quasi certa la presenza di una squadra a Downing Street a lavoro su un piano d'emergenza. Stiamo parlando di alti funzionari del Tesoro, del Ministero degli Esteri e del Ministero delle Finanze.

Lo scopo di questa squadra è quello di contattare i loro omologhi negli altri stati europei e porre rimedio ad eventuali attriti sollevati dal Brexit, in modo che se succedesse il peggio e il referendum andasse nella direzione da loro ritenuta avversa, la transizione verso l'indipendenza britannica sarà gestita con pochi contraccolpi. Oltre ai problemi per il Regno Unito, ci sono le conseguenze per i restanti membri dell'UE e per quegli interessi che influenzerebbero le loro risposte.

Riemergerebbe quasi certamente il divario tra gli stati del nord relativamente responsabili e quelli del sud dissoluti, con risposte politiche dei paesi del nord che differirebbero nettamente da quelle dei paesi del Mediterraneo, tra cui anche la Francia. È difficile immaginare che i PIIGS(F) se ne escano con un qualche input positivo; per tutti loro questo sarebbe un primo passo verso la rapida disintegrazione dell'Unione politica che fino ad ora hanno munto con successo. Il gruppo settentrionale è più interessante, ed è probabile che adotti un approccio costruttivo.

Nel periodo precedente alla crisi greca, c'è stata una significativa pressione politica all'interno della Germania affinché abbandonasse l'euro. Pertanto, se la Gran Bretagna sconvolgesse l'Europa con il Brexit, la Germania potrebbe anch'essa cogliere la palla al balzo. Oltre alla Germania possiamo aggiungerci i Paesi Bassi, la Finlandia e pare anche la Repubblica Ceca.

Il commento di Sobotka potrebbe essere un indizio. La Repubblica Ceca produce beni strumentali di altissima qualità, e molti tedeschi la ritengono il meglio nel campo dell'ingegneria. La sua esperienza nell'UE è stata tutt'altro che felice. Il suo governo ha dovuto abbandonare il progetto di aderire all'euro, a causa della forte opposizione dell'opinione pubblica. La sua politica di tenere le frontiere aperte, nel quadro dell'accordo di Schengen, ha esposto il paese ad ondate di rifugiati indesiderati da Siria, Iraq e Afghanistan. Le sanzioni UE contro la Russia hanno limitato il commercio con un mercato di maggior potenziale a lungo termine rispetto all'UE stessa. E, infine, la sua sicurezza energetica è stata minacciata, non dalla Russia, ma da Bruxelles.

La Repubblica Ceca è in una posizione simile alla Germania sulla questione degli immigrati e delle sanzioni alla Russia. La Germania ha sofferto per aver sacrificato la sua moneta, e attraverso l'euro ha dovuto finanziare gli stati spendaccioni. In certi ambienti ancora è vivo il desiderio d'abbandonare la zona Euro e formare una zona separata con una valuta forte, anche se attualmente i titoli dei giornali non ne parlano. Il dilemma della Germania è di natura politica: sta ancora espiando le colpe per le due guerre mondiali del secolo scorso, e non osa essere la responsabile della fine dell'esperimento europeo.

Tuttavia, se il Regno Unito votasse per abbandonare l'UE, la posizione della Germania cambierebbe in modo significativo. Potrebbe essere attratta dalla libertà di ri-emettere la propria valuta e stilare i propri accordi commerciali. Non v'è dubbio che la scissione da Italia, Spagna, Francia ed altri paesi significherà cancellare parte, o tutti, i loro debiti dovuti alla Germania. In alternativa, l'appartenenza alla zona Euro, e quindi all'UE, finirà per mandarla in bancarotta per la terza volta in cento anni.

Si tratta di una scelta difficile, ma il livello di paura è già alto e ciò è dimostrato dalle preoccupazioni del G-20; quindi i membri della squadra inglese atta a stilare il piano B, troveranno una base pronta per la discussione con i loro omologhi a Berlino. Al progredire del processo di pianificazione di una contingenza per il Brexit, la fragilità di tutta l'UE e della zona Euro diventerà sempre più evidente. In caso di Brexit, i pianificatori del piano d'emergenza sono d'accordo che questo evento segnerà l'inizio della fine dell'esperimento europeo e dell'euro. La relativa stabilità di Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Paesi Bassi, Finlandia, Polonia e degli stati baltici sarebbe meglio garantita sotto nuove disposizioni, in linea con le realtà geopolitiche di oggi. La soluzione logica, presumendo che questi stati non considerino un'opzione percorribile affondare con la nave dell'euro, sarebbe quella di negoziare una nuova alleanza commerciale con il Regno Unito, una versione della Lega anseatica ma del XXI secolo, basata sul commercio piuttosto che sulla politica.

Questa soluzione interromperebbe anche le relazioni con la NATO, perché il libero scambio con la Russia e l'Asia diventerebbe un obiettivo primario. La Gran Bretagna ha già dimostrato che il commercio ha la priorità sulla partnership riguardo la difesa quando è diventata il primo membro della NATO a supportare l'Asian Infrastructure Investment Bank, un'istituzione i cui elementi motore sono la Cina e la Russia. Questo è stato un segnale importante, perché ha segnato una svolta nelle relazioni britanniche con la Russia, compromettendo i rapporti della Gran Bretagna con gli Stati Uniti. Quindi non solo la Gran Bretagna s'è posizionata per beneficiare dai futuri sviluppi in Asia, ma ha anche voltato le spalle ai trattati di difesa.

Pertanto se l'elettorato britannico voterà per un Brexit, il costo sarà quasi certamente la disintegrazione della stessa Unione Europea, e questo è qualcosa che il governo britannico non vuole. È difficile capire come riusciranno a sopravvivere le banche della zona Euro. Questo è il motivo per cui David Cameron sta lavorando sodo per evitare un Brexit, nonostante abbia mostrato in precedenza un certo sostegno per l'idea. Dopo tutto, ha impegnato il governo ad un referendum.

Anche gli eurocrati di Bruxelles sono consapevoli del pericolo. Stanno addirittura rimandando normative minori che in qualche modo possano indispettire gli elettori britannici, come ad esempio il limite al consumo di energia dei bollitori e dei tostapane (Daily Telegraph, 28 febbraio). E uno si chiede anche se il regolatore bancario della Germania non abbia lasciato cadere tre indagini nei confronti di Deutsche Bank, solo per non creare una potenziale pubblicità negativa durante la campagna referendaria. Ciò di cui hanno bisogno disperatamente Bruxelles e David Cameron, è qualcosa di positivo e credibile da dire affinché la Gran Bretagna rimanga nell'UE, ma è difficile trovare qualcosa di simile.

In conclusione, i ministri delle finanze del G-20 e i banchieri centrali hanno buone ragioni per essere preoccupati di un Brexit.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. O non succede nulla, oppure potrebbe essere una giornata molto calda quella di domani.
    Brexit e rivoluzione armata in Francia.

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  2. È strepitoso come l'istituzione del divorzio (!?) sia considerata una conquista se riferita agli individui ma una disgrazia se anche solo sfiora"famiglie" istituzionali.
    Se non fossi sicuro che il tutto è indirizzato al bene comune, temerei di pensare che esistano famiglie più uguali di altre.

    Riccardo Giuliani

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  3. Grazie sempre a Francesco per il suo lavoro divulgativo

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