di Andrew Syrios
In un articolo precedente ho smontato quella fallacia secondo cui il libertarismo sarebbe intrinsecamente "atomistico" e che, mentre la moralità può essere applicata universalmente, non potrebbe esserlo la cooperazione umana e l'empatia. Siamo circondati dai "numeri di Dunbar", i quali limitano il numero delle relazioni sociali che una qualsiasi persona può avere a circa 150.
Rimane una domanda: qual è quella disposizione sociale che meglio si presta a sostenere questa natura? Karl Marx immaginò un futuro in cui "ciascuno avrebbe avuto ciò che le proprie capacità e necessità gli avrebbero garantito". Ma come disse il biologo E.O. Wilson: "La teoria è meravigliosa, peccato che la specie sia sbagliata." Sì, ciò che funziona bene per le formiche potrebbe non funzionare tanto bene per gli esseri umani.
Violenza e potere statale
Lo stato naturale dell'umanità è quello costituito da piccole tribù che hanno poco o nessun contatto con l'altra. Quando entrano in contatto, i risultati sono stati generalmente sanguinosi. Però cadremmo nella cosiddetta "fallacia naturalistica" se sostenessimo che dovremmo vivere così, dato che questo è il nostro stato naturale. Infatti, come ha sottolineato Steven Pinker, gli studi sulle società di cacciatori/raccoglitori mostrano quanto fossero inclini alla violenza. Cita il lavoro dell'archeologo Lawrence Keeley, dimostrando che per otto società tribali la percentuale dei decessi maschili causata dalla guerra "[...] varia dal 10% a quasi il 60%."[1]
Inoltre alcuni degli effetti collaterali di questo limite mentale sono il razzismo e la xenofobia, e, contrariamente a molte fantasie di sinistra pseudo-agrarie, questi effetti sono più marcati in tali società tribali. Come hanno scritto Robin Dunbar, Louise Barrett e John Lycett:
In molte, se non nella maggior parte di tali società, il termine che si riferisce ai membri della tribù possiamo tradurlo come "uomini" o "umani"; coloro che appartengono a tutte le altre tribù sono considerati, per estensione, "non-uomini."[2]
Steven Pinker ritiene la crescita dello stato come un metodo per domare tale violenza. Lasceremo da parte ogni dibattito tra anarchismo e miniarchismo per ora, ma l'affermazione di Pinker è altamente imprecisa. Le stime di R. J. Rummel riguardo il numero di persone che gli stati hanno ucciso (non compresa la guerra) durante il solo XX secolo, sono di 262 milioni! Perlomeno questo dovrebbe rendere evidente che qualsiasi tipo di governo totalitario, o oligarchico, non è il modo migliore per strutturare le società umane.
A suo merito, Steven Pinker sostiene una rimarcata limitazione del potere dello stato. Egli sottolinea come la liberalizzazione delle politiche economiche sia stata un fattore importante nella riduzione della violenza nel mondo: "Le persone che la pensano come gli economisti liberali classici sono in opposizione alla mentalità populista, nazionalista e comunista, le quali considerano la ricchezza del mondo come un gioco a somma zero e sostengono che l'arricchimento di un gruppo deve avvenire a scapito di un altro."[3]
Naturalmente dà credito a molte altre cose, tra cui la democrazia.
La democrazia non può essere applicata universalmente
Mentre la democrazia è certamente preferibile al totalitarismo, contiene molti di quegli errori facenti riferimento all'universalismo che la sinistra ha affibbiato alla natura umana.
In effetti, cosa accadrebbe se avessimo un governo democratico in tutto il mondo che in qualche modo — anche se poco probabile — mantenesse forti istituzioni democratiche al posto di una concorrenza tra stati? Gli elettori cinesi si inchinerebbero lo stesso ai capricci della maggioranza globale, se fossero in contrasto con i loro interessi? O più probabilmente, data la loro popolazione, sarebbero gli elettori degli Stati Uniti a piegarsi alla volontà degli elettori cinesi?
La democrazia può essere un utile strumento, ma la sua migliore applicazione è a livello locale dove il singolo voto significa qualcosa. Purtroppo molti suoi sostenitori l'hanno scambiata per qualcosa che non è; un metodo per la cooperazione universale. Dato che la ricerca ha dimostrato che una tale cooperazione universale è una fantasia utopica, che cos'è la democrazia?
Violenza o scambio volontario?
La cooperazione è una grande cosa, ma è stato dimostrato che funziona solo in piccoli gruppi. Tutto ciò che rimane per quanto riguarda le grandi interazioni di gruppo, è la forza o lo scambio. La democrazia, su larga scala, significa semplicemente persone che votano sul se, quando e come usare la forza contro altre persone.
È per questo motivo che il cosiddetto anarco-sindacilismo, o anarco-comunismo, fallirebbe. Come ha sottolineato Murray Rothbard:
Tutti gli anarchici di sinistra hanno convenuto che la forza è necessaria contro i reticenti. Ma allora la prima possibilità non è nient'altro che il comunismo, mentre la seconda porta ad un vero e proprio caos di comunismi diversi e contrastanti, che infine porteranno probabilmente a qualche comunismo centrale dopo un periodo di guerra sociale. Così, l'anarchismo di sinistra deve in pratica significare o comunismo o un vero e proprio caos di sindaci comunisti. In entrambi i casi, il risultato è la riabilitazione di uno stato sotto un altro nome. È la tragica ironia dell'anarchismo di sinistra che, nonostante le speranze dei suoi sostenitori, non è affatto anarchismo. O è comunismo, o è caos.
Non dovrebbe sorprendervi che tali esempi abbiano avuto breve durata, di solito venivano in essere in momenti di guerra in cui un avversario poteva radunare le persone e il risultato non sarebbe stato tanto piacevole come molti dei suoi sostenitori sembravano credere. La Comune di Parigi giustiziò un centinaio di sacerdoti e religiosi e, come ci ricorda Bryan Caplan, gli anarchici spagnoli del 1930 furono colpevoli di "[...] omicidi su larga scala di persone ritenute sostenitrici dei nazionalisti."
Naturalmente l'elenco dei peccati degli stati è molto, molto più lungo (il governo francese ha ucciso molte più persone di quanto non avesse fatto la Comune). Ma i pochi esempi aiutano ad evidenziare i difetti dell'anarco-sindacalismo. Va inoltre notato che molti esperimenti simili sono avvenuti negli Stati Uniti del XIX secolo, anche su una scala relativamente piccola, e hanno avuto scarso successo. Ecco la descrizione di Jonathan Haidt riguardo il lavoro dell'antropologo Richard Sosis:
[...] [Sosis] ha esaminato la storia di duecento comuni fondate negli Stati Uniti nel XIX secolo. Le comuni sono esperimenti naturali in cooperazione, senza legami di parentela. Le comuni possono sopravvivere solo nella misura in cui possono legare insieme un gruppo, sopprimere l'interesse personale e risolvere il problema del free rider. [...] Per molte comuni del diciannovesimo secolo, i principi erano religiosi; per altre erano laici, perlopiù socialisti [...] solo il 6% delle comuni esisteva ancora venti anni dopo la loro nascita.[4]
Le comuni religiose hanno fatto meglio, con il 39% ancora esistenti dopo vent'anni. Ma ciò lascia ancora molto a desiderare. E ricordate, queste erano comuni di piccole dimensioni piene di gente con una cultura simile e a cui avevano aderito volontariamente, non grandi stati con milioni e milioni di persone sparse in una vasta regione geografica e con culture diverse.
Mentre non c'è nessuna obiezione libertaria a tali comuni, esse non rappresentano un sistema universale da emulare. Su larga scala, abbiamo le tre scelte che sottolineò Frédéric Bastiat:
- "I pochi saccheggiano i molti
- Tutti saccheggiano tutti.
- Nessuno saccheggia nessuno."[5]
Non importa come si organizza una società, la gente si disporrà in piccoli gruppi relativamente stabili ma mutabili. Famiglie e parenti si prenderanno cura più di loro che degli sconosciuti, e così via. La "natura dell'altro" è una preoccupazione evidente quando si arriva alla conclusione che gli esseri umani formano piccoli gruppi e considerano gli altri come estranei. Non vedo modo migliore per attenuare queste relazioni che impegnarsi nello scambio reciprocamente vantaggioso. Potrebbe non essere utopico, ed è certamente meglio che usare la forza (sia attraverso la tirannia o la democrazia) per portare altre persone e gruppi in linea con i propri desideri.
Lo stato soppianta la cooperazione a livello locale
Va inoltre notato che c'è una grande ironia quando lo stato viene considerato un'istituzione in grado di realizzare comunità alle quali i libertari "atomistici" si oppongono. All'inizio del XX secolo un gran numero di lavoratori apparteneva a società di mutuo soccorso che fornivano assistenza in caso di necessità, servizi medici e altre cose, nonché un senso di cameratismo. Le società di mutuo soccorso, proprio come le imprese, le chiese, le associazioni e i gruppi sociali, rappresentavano solo un altro esempio della capacità umana di auto-organizzarsi.
Tuttavia le società di mutuo soccorso hanno avuto breve durata. La grande espansione dello stato sociale negli anni '60, ha quasi soppiantato queste istituzioni di volontariato con le fredde burocrazie.
Che dire della famiglia? Questa è certamente una delle organizzazioni meno atomistiche che esistano. Ebbene, dopo che lo stato ha messo in piedi lo stato sociale e soppiantato il tradizionale ruolo del padre, divorzi e figli illegittimi sono saliti alle stelle. Negli anni '60 le nascite fuori dal matrimonio costituivano circa il 6% di quelle totali. Oggi sono oltre il 40%.
E la tensione imposta alle famiglie di militari quando lo stato decide d'andare in guerra, dovrebbe essere evidente.
Il modo migliore per valutare la forza delle comunità è quello d'utilizzare vari strumenti per misurare quello che viene chiamato il capitale sociale (praticamente le reti sociali rinforzate da fiducia, reciprocità e cooperazione). Robert Putnam ha scoperto che la maggior parte del capitale sociale è iniziato a deteriorarsi dopo l'attuazione dei programmi della Great Society negli anni '60. Ad esempio, ha scoperto che l'appartenenza ad associazioni volontarie "[...] ha raggiunto un picco nei primi anni '60, e ha iniziato a declinare in modo continuo dal 1969."[6]
Mentre Putnam ritiene che lo stato sociale abbia attutito la discesa del capitale sociale, la tempistica sembra improbabile. Charles Murray, un altro scienziato sociale, ha fatto notare che la felicità e il capitale sociale si basano su quattro virtù: laboriosità, onestà, matrimonio e religione. E lo stato interferisce con ognuna a vari livelli. Ad esempio, la dipendenza dall'assistenza sociale riduce la laboriosità e incentiva la disgregazione della famiglia. Questa tesi sicuramente si adatta meglio con la linea temporale e con ciò che sappiamo sulla natura umana.
Tutto ciò è particolarmente vero dato che la forza non rappresenta un buon mezzo per costruire una società cooperativa, e lo stato non usa altro.
No, lo stato distrugge il senso di comunità e mette le persone le une contro le altre. Le società umane si organizzano in modo naturale attraverso mezzi volontari, così come affermano i libertari. E inoltre, l'economia di mercato basata sullo scambio reciproco e vantaggioso rappresenta l'unico modo affinché più gruppi di "tribù" diverse vivano in pace e felicemente in una società moderna grande, interconnessa e complessa.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] The Blank State, p. 57.
[2] Evolutionary Psychology, p. 199.
[3] The Better Angels of Our Nature, p. 664.
[4] The Righteous Mind, p. 298.
[5] La Legge, p. 19.
[6] Bowling Alone, p. 55.
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Molte delle certezze contemporanee, spesso calate dall'alto come pensiero unico politically correct, dal ruolo benefico per l'economia dei banchieri centrali alla necessità assoluta del primato della direzione politica centralizzata della società e degli scambi, sono considerate "non falsificabili" (in senso popperiano), mentre meriterebbero di essere sottoposte alla più rigorosa verifica della loro logica e delle loro conseguenze e realizzazioni.
RispondiEliminaCiao Dna.
EliminaIn tal senso basta semplicemente vedere come sta fallendo vistosamente la BCE, ma come dici giustamente bisogna sapere dove guardare.
un poco slegato, ma ottimi spunti di antropologia austriaca
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