Bibliografia

giovedì 14 aprile 2016

La disperazione della banda dei falliti: salvare le banche italiane

Se avevate il sentore che questo ridicolo piano per "salvare" le banche fosse la fotocopia del Piano Juncker, beh, datevi una pacca sulla spalla perché avete indovinato. Ovvero, si parte da una base striminzita di capitale e poi ci si rivolge alla "magia" della leva finanziaria per creare dal nulla una potenziale manna monetaria infinita. Sulla base di questa prospettiva si fa (letteralmente) finta che le cose possono essere aggiustate e migliorate. A rafforzare questa illusione c'è la garanzia sottostante, la quale, quasi sempre, è il contribuente europeo (nel nostro caso, il contribuente italiano che ha depositi presso Poste Italiane e che la CDP usa per finanziare investimenti improduttivi a destra e a manca). Quindi qual è il piano? Prendere le sofferenze bancarie, tagliuzzarle e sminuzzarle, cartolarizzarle in nuovi presunti titoli fruttiferi, e venderle ai poveri sciocchi. Inutile dire che in un mercato libero e onesto questi tipi di cartolarizzazioni non esisterebbero, poiché il rischio non varrebbe la candela. Infatti l'esplosività dell'attuale situazione europea è alimentata soprattutto dai tassi nel mercato monetario ormai prossimi al sotto zero. Eccolo il risultato della fame di rendimenti scatenata dalla politica monetaria post-Grande Recessione, ovvero, un'escalation di rischio dove non si capisce più chi possiede cosa e cosa è di chi. Si è, quindi, creata una struttura finanziaria su basi argillose e queste nuove cartolarizzazioni rappresentano solo l'ennesimo strato posizionato su suddette basi. Poi, ovviamente, quando scopriremo per l'ennesima volta che "qualcuno" aveva esagerato con la valutazione di queste cartolarizzazioni e andranno ad intossicare il bilancio di Atlante, subentrerà la BCE che ingloberà nel suo programma di QE questi particolari ABS. Infatti il suddetto non è solo un problema bancario italiano, ma riguarda l'intera Europa e la BCE finirà per diventare una discarica a cielo aperto. A meno che, ovviamente, qualcuno non stacchi prima la spina.
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da Zero Hedge


Un vecchio adagio recita che una crescita economica forte e sostenuta possa curare molti mali economici, se non tutti, quindi non c'è da sorprendersi se così tante banche centrali siano determinate a raggiungerla. Ciononostante, il loro obiettivo finale s'è dimostrato sempre sfuggente. In altre parole, faranno di tutto per raggiungerlo, ma si rifiutano d'adottare un qualsiasi altro mezzo al di fuori degli strumenti a loro disposizione – tra cui il libero mercato.

L'ultima novità ci arriva dall'Italia, e non sono solo voci e insinuazioni. Sono riemersi alcuni elementi molto brutti che tutti davano per morti nel 2011. Sin dalla metà dell'anno scorso i titoli bancari, quelli europei in particolare, stanno attraversando un momento difficile, quindi la condizione reale delle banche europee è senza dubbio un tema primario nei dibattiti politici – sia dal punto di vista fiscale che monetario. Questo problema è più pressante in Italia, dove i titoli azionari delle banche italiane sono calati del ​​35% (nel FTSE Italy Bank Index) rispetto al "solo" 25% delle banche europee nello Stoxx Europe 600.

I rappresentanti delle principali banche italiane (non capisco come una banca possa rientrare in questa categoria, dal momento che è una distinzione piuttosto dubbia nel caso specifico) si sono incontrati con i funzionari del governo per discutere dell'ennesimo piano di salvataggio. Le banche vogliono finanziamenti statali e si sono accordate per un veicolo finanziario al fine di scaricare la loro mole gigantesca di sofferenze bancarie. Chiedevano la stessa nel 2012, fino a quando Mario Draghi non ha proferito la sua "promessa" la quale ha abbassato artificialmente i rendimenti dei titoli sovrani e bancari poiché i "mercati" hanno dato per scontato che quella era la fine della storia.

È l'ennesima prova del difetto principale nella teoria ortodossa. Si riteneva che la Grande Recessione rappresentasse un'interruzione temporanea del trend economico precedente (che di per sé non era tanto robusto); una deviazione consistente causata in gran parte dallo "shock" finanziario alimentato dal panico bancario globale. La teoria della ripresa economica si basava su questo presupposto, quindi il compito primario delle banche centrali era quello di ripristinare la funzione bancaria. Da qui in poi, con un percorso finanziario chiaro, l'economia si sarebbe ripresa completamente e col tempo la crescita avrebbe alleviato questi grandi squilibri.

Non è mai andata così, soprattutto in Europa e in particolare con gli eventi del 2011. Ancora una volta la BCE ha considerato la "normalizzazione della funzione finanziaria" la sua priorità, prima con l'OMT e poi con i vari LTRO. Tutto questo sembrava aver funzionato e il dicembre 2011 è stato l'ultimo dei grandi momenti di panico. Con i rendimenti obbligazionari e gli spread di credito molto bassi e senza ulteriori grattacapi a livello bancario, avrebbe dovuto palesarsi la fantomatica ripresa economica; ma non c'è stata.




Data la politica monetaria allentata e direzionata quasi esclusivamente all'interno del loro quadro di riferimento, le banche italiane si sono date ad una baldoria di acquisti di bond sovrani di proporzioni epiche. Dall'inizio del LTRO, le banche italiane hanno aumentato del 79% la loro esposizione ai titoli sovrani europei, spendendo più di €312 miliardi, mentre la BCE ha fornito una "copertura" di prezzo attraverso i suoi vari programmi. Mentre tutto ciò avrebbe dovuto imprimere un maggiore impulso verso una ripresa economica, non ha fatto altro che spostare la traiettoria dei portfoli di credito italiani.

Sin dall'inizio del 2012 le sofferenze nelle banche italiane sono aumentate dell'83%. A poco meno di €200 miliardi, i prestiti non performanti sottolineano il perché le banche italiane stanno rifiutando l'invito della trasmissione della politica monetaria.




Invece il sistema bancario in Italia ha utilizzato la "manna monetaria" della BCE (a partire dal LTRO) per trincerarsi nella liquidità. Quello che Keynes descrisse per gli attori di mercato reali è vero anche per il settore bancario commerciale, solo che le banche centrali non ne hanno tenuto conto. Ci dev'essere un motivo per accedente prestiti, non solo perché i tassi sono bassi e si presume che debbano "stimolare" la domanda di prestiti. In assenza d'opportunità di profitto totale, le banche massimizzano qualunque rendimento (anche piccolo) la cui priorità è la sicurezza e soprattutto la liquidità (un fattore che la BCE, o qualsiasi altra banca centrale, distorce ulteriormente intromettendosi nei "mercati").




Le banche italiane hanno inteso la promessa di Draghi di "fare tutto il necessario" non come un segnale per resuscitare il rischio e la finanziarizzazione, ma piuttosto per ridurre i loro portfoli di credito. Infatti non è difficile discernere il motivo per cui non c'è stata alcuna ripresa economica; e quindi nessun freno ai prestiti non performanti che ormai sono arrivati quasi all'11% di tutti i prestiti in Italia. E non sono stati solo ridotti i portfoli di credito, ma anche l'attività bancaria totale, una tendenza che è riscontrabile in tutto il mondo.




Tutto questo dovrebbe essere il capitalismo al suo meglio. Le banche centrali continuano a sforzarsi per riavviare una ripresa economica che non avrà luogo, perché le banche commerciali non vogliono e in realtà non possono. Quanto finora detto comincia a rispondere al perché i titoli bancari sono stati sotto pressione per tanto tempo, così come la liquidità globale; inoltre c'è una comprensione crescente che il monetarismo non funziona, perché la finanziarizzazione non è capitalismo e quindi richiede un agente monetario attivo per essere tenuta in vita. I monetaristi sostengono che stanno provando a stimolare gli "spiriti animali" del capitalismo, ma ciò non è affatto vero e le banche italiane sono la prova evidente. In realtà ricercano solo la manna della "stampante monetaria", anche se molti ritengono che non sia così.

Senza la partecipazione volontaria del sistema bancario, in particolare la capacità dei suoi bilanci in tutte le loro forme, tra cui prestiti e altre negoziazioni monetarie, la politica monetaria sarebbe costituita solo da promesse vuote. La ripresa di un'economia finanziarizzata dev'essere determinata dai titoli bancari, mentre il recupero del settore bancario è secondario; la crescita dei prestiti non è un fattore importante per il capitalismo, ma un suo sottoprodotto. Però, per un breve periodo di tempo, il tutto è sembrato risolto, poiché i titoli bancari italiani sono saliti in base alla promessa che il governo italiano avrebbe potuto salvare le banche. Oltre al fatto che il QE non ha mai funzionato, questa gente in realtà non sa quello che sta facendo. Le entità insolventi rimarrano insolventi, il denaro scoperto rimarrà scoperto, e la ripresa economica è qualcosa di completamente avulso da una ripresa economica reale. Le banche centrali non possiedono alcuna polvere magica; ormai non riescono nemmeno più a far credere di possederne una.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Si può anche dire semplicemente che stanno eliminando con queste azioni, i depositari e i cittadini.
    Questi sono solo tenuti solamente ad essere spremuti con le tasse, in quanto "garanzia".
    Molto più semplice.

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  2. Una settimana fa è uscito infine il nuovo DEF e con esso si dovrebbero delineare le prospettive che il governo intende perseguire durante quest'anno. Appare evidente che quanto viene sbandierato ai quattro venti sui media mainstream dai due principali firmatari di questo documento, non è affatto ciò che viene scritto. A pagina 35, infatti, trovate una tabella in cui vi sono riassunti entrate e spese. Prendendo come riferimento l'aggiornamento del DEF 2015, notiamo come siano leggermente calate sia le spese sia le entrate. Spulciando tra le spese (pag. 35 per il DEF 2016 e pag. 32 per il DEF 2015), notiamo che sono stati fondamentalmente gli interessi passivi i protagonisti di questa discesa. Quindi niente spendig review in vista (anche perché nei prossimi 4 anni si prevede che la spesa aumenterà), ma tante grazie alla Grande Offerta d'Acquisto dello zio Mario.

    Per quanto riguarda le entrate, invece, la lieve discesa della pressione fiscale è dovuta sostanzialmente all'indebitamento netto. Ciononostante il quadro tendenziale ci mostra una pressione fiscale ancora alta nei prossimi 4 anni. Ma il cuore della questione è l'indebitamento netto che lo scorso DEF prevedeva a 1.8 in rapporto al PIL. Chi poteva crederci che si fosse passati in 6 mesi da 2.6 a 1.8? Nessuno. Infatti quest'anno si avrà un deficit/PIL al 2.3, mentre si ripropone per l'anno prossimo un 1.4. Fantasie. E per l'anno prossimo in agguato ci sono anche le clausole di salvaguardia in agguato.

    Infine, a mettere il turbo alle fantasie, ci pensa il quadro economico interno a pagina 21. Facendo il solito confronto con la nota d'aggiornamento del DEF 2015, si prevedeva per l'anno scorso investimenti in crescita dell'1.2% e un 2% netto per quest'anno. Invece nel nuovo DEF scopriamo che sono cresciuto solo dello 0.8% e invece si prevede che cresceranno del 2.2% l'anno prossimo. Stesso discorso per le scorte che secondo questi buffoni dovevano diminuire quest'anno in base alla nota d'aggiornamento DEF dell'anno scorso. Invece sono aumentate. Ciononostante prevedono nel nuovo DEF che per l'anno prossimo addirittura si azzereranno! Come? Per lo stesso motivo per cui ne prevedevano una diminuzione per quest'anno: ripresa della domanda interna, visto che il commercio globale è quasi morto stecchito. (Se notate la voce esportazioni crescerà solo dell'1.6% quest'anno rispetto al 4.3% dell'anno scorso, mentre ci si aspetta che ricrescano del 3.8% nel 2017!) Davvero?

    Siamo davvero alla frutta.

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