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mercoledì 27 aprile 2016

Alla fine c'è un lato positivo in tutta questa storia: il settore bancario centrale verrà ripudiato





di David Stockman


Da alcuni anni il piccolo gruppo di accademici keynesiani e burocrati che hanno preso il potere finanziario attraverso la stampante monetaria della FED, hanno giustificato la follia della ZIRP senza fine e del massiccio QE dicendo che c'è troppa poca inflazione. I burocrati del FMI hanno addirittura inventato il termine "lowflation" per definire il presunto flagello di una moneta che conserva la maggior parte del suo valore.

Tutta questa mania nei confronti dell'inflazione al consumo è un concetto intrinsecamente assurdo, perché non c'è uno straccio di prova che il 2% d'inflazione al consumo sia un'opzione migliore per l'aumento del tenore di vita della società. E la storia economica e la logica economica puntano esattamente nella direzione opposta.

Tra il 1870 e il 1913 negli Stati Uniti, per esempio, il reddito nazionale reale è cresciuto del 3.5% l'anno — l'aumento più alto per un periodo di 43 anni di storia. Eppure il tasso medio dell'inflazione durante quel lungo periodo di prosperità capitalistica, è stato inferiore allo 0.0%. Questa era una vera e propria "lowflation", ed è stata una benedizione per il lavoratore medio, non un flagello.

Ma questa settimana il BLS s'è lasciato sfuggire un urlo! Il core IPC, nei 12 mesi terminati a gennaio, è aumentato del 2.21% ed è in realtà è un po' superiore alla media annua dell'1.98% sin dal 2000.

Perdonate per aver riportato il rumore spurio del BLS al centesimo di punto percentuale, ma voglio sottolineare una verità fondamentale. Vale a dire, non c'è e non c'è mai stato alcun problema riguardante l'inflazione!

Il mantra dell'inflazione al 2% è solo una cortina fumogena per giustificare la massiccia intrusione nei mercati finanziari da parte di pianificatori monetari centrali ossessionati dal potere. Continuano a far disastri solo per aumentare il loro dominio sul sistema finanziario — sebbene 15 anni fa la teoria dell'inflazione al 2% fosse sconosciuta ai più, tranne che ad una ristretta cerchia di scribacchini accademici neo-keynesiani guidati da Ben Bernanke.

In realtà questa teoria è stata spiegata in un libro oscuro chiamato "Inflation Targeting" pubblicato nel novembre 1998 da Bernanke e da altri due tipi assetati di potere: Frederic Mishkin, che in seguito è stato nominato alla FED ed è diventato un sostenitore dei salvataggi di Wall Street del 2008; e Adam Posen, un accademico che ha spacciato le stesse assurdità presso la Banca d'Inghilterra e ha sempre sollecitato la BOJ affinché stampasse sempre più soldi.

Fate una ricerca. Il libro è al #2,503,823 posto nella classifica delle vendite di Amazon!

Eppure il target dell'inflazione è ormai accettato come un vangelo dalla stampa finanziaria, e non è difficile capire il perché. Wall Street lo ama perché giustifica le massicce iniezioni di liquidità, denaro gratis per i carry trade ed effetti ricchezza basati sulla manipolazione del mercato azionario da parte della banca centrale. Così, i giornalisti pigri non fanno altro che ripetere il mantra e lo fanno senza esaminarlo a fondo, come in questo pezzo su MarketWatch:

Sebbene troppa inflazione sia considerata pericolosa per l'economia, i funzionari della FED pensano che un tasso d'inflazione del 2% sia la cosa migliore per l'economia affinché possa crescere [...]. Negli ultimi quattro anni l'inflazione ha fatto registrare un andamento inferiore a quello del target. Una bassa inflazione è un segnale di debolezza della domanda nell'economia e solleva timori circa la deflazione, la quale può danneggiare l'economia, in particolare una con oneri di debito elevati come quella degli Stati Uniti.

Vediamo un po'. Durante lo scorso anno la spesa al consumo negli Stati Uniti per l'assistenza sanitaria è aumentata del 5%, le spese per ristoranti e bar sono aumentate del 9%, mentre la spesa per la benzina e altri prodotti energetici è scesa del 22%. Questo è il funzionamento del mercato — milioni di famiglie che riallocano la loro spesa in risposta alle variazioni dei prezzi relativi. Non ha niente a che fare con un'astrazione macroeconomica chiamata "debolezza della domanda".

In realtà, l'anno scorso la componente "cure mediche" registrata dall'IPC è aumentata del 3.3%, le abitazioni sono aumentate del 3.2%, mentre i prezzi della benzina sono diminuiti del 7.3%. Il tutto s'aggiungeva ad una variazione annua dell'1.34% dell'indice IPC, secondo i coefficienti arbitrari del BLS; era una situazione che non aveva niente a che fare con il ritmo delle spese al consumo, o qualsiasi altro proxy si voglia utilizzare per tenere traccia della "domanda aggregata". E soprattutto non era causa di un eccesso in una metrica stupida e primitiva che i keynesiani chiamano "output gap".

Quindi il giornalista di MarketWatch che ha presentato questo pezzo, un certo Greg Robb, stava scrivendo scemenze senza nemmeno saperlo. Senza questa paccottiglia pseudo-accademica, le ridicole deliberazioni mensili della FED sul tasso dei fondi federali sarebbero viste per la farsa che effettivamente sono.

Questa pretesa cronica di "messa a punto" del mercato monetario al centesimo di punto percentuale (ad esempio, 0.38% contro lo 0.12%), serve alla FED per consegnare la giusta quantità di "accomodamento" nella macroeconomia e raggiungere i suoi obiettivi d'inflazione e di disoccupazione. Eppure anche una lieve attenzione alle componenti interne dei vari indici dell'inflazione al consumo, mette in chiaro che la "lowflation" citata da MarketWatch significa discutere sul sesso degli angeli.

Vale a dire, si tratta di un esercizio inutile che non ha nulla a che fare con il miglioramento del mondo reale; è solo un rituale per giustificare l'esistenza e il potere del politburo monetario.

Il grafico qui sotto fornisce l'andamento delle quattro versioni dell'inflazione al consumo sin dal 2000. Le due versioni basate sull'IPC incarnano quello che viene chiamato un deflatore fisso, perché in teoria il peso dei vari componenti rimane invariato per lunghi periodi di tempo. È un tentativo per misurare nel tempo la variazione di prezzo di un paniere di beni e servizi, come farebbe un singolo consumatore o una famiglia.

Al contrario, i due indici della spesa al consumo personale (PCE) sono un tipo di deflatore a catena, il che significa che il peso delle componenti è costantemente regolato in base alla variazione della spesa aggregata al consumo. Così se c'è un passaggio dalle carni bovine al pollo, poiché le prime diventano troppo costose, i deflatori della PCE daranno più peso al pollo e meno alle carni bovine; e se le cose andassero davvero male, tanto che ognuno sarebbe costretto a mangiare solo carne in scatola e non bistecca o pollo, la PCE sarebbe spacciata.

Cioè, il peso di pollo e carni bovine scenderebbe a zero e la carne in scatola prenderebbe il loro posto. Inutile dire che una famiglia costretta a consumare il 100% di carne in scatola, in quanto il prezzo di pollo e carni bovine sarebbe fuori dalla sua portata, non rimarrebbe impressionata se venisse a sapere dell'assenza d'inflazione nella catena di ponderazione durante il periodo di riferimento!

Infatti gli indici della PCE sono un dispositivo accademico per sgonfiare nel tempo la spesa nominale dell'economia aggregata. In questo senso la riponderazione continua ha senso perché la spesa cambia nel corso del tempo.

In breve, i deflatori della PCE servono per la misurazione e la modellazione economica, e l'IPC per l'approssimazione della variazione del costo della vita delle famiglie medie. Ed è per questo che la previdenza sociale e gli aggiustamenti al costo della vita sono basati sull'IPC.

Quindi, ecco il punto. In un'economia globale massicciamente integrata come quella di oggi, gli impulsi dei costi e dei prezzi sono costantemente trasmessi attraverso mercati relativamente aperti per beni e servizi, e attraverso i flussi di capitali e di denaro che finanziano l'attività reale. In questa economia globale aperta, 25 punti base nel tasso del mercato monetario di New York, o anche 250 punti base, hanno ben poco a che fare con il tasso di variazione di due misure concettualmente differenti del livello generale dei prezzi, soprattutto quando misurate al centesimo di punto percentuale.

Il prezzo di mobili e scarpe da ginnastica ha a che fare con la quantità di lavoro in Cina, e non ha praticamente nulla a che fare con gli aggiustamenti mensili nei quadranti del mercato monetario manipolati dall'Eccles Building. Allo stesso modo, il prezzo dei servizi finanziari ha più a che fare con il costo marginale del lavoro in outsourcing a Bangalore, o con la riduzione dei costi di transazione dovuti agli smartphone, e non ha nulla a che fare con le dichiarazioni del FOMC.

Negli anni '50, quando l'economia degli Stati Uniti dominava il mondo, poteva anche esserci un blando legame tra il tasso di riferimento della FED e il tasso d'inflazione al consumo negli Stati Uniti. Questo perché il tasso di riferimento poteva stimolare famiglie e imprese ad accendere ulteirori prestiti e a spendere di più, il tutto in un'epoca antecedente il Picco del Debito. In queste condizioni, la spesa poteva temporaneamente sorpassare la produzione e la capacità, consentendo in tal modo un'accelerazione del livello generale dei prezzi a causa di un "eccesso di domanda".

Quei giorni sono ormai lontani. Gli Stati Uniti sono mescolati ad un'economia globale e il settore privato è incagliato in una condizione di Picco del Debito. I tassi del mercato monetario ancorati e manipolati dalla FED, non hanno praticamente nulla a che fare con la variazione a breve e medio termine degli indici dei prezzi al consumo.

Di conseguenza non vi è alcuna ragione al mondo per cui la FED debba prendere di mira il tasso d'inflazione, per non parlare delle variazioni dei decimali intorno al 2.00%. Semmai dovrebbe chiedere che il Congresso revochi il cosiddetto mandato della stabilità dei prezzi, poiché non ha più strumenti in grado di fare la differenza. Una volta raggiunto il Picco del Debito, la banca centrale è a tutti gli effetti fuori dai giochi.

Ma questa soluzione onesta non fornisce alcuna giustificazione per preferire la PCE all'IPC, o un'inflazione al netto dei beni alimentari e dell'energia quando è conveniente e l'indice dei prezzi pieno quando non lo è. Come ad esempio ora.

Durante l'ultimo anno, il tasso annuo dell'inflazione è stato dell'1.15% in base al deflatore della PCE, dell'1.34% in base all'IPC, dell'1.36% in base al deflatore della PCE meno cibo ed energia, e del 2.21% in base all'IPC meno cibo ed energia. Fino a quando l'inflazione globale delle materie prime ha imperversato, la FED ha sempre preferito le versioni senza beni alimentari ed energetici, il che significa che in questo momento stiamo parlando di circa 40 punti base di variazione intorno ad una media dell'1.80% d'inflazione tra le relative misure.

Chiamatela pure una doppia farsa, perché la FED non può assolutamente guidare l'economia degli Stati Uniti verso l'1.80% d'inflazione; né ha alcun motivo per schierarsi con l'indice a catena rispetto all'IPC. Infatti ero un membro del Congresso quando venne approvato l'Humphrey-Hawkins Act e io votai orgogliosamente no, e sono assolutamente certo che i politici che lo sostennero stavano pensando a prezzi stabili dal punto di vista della famiglia media, senza preoccuparsi del PIL o di qualsiasi altra misura artificiale.

Non solo, ma anche qualcuno con un cervello funzionante a giorni alterni riesce a capire che gli indici d'inflazione all'1.15% e all'1.34%, come riportati dalla PCE e dall'IPC, si trovano in questo range solo temporaneamente. Questo è dovuto al grande calo una tantum dei prezzi del petrolio e di altre materie prime, e all'effetto a cascata su beni e servizi lungo la catena di produzione.

E questa grande onda di deflazione globale, ironia della sorte, è dovuta agli eccessi monetari passati della FED e del suo convoglio globale di banche centrali, la cui massiccia emissione di credito fiat ha causato in tutta l'economia globale un boom insostenibile nella domanda d'energia, nelle commodity e negli investimenti di capacità. Non ha assolutamente nulla a che fare con i miseri aumenti del tasso dei fondi federali di quest'anno, o di una loro mancanza negli ultimi 84 mesi.

Alla fine l'obiettivo d'inflazione al 2% è un palese inganno per giustificare ciò che equivale ad un colpo di stato economico da parte di una banda non eletta di pianificatori monetari centrali. Negli ultimi 15 anni il tasso di variazione dei prezzi al consumo è stato dell'1.70% in base al deflatore della PCE meno cibo ed energia; dell'1.83% in base alla PCE; dell'1.98% in base all'IPC meno cibo ed energia; e del 2.15% in base all'IPC.

Queste piccole differenze sono banali. Allo stesso modo, è altrettanto banale la differenza tra la variazione media annua tra uno di quest'indici e la magia del 2.00%. E, soprattutto, praticamente nessuna variazione di questi tassi tendenziali dei prezzi al consumo è da attribuire alla micro-gestione della FED e alla repressione dei tassi d'interesse nel mercato monetario sin dal dicembre 2000.

L'obiettivo d'inflazione è stata una gigantesca copertura per una presa di potere monumentale. Ma, come vedremo nel prossimo paragrafo, gli accademici che hanno afferrato il potere non avevano idea di quello che stavano facendo nei mercati finanziari, ormai saturi di bombe finanziarie ad orologeria.

Quando nei mesi e anni a venire questi dispositivi esplosivi finanziari esploderanno, i banchieri centrali si troveranno ad affrontare una resa dei conti. L'immenso danno sociale derivante dall'implosione delle bolle sarà affibbiato a loro.




In un'economia globale da $80,000 miliardi e in un'epoca di Picco del Debito, la repressione dei tassi d'interesse e il massiccio QE sono andati quasi interamente a vantaggio dei mercati finanziari, non dell'economia reale. Il loro impatto primario è stato quello di falsificare i prezzi finanziari degli asset, i premi di rischio, le curve dei rendimenti, gli spread di credito, lo sconto del tempo e i rapporti rischio/rendimento in tutto il complesso di trading degli strumenti finanziari.

Hanno inoltre stimolato il gioco d'azzardo nell'allocazione del capitale a causa della massiccia intrusione della banca centrale nei mercati dei tassi d'interesse e nei mercati obbligazionari, poiché la ZIRP, la NIRP e il QE distruggono una determinazione onesta dei prezzi e gli ingredienti chiave dell'auto-regolamentazione dei mercati finanziari, ovvero, la disciplina e la stabilità finanziaria. Vale a dire, la politica della banca centrale rende troppo economica l'assicurazione contro i ribassi e rende troppo costoso shortare i mercati. Il trading bidirezionale lascia il posto ad uno slancio unidirezionale che alla fine gonfia bolle finanziarie, le quali, prima o poi, crollano in un mucchio di perdite e sprechi.

Inutile dire che non ci sono prove che il nostro politburo monetario passi il suo tempo a studiare gli effetti funesti che hanno le sue politiche. Vale a dire, il grado in cui esse fanno sì che gli spread di rischio s'appiattiscano, che il costo delle opzioni put diventi più economico, che emergano disallineamenti di volatilità, che si diffondano prodotti di finanza strutturata rischiosi, che il costo di finanziamento dei pronti contro termine diventi più economico, che i vincoli obbligazionari s'indeboliscano (es. COV lite indenture), ecc.

Detto in modo diverso, la quota preponderante delle emissioni della FED non lascia mai i canyon di Wall Street. Gli impatti di cui sopra e gli innumerevoli altri sono ciò di cui sono costituite queste intrusioni. Ma zia Janet trascorre il suo tempo a scarabocchiare la sua lavagna e a pensare al mercato del lavoro.

È irrilevante! ZIRP e QE non c'arrivano mai lì. Hanno deformano, distorto, degradato e distrutto i mercati finanziari, trasformandoli in casinò fedeli al capitalismo clientelare a alla corruzione.

E questo ci porta al reato nascente della NIRP. Quello che sta succedendo nella zona Euro, in Svizzera, in Svezia e in Giappone, è una cripto-NIRP o l'imposizione di tassi negativi sulle riserve in eccesso delle banche commerciali depositate presso le rispettive banche centrali. Ma questa manovra sta comprimendo solo i margini d'interesse bancari e sta causando una fuga dai titoli del settore bancario.

Allo stesso modo, questa cripto-NIRP ha spinto circa $7,000 miliardi di debito sovrano mondiale in territorio negativo. I rendimenti dei titoli di stato tedeschi fino al decennale sono ora negativi, perché gli speculatori stanno facendo front-running alla BCE e alle altre banche centrali.

Cioè, stanno puntando sull'apprezzamento del prezzo. I manager obbligazionari di tutto il mondo, ottenebrati come molti di loro lo sono, non sono diventati improvvisamente masochisti ed ansiosi d'assaggiare quel gustoso rendimento negativo!

In breve, i banchieri centrali del mondo stanno incitando i lemming a gettarsi dalla rupe. Questo esperimento incredibilmente pericoloso sta facendo finire l'economia reale sotto il peso schiacciante di debiti impagabili e giganteschi eccessi di capacità produttiva, infrastrutture e scorte di lavoro. Siamo di fronte alla madre di tutte le bolle obbligazionarie.

Alla fine i banchieri centrali otterranno quello che vogliono: NIRP tra quelle persone che cercano di risparmiare qualcosa. A dire il vero, là fuori ci sono economisti ingenui responsabili d'aver detto che non esiste alcuna differenza apprezzabile tra +30 punti base e -30 punti base su un conto di deposito.

C'è eccome, invece. Il segno negativo rappresenterà il grande punto di svolta. Il segno negativo rappresenterà le luci al neon lampeggianti che annunciano che lo stato sta confiscando il risparmio e la ricchezza del popolo.

Così, quando faranno sbarcare la NIRP tra la gente comune, le banche centrali firmeranno il loro certificato di morte. Quel giorno potrebbe non essere così lontano.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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