Bibliografia

martedì 8 marzo 2016

Le banche italiane innescheranno la prossima crisi finanziaria?

Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt. Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica: etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in cui è finita la teoria economica moderna.
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da Zero Hedge


Nel XIV secolo la famiglia Medici di Firenze iniziò la sua ascesa investendo i profitti del commercio tessile per finanziare quello che sarebbe diventato il più grande istituto bancario in Europa. Il successo della leggendaria famiglia di banchieri contribuì ad inaugurare il Rinascimento italiano e così a cambiare il mondo. Ora le banche italiane sembrano pronte a cambiare il mondo ancora una volta.

Le azioni delle più grandi istituzioni finanziarie italiane sono crollate nei primi mesi del 2016, poiché pile di crediti inesigibili nei loro bilanci sono diventate troppo alte per essere ignorate. In mezzo a tutti i rischi che affrontano i membri dell'UE nel 2016, il rischio di contagio scaturente dalle banche italiane in difficoltà rappresenta la più grande minaccia per il sistema finanziario mondiale già traballante.

Al centro della questione ci sono i prestiti non performanti (NPL) sui libri contabili delle banche, con stime che vanno dal 17% al 21% rispetto ai prestiti totali. Ciò equivale a circa €200 miliardi di sofferenze, o il 12% del PIL italiano. Inoltre, in alcuni casi, le sofferenze costituiscono un allarmante 30% dei bilanci delle singole banche.

Gli allarmi rossi hanno inizialmente attirato l'attenzione della Banca Centrale Europea (BCE), provocando un'inchiesta ufficiale che gli investitori hanno inteso come "segnale di vendita." Le azioni delle banche italiane hanno perso oltre il 25% nelle prime settimane dell'anno.

Sebbene nelle ultime settimane i mercati abbiano recuperato le perdite, il mese di marzo ha portato un rinnovato interesse per la salute del settore finanziario in Italia. Ad aggiungere benzina sul fuoco, venerdì la BCE ha chiesto che una di queste banche italiane travagliate, Banca Carige SpA, presenti entro la fine del mese nuovi piani strategici e di finanziamento al fine di rafforzare il proprio bilancio e soddisfare i requisiti di vigilanza. La notizia ha dato l'ennesima batosta alle azioni bancarie, innescando diversi trading halt mentre la volatilità innescato perdite gravi per i "circuit breaker".

Inizialmente l'Italia ha proposto la creazione di una "bad bank" in cui le istituzioni in difficoltà potrebbero scaricare i loro NPL. Un'entità sostenuta dallo stato che gestirebbe gli asset mentre il settore in generale verrebbe isolato dagli effetti dannosi delle sofferenze bancarie. Tuttavia, nel tentativo di proteggere i contribuenti dalle perdite socializzate, le nuove norme dell'Unione Europea ora vietano l'uso degli aiuti di stato per salvare le banche.

Invece di un "bail-out", l'accordo più recente che l'Italia ha raggiunto con l'UE consiste nel "bail-in". Secondo questo accordo, alle banche sarà consentito di ripulire i loro bilanci riconfezionando gli NPL e vendendoli agli investitori, insieme con allettanti garanzie statali per le tranche di debito meno rischiose. La fregatura? I titoli devono essere valutati ai tassi di mercato.

I tassi per il mark to market degli NPL per l'Italia potrebbero trovarsi tra il 20-50% al di sotto del valore quotato corrente, il che rappresenta perdite ripide per gli obbligazionisti e scomode svalutazioni per le banche. Questa soluzione ha già portato a tali perdite per gli obbligazionisti, quando nel 2015 c'è stato il "bail-in" di quattro piccole banche italiane.

Queste perdite non si sono limitate alle istituzioni finanziarie. Infatti gli investitori retail, o i singoli italiani, possiedono porzioni significative di questi debiti sotto forma di risparmi pensionistici. I cittadini in possesso di questi investimenti non hanno il lusso d'utilizzare l'ingegneria finanziaria per sbarcare il lunario. Anche la "soluzione" migliore rischia di diffondere un'ampia sofferenza finanziaria.

L'Italia non è la Grecia, è peggio.

Alcuni hanno paragonato il rischio crescente di una crisi finanziaria in Italia alla crisi perenne del debito in Grecia che sin dal 2008 ha devastato i mercati europei e testato più volte l'unità europea, in quanto gli investitori e gli stati membri dell'UE temevano un contagio incontrollabile. Ciò ha portato a molteplici salvataggi europei sin da allora.

Tuttavia, a giudicare dai numeri, è chiaro che i rischi finanziari posti dall'Italia non sono paragonabili a quelli della Grecia -- sono di gran lunga peggiori.

Mentre la Grecia detiene il primo posto in Europa per il peggior rapporto debito/PIL, l'Italia sta al secondo posto con un rapporto debito/PIL superiore al 132% secondo Eurostat.

Quindi cos'è che rende peggiore l'Italia? Mentre la Grecia ha portato più di una volta i mercati finanziari globali sull'orlo del baratro, essa rappresenta solo la 44° economia più grande del mondo. L'Italia rappresenta l'ottava economia più grande del mondo.

Un deterioramento della crisi finanziaria in Italia potrebbe avere ripercussioni in tutta l'UE in modo esponenziale, superiori a quelle innescate dalla Grecia. Gli effetti a catena delle turbolenze di mercato e i precedenti pericolosi che le autorità europee potrebbero inaugurare in risposta ad un panico finanziario, potrebbero colpire vulnerabilità finanziarie ancora latenti in membri dell'UE molto fragili, come la Spagna e il Portogallo.

Tale contagio dovrebbe preoccupare gli investitori, indipendentemente dalle garanzie politiche. Nel 2008 l'allora presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, rassicurò il Congresso quando dichiarò che il crollo del mercato dei titoli garantiti da ipoteca sarebbe stato contenuto e che tale evento non rappresentava affatto una minaccia di contagio ai mercati globali. Ne seguì invece la crisi finanziaria e la Grande Recessione.

L'Italia potrebbe rappresentare la "scintilla subprime" del 2016? Attualmente le autorità rassicurano la popolazione dicendo che le banche sono ben capitalizzate e, anche se la cosa potrà richiedere un po' di tempo, saranno messe in campo le soluzioni. Il primo ministro italiano Renzi ha cercato di dissipare le preoccupazioni dopo l'accordo recentemente raggiunto con l'UE, dicendo ai giornalisti che "la situazione è molto meno grave di quanto il mercato pensa."

Se la storia è una guida, gli osservatori e gli investitori dovrebbero ponderare con estrema cautela tali dichiarazioni da parte di politici. In un'osservazione espressa durante la crisi greca nel 2011, l'attuale presidente della Commissione Europea e allora primo ministro del Lussemburgo, Jean-Claude Junker, disse: "Quando la faccenda diventa seria, bisogna mentire."


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Se le cose stanno davvero in questo modo... e non ne dubito... un politico italiano scaltro (uno alla Erdogan) potrebbe usare pro domo sua questa minaccia di immane catastrofe globale.
    Perché lo scopo ultimo dello status quo politico-finanziario europeo/NWO è quello di conservarsi al vertice della piramide "a tutti i costi". E non mi pare che, in questo momento storico, ci siano leader europei/NWO di levatura tale da resistere a minacce di qualsiasi tipo.
    Stiamo a vedere.

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