Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia
traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una
lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt.
Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario
pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico
cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica:
etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è
utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica
chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in
cui è finita la teoria economica moderna.
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di David Stockman
C'è qualcosa di marcio in Danimarca. E non stiamo parlando solo dell'utopia socialista nella penisola dello Jutland — anche se sequestra beni dei profughi senza casa, tassa i risparmiatori di 75 punti base sui loro depositi e destina quasi il 60% del suo PIL nel welfare state.
Infatti il marciume è planetario. C'è roba inspiegabile, inverosimile e stramba in tutto il mondo, ma la parte spaventosa è che i media mainstream la considerano parte del nostro viaggio, o peggio non la notano affatto.
L'argomento più importante è l'implosione incombente dello Schema Rosso di Ponzi; e, più nello specifico, l'assurdo presupposto di Wall Street/Washington secondo cui si tratterebbe solo dell'ennesima grande economia che ha esagerato con la "crescita" e ora sta cercando d'effettuare una transizione graduale. Cioè, una migrazione ordinata da un sistema basato sulla produzione, sull'esportazione e sugli investimenti fissi, ad uno basato sullo shopping, sulle automobili e sul consumo di massa.
Magari potesse. Ma la Cina non è un miracolo economico la cui sfida per il futuro è tale transizione; si tratta di una nazione quasi-totalitaria la cui follia s'è riversata nel settore dell'estrazione, della costruzione, dell'indebitamento, della spesa e della speculazione su una scala mai vista.
Così facendo s'è trasformata in un vulcano incendiario di debito impagabile e dispendioso, e di eccessi d'investimento in tutto e per tutto. Non può essere rallentata o stabilizzata da editti e nuovi piani da parte dei compagni di Pechino. Si tratta del più grande incidente economico della storia umana in procinto di saltare giù da un ponte.
E questa metafora fa tutta la differenza del mondo. Se la Cina cola a picco, l'economia globale non può evitare una dislocazione finanziaria e macroeconomica tonante. E non solo perché la Cina rappresenta il 17% del PIL mondiale da $80,000 miliardi, o perché è stata il motore della crescita del pianeta per la maggior parte di questo secolo.
In realtà la Cina è l'epicentro marcio di due decenni d'immensa stampa monetaria da parte delle banche centrali, la quale ha deformato e destabilizzato la trama dell'economia globale.
Ma la follia finanziaria in Cina è andata oltre, perché nei primi anni '90 un'oligarchia di despoti che fino a quel momento aveva governato con mitragliatrici, scoprì un modo migliore per rimanere al potere. Cioè, la stampante nel seminterrato della PBOC — e proprio nel momento giusto (per loro).
E infatti hanno stampato. Acquistando dollari, euro e altre valute al fine d'agganciare la propria e stimolare le fabbriche dell'export, la PBOC ha ampliato il suo bilancio da $40 miliardi a $4,000 miliardi nel corso di soli due decenni. Non c'è nulla di simile nella storia delle banche centrali — e nemmeno nella più fervida delle immaginazioni degli economisti.
La stampante rossa della PBOC, a sua volta, ha emesso credito come se non ci fosse un domani. A metà degli anni '90 la Cina aveva circa $500 miliardi tra credito pubblico e privato — meno dell'1.0X del suo PIL. Oggi quel numero è arrivato a $30,000 miliardi o anche di più.
Malgrado ciò niente in questo mondo economico, o nel prossimo, può crescere del 60X in soli 20 anni e vivere per raccontarlo. Soprattutto, non in un sistema costruito su un tessuto top-down fatto di editti, illusioni, menzogne e impossibilità, e che non sfoggia nemmeno una parvenza di disciplina finanziaria, responsabilità politica o libertà di parola.
Vale a dire, la Cina è una miscela tra Keynes e Lenin. È la tempesta finanziaria che tramortirà il settore bancario centrale il quale ha favorito una prosperità finta.
Quindi il giusto approccio al pericolo incipiente non è quello di sezionare le dichiarazioni di Pechino alla maniera dei vecchi cremlinologi. Quest'ultimi erano destinati a fallire nel lungo periodo, ma almeno sapevano quello che stavano facendo dal punto di vista tattico; valeva la pena analizzare le loro nuvole di parole e le disposizioni dei posti alle parate di stato.
Al contrario i suzerain Rossi di Pechino hanno costruito un villaggio Potemkin. Ma credono veramente che sia vero, perché non hanno la minima idea di quali siano i requisiti e le routine di una vera e propria economia capitalista.
Sin da quando gli oligarchi che gestiscono la Cina sono stati liberati dall'orrenda distopia di Mao grazie a Deng e alla stampante monetaria, hanno vissuto in una bolla in continua espansione che è diventata così economicamente irreale da far invidia al Truman Show. Qualsiasi governante con un minimo di alfabetizzazione economica avrebbe capito da tempo che l'economia cinese è una trappola fatta di sprechi, eccessi ed insostenibilità.
Ecco un esempio. Da qualche parte vicino a Shanghai alcuni sviluppatori hanno costruito una replica del Pentagono su 100 acri di terreno. Non era inteso ad ospitare i membri dell'ELP (Esercito di Liberazione Popolare); è un centro commerciale che a quanto pare non ha venditori e clienti!
Una delle cose più accurate che io abbia mai detto è che il Pentagono degli Stati Uniti è stato costruito su una palude di rifiuti. Cioè, prendo sul serio il mio punto di vista anti-statalista e quindi credo fermamente che lo stato sia incline a sprecare risorse alimentando e salvando i clienti di Washington.
Ma almeno il nostro Pentagono ha uno scopo e sfornerebbe un qualche beneficio per la società se la sua missione fosse davvero quella di difendere la patria. Al contrario, il "Pentagono" in Cina dà allo spreco una nuova accezione.
Progetti come questo qui sopra — e la Cina ne è piena — sono gli ingranaggi di una macchina economica mortale. Rappresentano un simulacro intrinsecamente insostenibile e instabile in cui lo scopo del credito è quello di finanziare investimenti dettati dallo stato, e non finanziare investimenti efficienti con rischi e profitti calcolabili.
Di conseguenza le forme apparenti di capitalismo vengono smantellate dal controllo statalista e dalla pianificazione centrale. Ad esempio, non esiste un sistema bancario legittimo in Cina — solo grandi uffici statali che sono diretti da agenti di partito.
Il loro modus operandi equivale a suddividere quote di PIL nazionale e del credito verso l'alto e poi lasciarle cadere a cascata verso il basso, lungo una vasta catena di comando in contee, comuni e villaggi. Non ci sono mai stati prezzi finanziari legittimi in Cina — i tassi d'interesse e i tassi FX sono stati ancorati e regolati al punto decimale; né vi è mai stata alcuna contabilità finanziaria onesta — i prestiti sono stati parte integrante di un'operazione che ha semplicemente coinvolto "più della stessa cosa" come soluzione.
E, inutile dirlo, non esiste un sistema di disciplina finanziaria basato sul diritto contrattuale. Il PIL della Cina è cresciuto di $10,000 miliardi nel corso di questo secolo — cioè, vi è stato un boom in tutto il paese che al confronto la corsa all'oro in California sembrava un picnic.
Nonostante tutta questa frenesia finanziaria, sembra come non siano stati commessi errori e non ci siano stati fallimenti. Quando di tanto in tanto qualcosa andava storto con un "investimento", gli investitori si riunivano in folle rumorose per le strade e allungavano le mani per ottenere aiuto — una cortesia che il regime ha sempre concesso.
Infatti lo Schema Rosso di Ponzi fa sembrare Wall Street un ambiente eticamente migliore. Vicino alla città portuale di Tianjin è stata costruita una replica da $50 miliardi dell'Isola di Manhattan — con tanto di Rockefeller Center e Twin Towers — ma qualcuno s'è dimenticato di dire agli investitori che nessuno ci vive. Nemmeno i banchieri!
Detto in modo diverso, anche le recenti bolle finanziarie a Londra, New York, Miami o Houston hanno dato sfoggio di tali monumenti allo spreco economico e alla distruzione di capitale. Ma prendiamo in considerazione anche il caso dell'industria siderurgica della Cina.
È cresciuta da circa 70 milioni di tonnellate di produzione nei primi anni '90 agli 825 milioni di tonnellate nel 2014. Oltre a ciò, è il grafico qui sotto che ci racconta la storia completa.
Vale a dire, lo tsunami di credito a basso costo ha permesso alle imprese siderurgiche statali della Cina di sfornare ulteriore capacità ad un ritmo ancora più febbrile rispetto alla crescita vertiginosa della produzione annua. Di conseguenza la capacità annuale d'acciaio grezzo è attualmente pari a quasi 1.2 miliardi di tonnellate, e quasi tutta questa capacità — circa il 65% di quella mondiale — è stata ammassata negli ultimi dieci anni.
Inutile dire che in un quarto di secolo è impossibile presumere che un'industria pesante s'espanda del 17X in modo efficiente.
Ciò significa che la massiccia espansione dell'industria siderurgica cinese ha creato un incremento significativo della domanda interna per questi prodotti. Cioè, acciaio per creare altiforni, laminatoi, impianti di fabbricazione, impianti di stoccaggio, così come piastre e altri prodotti siderurgici per i cantieri in cui sono state costruite nuove navi portarinfuse, apparecchiature e infrastrutture utilizzate nelle miniere di ferro e nei porti.
Vale a dire, l'industria siderurgica cinese si stava mordendo la coda, ma ormai è tutto finito. Per la prima volta in tre decenni, la produzione d'acciaio nel 2015 è scesa del 2-3% rispetto al picco del 2014 di 825 milioni di tonnellate e si prevede che scenderà a 750 milioni di tonnellate l'anno prossimo.
La Cina sarà fortunata se avrà una domanda da 500 milioni di tonnellate — cioè, s'esaurirà la domanda interna d'acciaio nel settore automobilistico, in quello degli elettrodomestici e per il cemento armato. Stiamo parlando del 40% dei suoi investimenti.
Ed è anche evidente che non sarà in grado di scaricare le sue enormi eccedenze sul resto del mondo. Già in Europa, Nord America, Giappone e quasi ovunque sono state erette barriere commerciali contro i 110 milioni di tonnellate d'esportazioni dello scorso anno.
Questo non solo significa che la Cina ha mezzo miliardo di tonnellate di capacità in eccesso che schiacceranno i prezzi e i profitti, ma, cosa ancora più importante, che la domanda d'acciaio per le spese in conto capitale dell'industria dell'acciaio è finita. E questo vale anche per i cantieri navali e le attrezzature minerarie.
Questo fatto è già evidente con la fuga degli ordini nella cantieristica cinese. Quest'ultima si concentra quasi esclusivamente sulle navi portarinfuse — il bene capitale che ha trasportato nelle grandi fauci industriali della Cina i massicci quantitativi di ferro, carbone e altre materie prime. Ma nel giro di un anno, o due, la maggior parte dei cantieri navali in Cina verrà chiusa, poiché gli ordini svaniranno rapidamente a causa di un eccesso di capacità che non ha precedenti, il quale ha spinto il Baltic Dry Index ai minimi storici.
Il totale degli ordini per i cantieri navali cinesi è sceso del 59% nel corso del 2015, secondo i dati diffusi dall'Associazione Cinese della Cantieristica Nazionale, il che significa che negli anni a venire scenderà la domanda d'acciaio.
Ecco perché domenica scorsa il Consiglio di Stato di Pechino ha rilasciato un annuncio piuttosto notevole. Vale a dire, nel settore siderurgico ci saranno dai 100 milioni ai 150 milioni di tonnellate di capacità. Ciò significa una capacità simile alla produzione annuale d'acciaio del Giappone, il secondo produttore al mondo d'acciaio, e quasi il doppio di quella degli Stati Uniti.
Questi non sono semplici confronti casuali. Ci sono voluti quasi cinque decenni affinché i giapponesi erigessero un settore siderurgico leader a livello mondiale alla cui base ci fossero decine di migliaia di miglioramenti operativi e ingegneristici. La Cina ha creato la stessa cosa dopo la crisi finanziaria, ma il progetto si basava solamente sui sogni e sulle illusioni. Efficienza, longevità e tecnica nel settore siderurgico erano una pia illusione.
Ancor più tragica di quella dell'acciaio, è stata la crescita della capacità di produzione delle auto in Cina. Nel 1994 la Cina produsse circa 1.4 milioni d'unità di quelle che erano carcasse dell'era comunista. Lo scorso anno ha prodotto oltre 23 milioni di veicoli in stile perlopiù occidentale, o il 16X di più.
E, sì, questa non è nemmeno la metà della storia. La Cina ha seminato in tutto il suo territorio impianti automobilistici e infrastrutture di distribuzione delle auto. Attualmente si stima che esistano 33 milioni di veicoli. Ma la domanda s'è invertita quest'anno e continuerà a scendere dopo che finiranno i trucchi fiscali provvisori.
Il punto più importante, tuttavia, è che non appena si bloccherà lo Schema Rosso di Ponzi, negli anni a venire la Cina non sfornerà nuova capacità di auto. Sta ormai annegando in un eccesso di capacità, e mentre i prezzi e i profitti scenderanno negli anni a venire, scenderanno anche le spese in conto capitale nell'industria automobilistica.
Inutile dire che questo non solo significa che crollerà il consumo d'acciaio strutturale per i nuovi impianti di auto. Ci sarà anche una drastica riduzione della domanda di macchinari sofisticati e apparecchiature d'automazione tedeschi, necessari per costruire automobili.
Detto in modo diverso, la depressione delle spese in conto capitale già in corso in Cina, Australia, Brasile e in gran parte dei mercati emergenti, si riverbererà in tutta l'economia globale. Il credito a basso costo e il capitale mispriced sono la madre di mille peccati economici.
La costruzione d'infrastrutture in Cina, per esempio, è grottescamente gonfiata — dai forni da cemento, ai produttori di macchinari per le costruzioni, ai veicoli per smuovere sabbia e ghiaia, ai fornitori di cantieri di ogni risma. Negli ultimi tre anni la Cina ha usato più cemento di quanto abbiano fatto gli Stati Uniti durante tutto il XX secolo!
Questo non è indicativo solo di un boom vertiginoso; è la prova di un sistema che è impazzito a causa del credito illimitato andato a finanziare la mania delle costruzioni in Cina.
Lo stesso vale per le sue industrie nel settore del solare e dell'alluminio — soprattutto i 70 milioni d'appartamenti di lusso vuoti e le vaste distese di autostrade, ferrovie, aeroporti, centri commerciali e nuove città.
In breve, il rovescio della medaglia della gigantesca bolla del credito cinese è rappresentato dal malinvestment delle risorse economiche — manodopera, materie prime e beni di capitale. Infatti anche le porcilaie sono state rivestite di rame, per non parlare dei quartieri urbani pingui di vetro, cemento e rivestimenti in acciaio. Costruzioni mastodontiche che non potevano assolutamente rendere un ritorno economico, ma che servivano solamente come "garanzie collaterali" per accendere ancor più "prestiti".
La Cina s'è diretta verso il burrone economico a botte di prestiti e costruzioni folli. In sostanza, si tratta di un gigantesco sistema di re-hypothecation dove il "debito" di ogni persona diventa "l'attivo" dell'altra.
Così, i governi locali hanno entrate scarse, ma enormi debiti la cui garanzia sono terreni sopravvalutati — valutazioni stabilite da vendite precedenti finanziate col debito.
Allo stesso modo, gli imprenditori nel settore minerario non solo stanno affrontando un crollo dei prezzi e dei ricavi, ma anche un'impennata a doppia cifra dei tassi d'interesse sui prestiti bancari ombra, la cui garanzia è costituita da riserve monetarie sopravvalutate. I cantieri non hanno ordini, ma debiti la cui garanzia è costituita da costruzioni vuote e inutilizzate. Gli speculatori hanno collateralizzato mucchi enormi di rame e ferro a prezzi che stanno già diventando storia antica.
La Cina è sull'orlo della più grande margin call della storia. Una volta che i valori degli asset cominciano a calare, le sue piramidi di debito verranno esposte alle bancarotte e ai fallimenti. Indubbiamente la Cina utilizzerà la stampante monetaria per mantenere viva la prosperità illusoria per un altro mese o trimestre, ma ora le fratture economiche stanno comparendo ovunque perché la furia del credito facile è stata troppo estrema.
È decisamente stupido, quindi, affermare che l'economia statunitense è disaccoppiata da quella cinese e da quella del resto del mondo. In realtà è inestricabilmente legata alla bolla finanziaria globale e soprattutto a quella del capitalismo rosso.
Il mantra infinito dello zombie-box secondo cui la Cina non ha importanza perché rappresenta solo l'1% delle esportazioni degli Stati Uniti, è semplicemente un non sequitur. Non serve avere una laurea in economia per capire che Caterpillar non ha esportato le sue attrezzature minerarie solo in Cina; gran parte sono finite indirettamente in Australia.
Almeno fino a quando non è stato innescato il bust globale delle spese in conto capitale dopo due anni di cali dei prezzi delle materie prime. Le relazioni mensili della CAT riguardo le vendite riportano rallentamenti senza precedenti.
Così, le vendite al dettaglio negli USA a dicembre dello scorso anno sono scese del 10%, a seguito di un calo del 5% a novembre. Ma questa era la parte ottimista dei risultati globali, perché altrove le vendite sono state un disastro: nella regione Asia/Pacifico/Cina sono scese del 21%; nell'EAME sono scese del 12%; e in America Latina (cioè, in Brasile) hanno continuato la loro caduta libera, scendendo del 36% rispetto all'anno precedente.
Nel complesso, a dicembre le vendite al dettaglio globali della CAT hanno fatto registrare un forte ribasso del 16% rispetto all'anno precedente — il peggior declino annuale sin dalla crisi finanziaria. E tutto ciò arriva dopo un calo del 12% di un anno fa, un altro calo del 9% nel 2013 e un -1% nel 2012.
Inoltre, quattro anni consecutivi di cali non sono una questione legata alle quote di mercato della CAT. I suoi principali rivali asiatici hanno sperimentato cali delle vendite ancor più grandi. Per esempio, Komatsu è giù dell'80% rispetto ai suoi picchi delle vendite.
Pertanto nel settore delle macchine pesanti la depressione globale delle spese in conto capitale è già in corso. Non c'è stato nulla di paragonabile a questo tonfo sin dagli anni '30.
Allo stesso modo, gli Stati Uniti non hanno esportato petrolio alla Cina, ma la vasta domanda cinese gonfiata dal credito facile ha aumentato artificialmente i prezzi mondiali del petrolio a $100 al barile, scatenando così il boom dell'olio di scisto negli Stati Uniti che ora sta crollando in Texas, North Dakota, Oklahoma e altri tre stati. E il fatto è che ogni nuovo posto di lavoro creato negli Stati Uniti sin dal 2008 è in realtà nato in questi stessi sei stati.
Infatti il marciume che è stato introdotto nell'economia globale dal convoglio delle banche centrali, s'è esteso a luoghi quasi inimmaginabili a causa dei prezzi falsi del greggio e di altre materie prime che sono stati temporaneamente gonfiati dal boom del credito globale. Così l'esplosione del 5.6X del credito globale indicata di seguito, aveva molto a che fare con l'aberrazione dei $100 al barile e con tutti i cattivi investimenti e le distorsioni economiche che ne sono seguiti.
Vale a dire, l'Iraq è così in bancarotta — nonostante un aumento del 33% delle esportazioni di petrolio l'anno scorso — che sta chiedendo al FMI un piano di salvataggio. Eppure non più tardi di un anno fa, le cose andavano talmente a gonfie vele che a Bassora è iniziata la costruzione dell'edificio più alto del mondo.
Proprio così. "L'orgoglio del Golfo" è ora una tazza di latta e il paese dovrà chiedere un salvataggio al FMI. La mostruosità mostrata qui sotto probabilmente non verrà mai terminata, ma simboleggia le migliaia di miliardi che sono stati sprecati in tutto il mondo da parte delle imprese e dei paesi durante il falso boom fuoriuscito dallo Schema Rosso di Ponzi.
Allo stesso modo, le esportazioni degli Stati Uniti verso l'Europa sono triplicate a quasi $1,000 miliardi ogni anno a partire dal 1998, mentre le esportazioni europee verso la Cina sono più che quintuplicate. Potrebbe forse esserci un qualche collegamento?
In breve, c'è un incidente economico e finanziario nell'economia mondiale chiamato Grande Schema di Ponzi cinese. In tutta la storia economica non c'è mai stato nulla di simile. È solo una questione di tempo prima che si sfracelli, evento che getterà nel caos la bolla finanziaria globale degli ultimi due decenni.
Dimenticatevi, quindi, del mito di una transizione ordinata. Cosa succede quando le miniere di ferro e di rame si zittiscono, le miniere di carbone vengono abbandonate, i camion pieni di cemento vengono parcheggiati lungo file interminabili, i forni d'acciaio vengono spenti, i grandi impianti automobilistici diventano inattivi e le decine di miliardi di tangenti nate dal boom edilizio si prosciugano?
Quello che succede è che s'aprirà una voragine nel terreno e inghiottirà in un sol boccone lo Schema Rosso di Ponzi.
I profitti industriali totali sono già in calo del 5% su base annua, ma in settori di punta si sono già trasformati in un fiume d'inchiostro rosso. Entro un paio di trimestri il settore imprenditoriale della Cina sarà in preda ad una massiccia contrazione dei profitti.
Allo stesso modo, svaniranno le decine di milioni di posti di lavoro ad alto pagamento e la relativa capacità di spesa dei consumatori. Inoltre calerà il valore della miriade d'appartamenti vuoti che sono stati assurdamente tenuti disabitati come una forma distorta di speculazione, spazzando via un pezzo enorme dei cosiddetti risparmi delle classi abbienti emerse solo di recente in Cina.
Quindi da dove spunterebbero fuori i presunti consumatori di servizi? Dopo il raggiungimento del picco del debito e il crollo dei vari investimenti improduttivi cinesi, non ci sarà alcun surplus di reddito da spendere.
Ancora più importante, al crescere delle fratture economiche e delle turbolenze finanziarie, s'indebolirà la credibilità del regime cinese. La fuga di capitali diventerà un maremoto inarrestabile, mentre Pechino cercherà di tappare le falle con un dito, proprio come ha fatto durante il fiasco della borsa degli ultimi due anni.
In breve, la Cina finirà per schiantarsi in un caos economico e civile quando i suzerain rossi adotteranno misure draconiane come arresti a tutto spiano, processi farsa, brutale repressione del dissenso pubblico e il ritorno della proverbiale canna del fucile del presidente Mao.
La forma maoista di potere non ha funzionato. Ma quello che stiamo apprendendo è che anche la stampante monetaria di Deng ha una "data di scadenza".
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Brevissime considerazioni.
RispondiElimina1. Il problema del nostro tempo è la concentrazione dei poteri. Non è un problema storico nuovo, ma finisce sempre con la disgregazione del potere centrale. In modo più o meno traumatico.
La soluzione a tanti problemi del nostro tempo sarebbe perciò il decentramento del potere (per i libertari fino al livello individuale). Qualcosa di simile fu, per ovvie condizioni storiche, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Che finì per dare origine al feudalesimo. Chissà cosa proporrà il futuro, se ce ne sarà uno.
2. A forza di copiare il modello occidentale di crescita infinita (fittizia attraverso la stampante monetaria), i governanti cinesi potrebbero puntare sul settore che, da molti decenni, tira negli States: il maxicomplesso militare-industriale. Speriamo di no!
3. A livello individuale/familiare, considerando l'enormità dei processi in atto in questi anni e la statura etica dei potentati che si confrontano con la propria crisi e tra di loro, ...
Ciao Dna.
EliminaLa nota preoccupante è la numero 2, dato l'eccesso di capacità in quelle risorse che più si prestano a rifornire il complesso militare-industriale. Nel frattempo (fortunatamente?) gli occhi del politburo monetario cinese sono ancora puntati sul settore immobiliare e sul sostenere i prezzi delle garanzie alla base dei prestiti legati a tal settore.