Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia
traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una
lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt.
Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario
pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico
cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica:
etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è
utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica
chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in
cui è finita la teoria economica moderna.
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di David Stockman
George Bush, a seguito della bancarotta della Lehman, disse ad un gruppo di leader congressuali che se non avessero immediatamente approvato un piano di salvataggio per Wall Street, "quest'affare sarebbe colato a picco".
L'approvarono ciecamente. Eppure per un po' sembrò inutile.
Con la crisi che raggiunse il fondo nel primo trimestre del 2009, il patrimonio netto delle famiglie era calato da $68,000 miliardi a $55,000 miliardi, o di quasi il 20%. Un crollo del 60% nelle medie azionarie e un crollo del 35% dei prezzi delle abitazioni.
Per un attimo sembrò che i nodi della verità economica stessero venendo al pettine. Vale a dire, la speculazione rampante e la finanziarizzazione alimentata del debito che avevano generato il boom fasullo dell'era Greenspan, non potevano garantire la permanenza di quel tipo di miglioramenti negli standard di vita.
Ma questo non ha impedito l'incidente più grande e più sfortunato della storia finanziaria moderna. I consulenti alla Casa Bianca, che nel settembre 2008 consigliarono George Bush di violare il libero mercato al fine di salvarlo, hanno dimostrato molto tempo fa la loro stupidità in materia economica. Dapprima lo spronarono a fare entrare Ben Bernanke nella FED nel 2002, poi a promuoverlo presidente del Council of Economic Advisors nel 2005 e, infine, a farlo diventare capo della FED nel gennaio 2006.
Ma ecco il punto. Bernanke è un ibrido accademico delle due peggiori scuole economiche del XX secolo — lo statalismo diretto di John Maynard Keynes e lo statalismo indiretto del monetarismo di Milton Friedman.
Entrambi questi grandi teorici capirono alla rovescia le cause della Grande Depressione, e Bernanke ha raddoppiato gli errori. È possibile condensare tutta la sua esperienza circa gli anni '30 in una sola proposizione.
Vale a dire, la FED all'epoca avrebbe dovuto acquistare i $17 miliardi di titoli di stato in circolazione per fornire liquidità al sistema bancario e quindi arrestare il tonfo della produzione economica.
Ho confutato queste sciocchezze in dettaglio nel mio libro, The Great Deformation. La versione corta è che il sistema bancario crollò perché era insolvente dopo 15 anni di boom alimentato dal debito, non perché era a corto di liquidità o perché la FED era troppo avara nel fornire riserve.
Infatti i tassi d'interesse del mercato monetario a malapena superarono l'1% nel periodo 1930-1932, lasso di tempo in cui Friedman e Bernanke sostengono che la FED sia stata troppo conservatrice; e le riserve in eccesso (cioè, inattive) nel sistema bancario salirono del 15X.
Non esiste alcuna prova che a qualsiasi banca solvente, membro del Federal Reserve System, fossero stati negati prestiti a sconto o che le attività imprenditoriali di Main Street solventi che volessero più credito non potessero ottenerlo.
Invece quello che successe fu che l'espansione del credito bancario durante gli anni precedenti al crollo del 1929, venne liquidata perché non poteva essere rimborsata.
Il totale dei crediti esistenti era cresciuto da $15 miliardi a $40 miliardi durante i 15 anni precedenti, ma gran parte erano finiti in margin loan a Wall Street, speculazione immobiliare e in enormi investimenti nell'esportazione e nei beni strumentali che crollarono quando, dopo il crash, si prosciugò il finanziamento di Wall Street ai clienti esteri.
Così l'offerta di moneta M1 si ridusse di circa il 30% nel corso dei tre anni successivi al crash, perché i crediti inesigibili vennero liquidati e i depositi bancari estinti. Non era scomparsa quella cosa eterea che i keynesiani chiamano "domanda aggregata". Piuttosto fu la ricchezza fasulla del boom del credito precedente che evaporò inesorabilmente.
Inutile dire che gli eventi del 2008 non avevano nulla a che fare con ciò che accadde dopo il crollo del 1929. Allora gli Stati Uniti erano gli esportatori e i creditori del mondo, ma come in Cina oggi l'apparente prosperità di quei tempi dipendeva dal fornitore dei finanziamenti a basso costo.
Vale a dire, con l'aiuto della Federal Reserve, il sistema bancario e il mercato obbligazionario statunitense avevano fornito l'equivalente di $2,000 miliardi di oggi ai clienti esteri degli agricoltori e dei produttori americani.
Quando la bolla del mercato azionario scoppiò nell'ottobre 1929, il mercato di Wall Street del debito estero venne pietrificato, innescando una cascata di default in tutto il mondo. All'inizio del 1933 il mercato del debito estero, in forte espansione negli anni '20, era diventato il mercato dei mutui subprime di quei tempi — con i prezzi del debito in calo a meno di dieci centesimi a dollaro.
In breve tempo si avverò la famosa metafora di Warren Buffett sui bagnanti nudi che vedono esposte le loro pudenda quando la marea si ritira; emerse che i clienti dell'export statunitense avevano acceso nuovi prestiti per pagare gli interessi sui loro vecchi debiti, ma senza l'accesso al nuovo credito non avevano altra scelta che ridurre drasticamente i nuovi ordini.
Di conseguenza le esportazioni statunitensi crollarono dell'ottanta percento nel corso dei tre anni successivi al picco del 1929, lasciando bloccata l'industria statunitense con un eccesso di capacità, materie prime, beni intermedi e prodotti finiti.
Questi ultimi, per esempio, scesero da $40 miliardi a $18 miliardi e le spese in conto capitale scesero del 75% dal 1930 al 1933. Allo stesso modo, con il crollo del mercato azionario e del boom del credito facile, le vendite dei beni durevoli come le automobili, le lavatrici e le radio diminuirono del 70%.
In breve, la Grande Depressione non fu un errore evitabile come Bernanke ha dichiarato falsamente quando ha ripetuto la storia erronea di Milton Friedman; fu la conseguenza economica della bolla del credito insostenibile del 1916-1929, la quale venne gonfiata dalla FED.
Quindi Bernanke ha capito alla rovescia i fatti storici. Cioè, mentre nell'autunno del 2008 correva a Washington e gridava che la Gran Depressione 2.0 era ad un tiro di schioppo, in realtà stava diffondendo un'isteria infondata.
Il fatto è che all'epoca del bust immobiliare nel 2008, l'economia statunitense non assomigliava affatto a quella del 1929; e non c'era nemmeno un rischio remoto di quel tipo di depressione industriale avvenuta nei primi anni '30.
Questo perché dopo 20 anni di stampa di denaro targata Greenspan/Bernanke, e la sua replica da parte della Cina e del resto delle banche centrali mercantiliste nei mercati emergenti, l'economia americana è stata essenzialmente de-industrializzata. Non c'era alcun rischio che il tipo di riduzione delle spese in conto capitale e di liquidazione degli inventari avvenuti nei primi anni '30, potessero essere replicati.
Infatti, per un breve periodo di tempo, il peso dell'aggiustamento nella produzione industriale è ricaduto sulla Cina e sui mercati emergenti. Infatti la Cina e la sua catena d'approvvigionamento sono diventati gli esportatori/creditori dell'epoca attuale.
Così il post-crash ha riguardato in gran parte la Cina, poiché 100 milioni di lavoratori si sono ritrovati improvvisamente senza lavoro quando il commercio mondiale è crollato nell'autunno/inverno del 2008-2009.
Allo stesso modo, la spesa delle famiglie americane dopo la crisi del 2008 è stata sostenuta da un aumento dei trasferimenti sociali (come le indennità di disoccupazione, i buoni pasto, Medicaid/Medicare e altri programmi del welfare state) e dall'occupazione nel vasto settore dei servizi, il quale non si ferma per liquidare le scorte poiché non ne ha.
Nel corso di una recessione, la spesa delle imprese nel settore dei servizi si restringe in modo incrementale, ma non radicalmente. Gli istruttori di pilates vengono prenotati per meno ore, ma i loro studi non scompaiono come le fabbriche sature.
Inutile dire che gli Stati Uniti, diventati dopo il settembre 2008 debitori globali, grandi importatori, terra di welfare state e zona de-industrializata, sono l'esatto opposto della loro economia negli anni '30. Ed è per questo motivo che una depressione industriale non è mai stata una possibilità.
Tanto per fare un esempio, la liquidazione degli inventari durante la Grande Depressione era stata pari ad una contrazione del PIL del 20%, ma durante la Grande Recessione è stata pari al 2%.
In realtà, come ho dimostrato anche nel mio libro The Great Deformation, la liquidazione moderata degli inventari e dei libri paga avvenuta dopo la crescita insostenibile alimentata della FED, era già finita a metà del 2009. Infatti la recessione era finita ben prima che il programma di stimolo di Obama, o il QE della FED, avessero un impatto misurabile sull'economia degli Stati Uniti.
Quindi la folle stampa di denaro di Bernanke, che ha portato il bilancio della FED dai $900 miliardi alla vigilia della crisi ai $4,500 miliardi odierni, non ha affatto sventato una presunta Grande Depressione 2.0.
Quello che ha fatto, invece, è stato gonfiare la madre di tutte le bolle finanziarie. Non solo la falsa ricchezza delle famiglie, distrutta durante l'ultima crisi, era stata già recuperata, ma è aumentata di altri $18,000 miliardi.
Inutile dire che il grafico qui sopra è il prodotto di una massiccia inflazione dei prezzi degli asset, non di aumenti negli ingredienti della ricchezza reale della società. Cioè, aumenti delle ore di lavoro degli occupati, aumenti di produttività ed energie imprenditoriali libere di scatenarsi.
Nel caso della crescita delle ore di lavoro, per esempio, non ce n'è stata alcuna.
Proprio così!
Tra il picco pre-crisi nel terzo trimestre 2007 e il trimestre più recente, la ricchezza delle famiglie misurata dalla FED è salita di $18,000 miliardi, o del 24%, ma le ore di lavoro sono aumentate meno della metà dell'uno percento.
Allo stesso modo, la produttività del lavoro è bloccata. Sin dal picco pre-crisi, la produttività aziendale non agricola è cresciuta solo del 1.1% su base annua, o semplicemente della metà rispetto al suo tasso storico del 2.3%. Inoltre negli ultimi cinque anni la produttività è cresciuta ad appena lo 0.4% annuo.
Ovviamente non c'è modo di quantificare l'attività imprenditoriale di per sé. Infatti le sue varie sfaccettature — distruzione creativa, innovazione imprenditoriale e dirompente cambiamento tecnologico — sono fondamentali per la prosperità capitalistica, proprio perché non possono essere quantificate nelle statistiche dei mulini sforna-dati dello stato.
Tuttavia Gallup è da tempo che monitora la nascita, la morte e la variazione netta delle imprese statunitensi, e questa tendenza è inequivocabile. Per molti anni i dati sono stati negativi, precipitando radicalmente dopo la crisi finanziaria; e da allora non si sono più ripresi.
Inoltre è normale che, senza aumenti negli investimenti netti reali, non ci possa essere alcun aumento della ricchezza reale. Al giorno d'oggi gli investimenti netti reali negli Stati Uniti sono diminuiti dell'otto percento rispetto al picco del 2007 e del 17% rispetto ai livelli d'inizio secolo.
Quindi come fa a crescere la ricchezza delle famiglie di $18,000 miliardi a fronte di queste tristi tendenze del mondo reale?
In una parola, con la stampante monetaria. Ma quello che è successo oggi è che Draghi ha dimostrato d'essere a corto di trucchi e la Yellen ha confessato d'essere a corto di scuse.
Sì, quest'affare sta colando a picco. E questa volta tutti i professori d'economia diventati banchieri centrali saranno incapaci d'invertire il grande tonfo.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
la disoccupazione avrebbe però toccato il settore economico finanziario. comunque articolo interessante. mi sembra che la situazione descritta del 29 sia trasferibile invece all area euro, laddove la germania rallenta se la grecia non compra
RispondiEliminaCiao gdb.
EliminaLa cosa che secondo me mette in evidenza in modo egregio l'articolo di oggi è la capacità del libero mercato di risanare l'economia necessitante una correzione. Il picco del debito sta a significare proprio questo: per quanto possano intervenire i pianificatori monetari centrali nell'economia, alla fine le forze di mercato detengono l'ultima parola. Ovvero, il libero mercato può essere distorto, manipolato, contorto, ecc. però trova sempre il modo d'epurare gli errori. E questo alla faccia di tutti coloro che ritengono possibile una manipolazione perenne di una ristretta cerchia d'individui. Sappiamo che esistono, ma perderanno. Loro ragionano per compartimenti stagni e applicano tale ragionamento anche all'economia più ampia. E' per questo che è stato salvato Wall Street mentre Main Street è stato lasciato a languire.
Ma, in un modo o nell'altro, esiste sempre un catalizzatore che fa esplodere i piani presumibilmente ben congeniati da parte dei pianificatori monetari centrali. Uno tra i tanti potrebbe essere benissimo questo: http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user5/imageroot/2016/01-overflow/comex%20gold%20coverage%20ratio.jpg
Oggi, a quanto pare, l'Italia ha raggiunto un accordo con l'UE riguardo la propria bad bank. Innanzitutto osserviamo i grafici seguenti: questo rappresenta l'andamento azionario delle varie banche negli ultimi tre mesi; quest'altro cattura l'ammontare dei prestiti non performanti all'interno dei loro bilanci. L'idea quindi è quella di creare un istituto in grado d'incamerare queste sofferenze ed alleviare i bilanci delle banche in questione. L'equivalente di spazzare marciume sotto il tappeto. Peggio, perché questo marciume sarà dapprima spazzato sotto il tappeto e poi confezionato di nuovo per essere venduto come se fosse un prodotto di prima classe!
RispondiEliminaInfatti l'idea è quella di cartolarizzare la spazzatura che finirà nella bad bank ed inondare i mercati finanziari con questo pattume come se niente fosse. E cosa accadrà in un ambiente in cui c'è una fame di rendimenti decenti? Esatto! Si comprerà. Perché qualcuno dovrebbe essere così folle da fare una cosa del genere? Ovvio, c'è la garanzia dello stato. In poche parole, qualora qualcosa dovesse andare storto, sarà chiamato in causa il bancomat dello stato: il contribuente. Infatti quando il costo della garanzia di suddette cartolarizzazioni inizierà a richiedere esborsi sempre maggiori, la via sarà duplice: nuove tasse o più deficit.
E' esilarante vedere come questa gente continui ad affermare che per uscire da una buca la soluzione è quella di scavare più in profondità.