È notizia della settimana scorsa che quattro delle più grandi banche commerciali greche sono state acquisite (o quasi) da fondi d'investimento esteri. A prezzo ribassato ovviamente, anche se la cifra finale rimane ancora troppo alta. Sebbene questa mossa possa fornire al paese in bancarotta un po' d'ossigeno, non ne allevia affatto le pene strutturali le quali sono ben radicate a causa di giganteschi prestiti non performanti all'interno del settore bancario commerciale. Tutti quei polli che continuano a detenere grandi depositi presso Alpha Bank, Piraeus Bank, National Bank of Greece ed Eurobank, ad esempio, faranno la fine di tutti coloro che sono stati immolati sull'altare del bail-in a Cipro. Oppure, se i depositi sono inferiori ai €100,000, basta semplicemente incanalare i depositanti verso le obbligazioni della banca per renderli a tutti gli effetti dei candidati ottimali per un bail-in. I correntisti di Banca Etruria ne sanno qualcosa. Ma per quanto possa sembrare "stabile" per ora la situazione europea, non durerà per sempre perchè ad un certo punto la grande mole di debiti impagabili alla base del progetto europeo finirà per far stramazzare anche quei paesi dichiarati "fiscalmente responsabili". Infatti, se solo 3 anni fa l'agenzia di rating Fitch considerava fiscalmetne solida la Finlandia, ora stiamo assistendo a tutta un'altra storia. È questa la meta finale del welfare state: bancarotta. Ma chi legge Freedonia era già pronto a questa eventualità, perché 5 anni fa su queste pagine veniva spiegato come e perché la Finlandia sarebbe finita sul lastrico. Alla fine gli individui non potranno far altro che staccare la spina. Se ci aggiungiamo anche la crisi dei rifugiati, l'Europa al giorno d'oggi non è altro che una pentola a pressione destinata ad esplodere.
___________________________________________________________________________________
di James Rickards
L'oro ha raggiunto il fondo?
Nessuno lo sa per certo. Se la FED alzerà i tassi d'interesse il prossimo dicembre (cosa che secondo noi non accadrà), l'effetto sarà altamente deflattivo e i prezzi dell'oro potrebbero scendere, almeno temporaneamente.
Al contrario, se la FED non alzerà i tassi e offrirà un qualche motivo per credere che non li alzerà nel futuro prossimo (la cosiddetta "forward guidance"), allora i prezzi dell'oro potrebbero salire in previsione di un'inflazione.
E' un peccato che i mercati siano ormai ridotti a leggere la mente di Janet Yellen, ma è quello che succede dopo sette anni d'intervento nei mercati e di pianificazione centrale da parte della Federal Reserve.
Usando il mio sistema, che combina un'analisi complessa di sistemi dinamici e un accesso unico alle informazioni pertinenti, siamo in grado di trarre alcune conclusioni utili riguardo il percorso futuro dei prezzi dell'oro. La nostra stima è che l'oro abbia raggiunto un fondo e che sia pronto a muoversi costantemente verso l'alto rispetto ai livelli attuali.
Per coloro che sono completamente posizionati in oro fisico (raccomando circa un 10% degli asset investibili), non c'è più nulla da fare su questo fronte. Si può solo tenere duro e godersi il viaggio.
Per coloro che non sono in possesso della quantità d'oro fisico consigliata, questo è un punto d'ingresso attraente e la possibilità d'allocare la propria posizione ai prezzi migliori da sei anni a questa parte.
E' stata sicuramente una corsa lunga e volatile per gli investitori in oro. A partire da un minimo di circa $250 l'oncia a metà del 1999, l'oro ha messo in scena un rally spettacolare di oltre il 600%, a circa $1,900 l'oncia nell'agosto 2011. Purtroppo quel rally è diventato sempre più instabile verso la fine.
L'oro era a circa $1,400 l'oncia alla fine del gennaio 2011 e ha guadagnato quasi $500 l'oncia in soli sette mesi prima del picco. Questo tipo di crescita iperbolica è quasi sempre insostenibile.
L'oro è sceso bruscamente da quel picco, al di sotto dei $1,100 l'oncia lo scorso luglio. Il grafico a 15 anni indica ancora un guadagno di circa il 350%, ma il grafico a quattro anni evidenzia una perdita di oltre il 40%.
Coloro che hanno investito nel corso del rally del 2011 risultano sommersi, e molti hanno rinunciato all'oro. Per gli osservatori di lunga data dei mercati dell'oro, il sentiment è il peggiore che si sia mai visto.
Ciononostante cerchiamo d'andare oltre i grafici e il sentiment, provando a discernere le dinamiche sistemiche che guidano il prezzo. Una volta specificate queste dinamiche, la previsione diventa molto più affidabile.
Abbiamo identificato tre fattori che possono spiegare bene la dinamica dei prezzi dell'oro. Questi tre fattori rispondono al nome di tassi d'interesse reali, forza del dollaro e interventismo della banca centrale. Guardare al probabile percorso di questi fattori è la migliore guida per ipotizzare il prezzo futuro dell'oro.
I tassi d'interesse reali sono uno dei migliori predittori del prezzo nominale in dollari dell'oro. Quando i tassi d'interesse reali sono bassi (o negativi), l'oro riceve una bella spinta. Quando i tassi d'interesse reali sono elevati, l'oro rallenta.
La correlazione non è perfetta, ma è molto più forte di altre correlazioni nel mercato azionario o nella crescita economica. La ragione di questa correlazione è facile da comprendere. L'oro non ha rendimento. La valutazione dell'oro deve competere con altre classi di asset, quali azioni e obbligazioni che invece hanno rendimenti. Quando i rendimenti delle classi di asset concorrenti sono più alti, il prezzo dell'oro tende a soffrirne, e viceversa.
Ciò che conta non è il tasso d'interesse nominale, ma il tasso reale. I tassi d'interesse reali sono definiti come tassi d'interesse nominali meno l'inflazione. Ad esempio, se il tasso d'interesse nominale è del 5%, ma l'inflazione è al 3%, il tasso reale è solo il 2% (5% meno 3%). Ciò sembra abbastanza semplice, ma ci sono complicazioni.
Nel selezionare i tassi d'interesse nominali, è necessario specificare una scadenza. I tassi dei buoni del Tesoro a 2 anni sono molto più bassi rispetto ai tassi dei buoni del Tesoro a 10 anni. Nelle nostre analisi usiamo il tasso del decennale, perché è un buon indicatore per i tassi dei mutui e i tassi delle obbligazioni societarie, i quali rappresentano il costo di finanziamento degli investimenti a lungo termine in immobili e asset a reddito fisso da parte d'individui e aziende. Ha più senso pensare all'oro come ad un asset da possedere nel lungo termine piuttosto che uno strumento da tradare nel breve termine.
L'altra complicazione sorge quando il tasso d'inflazione è maggiore del tasso d'interesse nominale. In tal caso, il tasso reale è negativo. Questo può accadere quando il tasso del decennale è all'1% e l'inflazione è al 2%.
In tal caso il tasso reale è -1% (1% meno 2%). Questo è l'ambiente ideale per l'oro. Un rendimento nullo è maggiore di un rendimento reale negativo.
Gli analisti di Wall Street continuano a parlare di quanto siano bassi i tassi d'interesse. E' vero che i tassi nominali sono bassi, ma i tassi reali sono piuttosto alti per gli standard storici. Negli ultimi anni i tassi nominali del decennale sono stati per lo più del 2%, ma l'inflazione è stata di circa l'1%, e a volte più bassa.
Questo significa che il tasso reale del decennale è stato superiore all'1%. Confrontate tutto questo con la situazione nel 1980 (quando l'oro raggiunse un massimo di $800 l'oncia). Allora i buoni del Tesoro rendevano il 13%, ma l'inflazione era del 15%, per cui il tasso reale era -2%. Non lasciatevi ingannare dai tassi d'interesse nominali bassi. Concentratevi sui tassi reali, e avrete una comprensione migliore del prezzo futuro dell'oro.
Il secondo fattore è la forza del dollaro. Qui la correlazione è ancor più evidente. Se si considera l'oro come una forma di denaro, allora è facile capire come un dollaro forte segnali un prezzo debole dell'oro in dollari e come un dollaro debole segnali un prezzo forte dell'oro in dollari.
La misura migliore per determinare la forza del dollaro (oltre all'oro stesso) è il Price-Adjusted Broad Dollar Index gestito dal Federal Reserve Board.
Il livello più basso di questo indice è stato 80.501 nel luglio 2011, il periodo che corrisponde esattamente con il picco storico del prezzo in dollari dell'oro.
Al contrario, tale indice oggi riporta la cifra 95.595. Questa è la lettura più alta da sei anni a questa parte. Proprio come il dollaro è ad un picco di sei anni, l'oro è vicino ad un minimo di sei anni. Anche in questo caso la correlazione non è perfetta, ma è sorprendentemente robusta.
Gli analisti di Wall Street hanno la tendenza a selezionare gli indici sbagliati nelle loro analisi.
Gli indici di Wall Street sono pesantemente inclinati verso l'euro e lo yen, mentre l'indice della FED guarda anche ai mercati emergenti tra cui la Cina. Uno sguardo a pagina 253 del mio libro, The Death of Money, conferma che abbiamo sempre usato lo strumento giusto.
Il terzo fattore è l'interventismo della banca centrale. E' una semplice questione tra domanda e offerta. La produzione mineraria è risultata notevolmente costante negli ultimi decenni: circa 2,000 tonnellate l'anno.
L'oro ha pochi usi industriali. Considero i gioielli una "ricchezza indossabile," quindi non faccio distinzioni tra domanda di gioielli e domanda di lingotti — entrambe sono forme di tutela del patrimonio. Quindi, con una produzione costante e una domanda variabile per l'oro come riserva di ricchezza, è stato relativamente facile per le banche centrali manipolarne il prezzo scaricando riserve d'oro sul mercato fisico nei momenti critici.
Possiamo individuare tre grandi manipolazioni del mercato dell'oro fisico da parte delle banche centrali.
La prima è stata il London Gold Pool del 1960, il quale è crollato nel 1968.
La seconda ha rappresentato uno sforzo segreto degli Stati Uniti e del FMI di scaricare 1,700 tonnellate d'oro sui mercati nel 1975-79, in modo da mascherare il vero impatto dell'inflazione. Questo tentativo fallì nel 1980, quando l'inflazione e il prezzo dell'oro andarono fuori controllo.
La terza è arrivata col “Central Bank Gold Agreement” (CBGA), un cartello di venditori composto da 11 banche centrali (esclusi gli Stati Uniti).
Il CBGA è stato creato nel 1999 e rinnovato nel 2004 e nel 2009. La Svizzera è stata il più grande venditore. Questo accordo è ormai fallito, e sin dal 2010 non c'è stata più una vendita fatta registrare da nessuno dei relativi firmatari.
Sin da allora le banche centrali sono passate dall'essere venditrici all'essere compratrici. Con pochi venditori ufficiali e molti acquirenti ufficiali e non ufficiali, la domanda d'oro ora supera l'offerta delle miniere, mettendo sotto pressione i rottami d'oro e le mani deboli.
L'importanza di questa analisi è che non ci dice dove ci troviamo, ma dove stiamo andando. Le banche centrali non possono tollerare tassi d'interesse reali alti, perché rappresentano un fardello per il consumo e per gli investimenti.
La Federal Reserve non può tollerare un dollaro forte perché importa deflazione (sotto forma di prezzi all'importazione più bassi) da tutto il mondo. I mercati dell'oro fisico fanno registrare un eccesso di domanda perché Cina, Russia, Iran e altri paesi continuano a richiedere oro per diversificarsi dai dollari, mentre la produzione è piatta e sono cessate le vendite ufficiali da parte dell'occidente.
Tutti e tre i fattori — tassi reali, dollaro forte e vendite ufficiali — puntano verso un'inversione delle tendenze recenti e ad uno slancio verso condizioni che favoriranno prezzi più elevati dell'oro.
L'oro può muoversi in entrambe le direzioni, ma è molto più probabile che si muoverà in su piuttosto che in giù date le condizioni attuali.
Vi auguro il meglio,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nel frattempo...
RispondiEliminaPaper Gold Dilution Hits 294x As Comex Registered Gold Drops To New All-Time Low
Ha tutta l'aria d'essere un conto alla rovescia...