Bibliografia

giovedì 31 dicembre 2015

La rinascita della Scuola Austriaca





di Richard Ebeling


Quarant'anni fa, durante la settimana del 15-22 giugno 1974, la Scuola Austriaca d'Economia rinacque nel corso di una conferenza nella piccola cittadina di South Royalton, Vermont. Perché era così importante? Perché gli economisti della Scuola Austriaca hanno sviluppato la tesi più convincente riguardo il perché solo la libertà economica può dare agli uomini la libertà e la prosperità.

Durante la Grande Depressione degli anni '30, molti economisti e dirigenti politici sostenevano che il capitalismo avesse "fallito" e che solo l'intervento statale avrebbe potuto portare stabilità e correttezza nella società.



La Dominazione delle Idee Statali

Durante i trent'anni successivi alla seconda guerra mondiale, l'economia keynesiana ha dominato la politica economica. Lo stato, si diceva, doveva avere il potere discrezionale di manipolare la spesa e la tassazione, e anche il sistema monetario, al fine d'assicurare la piena occupazione e una crescita economica stabile.

Ciò venne accompagnato da un formalismo matematico ai livelli più alti della teoria economica, in cui l'individuo era stato ridotto ad una mera variabile passiva in una serie di equazioni, grazie alle quali si presumeva che lo stato avrebbe potuto micro-gestire con successo il mercato. Senza la direzione e la saggezza superiore dei politici, la società sarebbe precipitata in sprechi ed inefficienze a causa delle scelte sbagliate delle persone e delle azioni fuori posto abbandonate a sé stesse.



L'Inizio dell'Economia Austriaca

Quasi 145 anni fa Carl Menger fondò la Scuola Austriaca d'Economia. Pioniere a sfatare il mito della teoria del valore-lavoro, che aveva dominato l'economia dai tempi di Adam Smith fino a Karl Marx, Menger sviluppò la teoria soggettiva del valore. Il valore di un bene, spiegava Menger, non è determinato dalla quantità di lavoro dedicata alla sua realizzazione, ma piuttosto dall'individuo disposto o meno a consumarlo. Dal momento che gli individui valutano le cose in modo diverso e secondo diverse scale d'importanza, non c'è modo di determinare obiettivamente il valore di ogni bene commerciato se non facendo riferimento ai giudizi personali ("soggettivi") del singolo individuo.

Menger venne presto seguito da due discepoli che raffinarono la Teoria Austriaca a tal punto da farla diventare una forza importante nel mondo delle idee. Friedrich von Wieser formulò il concetto di costo d'opportunità, grazie al quale capiamo che non esiste nulla di gratuito. Il fatto che la maggior parte dei mezzi che utilizziamo per raggiungere i nostri fini sono scarsi (troppo limitati nell'offerta per consentirci di raggiungere tutti gli obiettivi che ci potremmo prefiggere), significa che dobbiamo sempre scendere a compromessi.

Il costo di tutto ciò è l'obiettivo, lo scopo, o il fine alternativo, a cui dobbiamo rinunciare per perseguire con i mezzi scarsi a nostra disposizione quel fine che ai nostri occhi vale di più. L'idea che lo stato possa dare alla gente un "pasto gratis" è fondamentalmente sbagliata; ciò che lo stato dà a qualcuno con una mano, deve riprenderlo da qualcun altro con l'altra mano, perché i mezzi disponibili non sono sufficienti a soddisfare pienamente tutti i progetti in cui s'impegna.

Eugen von Böhm-Bawerk sviluppò ulteriormente la teoria del valore soggettivo di Menger e la applicò al tema del risparmio, degli investimenti e della creazione del capitale. Tutto quello che facciamo richiede tempo. Quando bolliamo un uovo, o costruiamo un tunnel attraverso una montagna, o piantiamo qualcosa, tutte le nostre attività di produzione richiedono tempo.

Ciò richiede che gli individui risparmino abbastanza da liberare quelle risorse necessarie per costruire i beni capitali e coprire le spese quotidiane fino a quando i processi di produzione non verranno completati, grazie ai quali beni e servizi nuovi e migliori porteranno un aumento del benessere per tutte le persone.

La tassazione e la regolamentazione statale possono indebolire, se non distruggere, la capacità e la motivazione delle persone di risparmiare e investire, azioni essenziali se in futuro vogliamo beneficiare di un aumento del tenore di vita.



Ludwig von Mises e la Tesi del Libero Mercato

Nel XX secolo Ludwig von Mises ampliò l'approccio Austriaco. Mises applicò la teoria soggettiva del valore di Menger al campo monetario e sviluppò la teoria "Austriaca" del ciclo economico. La manipolazione monetaria da parte dello stato erode il risparmio e gli investimenti sani, con conseguenti progetti d'investimento improduttivi al punto che l'economia deve riequilibrarsi attraverso un periodo di recessione correttiva.

L'unica politica statale saggia è quella di lasciare il denaro e il sistema bancario alle forze competitive di un mercato libero affinché si possano eliminare i boom inflazionistici e i bust recessivi del ciclo economico, in modo che gli individui possano effettivamente tornare a risparmiare e ad investire in accordo con una stabilità e una crescita ben coordinate.

Agli inizi degli anni '20, Mises dimostrò anche perché il nuovo esperimento di pianificazione centralizzata socialista nella Russia comunista sarebbe infine fallito. Il processo decisionale economico razionale ed efficiente, richiede prezzi monetari generati dal mercato per determinare e calcolare i valori relativi dei prodotti finiti rispetto ai costi d'utilizzo dei mezzi di produzione –-- terra, lavoro e capitale –-- sulla base dei quali gli imprenditori possono stimare i profitti, o le perdite, e produrre un prodotto piuttosto che un altro.

Il socialismo abolisce la proprietà privata, vieta la proprietà del mercato e lo scambio di beni e risorse, e pone tutto il processo decisionale economico nelle mani della pianificazione centrale statale.

Ma senza la proprietà privata, non c'è niente da comprare e vendere. Con niente da comprare e vendere, non c'è contrattazione per determinare le possibili ragioni di scambio. Senza ragioni di scambio concordate, non ci sono prezzi di mercato.

Senza i prezzi di mercato a segnalazione del valore di quello che i consumatori potrebbero desiderare e del valore effettivo delle risorse scarse da usare nei processi produttivi, non esiste alcun modo razionale affinché il pianificatore socialista possa conoscere in modo efficiente ed efficace cosa produrre e a quali costi per massimizzare la produzione totale. La pianificazione centralizzata socialista crea una società di "caos pianificato".

Sulla base della sua critica all'inattuabilità della pianificazione centralizzata socialista, Ludwig von Mises sviluppò una teoria di come funziona il processo di mercato competitivo e sottolineò il ruolo dell'imprenditore nell'orientare la produzione per perseguire un profitto e prevenire le perdite.

Questo portò Mises ad esporre un'analisi critica dettagliata di come e perché le varie forme di regolamentazione statale e d'intervento statale nell'economia non possano che alterare e provocare uno squilibrio nel coordinamento di mercato tra domanda e offerta. L'unico sistema economico in linea con la libertà e la prosperità, concluse Mises, è il capitalismo di libero mercato.



F. A. Hayek e l'Uso della Conoscenza nella Società

La teoria Austriaca ha fatto ulteriori passi in avanti grazie alla mente versatile di Friedrich von Hayek, il quale ha vinto il premio Nobel per l'economia nel 1974, pochi mesi dopo la conferenza a South Royalton, Vermont.

Nel 1930 Hayek raffinò la teoria della moneta e del ciclo economico di Mises, e diventò il principale critico di John Maynard Keynes nel periodo in cui "l'economia keynesiana" si stava sviluppando. Ripeteva che la spesa in deficit e la manipolazione della spesa avrebbero solo rallentato la normale ripresa da una recessione, correndo il pericolo di creare inflazione futura che avrebbe innescato un'altra recessione economica.

Hayek, come Mises, era critico nei confronti del socialismo. La sua tesi di base s'incentrava sull'impossibilità che i pianificatori centrali più saggi e più intelligenti potessero padroneggiare, integrare e utilizzare in modo efficace tutte le conoscenze necessarie per guidare con successo l'intera economia.

La divisione del lavoro nella società corrisponde ad una divisione della conoscenza, dove ciascuno di noi possiede nella propria mente solo una quantità limitata di tutta la conoscenza del mondo. Noi tutti dobbiamo ammettere e accettare tale ignoranza nei confronti della conoscenza totale del mercato, il cui decentramento va a beneficio di tutti gli attori di mercato.

Hayek spiegò come siano i prezzi a coordinare tutta la conoscenza nel mercato, i quali servono come mezzo di comunicazione affinché gli individui possano informarsi reciprocamente sui desideri dei consumatori e sulle capacità dei produttori, lasciandoci liberi di utilizzare le conoscenze che ognuno di noi possiede nel modo che riteniamo più vantaggioso. Pertanto la libertà e la prosperità si uniscono attraverso il sistema di mercato dei prezzi e della concorrenza per scoprire chi, perseguendo il proprio interesse, riesce a soddisfare al meglio i desideri degli altri.



Le Voci Austriache alla Conferenza di South Royalton

L'Istituto per gli Studi Umanitari (IHS) organizzò la conferenza di South Royalton sull'economia Austriaca e portò nel Vermont tre dei principali economisti Austriaci di quel tempo: Israel M. Kirzner, Ludwig M. Lachmann e Murray N. Rothbard.

Israele Kirzner aveva studiato sotto Mises alla New York University, e nel 1973 aveva scritto, “Competition and Entrepreneurship”, il primo di molti libri che spiegano l'importanza della cosiddetta alertness (o vigilanza, NdT) e della creatività incorporati nella figura dell'imprenditore, il quale, mediante la sua ricerca del profitto, porta equilibrio e coordinazione nell'offerta in base alla domanda di noi consumatori.

Murray Rothbard si era già fatto un nome nel campo Austriaco con la sua opera in due volumi, “Man, Economy and State” (1962), nel quale sviluppò l'intero edificio della comprensione economica seguendo le orme di Ludwig von Mises. Il suo libro del 1963, “America’'s Great Depression”, dimostrò che la depressione economica degli anni '30 ebbe origine dalla cattiva politica monetaria della Federal Reserve negli anni '20, e venne peggiorata dalle politiche interventiste dell'amministrazione Hoover all'inizio degli anni '30.

Ludwig Lachmann aveva studiato con F. A. Hayek alla London School of Economics negli anni '30, e continuò a sfidare il malinteso keynesiano secondo cui l'economia dovrebbe essere considerata come un unico aggregato di produzione economica. Dimostrò che il mercato è un'intricata rete di singole offerte e domande interconnesse in modi che potrebbero non avere un ordine armonioso, ma attraverso le azioni competitive delle persone si adattano alla perfezione alla dinamicità del mercato.



L'Economia Austriaca, una Buona Economia

Durante il primo giorno della conferenza ci fu un banchetto serale d'apertura. Durante la cena l'economista di libero mercato, Henry Hazlitt, (autore di “Economics in One Lesson”) ricordò il suo primo incontro con Ludwig von Mises negli anni '40. Il noto economista anti-keynesiano, W. H. Hutt, parlò dei contributi forniti da Mises. Poi Murray Rothbard riferì di alcuni aneddoti divertenti riguardanti Mises durante i suoi seminari universitari alla New York University dal 1945 fino al suo pensionamento nel 1969, all'età di 89 anni.

Milton Friedman, che aveva una casa estiva in Vermont e che fu invitato alla cena, chiese di fare un paio di osservazioni. Ammise che Mises aveva reso una serie di notevoli contributi all'economia, ma che dal suo punto di vista era troppo "estremo" sia per quanto riguardava l'economia sia per quanto riguardava la politica pubblica. Oltre a ciò, aggiunse Friedman, non esisteva qualcosa come "l'economia Austriaca," solo una buona economia e una cattiva economia.

Probabilmente Friedman doveva reputare i partecipanti a quella conferenza una manica di "pazzi" visto che stavano celebrando qualcosa chiamato "economia Austriaca". Ma per quelli di noi che frequentarono quella conferenza, l'economia Austriaca è stata una buona economia per comprendere la natura e il funzionamento del mondo reale.



L'Azione Umana e l'Uomo come Unico Decisore

Una settimana di lezioni rigorose e incisive spaziarono su ogni aspetto della teoria "Austriaca". Rothbard e Kirzner gettarono le basi spiegando le implicazioni della teoria dell'azione umana e della scelta. Lo studio dell'economia, sottolineò Rothbard, inizia con l'assioma fondamentale che l'uomo agisce, che l'azione cosciente viene intrapresa per raggiungere gli obiettivi prescelti. Ciò implica anche che ogni azione è mirata e razionale dal punto di vista dell'attore.

Ogni azione avviene nel tempo. Ogni azione avviene ora per raggiungere un qualche risultato in futuro. Significa anche che l'uomo agisce senza onniscienza, poiché se un individuo sapesse cosa lo aspetterebbe in futuro, allora la sua azione per sostituire una determinata condizione con un'altra sarebbe inutile. Con un futuro garantito e certo l'azione diventerebbe inutile, perché in quel futuro nulla potrebbe essere cambiato e l'idea che le persone compiano scelte libere diventerebbe priva di significato.

Il fatto che l'azione abbia uno scopo, un obiettivo e sia soggettiva, significa anche che gli studi statistici o storici che tentano di misurare o prevedere l'attività umana devono essere considerati altamente limitanti. Kirzner usò l'esempio di un uomo che da Marte guarda la Terra attraverso un telescopio. Il marziano osserva che ogni giorno qualcosa esce da una scatola quadrata ed entra in un'altra scatola rettangolare, allontanandosi lungo un labirinto di canali e intersezioni. Il marziano nota che in certi giorni l'oggetto che esce dalla prima scatola, si muove più rapidamente per raggiungere la seconda scatola rettangolare. Allora elabora uno studio statistico che mostra che una volta su dieci, l'oggetto si sposterà rapidamente per raggiungere la scatola rettangolare e lo utilizzerà per prevedere le attività "terrestri".

Ciò che viene totalmente trascurato da questo metodo, è che la prima scatola rappresenta un condominio da cui esce un individuo che attraversa la strada per prendere l'autobus. Il fatto che a volte l'individuo si svegli tardi e debba poi inseguire l'autobus, non significa che non possa svegliarsi prima, andare a dormire prima, ecc. Né le azioni di un individuo determinano il modo in cui un altro individuo agirà nelle stesse circostanze. Quindi, basare la propria comprensione dell'uomo sulle sole statistiche e sui soli studi storici, vuol dire ignorare che l'azione umana è volitiva, propositiva e mutevole.

L'incapacità della professione economica di cogliere le meccaniche dell'azione umana, ha portato all'adozione di modelli economici totalmente al di fuori della realtà. Nei modelli usati per spiegare i fenomeni di mercato, l'equilibrio —-- quel punto in cui tutte le attività di mercato si fermano e tutti gli operatori di mercato sono in possesso di una conoscenza perfetta con gusti e preferenze immutabili --— è diventato la pietra angolare della teoria economica.



Il Processo di Mercato e l'Imprenditore

Lachmann, in una lezione illuminante, spiegò che il mercato non consiste in una serie di punti d'equilibrio su una curva, ma, piuttosto, è un processo costantemente in movimento perché le correnti di fondo dell'azione umana non riposano mai. Gli uomini, mancando dell'onniscienza, integrano nei loro piani le informazioni fornite da un flusso costante di cambiamenti nella disponibilità di risorse, nelle azioni di altri uomini e negli imprevisti. Ma poiché la prospettiva di ogni uomo e l'interpretazione di questo flusso di conoscenza possono essere diversi da quelli degli altri, quello che sembra rilevante per un individuo può essere scartato da un altro.

L'inconoscibilità del futuro significa che gli individui traggono conclusioni basate su aspettative di ciò che accadrà nel corso del tempo. Aspettative divergenti e cambiamenti inaspettati, quindi, si traducono in una potenziale mancanza di coerenza dei piani interpersonali. Quando gli errori diventano visibili agli individui, ogni attore di mercato imparerà una lezione diversa in base alle informazioni disponibili. E, quindi, saremo di nuovo di fronte alla possibilità d'incoerenza tra i diversi piani del mercato.

Ma se i piani degli attori di mercato non possono mai mescolarsi senza problemi, quali forze nel mercato tendono verso un riequilibrio, o coordinamento, delle azioni degli innumerevoli attori umani? La lezione successiva del professor Kirzner ci diede la spiegazione. L'uomo agente non è soltanto un cieco "beneficiario" dei prezzi e delle risorse; piuttosto, a causa del fatto che il cambiamento imprevisto si verifica in un futuro incerto, l'uomo è anche "vigile".

L'alertness è la chiave delle forze di mercato. Questa capacità umana di vigilanza, disse Kirzner, è incarnata nel ruolo dell'imprenditore. Non è solo la difficoltà nel sapere quando assumere e dove collocare il lavoratore. Si tratta di una conoscenza molto più sottile; è la capacità di sapere dove trovare la conoscenza, di raccogliere frammenti d'informazione che gli altri scartano e di vederne il valore per portare coerenza in uno o più progetti umani che altrimenti sarebbero rimasti in disequilibrio. La possibilità di trarre profitto da quelle informazioni che altri non erano riusciti a vedere, funge da incentivo affinché le persone tengano gli occhi aperti per scovare incoerenze e opportunità nei progetti umani.



Produzione, Tempo e Denaro nel Processo di Mercato

Lachmann e Kirzner ampliarono questa linea di pensiero il giorno seguente con lezioni sulla teoria Austriaca del capitale. Il capitale è il prodotto intermedio --– spesso gli utensili o le macchine --– usato per produrre un prodotto finito destinato al consumo. Eppure i molti tentativi di misurare e quantificare lo stock di capitale "della società" si sfaldano davanti alla natura dell'azione propositiva. Un determinato bene è considerato "bene di produzione" utile per un determinato scopo, solo nel contesto di un piano umano. A seconda delle valutazioni e dei giudizi soggettivi degli individui che interagiscono nel mercato, un qualsiasi bene potrebbe essere considerato come un bene d'investimento oggi o diventare del tutto inutile domani, oppure diventare un bene di consumo dopodomani.

L'inafferrabilità dell'equilibrio del mercato, come sottolineò Lachmann, incorpora una tendenza verso l'integrazione strutturale dei piani interpersonali, ma alcune combinazioni finiscono per non rientrare nei piani esistenti e possono risultare in una rivalutazione di alcuni di questi beni e, di conseguenza, a non essere più considerati "beni di capitale" agli occhi del valutatore. Kirzner continuò la discussione sottolineando che il capitale è il complesso dei cosiddetti "dolci cotti a metà", la forma intermedia di quei beni che più in là nella catena produttiva prenderanno la forma di beni che i consumatori vorranno consumare.

Rothbard diede una lezione interessante sulla teoria Austriaca del denaro. È stato Ludwig von Mises, sottolineò Rothbard, che per primo ha applicato i principi dell'utilità marginale al denaro, mostrando come il denaro abbia avuto origine e come si sono stabiliti sul mercato i valori di scambio. Rothbard suggerì tre aree di possibile ricerca futura:
  1. come separare lo stato dal denaro;
  2. la questione del free banking e dei dollari coperti al 100% dall'oro;
  3. la definizione dell'offerta di denaro.

Proseguì con una lezione intitolata “"New Light on the Pre-History of the Austrian School”," e mostrò lo sviluppo delle teorie dell'utilità marginale nel Medioevo in Spagna e Italia.



L'Errore Centrale nell'Economia Keynesiana

Lachmann finì la sua serie di conferenze con una critica alla macroeconomia. Sosteneva che il mercato fosse una rete complessa e in continua evoluzione, costituita da una moltitudine di singole azioni e reazioni a ciò che tutti gli altri cercano di fare per raggiungere i propri obiettivi.

Il tentativo keynesiano di ridurre tutta la complessità delle attività umane a poche semplici aggregati statistici affinché possano essere controllati e manipolati dallo stato, non solo fraintende la vera natura di un sistema di mercato dinamico e competitivo, ma rischia di provocare incidenti che potrebbero creare molta più instabilità e disordine rispetto ad un mercato privo di ostacoli.



La Dimostrazione che l'Intervento Statale È Sbagliato

Nell'ultimo giorno della conferenza, Kirzner e Rothbard riassunsero l'approccio Austriaco considerando le "Implicazioni filosofiche ed etiche della teoria economica Austriaca". Kirzner ribadì il principio della libertà nell'analisi economica. Come economista, il teorico Austriaco non dà giudizi sugli obiettivi delle persone. Il compito dell'economista è quello di analizzare oggettivamente se i mezzi proposti per raggiungere un determinato obiettivo, siano i più appropriati o efficaci per tale scopo. L'economista non può dire o giudicare se l'obiettivo inseguito da un individuo, con qualunque mezzo scelto, sia di per sé "buono" o "cattivo".

Pur ammettendo questo, Rothbard si chiedeva se l'economista potesse imputare valore a qualcosa. Che succede se un politico ha come suo obiettivo l'impoverimento economico della nazione e utilizza la demagogia per ottenere potere politico? Dobbiamo dirgli che si tratta di un "buon" mezzo per raggiungere il suo fine? Così, concluse Rothbard, spesso può essere necessario avere alcuni principi carichi di valore per giudicare sia i fini sia i mezzi.



Il Catalizzatore della Rinascita della Scuola Austriaca

Gli organizzatori della conferenza di South Royalton, appartenenti all'Institute for Humane Studies, ne avevano intuito l'importanza come catalizzatore per accendere di nuovo i riflettori sulla Scuola Austriaca. E a quarant'anni di distanza si può dire che è stata un successo.

Tra la conferenza di South Royalton nel giugno del 1974 e l'assegnazione del Premio Nobel a F. A. Hayek nell'ottobre dello stesso anno, la Scuola Austriaca iniziò una brillante rinascita che ancora una volta l'avrebbe resa una delle forze economiche più importanti in quanto a idee e prescrizioni solide. Ciò venne supportato anche dalla pubblicazione di un libro sulla conferenza intitolato, “The Foundations of Modern Austrian Economics.”

Dopo quasi essere finita nell'oblio nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, a causa del predominio dell'economia keynesiana, la Scuola Austriaca rinacque. Ora ci sono università in cui gli studenti e i laureati possono seguire corsi d'economia Austriaca con professori ben informati e dediti alla tradizione che ha avuto inizio con Carl Menger e poi è cresciuta grazie alle idee di Mises e Hayek.

Ci sono come minimo tre riviste scientifiche dedicate allo sviluppo delle idee Austriache, oltre a siti online, blog e pubblicazioni che illustrano e applicano le idee "Austriache" ai problemi politici contemporanei. Inoltre, ogni anno case editrici rispettate e ben note stampano libri scientifici e divulgativi sull'economia Austriaca.

Anche alcuni esponenti politici di spicco hanno pubblicamente sostenuto l'attuazione di politiche orientate al libero mercato sulla base di intuizioni economiche Austriache -- tra cui l'abolizione della Federal Reserve, un free banking  e denaro lasciato al libero mercato competitivo.

Tutto questo ha avuto per buona parte inizio con quella conferenza sull'economia Austriaca di 40 anni fa in una piccola cittadina del New England.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 30 dicembre 2015

Il dilemma di Triffin e il futuro dei DSP

La Cina è ancora economicamente acerba e su questo non c'è alcun dubbio. Il suo mercato obbligazionario statale, infatti, non è ancora paragonabile a quello statunitense. Per non parlare del sistema giudiziario e legislativo. Però non bisogna sottostimare il ruolo che ha ricoperto dopo il 2008 quando, alla domanda estera alimentata dagli USA, ha sostituito quella interna per il trading e gli immobili. D'improvviso tassisti e guidatori d'autobus sono diventati "grandi esperti" del mercato azionario e si sono lanciati in un'avventura di cui ignoravano la destinazione finale. Non solo, ma la bolla immobiliare cinese ha alimentato un'importazione di materie prime senza precedenti. Brasile, Australia, Canada e altri paesi asiatici ne sono stati investiti. E non scordiamoci anche della Germania, la quale fino a poco tempo fa era felice d'esportare macchinari e altre attrezzature d'ingegneria in Cina. E il settore del lusso europeo? Stesso discorso. Il gioco di Pechino, dunque, è quello attuato dagli Stati Uniti contro l'Inghilterra per spodestare la sterlina dal ruolo di valuta di riserva mondiale. Ovvero, indurre i partner commerciali a cambiare "sponda". La Cina ci sta provando con la tentazione del denaro gratis sfornato dall'AIDB, la quale inviterebbe le industrie estere a delocalizzare sul territorio cinese in cambio di sussidi generosi. L'accumulo d'oro da parte della Cina non serve a "pugnalare alle spalle" gli USA, ma serve a non finire nell'occhio del ciclone quando le varie bolle scoppieranno. La sua credibilità andrebbe in fumo se in caso di crisi tutto ciò che avrebbe da mostrare sarebbe solo un caveau pieno di bond del Tesoro USA. Chi rischia di fare questa figuraccia sono gli USA, poiché a Fort Knox molto probabilmente l'oro è finito da tempo.
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di James Rickards


Se non sapete chi è Robert Triffin, allora dovreste leggere attentamente questo articolo.

Triffin era un economista belga, vissuto dal 1911 al 1993. Nel corso della sua carriera è stato considerato come uno dei più autorevoli esperti d'oro, di valute e del sistema monetario internazionale. Ha lasciato molti contributi all'economia internazionale, ma quello più famoso è stato il cosiddetto "dilemma di Triffin".

Il paradosso del dilemma di Triffin venne enunciato negli anni '60, ma solo ora le sue implicazioni stanno venendo pienamente a galla. Lungi dall'essere una reliquia del passato, il dilemma di Triffin è la chiave per capire il futuro del sistema monetario internazionale.

Il dilemma di Triffin nacque dal sistema di Bretton Woods istituito nel 1944. In base a tale sistema, il dollaro era ancorato all'oro a $35 l'oncia e le altre valute principali erano ancorate al dollaro a tassi di cambio fissi. Gli architetti del sistema sapevano che questi altri tassi di cambio sarebbero stati svalutati di tanto in tanto, soprattutto a causa dei deficit commerciali, ma il processo di svalutazione era stato progettato per essere lento e ingombrante.

Un paese che voleva svalutare (per esempio, il Regno Unito nel 1967) doveva prima consultarsi con il Fondo Monetario Internazionale, FMI. Quest'ultimo avrebbe raccomandato cambiamenti strutturali, riguardanti la politica fiscale ad esempio, per curare il deficit commerciale.

L'FMI era anche pronto ad offrire prestiti ponte in valuta forte, in modo da aiutare il paese in deficit a sopportare le sollecitazioni temporanee mentre implementava i cambiamenti strutturali. Solo se i cambiamenti strutturali fallivano e i disavanzi commerciali persistevano, l'FMI avrebbe consentito una svalutazione.

Questo processo valeva per tutti paesi tranne gli Stati Uniti. Per quanto riguardava questi ultimi, il legame tra oro e dollaro era fisso e non poteva essere cambiato. Il legame dollaro/oro era l'ancora dell'intero sistema.

Questo collegamento fisso tra il dollaro e l'oro, rese il biglietto verde la valuta di riserva più pregiata al mondo. Questo era il programma segreto di Bretton Woods. Con il dollaro come valuta di riserva principale, le sterline del Regno Unito, una valuta di riserva concorrente, sarebbero cadute nel dimenticatoio.

Il Regno Unito si basava sulla cosiddetta Preferenza Imperiale tra i suoi partner commerciali nel Commonwealth britannico per guadagnare avanzi commerciali; inoltre si basava su questi stessi partner commerciali affinché detenessero le sterline come valuta di riserva. La Banca d'Inghilterra puntava sul fatto che i membri del Commonwealth non avrebbero mai chiesto di convertire le sterline in oro. La Preferenza Imperiale venne intaccata dal General Agreement on Tariffs and Trade, il GATT, anch'esso parte di Bretton Woods. (Oggi il GATT è conosciuto come Organizzazione Mondiale del Commercio, WTO).

Bretton Woods non era altro che un pugno degli Stati Uniti inferto all'impero britannico per metterlo a tappeto. Il GATT indeboliva la Preferenza Imperiale. Il legame dollaro/oro indeboliva le sterline. Il deficit commerciale del Regno Unito persistette, e i partner del Commonwealth chiesero indietro il loro oro. Alla fine la sterlina venne svalutata, e l'impero si sciolse. Venne sostituito da una nuova era: l'impero USA e il Re dollaro.

C'era solo un problema, e Robert Triffin lo fece notare. Se il dollaro era la moneta di riserva, allora tutto il mondo aveva bisogno di dollari per finanziare il commercio mondiale. Per fornire questi dollari, gli USA dovevano avere deficit commerciali.

Gli Stati Uniti vendevano un sacco di beni all'estero, ma gli americani svilupparono rapidamente un appetito per l'elettronica giapponese, le auto tedesche, le vacanze francesi e altri beni e servizi esteri. Oggi la Cina ha sostituito il Giappone come fonte principale delle esportazioni verso gli Stati Uniti; gli americani non hanno ancora perso il loro appetito per le importazioni finanziate stampando dollari.

Così gli Stati Uniti ebbero deficit commerciali, il mondo ottenne i dollari e il commercio globale fiorì. Ma se si continua ad avere deficit abbastanza a lungo, si va in bancarotta. Questa era l'essenza del dilemma di Triffin. Qualsiasi sistema basato sui dollari avrebbe fatto sì che il biglietto verde sarebbe crollato, perché o ci sarebbero stati troppi dollari oppure non ci sarebbe stato abbastanza oro a prezzi fissi per far continuare il gioco. Questo paradosso tra deficit e fiducia nel dollaro era insostenibile.

Questo sistema fallì negli anni '70. La presunta soluzione fu quella d'abolire il peg dollaro/oro nel 1971, e demonetizzare il metallo giallo nel 1974. Ma nel 1969 venne inventato anche qualcos'altro — i Diritti Speciali di Prelievo dell'FMI, o DSP.

I DSP erano un nuovo tipo di moneta mondiale stampati dall'FMI. L'idea era quella di utilizzarli come moneta di riserva a fianco del dollaro. Questo significava che se gli Stati Uniti avessero estinto il loro deficit commerciale, e fornito quindi un minor numero di dollari al mondo, le carenze nelle riserve potevano essere sopperite stampando DSP.

In realtà i DSP vennero stampati e distribuiti ripetutamente durante la crisi del dollaro 1969-1980. Ma poi venne inaugurata una nuova era del Re dollaro da Paul Volcker e Ronald Reagan, con l'aiuto di Henry Kissinger, il re dell'Arabia Saudita e i banchieri privati (​​come il mio vecchio capo Walter Wriston di Citibank).

Sotto il nuovo sistema del Re dollaro, i tassi d'interesse degli Stati Uniti sarebbero stati sufficientemente alti da rendere il biglietto verde una riserva patrimoniale attraente anche senza una copertura aurea. Ricordate i tassi d'interesse al 20% nei primi anni '80?

Henry Kissinger persuase l'Arabia Saudita a mantenere il petrolio prezzato in dollari. Questo "accordo dei petrodollari" fece sì che i paesi che volevano petrolio necessitassero di dollari per pagarlo, che li piacesse tale valuta o meno.

Gli arabi depositarono i dollari ricevuti presso Citibank, Chase e altre grandi banche dell'epoca. I banchieri, guidati da Wriston presso la Citibank e David Rockefeller presso la Chase, prestarono i soldi ad Asia, Sud America e Africa.

Da lì i dollari venivano usati per comprare esportazioni statunitensi, come aerei, attrezzature pesanti e prodotti agricoli. Improvvisamente il gioco ricominciò di nuovo, questa volta senza oro. Questa nuova Età del Re dollaro è durata dal 1980 al 2010.

Sta di fatto che era pur sempre basata sulla fiducia nel dollaro. Il dilemma di Triffin non è mai scomparso; mentre il mondo si strafogava di dollari e dimenticava l'oro, esso è rimasto in agguato pronto a riemergere. Negli ultimi 30 anni gli Stati Uniti hanno continuato ad avere un deficit commerciale di grandi dimensioni, proprio come disse Triffin. Il mondo s'è rimpinzato di riserve in dollari, con la Cina ai primi posti negli anni '90 e nei primi anni 2000.

Il gioco s'è concluso nel 2010 con l'inizio di una guerra tra valute a seguito del panico del 2008. I partner commerciali stanno agendo di nuovo come agirono nei primi anni '70. In attesa dietro le quinte c'è un nuovo collasso sistemico.

La debolezza del dollaro nel 2011 è stata progettata per stimolare la crescita degli Stati Uniti e per impedire al mondo di sprofondare in una nuova depressione. Ha funzionato nel breve periodo, ma ora i ruoli si sono invertiti. Oggi il dollaro è forte, e l'euro e lo yen si sono indeboliti. Questo dà al Giappone e all'Europa un certo sollievo, ma va a scapito degli Stati Uniti (dove la crescita ha rallentato di nuovo).

Anche il nuovo peg dollaro/yuan ha contribuito ad un rallentamento in Cina. Non c'è abbastanza crescita globale. Le maggiori potenze commerciali e finanziarie si stanno cannibalizzando l'un l'altra con le valute deboli. Presto gli Stati Uniti e la Cina potrebbero svalutare le loro divise rispetto ad Europa e Giappone, ma questo incrementerà solamente la debolezza globale.

Non c'è modo di fuggire da questa situazione? Non c'è via d'uscita dal dilemma di Triffin?

Potrebbe emergere un nuovo gold standard per risolvere il problema, ma richiederebbe un prezzo dell'oro a $10,000 l'oncia. Nessun banchiere centrale al mondo vorrebbe una cosa del genere, perché verrebbe limitata la loro capacità di stampare moneta e d'essere pianificatori economici centrali.

Esiste un'alternativa all'oro? C'è un altro modo per uscirne: i nostri vecchi amici, i DSP. Questa soluzione può risolvere il dilemma di Triffin.

Secondo il paradosso l'emittente della valuta di riserva deve avere un deficit commerciale, però a lungo andare finisce in bancarotta. Ma i DSP sono emessi dall'FMI. Quest'ultimo non è un paese e non ha un deficit commerciale. In teoria, l'FMI può stampare DSP per sempre e mai andare in bancarotta. I DSP possono circolare tra i membri dell'FMI in un circuito chiuso.

Gli individui non avranno DSP, solo i paesi. Questi ultimi non avranno alcun desiderio di rompere il nuovo sistema, perché sarebbero tutti d'accordo. Gli Stati Uniti non avrebbero più lo scettro, ceduto, invece, alla "Famiglia dei Cinque" (Cina, Giappone, Stati Uniti, Europa e Russia).

Gli unici perdenti sarebbero i cittadini dei paesi membri dell'FMI — persone come voi e io — che soffrirebbero per l'inflazione della valuta locale. Mi sto preparando con oro e hard asset, ma la maggior parte delle persone verrà colta di sorpresa, come i greci in fila presso i bancomat vuoti.

I DSP sono una valuta così poco compresa che la gente non saprà da dove arriverà l'inflazione. I funzionari eletti incolperanno l'FMI, ma quest'ultimo non sarà tenuto a dare alcuna spiegazione. È questo il "bello" dei DSP — risolverebbe il dilemma di Triffin, i debiti verrebbero inflazionati e nessuno sarebbe ritenuto responsabile. Questo è il piano dell'élite globale, in poche parole.

Non togliamo mai il nostro sguardo dal Fondo Monetario Internazionale e dai suoi piani per espandere l'uso dei DSP. Nei prossimi 12 mesi l'FMI prevede d'includere lo yuan cinese nel paniere dei DSP, in modo da assicurarsi che i cinesi siano "a bordo" quando inizierà il finale di partita. Questo è un passo importante nel processo d'implementazione dei DSP.

Passerà ancora altro tempo prima che questa storia possa dipanarsi completamente, ma il finale è già in vista. Rimanete sintonizzati…

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 29 dicembre 2015

Rifugiati e migranti in un mondo d'interventismo statale

Il seguente è un breve articolo per esporre le criticità del sistema statale per quanto riguarda i flussi migratori. Prima di iniziare la lettura è bene che vengano letti questi due saggi di Hoppe (1 e 2) in cui si delineano i punti chiave che compongono il prototipo dell'idea libertaria di società libera. Infatti se vivessimo in una società libera non esisterebbe alcuna immigrazione, poiché ogni proprietario sarebbe in grado di decidere se accettare o meno i rifugiati. Non solo, ma esisterebbero anche enclave comunitarie così come società caritatevoli che aiuterebbero coloro in difficoltà. Perché lo credo? Perché, caro lettore, so che stai pensando proprio a questo e di conseguenza sarebbe tua responsabilità finanziare una società simile. Ognuno sarebbe costretto a seguire quell'adagio statunitense che recita: "Put your money where your mouth is." Invece, ahi noi, viviamo in una società in cui lo stato prevarica in ogni settore e questo complica enormemente le cose, poiché quel manipolo d'individui che sforna leggi presumibilmente giuste non lo fa in accordo con la volontà del mercato bensì con la volontà clientelare. Questo significa che i problemi che si adoperano di risolvere, non rappresentano altro che le soluzioni fallimentari implementate per problemi precedenti di minore impatto. Infatti è colpa del sistema statale moderno se la proliferazione di gruppi terroristici è più viva che mai, ed è sempre colta del sistema statale moderno se la proliferazione di correnti migratorie è più imponente che mai. È chiaro che i veri rifugiati politici necessitano aiuto, soprattutto in considerazione del fatto che è stato l'occidente a scatenare un vespaio in Medio Oriente e in Libia. Ma più di tutto, è necessario smettere di seguire quelle strade che c'hanno condotto a questo caos e ciò significa non alimentare la macchina bellica e non sostenere quei partiti estremisti che sfruttano solamente una scusa per arrivare al potere e al vostro portafoglio.
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di Per Bylund


Il mondo prima del 1914 non aveva problemi legati all'immigrazione o alle relative politiche, e non c'erano controlli approfonditi alle frontiere. Invece c'era una libera circolazione; non c'erano domande, le persone venivano trattate con rispetto e non avevano nemmeno bisogno di documenti ufficiali per entrare o uscire da un paese. Tutto questo è cambiato con la prima guerra mondiale, dopo la quale gli stati sembravano fare a gara a chi avesse l'atteggiamento meno umano riguardo gli stranieri che cercavano rifugio.

Le "politiche sull'immigrazione" degli stati moderni sono l'ennesimo sistema di autorizzazioni del ventesimo secolo: lo stato ha imposto un controllo al movimento. È praticamente impossibile muoversi tra i confini artificiali del territorio statale alla ricerca di opportunità, amore, o lavoro; c'è bisogno di un'autorizzazione rilasciata dallo stato per spostare il proprio corpo e attraversare un fiume, una montagna, o una foresta. Il muro di Berlino può essere stato abbattuto, ma il principio di base è ancora vivo.

I controlli sull'immigrazione non sono diversi da altri tipi d'autorizzazioni, anche se è stato assegnato loro un nome speciale. Il sistema delle autorizzazioni ha lo stesso risultato indipendentemente da ciò che viene autorizzato: la concessione di licenze mediche provoca malasanità ad un costo maggiore così come la concessione delle licenze dei taxi provoca un servizio scadente ad un costo maggiore — le licenze legate agli spostamenti significano una libertà limitata e tasse più alte per le persone (che siano "cittadini" o "stranieri"). Da un punto di vista libertario dovrebbe essere chiaro che tutte le licenze devono scomparire, comprese quelle per gli immigrati.

Ciononostante il tema immigrazione sembra che faccia emergere solamente divisioni all'interno della corrente libertaria, con due punti di vista apparentemente contrastanti su come trattare la crescita della popolazione attraverso l'immigrazione. Da un lato, non è possibile sostenere una politica regolata, poiché lo stato stesso non è legittimato. Questo è il punto di vista libertario piuttosto classico sull'immigrazione: frontiere aperte.

Dall'altro lato, la teoria dei diritti naturali e, in particolare, i diritti della proprietà privata, ci dicono che chiunque può muoversi ovunque — ma prima deve acquistare il proprio pezzo di terra su cui vivere, o ottenere il permesso necessario da parte del proprietario. In caso contrario, l'immigrazione diventa una violazione dei diritti di proprietà, una trasgressione. Si tratta di un'interpretazione delle politiche libertarie presentata da Hans-Hermann Hoppe pochi anni fa, e sin da allora ha acquisito riconoscimento e sostegno sempre maggiori.

Per uno spettatore non libertario, la discussione delle due alternative può sembrare assurda. Cosa ce ne facciamo di questa idea libertaria, se le persone non sono d'accordo su una questione semplice come l'immigrazione? Ho intenzione di dimostrare che l'idea libertaria è solida, e che non c'è ragione per cui non dovremmo essere in grado di raggiungere un consenso sulla questione dell'immigrazione. Entrambe le parti in questo dibattito, la fazione anti-statale e la fazione pro-proprietà privata, non riescono a capire che non c'è una reale contraddizione nei loro punti di vista.



La Tesi delle Frontiere Aperte

Coloro che sostengono la tesi delle "frontiere aperte" affermano che i confini statali sono artificiali, ovvero, creazioni basate sui poteri coercitivi dello stato e quindi non legittimi. Stando così le cose, non potremmo (o meglio, non possiamo) regolamentare l'immigrazione. Ognuno avrebbe il diritto di stabilirsi e vivere dove vorrebbe. Si tratta di una questione di diritto naturale; nessuno avrebbe il diritto d'imporre la sua decisione a meno che non fosse un atto di legittima difesa qualora qualcuno stesse violando i suoi diritti.

In un ordine mondiale basato sui diritti naturali, questo sarebbe vero. Si tratta di una regola d'oro, una regola universale empirica prescrivente rapporti pacifici reciproci; se qualcuno mi attacca, o tenta di praticare forza contro di me, ho il diritto ad usare la forza per difendere me stesso e ciò che è mio.

Il problema con questa idea è che ingloba un punto di vista troppo macro. Mentre afferma che non ci dovrebbero essere stati, e quindi niente confini statali, presenta argomenti che partono da una divisione dell'umanità in nazioni territoriali ed etnie. Infatti, se il nostro discorso parte dall'idea libertaria, non è possibile trarre conclusioni in materia d'immigrazione riguardo, per esempio, gli Stati Uniti. Che cos'è "l'immigrazione" in un mondo senza stati?



La Tesi Pro-Proprietà

Un punto di vista meno macro sull'immigrazione è sottinteso nella discussione pro-proprietà. In questo caso il punto di partenza è il diritto naturale dell'individuo di compiere le proprie scelte e il suo diritto alla proprietà personale. Dal momento che tutti noi abbiamo il potere di creare valore mettendo a lavoro le nostre menti e i nostri corpi, godiamo anche di un diritto naturale di "fare come ci pare" con quello che abbiamo creato. O, come dice Hoppe, "[in] un ordine naturale, l'immigrazione è lo spostamento di una persona da un quartiere-comunità ad un altro."

Di conseguenza la questione dell'immigrazione viene risolta attraverso le scelte degli individui; come agiscono e interagiscono al fine di raggiungere i loro obiettivi. Se non vi è nessuno stato, non può esistere alcuna politica sull'immigrazione — esistono solo gli individui, le loro azioni e i loro diritti (sulla proprietà). L'argomento "frontiere aperte" non solo è irrilevante, non riesce neanche a comprendere come i diritti di proprietà possano regolare naturalmente il movimento. Dal momento che tutta la proprietà dev'essere posseduta e creata dall'individuo, lo stato non può possedere proprietà. Inoltre, quella proprietà attualmente sotto il controllo dello stato, è stata rubata agli individui — e dev'essere restituita una volta che lo stato viene abolito, in quanto i diritti di proprietà sono assoluti. Nel mondo occidentale non vi è quindi alcun terreno di proprietà di chicchessia affinché possa essere homesteaded, e così le "frontiere aperte" sono in sostanza un concetto privo di significato.



L'Utopia Libertaria

In una società libera l'immigrazione verrà limitata in modo naturale, dal momento che tutta la proprietà fondiaria (almeno nel mondo occidentale) è legittimamente di proprietà d'individui autonomi. Proprio come Nozick sostiene nel suo Anarchy, State, and Utopia, una società fondata sui diritti naturali dovrebbe onorare e rispettare i diritti di proprietà e i legittimi proprietari, nonostante il fatto che l'umanità sia stata saccheggiata per secoli da una classe parassitaria.

Però, una volta scomparso lo stato, non è affatto chiaro quali siano i criteri per definire la proprietà giusta. Si può dare per scontato che i soggetti (cittadini) di un certo stato abbiano il diritto ad una quota uguale di ciò che è attualmente controllato dallo stato? Sono i legittimi proprietari di ciò che controllano attualmente sotto la protezione giuridica dello stato? Se abbiamo intenzione di ricercare l'origine delle varie proprietà, dobbiamo ripristinare tutte le transazioni fino ai tempi precedenti lo stato moderno, prima delle monarchie e del feudalesimo, e, probabilmente, ad un tempo precedente le città-stato della Grecia antica. Se lo facciamo, come dovremmo considerare i valori prodotti dalle generazioni che stiamo condannando?

Probabilmente non esiste un modo per risolvere questo pasticcio lungo le linee dei diritti di proprietà assoluti. Dovrebbe essere risolto in questo modo, ma oserei dire che è un problema pratico piuttosto che filosofico quando arriviamo a questo punto.



Il Problema dell'Immigrazione e lo Stato

Un altro problema riguardante immigrazione e proprietà emerge quando parliamo dello stato sociale finanziato col denaro estorto ai cittadini. Con la tesi delle frontiere aperte, i diritti legati alla proprietà privata potrebbero essere compromessi ulteriormente se gli immigrati hanno diritto a concessioni speciali quali l'alloggio, la previdenza sociale, la condizione di minoranza, ecc. Inoltre gli immigrati diverrebbero automaticamente parte del sistema parassitario, perché godrebbero del diritto comune d'utilizzare le strade pubbliche, le scuole pubbliche e l'assistenza sanitaria pubblica — senza averli pagati (ancora).

Il concetto di diritti legati alla proprietà privata sembra offrire una soluzione, ma non rappresenta davvero una via d'uscita: non è così semplice come dire "diritti alla proprietà privata — sì o no?". I diritti legati alla proprietà privata rappresentano una posizione filosofica che offre un quadro moralmente superiore su come strutturare la società, ma non offre una guida su cosa fare con la non-proprietà, come quella controllata attualmente dallo stato.

È ingannevole dire che tutti i sudditi dello stato sono legittimati a rivendicare la "proprietà dello stato" poiché aventi diritto ad una retribuzione per tutti gli anni in cui i loro diritti sono stati violati. Questa è solo una parte della verità. È anche un dato di fatto che tutta la produzione privata, in una certa misura, è parte del processo di violazione dei diritti, poiché sostenuta direttamente dallo stato mediante sovvenzioni, agevolazioni fiscali, brevetti, protezione della polizia, ecc., o indirettamente attraverso l'interferenza statale coi tassi di cambio, il "protezionismo", e così via. Non esiste più qualcosa come una proprietà privata giusta nel senso filosofico.

Pertanto è possibile affermare che gli immigrati sarebbero parassiti sociali in misura maggiore rispetto, ad esempio, a Bill Gates: Microsoft Corporation ha tratto grandi benefici dalla regolamentazione statale, ma è stata anche punita severamente in un certo numero di modi. Siamo tutti vittime e beneficiari. Naturalmente si potrebbe sostenere che i benefici forzati non sono realmente dei benefici, ma solo un aspetto dell'oppressione. Beh, in tal caso varrebbe la stessa cosa per gli immigrati, anch'essi vittime dello stato (ma forse non quanto io e voi).



Una Posizione Libertaria sull'Immigrazione

Non dobbiamo dimenticare che il libertarismo non è un dogma teleologico; piuttosto esso considera la libertà individuale e i diritti come il punto di partenza naturale per una società giusta. Quando le persone sono veramente libere, non importa cosa accadrà. Quindi la questione non è quali saranno gli effetti di una certa politica riguardo l'immigrazione, ma se ce ne dovrebbe essere una.

Da un punto di vista libertario, non è rilevante discutere se sostenere la politica d'immigrazione A, B o C. La risposta non è frontiere aperte, bensì niente confini; la tesi libertaria non è se i diritti legati alla proprietà privata limitano l'immigrazione o meno, ma se una società libera è basata sulla proprietà privata. Entrambi questi punti di vista sono libertari — ma applicano l'idea libertaria da angolature diverse. La tesi delle frontiere aperte fornisce la posizione libertaria sull'immigrazione da un punto di vista macro, e sottolinea pertanto i valori libertari della tolleranza e dell'apertura. La tesi della proprietà privata fornisce la posizione micro e sottolinea pertanto i diritti individuali e naturali.

Non vi è alcun conflitto tra questi punti di vista, tranne quando uno qualsiasi viene presentato come una politica da far attuare allo stato. Considerando  lo stato com'è oggi, noi libertari dovremmo favorire le frontiere aperte o i diritti di proprietà (con le rivendicazioni dei cittadini sulla "proprietà dello stato")? Entrambi i punti di vista sono problematici quando applicati all'interno del modello statale, ma non si contraddicono a vicenda; non sono opposti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 28 dicembre 2015

Perché il capitalismo vincerà





di Gary North


Nella prima settimana del gennaio 1950, l'economista di Harvard Joseph Schumpeter stava completando le modifiche finali di un manoscritto che era nato da un discorso del 30 dicembre 1949. Il titolo era: "The March into Socialism." È morto prima di finire la revisione.

L'articolo è diventato un classico. È stato ristampato nella terza edizione del suo libro del 1942: Capitalism, Socialism, and Democracy (1950). Il libro non è mai andato fuori stampa.

Nel suo articolo sosteneva che il successo della classe imprenditoriale avrebbe rappresentato la sua stessa distruzione. Essa aveva creato una massiccia struttura industriale centralizzata, e lo stato sarebbe entrato in scena per regolarla. Ebbe questa intuizione durante la seconda guerra mondiale. Secondo lui la civiltà capitalista stava indebolendo la famiglia occidentale tradizionale. Presto sarebbe finita per essere regolata dai socialisti. La prima guerra mondiale uccise il laissez-faire. La seconda guerra mondiale avrebbe completato la transizione. L'inflazione perenne stava indebolendo il tessuto sociale. I controlli dei prezzi erano universali. "In altre parole, il controllo dei prezzi può tradursi in una resa incondizionata di un'impresa privata all'autorità pubblica, cioè, in un grande passo verso l'economia perfettamente pianificata." Arrivato a questo punto, è morto.

Altri autori che avevano sentito il suo discorso del 1949, hanno lavorato per mettere insieme questa voce finale:

Marx si sbagliava quando diagnosticò il modo in cui la società capitalista sarebbe stata abbattuta; non si sbagliava sul fatto che alla fine sarebbe crollata. I "teorici della stagnazione" si sbagliano quando elencano le ragioni per cui il processo capitalistico dovrebbe stagnare; la loro prognosi è giusta, ovvero, che stagnerà -- con l'aiuto del settore pubblico (pp. 424-25).

Schumpeter si sbagliava. La crescita economica non è declinata. La crescita economica ha goduto di un'impennata straordinaria. Quello che è successo in Giappone, Hong Kong e Corea del Sud dopo il 1950, e in Cina dopo il 1979, ha completamente confutato Schumpeter.

Il socialismo, come ideologia, è finito oggi. Non c'è quasi nessuno che si definisce un socialista, a parte Bernie Sanders.

Il marxismo è finito. Al di fuori della Corea del Nord, nessuno si definisce marxista, fatta eccezione per l'elite politica nella Cina comunista. Ma l'economia su cui regnano non è comunista, bensì keynesiana.

Forse Fidel Castro e suo fratello ancora si definiscono comunisti, ma L'Avana non lo è più.

In retrospettiva, il trionfo della versione keynesiana del capitalismo ha reso sciocca la previsione di Schumpeter. Com'è possibile che fosse così cieco?

Quasi 30 anni dopo, un mio amico economista, Ben Rogge [ROWEguee], ha scritto un libro: Can Capitalism Survive? Seguendo le orme del saggio di Schumpeter, è arrivato alla stessa conclusione: probabilmente no. S'è concentrato sui capitalisti stessi. Schumpeter aveva fatto lo stesso. Mandano i loro figli in prestigiose università, dove gli insegnanti sono socialisti che disprezzano il capitalismo come cultura e come strumento d'organizzazione della produzione. In altre parole, i capitalisti sono dei suicidi. Stanno segando il futuro del mondo che hanno costruito.

Ha ragione su come si comportano i capitalisti. Mandano i loro figli nelle migliori università, se riescono ad entrarvi. Ma il suicidio dell'Unione Sovietica nel dicembre 1991 è stato così sorprendente e inaspettato che, nei campus, i professori non-marxisti guardano sghignazzando i loro colleghi marxisti. Questo atteggiamento li umilia così tanto che la maggior parte di loro decide di diventare democratico-socialista piuttosto che rimanere dei babbei marxisti, sognando invano una Rivoluzione. Non appena è andato fuori moda essere marxisti nei campus, i marxisti sono diventati qualcos'altro. Il credo in una rivoluzione armata è sempre più una questione di teoria che di pratica.

Dall'alto delle loro cattedre ancora sproloquiano e vaneggiano sulla fantomatica rivoluzione, ma stanno diventando vecchi. Nuove cause hanno sostituito il socialismo: il femminismo, il multiculturalismo, il transgenderismo e il riscaldamento globale. Nessuno di questi movimenti rappresenta una causa socialista, nel senso di proprietà statale dei mezzi di produzione.



BETTINA APTHEKER

Penso che il miglior esempio di questo processo di sostituzione sia Bettina Aptheker, figlia del professore stalinista, Herbert Aptheker. Lei era uno degli organizzatori della rivolta studentesca di Berkeley nell'autunno del 1964, e attualmente insegna studi femministi presso la University of California a Santa Cruz. Non c'è traccia di marxismo in lei.

Val la pena di leggere la voce di Wikipedia su di lei: https://en.wikipedia.org/wiki/Bettina_Aptheker

Le ho scritto una risposta nel 2006, sebbene non fossi a conoscenza della pubblicazione del suo libro all'epoca. Potete leggere il mio articolo qui.

Ero uno studente del campus di Riverside negli anni in cui lei e i suoi colleghi stavano mettendo sottosopra il campus di Berkeley. Si fecero grande pubblicità. Ma ora, guardando indietro, è chiaro che il resto di noi nel gigantesco sistema della University of California, la maggior parte dei quali stava cercando semplicemente di laurearsi ed entrare nel mondo del lavoro, eravamo l'onda del futuro. Bettina Aptheker no.



LA LEGGE DI MOORE

Circa un anno dopo che lei e i suoi colleghi lanciarono inavvertitamente la rivoluzione dei campus in tutto il mondo, Gordon Moore di Intel enunciava la sua osservazione per quanto riguarda il numero di transistor su un chip di computer di silicio. Sto parlando dell'enunciato della legge di Moore. Il numero di transistor sarebbe raddoppiato ogni 18 mesi circa. Tale processo, che continua ancora oggi, ha completamente distrutto la previsione di Marx, la previsione di Schumpeter e la previsione di Rogge. Anno dopo anno, la legge di Moore ha veramente rivoluzionato il mondo, riducendo i costi delle informazioni.

La legge di Moore è l'estensione di un processo che possiamo far risalire al censimento del 1890 negli Stati Uniti. Il costo delle informazioni diminuisce della metà in modo prevedibile, e oggi accade circa ogni anno. La questione non è il numero di transistor su un chip di silicio. La questione è il costo delle informazioni: continua a diminuire. E con questo arriva l'aumento della produttività e il decentramento della trasmissione delle informazioni. Questo è il processo fondamentale del mondo moderno, e ha travolto le economie socialiste. In tal modo, ha distrutto la teoria economica socialista.

Ludwig von Mises nel 1920 scrisse il suo "Economic Calculation in the Socialist Commonwealth." In esso sosteneva che senza i prezzi di mercato, ci può essere solo il caos economico. Sapeva che l'ideale socialista era un'illusione, e che sarebbe stato distrutto dai processi di mercato. Aveva ragione.

Vi è una legge fondamentale in economia: quando il prezzo scende, la domanda aumenta. Il prezzo delle informazioni sta scendendo. Le informazioni diventano sempre più decentrate, e ora il costo della comunicazione è diminuito a tal punto che una maggiore interazione, un maggiore scambio d'informazioni e una maggiore cooperazione stanno diventando universali. Con questo decentramento arriva l'inevitabilità del trionfo del capitalismo. Mises aveva ragione nel 1920. Hayek aveva ragione nel 1945: "The Use of Knowledge in Society." C'è solo un assetto istituzionale che sfrutta l'uso produttivo delle informazioni decentrate: l'economia di libero mercato. Solo con i prezzi del libero mercato siamo in grado di coordinare le nostre attività nel mondo che ci circonda.

Nei film di fantascienza degli anni '50, i computer sembravano l'onda del futuro agli occhi dei pianificatori centrali e dei tiranni. Ma solo perché i computer erano grandi e costosi, e il microprocessore non era ancora stato inventato. Sin dall'invenzione del microcomputer Altair nel 1975, il flusso d'informazioni è stato reso disponibile via Internet a oltre un miliardo di persone, ed è probabile che saranno due miliardi nel 2020.

I supercomputer della National Security Agency possono apparire impressionanti agli occhi dei suoi dipendenti, ma il telefono cellulare soverchierà la NSA. Lo sta già facendo. Poiché il prezzo dei telefoni cellulari diminuisce, ne saranno richiesti di più. Poiché il numero di telefoni cellulari aumenta, diminuirà la capacità della NSA di monitorare ciò che sta accadendo.

Quando i telefoni cellulari a basso costo raggiungeranno i villaggi della Cina e dell'India, giovani uomini e donne, che sono indiscutibilmente dei geni, scopriranno che possono partecipare all'economia internazionale al di fuori dei loro villaggi. Due decenni fa la maggior parte di loro sarebbe rimasta nei propri villaggi e lì vi sarebbe morta. I loro talenti sarebbero stati soffocati dai limiti istituzionali del villaggio. Al giorno d'oggi i loro talenti saranno limitati solo dai limiti istituzionali di Facebook, Google e del sistema del profitto.

I talenti e la produttività di queste persone creative saranno messi a disposizione degli investitori e degli imprenditori di tutto il mondo. Le agenzie statali non saranno in grado d'assumerli, e comunque i gestori di tali agenzie non saprebbero cosa farsene. La mediocrità insita in tutte le burocrazie finanziate con le tasse, non può assolutamente competere con la creatività insita nel sistema del profitto. La concorrenza nel sistema del profitto non lascia che nessuno si adagi sugli allori.



L'ONDA DEL FUTURO

Oggi il capitalismo è chiaramente l'onda del futuro. Se la gente avesse capito ciò che Gordon Moore disse nel 1965, non avrebbe prestato alcuna attenzione a ciò che Bettina Aptheker e i suoi coetanei dissero nello stesso anno.

Per quanto ne so, non esiste un equivalente di Bettina Aptheker oggi, ma se c'è, nessuno nei mezzi d'informazione correrebbe ad intervistarla.

Tutti conosciamo la storia di Esopo sulla tartaruga e la lepre. Nel 1923 Lenin sembrava la lepre del XX secolo. Ma già all'epoca potevano essere saggiati gli effetti di quella che sarebbe stata chiamata la legge di Moore. Dal 1890 fino al 1950, il costo delle informazioni diminuì della metà ogni tre anni. Dal 1950 al 1965 diminuì della metà ogni due anni. Dal 1965 fino ad oggi è diminuito della metà tra i 18 mesi e un anno. Questo processo sta accelerando. La tartaruga ha cessato d'essere una tartaruga. E' diventata una lepre. Poi un leopardo.

Avremmo dovuto capirlo già da un bel pezzo. Al tempo di Gesù, la velocità di trasmissione delle informazioni era circa un miglio l'ora. Nel 1800 questo numero salì a circa un miglio e un quarto l'ora. Poi, nel 1844, Samuel F. B. Morse aumentò la velocità a 186,000 miglia al secondo. Questo rappresentò un avvertimento di quello che sarebbe successo.

Chiunque pensi che una dozzina di membri del Federal Open Market Committee del Federal Reserve System possano supervisionare la crescita dell'economia americana, non ha preso sul serio Mises e Hayek. Più precisamente, non ha preso sul serio le implicazioni della legge di Moore.

La legge di Moore è parte di un processo tecnologico a lungo termine che va oltre i chip di silicio. Ha a che fare con il costo delle informazioni. L'idea che una decina di burocrati in un monopolio creato dallo stato possano supervisionare le operazioni di un'economia americana digitalizzata, è talmente ridicola che solo un keynesiano può crederci.



CONCLUSIONE

Il keynesismo non è l'onda del futuro. Quando pensate a "Paul Krugman," pensate invece a "Bettina Aptheker".


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


giovedì 24 dicembre 2015

La scelta della moneta: un modo per fermare l'inflazione

Cari lettori di Freedonia, visto che siamo alle porte del Natale voglio farvi un regalo che sicuramente gradirete. Infatti, il seguente è uno dei migliori saggi scritti da F. A. Hayek e sebbene sia stato scritto nel 1976 la sua valenza nel presente è assolutamente forte. Questa è una difesa della libertà allo stato puro, senza sponsorizzazioni di questa o quella moneta ma solo il sostegno della libertà e della responsabilità individuali su cui una società libera dovrebbe fondarsi. In questo saggio Hayek sfida tutti i riformatori monetari, chiamandoli a sottoscrivere una proposta che non possono rifiutare: lasciare libere le persone di scegliere la loro moneta di fiducia, senza imposizione alcuna. Solo in questo modo, ovvero, attraverso la concorrenza, potrebbe emergere quella merce destinata ad essere denaro. E il risultato sarebbe inoppugnabile, lasciando la libertà anche alle minoranze di poter utilizzare la moneta di loro gradimento. Infatti è questo il più grande inganno della democrazia moderna: forzare i dissidenti a sottostare alla volontà dei molti. Ed è questo il grande inganno del corso legale: forzare i dissidenti ad utilizzare una moneta da loro sgradita. Eliminate il corso legale ed eliminerete la maggior parte dei problemi che oggi attanagliano il mercato monetario. Questo è un saggio importante sotto tanti aspetti, perché rappresenta la base di una riforma che potrebbe prendere piedi domani stesso, una riforma che cambierebbe gli incentivi istituzionali cui sono sottoposte le banche centrali. Questo, in sintesi, non è un piano per ristabilire una qualsivoglia forma di moneta, bensì un piano per limitare il potere strabordante delle banche centrali.
Se poi, cari lettori, oltre ad apprezzare le letture che potete trovare giornalmente su questo blog, desiderate dimostrare anche un po' d'apprezzamento "materiale", vi invito a lasciare una donazione utilizzando l'apposito pulsante "Donazione" che trovate sulla colonna di destra sotto la dicitura "Sostieni Freedonia". Grazie a tutti voi e buon Natale.
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di Friedrich A. Hayek


Prefazione

Gli Occasional Papers hanno lo scopo d'aumentare l'importanza di alcuni saggi o discorsi, rendendoli accessibili ad un pubblico più ampio di quello a cui erano inizialmente indirizzati. Questa raccolta ha finora incluso tra le sue fila alcuni grandi economisti della Gran Bretagna e del mondo, ma anche nomi meno noti.

Il saggio numero 48, in particolare, è una versione modificata di un discorso del professor F. A. Hayek ad una conferenza in Svizzera. In un certo senso si tratta di un seguito del numero 45, in cui il professor Hayek sosteneva che la causa della disoccupazione non era una domanda inadeguata derivante da un reddito totale inadeguato, bensì sproporzioni nei salari relativi necessarie per equiparare la domanda di lavoro e la sua offerta in ogni settore dell'economia. L'errore di supporre che la piena occupazione, una produzione intensiva e il benessere possano essere conservati ampliando la spesa totale, viene descritto in questo documento come la superstizione secolare che diede autorità scientifica a Keynes e ai suoi seguaci.

In questo saggio il professor Hayek considera le condizioni in base alle quali lo stato espande la spesa totale attraverso l'aumento della quantità di denaro. Secondo Hayek la storia indica che, prima o poi, il controllo dell'offerta di denaro da parte dello stato finisce sempre in inflazione. Da qui lo sviluppo di sistemi monetari nazionali e internazionali basati sull'oro e su altri dispositivi in ​​grado di rimuovere quei poteri sul denaro di cui lo stato sempre abusa.

La tesi opposta, sostenuta fortemente negli ultimi anni in Gran Bretagna, recita che se lo stato fosse libero da regole rigide (es. tassi di cambio fissi) nella gestione monetaria nazionale o estera, sarebbe meglio in grado d'agire per il bene generale. Sta di fatto che queste regole non sono mai state rispettate, perché, sebbene fossero abbastanza chiare, lo stato ha ritenuto politicamente accettabile infrangerle. Questo non è un dubbio teorico che si chiede se lo stato possa migliorarsi in presenza di un sistema monetario automatico o semi-automatico, come un gold standard o un gold-exchange standard in cui l'offerta e il valore del denaro sono esclusi dal controllo politico. Si tratta di un giudizio pratico in economia politica: uno stato sottoposto a pressioni elettorali non sarà in grado di rimanere fedele alle regole, anche se ciò significa dislocazioni transitorie e disoccupazione.

Pertanto il professor Hayek sostiene che i tempi sono maturi per togliere allo stato quel potere che obbliga i suoi cittadini ad utilizzare una determinata forma di denaro. E, in ultima analisi, ciò richiederebbe l'eliminazione del corso legale. In realtà non si vuole privare lo stato del potere d'emettere denaro, ma di negargli il diritto esclusivo d'emetterlo e di conseguenza costringere i cittadini ad utilizzarlo a prezzi specifici. È quindi il monopolio statale sul denaro la questione cruciale, e la storia è piena d'esempi di stati che hanno tentato di far valere il loro potere con misure estreme, tra cui la sanzione suprema della morte.

La soluzione è quindi quella di permettere alle persone d'utilizzare quel tipo di denaro che ritengono più conveniente, sia emesso dallo stato o da altri soggetti. Il professor Hayek sostiene che questo sistema sarebbe più desiderabile e praticabile rispetto ad un'Unità Monetaria Europea.

Tale proposta può sembrare inverosimile dopo secoli in cui s'è ritenuto che una delle funzioni essenziali dello stato fosse quella di fornire una moneta su cui i cittadini avrebbero potuto fare affidamento come unità di conto e mezzo di scambio, una funzione che ha incluso il concetto di moneta a corso legale. Il professor Hayek nega che il corso legale sia una parte essenziale della funzione monetaria. Egli sostiene che gli individui dovrebbero essere liberi di rifiutare quella moneta di cui diffidano e favorire, invece, quella in cui hanno fiducia. È questo potere di rifiutare il denaro nazionale che indurrebbe gli stati a garantire la stabilità nel tempo del suo valore. Quindi il professor Hayek abbraccia la tesi di un nuovo tipo di moneta internazionale.

In questi Occasional Papers il professor Hayek ha fornito analisi stimolanti su un problema contemporaneo, proponendo una soluzione radicale. Egli illustra quei modi in cui il sistema potrebbe funzionare in pratica e risponde alle relative obiezioni. Discute degli effetti che avrà sui sistemi bancari, e così facendo fornisce un commento sul dibattito in corso che concerne il denaro e l'inflazione. Non è una sorpresa, quindi, se egli ritiene un'autorità monetaria internazionale tanto inutile quanto una nazionale. La sua visione limiterebbe lo stato ad una serie di ruoli giuridici, dimodoché le persone possano sviluppare le istituzioni monetarie che meglio si adattano ai loro desideri.

Per indicare la possibile applicazione pratica delle proposte del professor Hayek abbiamo accolto le osservazioni di due economisti e due politici di alto livello, i quali hanno anche ricoperto alte cariche di governo. Gli economisti sono il professor Ivor Pearce e il professor Harold Rose. Mentre i politici sono l'onorevole Douglas Jay e Sir Keith Joseph, entrambi membri dell'All Souls College, Oxford, e particolarmente interessati alle questioni economiche.

Per illustrare il tema, Miss Sudha Shenoy ha raccolto estratti economici e storici su come i governi francesi e tedeschi abbiano fallito nel tentativo di limitare l'uso del denaro attraverso sanzioni severe, su come il valore del denaro fiat a corso legale sia calato a seguito d'un aumento della sua offerta durante periodi d'inflazione, e su some il governo degli Stati Uniti abbia vietato l'utilizzo di monete diverse dal dollaro.

Novembre 1975, Arthur Seldon



1. Denaro, Keynes e Storia[1]

La radice di tutti i nostri problemi monetari è la benedizione che l'autorità scientifica, costituita da Lord Keynes e dai suoi discepoli, ha dato alla superstizione secolare secondo cui aumentare l'aggregato della spesa monetaria significa garantire una prosperità duratura e una piena occupazione. Si tratta di una superstizione contro la quale gli economisti prima di Keynes avevano lottato per almeno due secoli.[2] Aveva infestato la maggior parte della storia precedente. Questa storia, infatti, è stata sostanzialmente una storia d'inflazione; solo negli ultimi 200 anni circa, durante l'ascesa dei moderni sistemi industriali e durante l'era del gold standard (in Gran Bretagna dal 1714 al 1914 e negli Stati Uniti dal 1749 al 1939), i prezzi sono rimasti pressoché invariati. Durante tale periodo di stabilità monetaria, il gold standard aveva imposto alle autorità monetarie una disciplina che impediva loro di abusare dei loro poteri, come fecero invece quasi tutte le altre volte. L'esperienza in altre parti del mondo non è stata molto diversa: sono venuto a conoscenza di una legge cinese che tentava di vietare una volta per tutte la cartamoneta (ovviamente inefficace), molto tempo prima che gli europei la inventassero!


La Riabilitazione Keynesiana

È stato John Maynard Keynes, un uomo di grande intelligenza ma limitata conoscenza della teoria economica, che alla fine è riuscito a riabilitare le fallacie che il tempo e la costanza avevano smentito. Rivestendole con un alone di novità, le sue nuove teorie andavano a giustificare quello stesso punto di vista plausibile e superficiale che era stato propugnato da molti uomini prima di lui, ma che non era stato in grado di resistere ad un'analisi rigorosa del meccanismo dei prezzi: così come non può esistere un prezzo uniforme per tutti i tipi di lavoro, nessuno può assicurare una parità tra domanda e offerta di lavoro attraverso la manipolazione della domanda aggregata. Il volume di occupazione dipende dalla corrispondenza tra domanda e offerta in ogni settore dell'economia, e pertanto anche la struttura salariale e la distribuzione della domanda tra i settori. La conseguenza è che nel lungo termine il rimedio keynesiano non cura la disoccupazione, ma la peggiora.

Le tesi fallaci di un personaggio pubblico eminente e polemista brillante non solo hanno conquistato l'opinione pubblica, ma, dopo la sua morte, anche il giudizio accademico. Sir John Hicks ha addirittura proposto che chiamassimo la terza porzione di questo secolo, 1950-1975, l'era di Keynes, poiché la seconda è stata l'era di Hitler.[3] Non credo che il danno arrecato da Keynes sia davvero così grande da giustificare una tale descrizione. Ma è vero che, fino a quando le sue prescrizioni sembravano funzionare, sono state trattate alla stregua di un'ortodossia a cui era inutile opporsi.


Confessione Personale

Spesso mi sono rimproverato di aver rinunciato alla lotta dopo aver speso molto tempo ed energie a criticare la prima versione del quadro teorico di Keynes. Solo dopo la pubblicazione della seconda parte della mia critica mi disse di aver cambiato idea e di non credere più in quello che aveva detto in Treatise on Money del 1930 (un po' ingiusto da parte sua, perché continuo a credere che il Volume II di quel libro contenga alcuni dei migliori lavori che abbia mai fatto). In ogni caso, mi è sembrato un po' inutile tornare alla carica, perché sembrava intenzionato a cambiare di nuovo le sue opinioni. Quando è diventato evidente che la sua nuova versione — la Teoria Generale del 1936 — aveva conquistato la maggior parte del mondo accademico, e quando alla fine anche alcuni dei colleghi che più rispettavo sostenevano l'accordo di Bretton Woods del tutto keynesiano, ho deciso di ritirarmi dal dibattito. A mio modo di vedere, proclamare il mio dissenso riguardo i punti di vista quasi unanimi della falange ortodossa mi avrebbe privato dell'attenzione su altre questioni di cui all'epoca ero più preoccupato. (Credo, tuttavia, che, per quanto riguarda alcuni dei migliori economisti inglesi, il loro sostegno a Bretton Woods era determinato più che altro da un patriottismo sbagliato — la speranza che avrebbe giovato alla Gran Bretagna piuttosto che consegnare al mondo un ordine monetario internazionale soddisfacente.)



2. La Fabbricazione della Disoccupazione

Ho descritto il punto cruciale di questa discussione esattamente 36 anni fa:

Non credo sia mai stato negato che l'occupazione possa essere aumentata rapidamente attraverso un'espansione monetaria, e di conseguenza raggiungere una posizione di "piena occupazione" nel più breve tempo possibile — idea sostenuta da economisti la cui prospettiva è stata influenzata dall'esperienza di una grande inflazione. Tutto ciò che è stato asserito è che il tipo di piena occupazione che può essere creato in questo modo è intrinsecamente instabile, e creare occupazione con questi mezzi significa perpetuare le fluttuazioni. Ci possono essere situazioni disperate in cui può essere necessario aumentare l'occupazione a tutti i costi, anche se solo per un breve periodo — forse la situazione in cui si trovò il dottor Brüning nel 1932 in Germania poteva giustificare mezzi disperati. Ma l'economista non deve nascondere il fatto che puntare alla piena occupazione attraverso la politica monetaria, significa essenzialmente attuare la politica della disperazione dove non si ha nulla da perdere e tutto da guadagnare.[4]

Per questo ora vorrei aggiungere, in risposta al costante travisamento dei miei punti di vista da parte dei politici, a cui piace immaginarmi come una specie di spauracchio la cui influenza rende i partiti pericolosamente conservatori, quello che ho sottolineo e dichiarato nove mesi fa al discorso di accettazione del mio Premio Nobel:

La verità è che siamo stati condotti su una posizione fallace a causa di una visione teorica sbagliata, in cui non possiamo impedire la riapparizione di una pesante disoccupazione: non perché questa disoccupazione sia stata deliberatamente perseguita come un mezzo per combattere l'inflazione, ma perché è una conseguenza inevitabile delle deplorevoli politiche sbagliate del passato non appena l'inflazione cessa di accelerare.[5]


Disoccupazione Attraverso “Politiche di Piena Occupazione”

Questa fabbricazione di disoccupazione mediante quelle che vengono chiamate "politiche della piena occupazione", è un processo complesso. In sostanza opera mediante modifiche temporanee nella distribuzione della domanda, spingendo i lavoratori, sia disoccupati sia impiegati, in posti di lavoro che scompariranno con la fine dell'inflazione. Nelle crisi periodiche degli anni pre-1914, l'espansione del credito durante i boom serviva in gran parte per finanziare gli investimenti industriali, e la successiva disoccupazione si verificava soprattutto nelle industrie che producevano beni strumentali. Nell'inflazione progettata degli ultimi decenni, le cose sono diventate un po' più complesse.

Cosa accadrà nel corso di una grande inflazione è illustrato da un'osservazione dei primi anni '20 che molti dei miei contemporanei viennesi confermeranno: molti dei famosi caffè furono cacciati dai luoghi migliori della città per far spazio a nuovi uffici bancari, ma tornarono dopo la crisi quando il numero delle banche si era contratto e migliaia di impiegati di banca andavano ad ingrossare le fila dei disoccupati.


La Generazione Perduta

L'intera teoria alla base delle politiche della piena occupazione è stata ormai completamente screditata dall'esperienza degli ultimi anni. Di conseguenza gli economisti stanno cominciando a scoprire i suoi difetti intellettuali che avrebbero dovuto vedere ben prima. Eppure temo che la teoria ci darà ancora un sacco di problemi: ci ha lasciato con una generazione perduta di economisti che non ha imparato nient'altro. Uno dei nostri problemi principali sarà quello di proteggere il nostro denaro contro quegli economisti che continueranno ad offrire i loro rimedi da ciarlatani, la cui efficacia di breve termine continuerà a garantire loro popolarità. Sopravviverà tra quei dottrinari ciechi che sono sempre stati convinti di avere la chiave per la salvezza.


Il Centesimo del 1863

Di conseguenza, anche se non può più essere negata la rapida discesa della dottrina keynesiana dal piedistallo della rispettabilità intellettuale, resta ancora una minaccia grave alla possibilità di una politica monetaria sensata. Né le persone hanno pienamente compreso quanti danni irreparabili abbia già arrecato, soprattutto in Gran Bretagna, il suo paese d'origine. E' praticamente scomparso quel senso di rispettabilità finanziaria che un tempo guidava la politica monetaria britannica. Da modello da imitare, in pochi anni la Gran Bretagna è diventata un monito per il resto del mondo. Questo decadimento mi è parso più lampante dopo un curioso episodio: ho trovato in un cassetto della mia scrivania un centesimo britannico datato 1863 che circa 12 anni fa, quando aveva esattamente cento anni, mi è stato dato come resto da un conducente di autobus di Londra e che ho portato in Germania per mostrare ai miei studenti cosa significasse stabilità monetaria di lungo periodo. Credo che ne siano rimasti impressionati. Ma mi riderebbero in faccia se ora citassi la Gran Bretagna come esempio di stabilità monetaria.



3. La Debolezza del Controllo Politico sul Denaro

Un uomo saggio avrebbe dovuto prevedere che meno di 30 anni dopo la nazionalizzazione della Banca d'Inghilterra, il potere d'acquisto della sterlina sarebbe stato ridotto a meno di un quarto di quello che era prima di quella data. Com'è successo in tutto il mondo, il controllo statale sulla quantità di denaro s'è dimostrato ancora una volta fatale. E' impossibile che un'autorità monetaria nazionale o internazionale, per quanto intelligente possa essere, sia in grado di far meglio di un gold standard internazionale, o di un qualsiasi altro tipo di sistema automatico. Non c'è la minima speranza che un qualsiasi governo, o una qualsiasi istituzione soggetta a pressioni politiche, sarà mai in grado di agire in tal modo.


Gruppi d'Interesse Dannosi

Non mi sono mai fatto tante illusioni in tal senso, ma devo confessare che nel corso della mia vita l'opinione nei confronti dello stato è costantemente peggiorata: più cerca d'agire in modo intelligente (seguendo alla lettera le leggi), più danni arreca — perché una volta che diviene noto qual è l'obiettivo a cui punta (piuttosto che conservare un ordine spontaneo auto-correttivo), sarà sempre più difficile evitare di servire gli interessi settoriali. E le esigenze dei gruppi d'interesse sono quasi sempre dannose — tranne quando protestano contro le restrizioni imposte loro e che vanno a beneficio di altri gruppi d'interesse. Non mi sento per niente rassicurato dal fatto che i funzionari statali possano essere per lo più intelligenti, muniti di buone intenzioni ed onesti... almeno in alcuni paesi. Il punto è che se i governi devono rimanere in carica secondo l'ordine politico prevalente, non hanno altra scelta che usare i loro poteri a favore di gruppi d'interesse — e un interesse forte ottiene sempre denaro extra per le spese in più. Nonostante la pericolosità dell'inflazione, ci saranno sempre gruppi di persone, inclusi quelli a cui si rivolgerà sempre lo stato per la loro inclinazione collettivista, che nel breve periodo vi trarranno profitto — anche solo per allontanare temporaneamente lo spauracchio della perdita di reddito, che secondo la natura umana è addirittura in grado di traghettare fuori da una crisi.


Ricostruire l'Opposizione all'Inflazione

La richiesta pressante per una maggiore quantità di denaro ha rappresentato una forza politica sempre presente a cui le autorità monetarie non sono mai state in grado di resistere, a meno che non avessero potuto sfruttare un ostacolo che avesse reso impossibile il soddisfacimento di tale richiesta. E diventa ancora più irresistibile quando i gruppi d'interesse possono ricorrere ad un'immagine sempre più irriconoscibile di San Maynard. La necessità più urgente, quindi, è quella d'innalzare nuove difese contro i vari assalti scagliati dalle forme popolari di keynesismo, cioè, ripristinare quelle restrizioni che sono state sistematicamente smantellate dai suoi cosiddetti discepoli inneggianti alla sua teoria. La funzione principale del gold standard, dei bilanci in pareggio, della contrazione del circolante in caso di deficit e della limitazione dell'offerta di "liquidità internazionale", era quella di rendere impossibile la capitolazione delle autorità monetarie davanti alle pressioni per un'espansione monetaria. Ed è proprio per questo motivo che tutte queste misure di salvaguardia contro l'inflazione, che hanno permesso ai governi di resistere alle esigenze dei gruppi d'interesse, sono state rimosse su istigazione di economisti inebriati dalla credenza che se i governi fossero stati liberi dalle catene di regole meccaniche, sarebbero stati in grado di agire con saggezza e per il bene generale.

Non credo che ora possiamo porre rimedio a questa situazione con l'inaugurazione di un qualche nuovo ordine monetario internazionale, sia che si tratti di una nuova autorità internazionale monetaria, o di un accordo internazionale pronto ad adottare un particolare meccanismo o sistema di politica, come il gold standard classico. Sono convinto che qualsiasi tentativo di ripristinare il gold standard attraverso un accordo internazionale, verrebbe rotto in tempi brevi e si limiterebbe solamente a screditare ulteriormente l'ideale di un gold standard internazionale. Se le persone non comprendono che a volte sono necessarie alcune misure dolorose per preservare la stabilità, non possiamo sperare che qualsiasi autorità che abbia il potere di determinare la quantità di denaro possa resistere a lungo alle pressioni, o alla seduzione, di una moneta svalutata.


Proteggere il Denaro dalla Politica

Il politico, agendo in base alla massima keynesiana secondo cui nel lungo periodo non ricoprirà più la sua carica pubblica, non si preoccupa se il suo tentativo di curare la disoccupazione è destinato a produrre più disoccupazione in futuro. I politici che ne verranno incolpati non saranno coloro che hanno creato l'inflazione, ma coloro che l'hanno fermata. Non si poteva creare una trappola peggiore, in cui l'elettorato è portato a pensare che lo stato stia agendo per il suo bene. La nostra unica speranza per una moneta stabile è quella di trovare un modo per proteggerla dalla politica.

Con la sola eccezione del gold standard, praticamente tutti i governi della storia hanno usato il loro potere esclusivo di emettere denaro per truffare e saccheggiare il popolo. Fino a quando la gente non ha altra scelta che utilizzare il denaro imposto dallo stato, non c'è speranza che gli stati diventeranno più affidabili. Il sistema di governo prevalente, che dovrebbe essere guidato dal parere della maggioranza, ma dove, in pratica, qualsiasi gruppo d'interesse ben nutrito può creare una "necessità politica" con la minaccia di togliere voti di cui lo stato ha bisogno per rivendicare il sostegno della suddetta maggioranza, non è degno di fiducia. Per fortuna non dobbiamo ancora temere, mi auguro, che gli stati dichiareranno guerre per compiacere alcuni di questi gruppi, ma il denaro è certamente uno strumento troppo pericoloso per essere lasciato nelle mani dei politici — o, a quanto pare, anche in quelle degli economisti.


Un Monopolio Pericoloso

Ciò che dev'essere abolito non è il diritto degli stati ad emettere moneta, ma il diritto esclusivo di farlo e il loro potere di costringere le persone ad utilizzarla e accettarla ad un prezzo particolare. Questo monopolio dello stato, come il monopolio postale, non ha origine da un particolare beneficio per il popolo, ma solo dal desiderio di valorizzare i poteri coercitivi dello stato. Dubito che siano serviti per far qualcosa di buono, tranne che per i governanti e i loro favoriti. Tutta la storia contraddice la convinzione secondo cui lo stato c'ha fornito una moneta più sicura.



4. La Scelta della Moneta con i Contratti

Ma perché non dovremmo lasciare che la gente scelga liberamente ciò che vuole usare come denaro? Con "gente" intendo quelle persone che dovrebbero avere il diritto di decidere se vogliono comprare o vendere mediante l'uso di franchi, sterline, dollari, marchi o once d'oro. Non obietto che anche gli stati possano emettere moneta, ma credo che la loro pretesa di un monopolio, o il loro potere di limitare il tipo di denaro con cui possono essere siglati i contratti sul loro territorio, o il voler determinare i tassi a cui il denaro può essere scambiato, siano decisamente dannosi.

In questo momento la cosa migliore che si possa desiderare è che tutti i membri della Comunità Economica Europea, o, meglio ancora, tutti gli stati della Comunità Atlantica, giurino reciprocamente di non limitare l'uso libero delle valute scelte dagli attori di mercato. A mio modo di vedere questa disposizione è più praticabile e desiderabile di un'utopica Unità Monetaria Europea. Per rendere più efficace questo schema sarebbe importante, per ragioni che enuncerò più in avanti, fare in modo che le banche in un paese siano libere di aprire succursali in tutti gli altri.


Stato e Moneta a Corso Legale

A prima vista questo suggerimento può sembrare assurdo per tutti coloro cresciuti col concetto di "corso legale". Non è essenziale che la legge elevi un tipo di denaro come moneta a corso legale? Questo è vero solo nella misura in cui è lo stato ad emettere denaro col quale impone di saldare i debiti. Ma le imposizioni non si fermano qui, perché abbracciano anche certi obblighi legali non contrattuali, come le tasse o le passività per danni o illeciti. Ma non vi è alcun motivo per cui la gente non dovrebbe essere libera di stipulare contratti, compresi gli acquisti e le vendite ordinarie, in qualsiasi tipo di denaro di sua scelta, o perché dovrebbe essere obbligata a vendere usando un particolare tipo di denaro.

Non esiste controllo più efficace contro l'abuso di potere da parte dello stato di quello esercitato da individui liberi che rifiutano quella moneta di cui diffidano e preferiscono quella in cui hanno più fiducia. Inoltre, affinché gli stati garantiscano la stabilità della loro moneta, non esiste incentivo più forte della consapevolezza che fino a quando conserveranno un'offerta al di sotto della domanda, quest'ultima tenderà a crescere. Quindi, cerchiamo di spogliare gli stati (o le loro autorità monetarie) da ogni potere che scherma le loro valute dalla concorrenza: se non possono più nascondere che le loro valute stanno diventando inutili, dovranno limitare il problema.

La prima reazione di molti lettori potrebbe portarli a domandarsi se l'effetto di tale sistema non sarà quello di scacciare la moneta buona a vantaggio della moneta cattiva. Ma questo sarebbe un fraintendimento della cosiddetta legge di Gresham. Questa è una delle intuizioni più antiche riguardanti la storia della moneta, così vecchia che 2,400 anni fa Aristofane, in una delle sue commedie, disse che i politici erano come le monete, perché i cattivi scacciano quelli buoni.[6] Ma la verità, che a quanto pare ancora oggi non è compresa, è che la legge di Gresham funziona solo se le due monete sono accettate ad un tasso di cambio imposto. Accadrà esattamente il contrario quando le persone sono libere di scambiare le diverse monete a qualsiasi tasso ritengono più appropriato. Ne siamo stati testimoni più volte durante le grandi inflazioni, in cui anche le sanzioni più severe minacciate dallo stato non hanno impedito alle persone d'utilizzare altri tipi di monete; perfino le merci come sigarette e bottiglie di grappa piuttosto che il denaro statale — cosa che significava chiaramente che la moneta buona stava scacciando quella cattiva.[7]


Vantaggi di un Sistema Monetario Libero

Basta renderlo velatamente legale e la gente smetterà subito d'utilizzare la moneta nazionale una volta che si deprezzerà notevolmente, scegliendo invece quella di cui più si fida. I datori di lavoro, in particolare, scoprirebbero che è nel loro interesse offrire, nei contratti collettivi, non salari che anticipano un aumento previsto dei prezzi, ma salari in una valuta di cui si fidano e con cui è possibile un calcolo economico razionale. Ciò priverebbe lo stato del potere di contrastare eccessivi aumenti salariali, e il conseguente tasso di disoccupazione, mediante la svalutazione della propria valuta. Inoltre impedirebbe ai datori di lavoro di concedere tali aumenti nell'attesa che l'autorità monetaria nazionale li tiri fuori dai guai qualora dovessero promettere più di quanto possano pagare.

Non c'è motivo d'essere preoccupati per gli effetti di una tale organizzazione tra uomini comuni che non sanno né come gestire né come ottenere strani tipi di denaro. Finché i negozianti saprebbero che possono spostarsi istantaneamente verso qualsiasi tipo di denaro, sarebbero pronti a vendere i loro prodotti ad un prezzo adeguato in qualsiasi valuta. Le pratiche scorrette dello stato verrebbero a galla molto più rapidamente se i prezzi aumentassero solo nella valuta da esso emessa, e la gente capirebbe presto che tutta la colpa sarebbe da addossare allo stato. I calcolatori elettronici, che in pochi secondi fornirebbero l'equivalente di qualsiasi prezzo in qualsiasi valuta al tasso corrente, verrebbero presto utilizzati ovunque. Ma, a meno che il governo nazionale non gestisca davvero in modo sconsiderato la moneta che emette, probabilmente continuerebbe ad essere usata nelle operazioni economiche di tutti i giorni. Ciò che verrebbe influenzato non sarebbe tanto l'uso del denaro nei pagamenti quotidiani, piuttosto la volontà di possedere diversi tipi di denaro. Tutte le transazioni commerciali e di capitali tenderebbero a passare ad uno standard più affidabile (basandovi anche calcoli economici e contabili), cosa che manterrebbe la politica monetaria nazionale sulla retta via.



5. Stabilità Monetaria di Lungo Periodo

Molto probabilmente le valute di quei paesi che perseguiranno una politica monetaria responsabile, tenderanno ad eclissare gradualmente quelle meno affidabili. La giustezza finanziaria diventerebbe un requisito di reputazione agognato da tutti coloro che vorrebbero emettere moneta, in quanto saprebbero che anche la minima deviazione dal percorso di onestà ridurrebbe la domanda per il loro prodotto.

Non credo che in questa competizione tra valute possa sorgere una tendenza alla deflazione o ad un valore crescente del denaro. La gente sarà abbastanza riluttante ad accendere prestiti o indebitarsi in una valuta che si apprezzerà tanto quanto esiterà a concedere prestiti in una valuta che si deprezzerà. La bilancia penderebbe decisamente a favore di una valuta che tenderebbe a conservare un valore alquanto stabile. Se gli stati devono competere nell'indurre le persone a possedere la loro moneta, e stipulare contratti a lungo termine in tale moneta, dovranno creare fiducia nella stabilità monetaria di lungo periodo.


“Il Prezzo Universale”

Ciò di cui non sono sicuro è se in tale competizione per guadagnare affidabilità prevarrebbe la valuta emessa dallo stato, o se la preferenza predominante si rivolgerebbe direttamente all'oro. Infatti l'oro potrebbe riaffermarsi come "il prezzo universale in tutti i paesi, in tutte le culture, in tutte le età", come ha detto di recente Jacob Bronowski nel suo brillante libro, The Ascent of Man,[8] se alle persone venisse data completa libertà di decidere cosa usare come mezzo di scambio; in ogni caso, questo risultato sarebbe di gran lunga preferibile ad un tentativo organizzato di ripristinare il gold standard.

Il motivo per cui il libero mercato internazionale nel campo monetario dovrebbe estendersi anche ai servizi bancari, è che oggi i depositi bancari rappresentano più o meno la maggior parte degli asset liquidi della maggior parte delle persone. Anche durante gli ultimi cento anni di gold standard, questa circostanza ha sempre impedito che funzionasse come una moneta pienamente internazionale, perché ogni afflusso o deflusso in un paese richiedeva un ampliamento proporzionale o una contrazione proporzionale della moneta creditizia nazionale, il cui effetto ricadeva indiscriminatamente sull'intera economia invece di limitarsi all'aumento o alla diminuzione della domanda di beni specifici necessari per portare un nuovo equilibrio tra le importazioni e le esportazioni. Con un sistema bancario veramente internazionale, il denaro potrebbero essere trasferito direttamente senza produrre il processo dannoso delle contrazioni o delle espansioni della struttura del credito.

Probabilmente imporrebbe anche una disciplina più efficace sugli stati, soprattutto se potessero percepire sin da subito gli effetti delle loro politiche sull'attrazione degli investimenti nel paese. Mi sono appena ricordato di un pamphlet vecchio più di 250 anni: "Chi istituirebbe una Banca in un qualsiasi paese, o si fiderebbe del suo denaro?"[9] Il pamphlet, per inciso, ci dice che 50 anni prima un grande banchiere francese, Jean Baptist Tavernier, aveva investito tutte le sue ricchezze in quello che gli autori descrivono come "le rocce brulle della Svizzera"; quando Luigi XIV gli chiese il perché, ebbe il coraggio di rispondere che "era disposto a possedere qualcosa che avrebbe potuto definire di sua esclusiva proprietà!" La Svizzera, infatti, ha posto le basi della sua prosperità molto prima di quanto le persone credano.


Le Relazioni Volontarie nel Campo Monetario Sono Migliori delle Unioni Monetarie

Io preferisco la liberazione di tutte le operazioni monetarie da qualsiasi tipo di unione monetaria, anche perché quest'ultima potrebbe richiedere un'autorità monetaria internazionale che credo non sia né possibile né desiderabile -- e difficilmente può essere più affidabile di un'autorità nazionale. Mi sembra che ci sia una certa solidità nella riluttanza diffusa a conferire poteri sovrani, o un potere di comando, a qualsiasi autorità internazionale. Ciò di cui abbiamo bisogno non sono autorità internazionali che possiedono poteri di direzione, ma corpi internazionali (o, meglio, trattati internazionali) che possano vietare determinate azioni statali le quali potrebbero danneggiare altre persone. Abolire tutte le restrizioni sulle transazioni con diversi tipi di denaro significherebbe che l'assenza di dazi, o altri ostacoli alla circolazione di merci e uomini, garantirà un vera e propria zona di libero scambio o mercato comune. Ora più che mai è urgente contrastare il nazionalismo monetario che ho criticato quasi 40 anni fa[10] e che sta diventando sempre più pericoloso, poiché si sta trasformando in socialismo monetario. Spero che non passerà molto tempo prima che la libertà di usare qualsiasi tipo di denaro si preferisca, venga considerato essenziale per un paese libero.[11]

Potreste pensare che la mia proposta non rappresenti altro che l'abolizione della politica monetaria; e non sarebbe del tutto sbagliato. Come in altri temi, sono giunto alla conclusione che la miglior cosa che lo stato possa fare per quanto riguarda il denaro, è quella di fornire un quadro di norme giuridiche entro il quale gli individui possano sviluppare le istituzioni monetarie che meglio li soddisfano. Credo che se potessimo impedire agli stati d'immischiarsi negli affari monetari, faremmo più bene di quanto abbia mai fatto un qualsiasi governo. E le imprese private probabilmente farebbero meglio di quanto abbiano mai fatto.



Un Commento su Keynes, Beveridge e l'Economia Keynesiana

Ho sempre considerato Lord Keynes come una sorta di nuovo John Law. Come quest'ultimo, Keynes era un genio della finanza che diede alcuni contributi reali alla teoria della moneta. (Oltre ad una discussione interessante e originale sui fattori determinanti il valore del denaro, Law fornì il primo resoconto soddisfacente su come una merce, quando ampiamente utilizzata come mezzo di scambio, sarebbe stata esponenzialmente accettata dalla popolazione). Ma Keynes non è mai riuscito a liberarsi dalla falsa convinzione che, come disse Law, "l'aumento della massa monetaria darà lavoro alle persone inattive, permetterà a coloro già al lavoro di guadagnare di più, aumenterà la produzione e l'industria prospererà."[12]

Era contro questo tipo di visione che Richard Cantillon e David Hume iniziarono lo sviluppo della teoria monetaria moderna. Hume in particolare affermò che nel processo d'inflazione: "È solo in questo intervallo, o situazione intermedia tra l'acquisizione di denaro e l'aumento dei prezzi, che la quantità crescente d'oro e argento è favorevole all'industria."[13] È questo il lavoro che dovremo riprendere dopo il diluvio keynesiano.

In un certo senso, però, è un po' ingiusto accusare troppo Lord Keynes per gli sviluppi dopo la sua morte. Sono certo che sarebbe stato — nonostante ciò che avesse detto in precedenza — un leader nella lotta contro l'attuale inflazione. Ma suddetti sviluppi, almeno in Gran Bretagna, sono stati determinati anche, e soprattutto, dalla versione del keynesismo sponsorizzata da Lord Beveridge, per il quale i suoi consulenti scientifici devono assumersi la responsabilità (in quanto egli stesso non capiva l'economia).

Sono stato accusato di criticare Lord Keynes possedendo una conoscenza piuttosto limitata della teoria economica, ma la difettosità del suo punto di vista sulla teoria del commercio internazionale, per esempio, è stata spesso sottolineata anche da altri e per confutarla alcuni si sono rivolti addirittura alla rappresentazione satirica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] [La sezione principale e quelle secondarie sono state inserite per aiutare i lettori, in particolare coloro con scarsa familiarità con gli scritti del professor Hayek, a seguire le sue tesi; non erano parte dello scritto originale. -ED.]

[2] [Questa osservazione viene semplificata dal professor Hayek nella nota: "Un Commento su Keynes, Beveridge e l'Economia Keynesiana". -ED.]

[3] John Hicks, The Crisis in Keynesian Economics, Oxford University Press, 1974, p.1.

[4] F.A. Hayek, Profits, Interest and Investment, Routledge & Kegan Paul, London, 1939, p. 63n.

[5] F.A. Hayek, ‘The Pretence of Knowledge’, Nobel Memorial Prize Lecture 1974, ristampato in Full Employment at An y Price?, Occasional Paper 45, IEA, 1975, p. 37.

[6] Aristofane, Rane, 891–898:
Spesso abbiamo riflettuto su un abuso simile
Sulla scelta degli uomini per la carica e sulle monete per l'uso comune,
Poiché i nostri pezzi vecchi e canonici, apprezzati, approvati e provati,
Qui fra le nazioni greche, e in tutto il mondo,
Riconosciuti in ogni ambito per affidabilità e saggezza,
Vengono rifiutati e abbandonati per la spazzatura di ieri,
Per un vile concetto adulterato, fasullo, contraffatto,
Che il traffico della città passa ed ignora.
All'incirca nello stesso periodo, il filosofo Diogene definì il denaro "Un gioco di dadi del legislatore"!

[7] Durante l'inflazione tedesca dopo la prima guerra mondiale, quando le persone iniziarono ad usare dollari e altre valute sonanti al posto dei marchi, un finanziere olandese (se non sbaglio, Mr. Vissering) asserì che la legge di Gresham era falsa ed era vero l'opposto.

[8] Jacob Bronowski, The Ascent of Man, BBC Publications, London 1973.

[9] Thomas Gordon e John Trenchard, The Cato Letters, articoli datati rispettivamente 12 maggio 1722 e 3 febbraio 1721, pubblicati in edizioni da collezione, Londra, 1724, e seguito.

[10] Monetary Nationalism and International Stability, Longmans, London, 1937.

[11] In superficie potrebbe sembrare che questo mio suggerimento sia in conflitto col mio sostegno generale dell'attuale sistema di tassi di cambio fissi. Non è così. Credo che i tassi di cambio fissi siano necessari fintanto che gli stati hanno un monopolio territoriale sull'emissione della moneta, in modo da costringerli a rispettare una ferrea disciplina. Ma questo assetto non è più necessario quando devono sottomettersi alla disciplina della competitività con altri emettitori di moneta presenti sullo stesso territorio.

[12] John Law, Money and Trade Considered with a Proposal for Supplying the Nations with Money, W. Lewis, London, 1705. [A Collection of Scarce and Valuable Tracts (the Somers Collection of Tracts, Vol. XIII), John Murray, London, 1815, include il pamphlet di John Law (1720 edition) a pp. 775–817; un estratto da p. 812 recita: "Ma quest'aggiunta di denaro aiuterà ad impiegare quelle persone che ora sono inattive, e quelle già impiegate avranno un vantaggio, cosicché la produzione venga aumentata e la manifattura migliorata." -ED.]

[13] David Hume, On Money (Essay III).

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