Bibliografia

mercoledì 16 settembre 2015

Lo schema di Ponzi di Wall Street in tutto il suo macabro splendore


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di David Stockman


Jim Quinn ha sfatato l'ultima affermazione di Wall Street secondo cui il consumatore americano sta tornando alla ribalta. Egli sottolinea che al netto dell'inflazione le vendite al dettaglio sono appena superiori a quelle di un anno fa e sono solo il 4% più alte in termini reali rispetto al lontano novembre del 2007.

Proprio così. Quasi otto anni dopo e $3,500 miliardi di denaro fiat della FED in più, il consumatore americano ancora sta lottando per rimanere al di sopra della linea piatta, e non si sta strafogando di acquisti.

E non c'è alcun mistero riguardo al perché. Dopo una baldoria quarantennale di prestiti facili conclusasi con l'esplosione del credito ipotecario alla vigilia della grande crisi finanziaria, il settore delle famiglie degli Stati Uniti ha raggiunto il picco del debito. È stato ingolfato con $13,000 miliardi tra mutui, carte di credito, auto, prestiti per studenti e altri tipi di prestiti — un onere finanziario colossale ammontante a quasi il 220% dei salari, o quasi il triplo del rapporto di leva che aveva prevalso prima del 1971.




Così, com'è evidente dal grafico qui sopra, ci troviamo in un ambiente economico completamente diverso da quello del 2008. Le famiglie sono in una fase di deleveraging per necessità, e ciò significa che la spesa dei consumatori è legata alla crescita tiepida della produzione nazionale e del reddito salariale.

Ciononostante gli economisti sell-side e la stampa finanziaria sono alla disperata ricerca di fatti che confermino la narrativa keynesiana di una "ripresa" — cioè, la falsa affermazione secondo cui l'economia statunitense si è ripresa con successo grazie alle mega-iniezioni di "stimoli" fiscali e monetari — e di conseguenza si lasciano intontire dai dati mensili di Washington stagionalmente mal aggiustati e rivisti all'infinito.

Così, in risposta all'aumento dello 0.6% delle vendite al dettaglio di luglio, un articolo del Wall Street Journal ha proclamato: “In a Show of Confidence, Americans Boost Spending”.

Il rapporto sulle vendite al dettaglio di luglio dovrebbe aiutare a fugare ogni dubbio residuo circa lo stato e la psiche dei consumatori degli Stati Uniti, i quali sono in ottima salute.

Oh, suvvia. Il numero delle vendite al dettaglio di luglio era superiore appena dell'1% rispetto al novembre 2014, e sin da quest'ultima data è andato su e giù senza alcun pattern preciso. Infatti l'unico "segnale" nel "rumore" di luglio è stato che il consumatore americano rimane incagliato e che il consumo guidato da una presunta "velocità di fuga" non si sta affatto materializzando, non importa per quanto tempo ancora la FED continui ad erogare denaro quasi gratis al casinò di Wall Street.

Invece di guardare agli ultimi 30 giorni di dati preliminari sulle vendite al dettaglio, i rialzisti sell-side farebbero bene a guardare agli ultimi 25 anni di spese al dettaglio al netto dell'inflazione. In una parola, la tendenza è nettamente rallentata e, infatti, si è quasi estinta sin da quando le famiglie hanno raggiunto sette anni fa il picco del debito.

Rispetto ad un tasso annualizzato del 3.3% nel ciclo di ripresa degli anni '90 (quando il rapporto di leva delle famiglie stava correndo verso l'alto) e dell'1.9% nel corso della bolla immobiliare 2001-2007, le vendite al dettaglio reali sono cresciute solo ad un tasso dello 0.5% sin dal novembre 2007. Dopo 93 mesi senza una recessione indotta, si tratta di una tendenza profondamente radicata.

In effetti, quest'espansione fiacca ha già superato i 74 mesi rispetto ad una media post-bellica di 61 mesi. Quindi, dato il 2% +/- reale nei trend di crescita degli ultimi anni, non vi è alcuna possibilità che la spesa al dettaglio possa raggiungere i tassi storici prima che arrivi la prossima recessione.




Questo calo radicale del tasso tendenziale delle vendite al dettaglio reali, dimostra che la dose di QE e ZIRP della FED non ha funzionato. Ci mostra anche le deformazioni reali che hanno inflitto ai mercati finanziari.

Vale a dire, l'ultima cosa che ci si aspetterebbe in un ambiente dove il ​​settore dei consumatori è drammaticamente e visibilmente in stallo, è una baldoria di prestiti per aprire nuovi esercizi e finanziare il riacquisto di un mucchio d'azioni proprie.

Ma il fatto è che il leasing al dettaglio è così a buon mercato che la nuova capacità non smette mai di fluire. Nel contempo alcuni dei più grandi rivenditori del paese, di fronte ad un business in appassimento, hanno caricato i loro bilanci con nuovi debiti e riacquistato le proprie azioni a prezzi che superavano di gran lunga i loro guadagni netti. Va da sé che questo sviluppo ha rappresentato una sconsideratezza alla luce delle loro circostanze aziendali precarie.

Per illustrare la condizione degradata del consumatore americano, Jim Quinn ha sezionato i risultati finanziari più recenti di quattro dei più grandi centri commerciali degli Stati Uniti — Macy’s, Kohl’s, Sears e J.C. Penney. Le loro vendite combinate nel trimestre più recente sono state di $19.1 miliardi, un calo del 10% rispetto all'anno precedente; e anche quando si considera solo la performance di Sears, i risultati non sono migliori. Le vendite sono piatte rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso e l'utile netto complessivo degli altri tre rivenditori ammonta ad un insignificante 1.4% delle vendite.

A dire il vero questi risultati non sono sorprendenti, soprattutto se prendiamo in considerazione lo stato in cui versa il consumatore medio e la sua predilezione per gli acquisti on-line. Le vendite mensili di luglio dei grandi magazzini, ad esempio, sono calate del 2.6% rispetto all'anno precedente, e ora si trovano il 18% al di sotto del loro livello pre-recessione. Ma ciò che sorprende è che i quattro ex-re delle vendite al dettaglio hanno speso anni ad alimentare il casinò di Wall Street, incanalandovi somme prodigiose di denaro tramite dividendi e riacquisti d'azioni proprie.

Infatti durante i 10 anni tra il 2005 e il 2014, questi quattro grandi centri commerciali hanno speso $34 miliardi per dividendi e riacquisti d'azioni proprie. Ma, ahimè, il loro guadagno netto cumulato in tal periodo è stato solo di $13 miliardi.

Hanno pompato nel casinò più del 2.6X di quanto guadagnato!

Non sono stati solo Eddie Lambert e i suoi amici negli hedge fund a risucchiare la linfa vitale da Sears. Su una base combinata, J.C. Penney, Macy e Kohl hanno pompato $28 miliardi nel mercato azionario sotto forma di riacquisti e dividendi, mentre facevano registrare un utile netto cumulato di soli $16.5 miliardi.

In un mercato senza falsificazione del prezzo del debito, e soprattutto uno in cui i piani alti non verrebbero ricompensati per ipotecare i bilanci aziendali ed alimentare gli speculatori fast money insieme alla caterva d'ingegneria finanziaria che ne deriva, non accadrebbe nulla di lontanamente simile.

In un libero mercato, di fronte allo spostamento secolare dei consumatori su Internet e verso nuovi concetti di vendita al dettaglio, le imprese impiegherebbero i loro saldi di cassa per ridurre il debito ed investirebbero per migliorare la redditività dei loro negozi, non per sguazzare nell'ingegneria finanziaria.

Infatti questi quattro grandi centri commerciali hanno aumentato il loro debito combinato da $6 miliardi nel 2005 a quasi $19 miliardi nel periodo di riferimento più recente. Data la tendenza generale delle vendite nei grandi magazzini rispetto ad una linea di vendita al dettaglio on-line mostrata nel grafico qui sotto, questo è a dir poco un lamento di morte.




Inutile dire che J.C. Penney e Sears sono già morti, mentre gli altri due sono bloccati con $10 miliardi di debiti e un flusso di cassa negativo. Infatti, nel corso del primo semestre di quest'anno, Kohl e Macy hanno fatto registrare un flusso di cassa negativo di $250 milioni, cosa che rappresenta un tonfo di quasi un miliardo rispetto ai $725 milioni di flusso di cassa positivo riportato durante la prima metà del 2014.

Grazie alle bolle della FED, i rivenditori tradizionali come i quattro zombie sopracitati devono far fronte ad una concorrenza senza fine proveniente dal mondo virtuale: Amazon e qualsiasi altro concetto di negozio al dettaglio virtuale che imprenditori e finanziari possono immaginare di creare. Ma gran parte di questa nuova concorrenza non è sul piano economico, perché si basa sul capitale artificialmente a basso costo disponibile nei mercati azionari e obbligazionari.

Non ci serve un'analisi approfondita per capire che questa proliferazione di rivenditori al dettaglio — sia on-line sia nei centri commerciali — non rappresenta una prosperità sostenibile. Ad esempio, nel 1990 il reddito reale medio era di $56,000 per famiglia e ora, 25 anni dopo, è solo $53,000 — il che significa che gli standard di vita di Main Street sono scesi di circa il 6% nel corso dell'ultimo quarto di secolo.

Ma ciò che non è sparita, è l'occasione per gli americani di fare acquisti: nel periodo sopracitato il metraggio quadrato pro-capite è più che raddoppiato, passando da 19 piedi quadrati pro-capite a 47 piedi quadrati per ogni americano.

Questa contraddizione — declino del tenore di vita reale e impennata degli spazi per la vendita al dettaglio — s'è verificata a causa di un impulso irrazionale nel voler speculare nel settore immobiliare. Il fatto che nella "prospera" Germania ci siano solo 12 piedi quadrati pro-capite dedicati alla vendita al dettaglio è un palese avvertimento, e non una semplice d'aberrazione teutonica. I 47 piedi quadrati americani sono superiori di 3-8X rispetto a qualsiasi altra parte del mondo sviluppato!

Quando osserviamo il livello aggregato dello spazio commerciale in base ad un lasso di tempo così ampio, l'aberrazione è ancora più evidente. All'epoca del fiasco delle S&L nel 1990, negli Stati Uniti c'erano solo circa 5 miliardi di piedi quadrati di spazi dedicati allo shopping — il che significa che tale capacità è triplicata durante il successivo quarto di secolo. Eppure questo è stato un periodo in cui i redditi reali della classe media sono essenzialmente stagnati. Quindi, quali segnali di mercato possono aver dato origine a tale disconnessione?

La risposta è l'incessante fame di rendimenti degli investitori in un periodo in cui la FED è intervenuta sui mercati finanziari per evitare che il tasso di riferimento — cioè, il decennale americano — trovasse il suo prezzo/rendimento naturale in quella che stava diventando un'economia a corto di risparmi.

Di conseguenza s'è sviluppata una massiccia ondata che potremmo definire "leasing per la vendita al dettaglio", la quale ha placato questa fame di rendimenti — coadiuvata da scappatoie contabili che hanno consentito a migliaia di miliardi di tali leasing di rimanere fuori bilancio, dando l'illusione che le catene proliferanti di nuovi concetti di vendita al dettaglio fossero "proprietari del credito nazionale".

Queste illusioni sono state spacciate sulla base di "modelli di business" presumibilmente solidi e sostenibili.

Basti dire che i leasing concessi da banche e investitori istituzionali a reddito fisso, come le compagnie d'assicurazione e i fondi pensione, rappresentano la quasi totalità dei 10 miliardi di piedi quadrati di spazi commerciali sin dal 1990. E tutto il debito a buon mercato che ha finanziato questa vasta deformazione, non si troverà nel bilancio di uno qualsiasi dei rivenditori conosciuti.

Negli ultimi 25 anni, in cui lo spazio complessivo per la vendita al dettaglio è aumentato da 5 miliardi di piedi quadrati a 15 miliardi di piedi quadrati, sono aumentati vertiginosamente il numero totale di centri commerciali e il metraggio totale — oltre al debito.




Inutile dire che gli spazi sfitti e gli affitti nei centri commerciali sono aumentati costantemente. Eppure il mercato delle superfici per la vendita al dettaglio non si ripulisce, perché la repressione finanziaria sostenuta della FED permette al denaro di scorrere nelle tasche di operatori vacillanti e nuovi concorrenti ambigui.




Così la danza degli zombie continua, e Sears mostra di cosa è composta: gli stampatori folli dell'Eccles Building inondano l'ambiente economico di credito a buon mercato, permettendo ad aziende simili di fare baldoria col debito nei mercati del credito.




In breve, i rapporti tiepidi riguardo le vendite al dettaglio non erano solo un promemoria secondo cui il QE e la ZIRP hanno bypassato del tutto Main Street. Il settore dei grandi magazzini rappresenta anch'esso un promemoria secondo cui la quantità monumentale di denaro che la FED ha riversato nei canyon di Wall Street, sta alimentando zombie indebitati in tutto il paese.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Ciao Francesco

    L'inganno politico della ripresa è ovvio e non necessita di spiegazioni particolari.
    Riguardo ai cosiddetti zombie, anche io percepisco bolle in molti settori dei quali ho esperienza diretta: per esempio, gli agriturismo. Spuntati ovunque ci fosse una casa colonica con qualche camera in più. Adesso, sono quasi tutti in crisi nera ed impegnati in "guerre tra poveri" anche sui prodotti da forno preparati negli agriturismo che fanno concorrenza ai piccoli fornai di paese, il tutto sul filo del rasoio di normative interpretabili.
    Oppure, il caso dell'acquisto eccessivo di beni strumentali costosi (mercato di nicchia), ma, alla prova concreta del mercato, difficilmente ammortizzabili.
    E via discorrendo, tra chi si è lasciato illudere dalle chiacchiere mediatiche ed anche dalla convinzione che avrebbe rivissuto più o meno le esperienze precedenti di altri in un ambiente economico sostanzialmente stabile e quindi pregno di risultati simili, e chi, invece, sostiene che chi riuscirà a sopravvivere a questa lunga crisi economica o addirittura a migliorare la propria condizione in un ambiente fiscale del genere sarà "vaccinato" per il resto dei suoi giorni.
    In mezzo a questo range, poi, tocca assistere ai soliti privilegiati che imperterriti continuano ad usufruire delle posizioni apicali o semplicemente protette (dal mercato) in certi settori specifici per motivi familiari, clientelari, ecc ecc come se nulla stesse cambiando nello scenario che ci circonda. Gente che non ha mai sentito una risposta di diniego. Ma che è pronta a lamentarsi di fronte ad eventuali crescenti impegni di produttività che fossero richiesti. Nel più classico chiagni e fotti.
    Cmq, chissenefrega.
    Infine, lo schema di Ponzi per eccellenza, il sistema pensionistico che cela i propri scompensi nel continuo cambiamento delle sue stesse regole e promesse. Ed è solo l'apice di un iceberg zombie fatto di inefficienze incredibili ed ampliatesi e trascinatesi in decenni di gestione politica del denaro prelevato alle generazioni passate, presenti e future

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    1. Un altro fenomeno che ho notato sono i centri scommessa cresciuti a dismisura. Può essere comprensibile visto che in tempi di crisi ognuno si arrampica anche alla schedina pur di sbarcare il lunario, ma forse anche questi sono gli effetti indiretti della bolla.

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  2. fabbricando supermercati...il nuovo che avanza! Ti daranno tutto (o quasi ) un giorno :dove fare la spesa (all'alimento al mobiletto),al ristorante con menu eccezionali(un hot dog o cheesburger per un euro),all'asilo nido per i tuoi figli fino al monolocale da 20 mq gia' ammobiliato da affittarti.
    Perche' se lo schema Ponzi cresce, dovra' per forza crescere anche il supermercato!
    Saluti dall' Ernico.

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    1. Ciao Alessandro.

      Con l'attuale guerra al contante, i pianificatori monetari centrali si assicuereranno anche che i vari attori di mercato possano rimanere bloccati nel circuito delle banche commerciali in modo che nessuno possa lasciare lo spettacolo senza "adeguati controlli". Basterà un semplice clic per influenzare prepotentemente tutti coloro che vorranno dissentire. Ma, grazie al cielo, l'economia pianificata centralmente non funziona e alla fine esplode. Però prima di migliorare andrà peggio.

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