mercoledì 3 giugno 2015

Yellen & Co. sono accecati dalle bolle e dall'euforia di Wall Street





di David Stockman


Esaminando le parole di Janet Yellen dette durante la conferenza stampa della settimana scorsa, apprendiamo che tutto sta andando alla grande a parte le azioni che sono ormai un po' "troppo in alto" rispetto alla media storica. Può dirlo forte!

In realtà, può dirlo chiunque non si sia fatto raggirare dalla truffa dei venditori di Wall Street. Sì, questi ultimi dovrebbero essere sicuramente monitorati dai federali.

Prendete l'indice azionario Russell 2000. Si trova nel bel mezzo dei venti favorevoli della FED, poiché il 90% delle vendite e degli utili del Russell 2000 provengono da fonti interne. Quindi tra i vari indicatori di mercato, le azioni rappresentanti capitalizzazioni piccole e medie all'interno del suddetto indice stanno beneficiando delle buone azioni dell'Eccles Building. Dopo tutto, i maestri monetari che vi dimorano dichiarano di non aver alcun interesse nei confronti del tasso di cambio del dollaro e di poter addirittura micro-gestire l'economia degli Stati Uniti, perché è una vasca da bagno chiusa non influenzata da salari, prezzi e flussi di capitale esteri.

Beh, il Russell 2000 venerdì ha fatto registrare un nuovo massimo. Al suo valore di 1266, ora è salito del 260% sin dal post-crisi. Indubbiamente zia Jane pensa che vada bene. Ma sicuramente nessuno le ha detto che rappresenta un multiplo di valutazione di quasi 90X LTM (ultimi 12 mesi) degli utili dichiarati dalle 2000 compagnie che compongono l'indice.

Il mistero di come la FED non riesca a vedere, o non voglia vedere, le bolle — proprio come accadeva durante le bolle dotcom e quella immobiliare — è presto detto. La ragione più evidente è che i presunti geni che compongono il nostro politburo monetario si bevono le chiacchiere di Wall Street sugli utili per azione.

Nel caso del Russell 2000, venerdì scorso questa caterva di utili multipli per azione confezionata da Wall Street ha raggiunto il 19.9X — o come ha detto la signora J, un po' troppo in alto ma nulla di cui preoccuparsi. Perché non accelerare un po' di più allora?

Ma attenzione, perché qui abbiamo a che fare con un enorme divario. Dopo che gli analisti hanno cercato di agitare le loro bacchette magiche per scorgere il futuro e hanno escluso gli oneri previsti sui guadagni, che a detta loro potrebbero essere plausibilmente bollati come "non ricorrenti", gli utili futuri del Russell 2000 diffusi da Wall Street sono risulati essere esattamente $63.87 per azione.

Per contro, la cifra che salta fuori dai principi di contabilità generale (GAAP) dello scorso dicembre è $14.18 per azione. Inutile dire che ignorare allegramente questa differenza — come sicuramente ha fatto la Yellen — significa non saper fare il proprio lavoro.

E la ragione è questa: questo secolo la FED ha gonfiato due bolle tremende nel mercato azionario — le quali hanno provocato rispettivamente $8,000 miliardi e $10,000 miliardi di perdite devastanti. Inoltre sono scoppiate improvvisamente e la relativa pulizia si è esaurita nel giro di pochi mesi, il che significa che gli addetti ai lavori di Wall Street e i trader fast money sono dapprima usciti e poi sono ritornati a far danni, mentre Main Street ha dovuto pagare per i propri errori e per quelli degli altri.

Potreste pensare che quelle persone per cui contano soltanto i decimali nei numeri dell'IPC, si siano interrogate sul divario tra $14 e $64 per azione; o che abbiano indagato sulla natura dei numeri del GAAP: aberrazione temporanea o semplicemente l'ennesima esuberanza nel casinò di Wall Street?

Anzi la maggior parte di loro dovrebbe sicuramente riflettere su quanto segue: nel 2013 i guadagni annuali riportati nel GAAP per il Russell 2000 erano esattamente $14.10 per azione. Quindi, i $14.18 per azione riportati nel 2014 significano che il Russell 2000 ha guadagnato la somma esilarante di otto centesimi, o lo 0.6%, durante l'anno passato.

Esatto. L'indice azionario americano è scambiato a 90X sulla base di un tasso di crescita degli utili inferiore all'1%. "Un po' troppo in alto" per davvero.

Sebbene Wall Street continui a difendere l'utilizzo dei dati economici previsionali, essi non riescono a stare in piedi dopo uno scrutinio approfondito. Il casinò è diventato così corrotto e pieno di bolle che i numeri non valgono la carta su cui sono stampati.

Pensate, ad esempio, ai dati previsionali sfronati da Wall Street riguardo gli utili dell'S&P 500 per l'anno 2014. Esattamente due anni fa quella cifra era di circa $125 per azione. A quel tempo potremmo dire che fosse abbastanza normale.

L'S&P allora era tradato a 1560 — quindi le previsioni a due anni erano del 12.5X. Un anno fa il prezzo è sceso a $120 per azione — che poi ha rappresentato appena il 15.5X degli utili futuri sulla base di un indice di prezzo di 1870.

Inutile dire che qualsiasi testa vuota che lavora alla CNBC vi avrebbe detto che questi multipli erano del tutto normali e che le azioni avevano ancora "spazio per salire". Tra l'altro, quest'ultima parte sarebbe stata vera. Venerdì scorso l'S&P 500 ha chiuso a 2108, o il 35% in più rispetto a due anni fa e il 13% in più rispetto al marzo 2014.

Ahimè, la cifra degli utili per azione è l'unica cosa che non è salita. Tutte quelle bacchette magiche hanno previsto risultati un po' troppo ottimistici, perché il numero è sceso a $113 per azione, o inferiore del 10% rispetto a quello di due anni fa. E se ascoltiamo quello che ha da dire il GAAP, il numero per il 2014 è stato pari a $102 per azione.

Così scopriamo che l'S&P 500 viene capitalizzato al 20.6X rispetto agli utili per azione riportati nel GAAP. Eccetto nei vari trimestri di recessione, l'unica volta in cui il multiplo dell'S&P ha quasi pareggiato quello del GAAP è stato nel terzo trimestre 2007, quando il multiplo annuale era del 19.4X. Anche le teste di legno presso la FED ricordano quello che è successo dopo.

E, no, la differenza tra gli utili onesti del GAAP e le previsioni di Wall Street non è una questione di preferenza soggettiva. Gli oneri non ricorrenti sugli asset, le riduzioni d'avviamento, i trattamenti di fine rapporto e altri costi di ristrutturazione, rappresentano le spese reali che consumano contanti e/o distruggono capitale sociale. Per ogni impresa gli utili onesti del GAAP possono essere "minuscoli" da periodo a periodo, ma ciò si può cambiare ammortizzando, e non eliminando, questi costi.

Ma per quanto riguarda il paniere totale dell'S&P 500 non rappresenta un problema, perché per molti anni ormai la differenza tra utili GAAP e previsioni ha spaziato costantemente tra l'8 e il 15%.

Durante un qualsiasi periodo di tempo, però, questo divario dell'8-15% fa accumulare denaro vero. Durante gli otto anni tra il 2007 e il 2014, infatti, gli utili GAAP segnalati alla SEC da parte delle società nell'S&P 500 sono ammontati a circa $5,000 miliardi — mentre le previsioni di guadagni sventolate da Wall Street hanno totalizzato in tutto $6,000 miliardi. C'è la possibilità che questa differenza di $1,000 miliardi non sia solo un errore di arrotondamento!

Ancora più importante, mentre le bolle della FED continuano a gonfiarsi, le previsioni dei maghi di Wall Street tendono a diventare più assurde; e nel corso dei decenni, la creatività di questi tipi con le bacchette magiche per eliminare gli oneri "non ricorrenti" è diventata molto più spiccata. Di conseguenza il confronto tra i multipli di oggi e i multipli medi di lungo termine, rappresenta il caso classico in cui si miaschiano mele e arance.

Possiamo farci un'idea di quanto detto guardando il grafico qui sotto, che si basa sugli utili finanziari GAAP. Ci mostra che a partire dal giugno 2014, il multiplo PE mediano per tutte le azioni NYSE con guadagni positivi era ai massimi di tutti i tempi — persino superiore alle altezze degli anni della bolla dotcom.




E non è finita qui. Nell'odierno casinò sponsorizzato dalla FED ci sono molte più società con utili negativi e grandi capitalizzazioni rispetto a decenni fa quando esisteva ancora un "price discovery". E questo ci porta alla bolla nel settore biotecnologico che anche la Yellen sostiene di aver individuato nel giugno 2014.

Da allora l'indice biotech Nasdaq è salito del 50% — riportando l'indice sei volte più su rispetto al suo fondo del marzo 2009. Ma anche allora l'assurdità della sua valutazione non era pienamente evidente. Come ha documentato Zero Hedge, le 150 società dell'indice hanno una capitalizzazione di mercato collettiva di $1,060 miliardi, ma solo $21 miliardi di guadagni annuali, il che implica un multiplo PE del 50X.

Ma quando parliamo di Russell 2000 — non avete ancora visto niente. Le 5 grandi capitalizzazioni biotecnologiche dell'indice — Gilead, Amgen, Shire, Biogen e Celgen — hanno fatto registrare un utile netto di $25.5 miliardi nel corso degli ultimi anni — o ben più del totale dell'indice. Se ci aggiungiamo i 20 percettori positivi successivi, arriviamo a $30.5 miliardi di utili netti, o il 145% dei $21 miliardi riportati dall'intero paniere delle 150 compagnie.




Sono queste, quindi, le condizioni all'interno di questo indice. Le cinque grandi imprese hanno una capitalizzazione di mercato di circa $550 miliardi, o almeno ce l'hanno avuta fino a venerdì scorso prima che Gilead incappasse nella battuta d'arresto di ieri facendo perdere all'indice circa $20 miliardi. E le 20 imprese successive sono tradate ad un valore collettivo di $230 miliardi, il che significa che la capitalizzazione di mercato delle prime 25 società dell'indice (pari al 145% degli utili totali) è di circa $780 miliardi.

Inutile dire che la matematica non è un'opinione. Ovvero, ci sono 125 aziende che compongono l'indice biotecnologico del NASDAQ e sono valutate $280 miliardi, ma hanno registrato perdite complessive di quasi $10 miliardi nel periodo di riferimento più recente.

Quindi sì, cara signora Yellen, c'è una bolla nel settore biotecnologico. E' decisamente superiore ad un quarto di bilione di dollari. E' il risultato diretto di sei anni di ZIRP e di carry trade nel casinò di Wall Street, il cui unico credo ormai è che la FED continuerà a rifornirlo incessantemente di denaro gratis — anche se alla fine dovesse alzare i tassi monetari di 25 bps.

La vastita della bolla biotecnologica la si può vedere nei dati controfattuali del libero mercato: cosa dovrebbero generare queste 125 aziende per giustificare gli attuali $280 miliardi di capitalizzazione di mercato?

Beh, le cinque aziende più grandi con utili al 21X e $68 miliardi di ricavi aggregati, hanno fatto registrare un tasso di crescita quinquiennale delle vendite del 16.5% annuo. Quando abbiamo un casinò sovvenzionato costantemente dalla FED, ci vuole una quantità di vendite esigua per guadagnare un multiplo di dimensioni medie. Ma attenzione — la metà dei profitti annuali di queste cinque grandi aziende è da affibiare alla Gilead, la quale ha avuto un tasso d'utile netto annuale del 49% su $25 miliardi di fatturato. Per contro, i margini reddituali netti di Biogen e Amgen sono stati rispettivamente del 30% e del 25%.

Inoltre, il margine d'utile netto delle 20 aziende successive alle 5 più grandi — rappresentate da nomi come Mylan, Alexion, Biotechnic e Luminex — è stato del 17.5%, mentre il multiplo PE di queste imprese è stato un vivace 47X. E infatti vivace è il ​​termine corretto, perché il tasso di crescita quinquiennale del loro fatturato è stato solo leggermente superiore a quello delle 5 più grandi: 21%.

In breve, date a questi 125 buchi neri finanziari un multiplo PE del 20X e un margine d'utile netto del 20%. Ciò significa che dovrebbero generare $70 miliardi di fatturato sin da oggi. Buona fortuna, soprattutto con l'attuale tasso di sconto ZIRP.

Infatti, parlando della quantità di tempo necessario per andare da zero a 60 mph, Elon Musk ha finalmente spiegato perché l'industria della Tesla vale $35 miliardi, nonostante il fatto che non abbia mai generato uno straccio d'utile netto; nonostante il fatto che abbia registrato perdite nette di $1.4 miliardi sin da quando Goldman l'ha abbandonata nel 2007; e nonostante il fatto che non possa competere con artisti del calibro di Toyota e BMW.

Scopriamo quindi che anche Musk ha capito che la Tesla è una trappola mortale e prevede un mondo in cui gli uomini ricchi che acquistano i suoi veicoli non riusciranno nemmeno a guidarli. Detto in modo diverso, secondo lui il mercato sta capitalizzando la sua visione di un mondo con auto senza conducente — con le sue navette su Marte e treni alla velocità della luce:

Che cosa succederà quando ci arriveremo (ad avere auto senza conducente)? Musk ha detto che la mossa ovvia sarebbe quella di mettere fuori legge le auto con conducente. "Sono troppo pericolose, non si può mettere una persona alla guida di una macchina di morte."

A quanto pare anche Jim Cramer ha capito la battuta. Ai primi di febbraio Cramer ha lanciato la propria bordata:

"Sta' attento a quello che dici, Musk — genitore di quel disastro totale chiamato Tesla!........ In nessun modo il suo bilancio può sostenere gli investimenti necessari....... Musk ha confermato che spenderà somme da capogiro per gli investimenti..... Dove diavolo prenderà tutto quel denaro?"

E questo riassume il "un po' troppo in alto" della Yellen. La FED sta guidando una macchina piena di bolle, ma non si è minimamente accorta che ormai è diventata una trappola mortale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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