di David Stockman
Siamo in primavera e i keynesiani che infestano Wall Street hanno fatto sbocciare di nuovo le fandonie sulla "velocità di fuga". Di solito accettano gli aggiustamenti stagionali del governo, ma sin dal primo trimestre siamo tornati ad abbracciare linee piatte e dati economici anemici, e sembra proprio che la causa sia da affibiare ancora una volta ad inverni estremamente rigidi. Anche i dati fiacchi sull'occupazione sono stati causati da un eccesso di neve che non lasciava uscire di casa i lavoratori.
Ma secondo il mondo fatato dei keynesiani, i posti di lavoro sono in pieno boom, i salari stanno aumentando, i prezzi delle case stanno salendo, la fiducia dei consumatori è vivace, le vendite di auto sono forti e le imprese stanno cominciando ad accendere nuovi prestiti. E' tutto così magico e incantato che a stento gli economisti di Wall Street riscono a contenere la loro euforia:
"I consumatori sono riemersi dalla depressione invernale. Se in questo momento iniziassero a spendere come se non ci fosse un domani, allora l'economia andrebbe ai massimi giri nei prossimi mesi," ha detto Chris Rupkey, capo economista finanziario presso la MUFG Union Bank di New York.
Sono ormai parecchi anni che Rupkey si aspetta un'economia ruggente, di conseguenza possiamo tranquillamente ignorare la stupidità istituzionale che sgorga da colossi pietosi che si fanno passare per banche giapponesi. Ma l'enfasi entusiasta di Rupkey rappresenta semplicemente un copione generico che va di moda a Wall Street.
Dal momento che queste persone vengono strapagate, hanno dottorati e potrebbero sembrare intelligenti, com'è possibile che per cinque anni consecutivi le loro previsioni sono risultate così maledettamente sbagliate? La risposta è semplice: lavorano su un modello di ciclo economico che è assolutamente errato e obsoleto; e che distorce e offusca i dati "in entrata" e le illazioni e le aspettative che ne derivano.
In una parola, il loro modello di ciclo economico si basa su un mondo fatto di "bilanci puliti" e guidato dall'indebitamento di Main Street. Però ora abbiamo raggiunto il cosiddetto "picco del debito" e ci troviamo in un mondo finanziario in bolla guidato dalla speculazione di Wall Street. Questo passaggio cambia tutto.
A dire il vero, il "vecchio" ciclo economico era sempre innescato dalla FED. Dopo tutto, il ciclo economico in sé è essenzialmente un prodotto della banca centrale.
Infatti, le banche centrali sono simili ad un ragazzino di 12 anni che uccide i propri genitori e poi scongiura il giudice di avere pietà poiché è orfano. Cioè, prima generano l'inflazione del credito e il conseguente ciclo di boom/bust — poi rivendicano l'indispensabile inversione della crisi per evitare un tuffo nel buio della depressione economica.
Ma ci sono alcune grandi differenze tra il passato e il presente. La FED di ieri era reattiva, prudente e pre-keynesiana. Di tanto in tanto innalzava i tassi d'interesse per "lasciarsi spingere dai venti" in caso di troppo boom economico e un aumento dell'inflazione; abbassava moderatamente i tassi d'interesse e allentava le condizioni monetarie una volta che l'inflazione si era calmata e le risorse inattive, tra lavoro e capitali, erano tornate ad essere cospicue. Ma soprattutto, era un guardiano passivo.
Detto in modo diverso, il tocco gentile attraverso modesti aggiustamenti del tasso dei Federal Fund per la durata di pochi mesi, era una cosa. Il tocco pesante di oggi è un'altra, con i 75 mesi di ZIRP e repressione finanziaria cronica mirata a controllare, gestire e manipolare il percorso di breve periodo del PIL.
All'epoca avevamo quella che potremmo definire una banca centrale in ogni paese — qualcosa di molto diverso dall'attuale convoglio sincronizzato di banche centrali keynesiane che corrono tutte nella stessa direzione: stampa monetaria a tavoletta. Anche il costo del lavoro negli Stati Uniti era alla pari con quello del resto del mondo industrializzato, diversamente dall'odierno bacino di manodopera a basso costo in Cina e nei mercati emergenti.
Ancora più importante, allora i bilanci delle famiglie erano sostanzialmente privi di debiti onerosi, consentendo una risposta forte alle variazioni nel prezzo del credito e una conseguente mobilitazione della spesa dei consumatori. Al contrario, per gli attuali bilanci delle famiglie saturi di debito la spesa è essenzialmente confinata all'entità dei salari, indipendentemente dal prezzo del credito.
Infine i vecchi mercati dei capitali erano relativamente onesti, il che significa che il debito e il capitale proprio erano valutati in modo corretto e che i dirigenti venivano premiati per investire in attività produttive di lungo termine. Inutile dire che ci sono anni luce di differenza con l'attuale casinò finanziario disonesto, dove il debito è drasticamente sottovalutato e le manovre d'ingegneria finanziaria (come il riacquisto d'azioni proprie) sono sovvenzionate e ricompensate.
Queste profonde differenze hanno modificato drasticamente il ciclo economico innescato dalla FED. Negli anni '60 e '70, ad esempio, il taglio dei tassi d'interesse spronò la costruzione di case e l'espansione degli investimenti delle imprese. Poi, quando la domanda alimentata dal credito superò l'offerta — salari e prezzi hanno accelerato bruscamente. Avevamo "inflazione in un solo paese" perché non c'era una bacino di lavoratori a basso costo e fabbriche asiatiche che potessero costringere una spiralizzazione del costo dei salari.
Sì, c'era il commercio industriale, ma i livelli dei salari europei e la rigidità normativa tendevano a correre paralleli a quelli degli Stati Uniti, e quindi non fungevano da interruttore economico. Alla fine la FED doveva pigiare i freni per estinguere la spiralizzazione dei prezzi dei salari che essa stessa aveva innescato.
Dopo la distruzione del gold-exchange standard da parte di Nixon nell'agosto 1971 e l'eliminazione della modesta disciplina finanziaria che forniva, l'impatto della FED è diventato più intenso e il ciclo economico molto più volatile. Come descritto di seguito, quando l'accoppiata Nixon-Burns aprì i rubinetti monetari durante le elezioni del 1972, all'inizio l'economia sperimentò un boom perché la risposta all'abbondanza di credito fu veloce e furiosa.
Ma ben presto portò ad una spirale travolgente di salari e prezzi, per non parlare dei goffi controlli dei prezzi approvati dall'Amministrazione Nixon. Ed è fondamentale capire come e perché le cose andarono in modo diverso — rispetto allo tsunami monetario di oggi.
La grande differenza era l'assenza della Cina, era l'assenza di quei contadini cinesi nei villaggi rurali che potevano essere utilizzati come manodopera a basso costo e mobilitati nell'economia commerciale del mondo. La forza lavoro anti-inflazionistica della Cina stava morendo di fame nei villaggi rurali a causa della calamità del Grande Balzo in Avanti (per cui gli abitanti avevano diligentemente fuso zappe e aratri per produrre acciaio) e della Rivoluzione Culturale (che aveva paralizzato la vita economica).
Le importazioni statunitensi salirono dopo che la capacità nazionale venne completamente esaurita, scatenando un boom a livello mondiale sia nei beni d'investimento sia nei beni di consumo. Ciò a sua volta fece salire il prezzo del petrolio e quello di altre materie prime, mentre la domanda mondiale per quest'ultime superò temporaneamente la loro offerta.
L'impennata del prezzo del petrolio e quello di altre materie prime si ripercosse sull'economia americana, scatenando una spirale dei salari e dei prezzi interni che si auto-alimentò. Di fronte ad una domanda dilagante e senza la scure cinese su salari e prezzi dei beni commerciabili, la marea inflazionistica si fermò solo quando nel 1973-1974 la FED premette il pedale del freno.
Di conseguenza è fondamentale capire la profonda differenza tra il ciclo economico di allora e quello di oggi. Il seguente estratto dal libro The Great Deformation cattura l'essenza di quello che è successo nel periodo post-1971/pre-Cina:
Durante quel periodo ci fu una massiccia espansione di moneta e credito alimentata dalla FED. Questo, a sua volta, generò la più grande impennata nell'inflazione dei prezzi delle commodities sin dal 1919.
Il petrolio greggio fece da apripista. Dopo essere stato valutato sul mercato mondiale a $1.40 al barile quando Nixon si riunì insieme al suo staff a Camp David nel 1971, nei quattro anni successivi salì ad un picco intermedio di $13 al barile e nel 1980 arrivò a $40 al barile.
Vennero incolpate le forze politiche piuttosto che quelle economiche per l'impennata mondiale dei prezzi del petrolio post-1971 — in particolare il presunto aggiotaggio del cartello dell'OPEC. Infatti, fatta eccezione per un breve periodo durante la guerra del Medio Oriente nel 1973, il petrolio fluiva regolarmente nel mercato.
Il problema non era una carenza di petrolio, ma un fiume di denaro e una domanda gonfiata. Tra il 1972 e il 1974 l'economia globale raggiunse un ritmo d'espansione incandescente, in parte dovuto alla trazione del boom di Nixon. Ad esempio, le importazioni non petrolifere verso gli Stati Uniti aumentarono del 15% nel primo anno dopo Camp David, poi accelerarono al 22% l'anno successivo e infine arrivarono al 28% nei dodici mesi terminanti nell'agosto 1974. Questi aumenti giganti nei beni importati erano letteralmente fuori scala.
Mentre la domanda statunitense accendeva un boom di produzione in tutto il mondo, aumentarono il numero delle fabbriche mondiali. Inoltre stava emergendo una forza ancora più potente. In risposta alle inondazioni di moneta e credito della FED, le banche centrali di tutto il mondo si accodarono con la loro espansione monetaria.
Compravano dollari e vendevano le proprie valute al fine di prevenire la pressione al rialzo sui tassi di cambio, insita nel nuovo mondo delle valute fluttuanti. In altre parole i banchieri centrali, avveduti fino a quel momento, si trasformarono in stampatori di denaro seriali per legittima difesa, perché dovevano contrastare la marea di dollari emessa da Arthur F. Burns.
Infatti, con i tassi di cambio non più fissi e visibili, un processo di svalutazione competitiva più subdolo divenne il modus operandi quotidiano. In questo modo la FED propagò le sue politiche inflazionistiche a tutta l'economia mondiale.
Quindi è stata una tempesta di denaro e credito che ha generato la prima bolla delle materie prime dopo il 1971, non il cartello dell'OPEC. Poiché se il problema fosse stata la sedicente manipolazione dei prezzi da parte del cartello petrolifero, non si spiegherebbero i vari boom nelle commodities durante lo stesso periodo di tempo.
Ovviamente non vi era alcuna prova di accordi di cartello nei mercati del riso, del rame, della pancetta di maiale, o del sego industriale. Eppure, tra il 1971 e il 1974, il riso passò da $10 a $30 per quintale, mentre la pancetta di maiale salì da $0.30 per libbra a $1.
Analogamente, il costo di una tonnellata di rottami d'acciaio salì da $40 a $140; lo stagno saltò da $2 a $5 per libbra; e il prezzo del caffè si impennò vertiginosamente fino a quasi otto volte, da $0.42 a $3.20 per libbra. Anche il sego industriale partì per la tangente, passando da $0.06 a $0.20 per libbra; e più o meno lo stesso schema si ripetè per il prezzo del grano, del rame, del cotone, del piombo, del legname e della soia.
Inutile dire che il primo ciclo inflazionistico del denaro fluttuante fu uno shock per i funzionari politici, in particolare per la Federal Reserve e il suo presidente. Mentre il presidente Burns era un pusillanime quando doveva scontrarsi con le richieste di Washington, rimase un falco anti-inflazione quasi per una questione di fede.
Così quando Nixon dovette affrontare lo scandalo del Watergate, Burns rinsavì e premette energicamente il pedale del freno monetario. Di conseguenza l'espansione del credito bancario a due cifre si arrestò, aumentando solo dell'1.2% nel 1975.
Da un punto di vista macro lo stimolo della FED funzionò egregiamente, perché le famiglie furono in grado di accendere nuovi prestiti a palate e comprare auto e case nuove. Questa impenanta di spese, a sua volta, innescò un circolo vizioso di nuovi redditi e di posti di lavoro, più spesa e ancora più consumi.
La costruzione di nuove case raddoppiò nel corso dei tre anni successivi al 1971. Poi, quando la FED fu costretta a tenere a freno il ciclo economico a causa di un aumento dell'IPC e dell'inflazione salariale, le nuove costruzioni calarono immediatamente — solo per eruttare di nuovo quando alla fine del 1974 la FED tornò in modalità espansione monetaria.
Lo stesso modello lo ritroviamo negli investimenti reali, dove la fluttuazione ciclica era ancora più estrema. Quando la FED aprì i rubinetti del credito nel 1971, gli investimenti netti in impianti e macchinari salirono del 52% nei due anni successivi, ma poi calarono di quasi il 45% dal picco 1973 quando la FED fu costretta a chiudere i rubinetti del credito.
Inutile dire che dopo il ciclo espansivo del 1974-1975, il costo del credito alle imprese scese bruscamente e la spesa per investimenti crebbe ancora una volta. In realtà, gli investimenti netti reali aumentarono del 100% tra il 1975 e il 1978 — un record mai eguagliato prima o dopo.
Senza la presenza della Cina, naturalmente, i salari e l'inflazione seguirono il ciclo espansivo perché non c'erano costi di produzione alternativi a bassissimo costo. Cioè, non c'era alcun posto all'estero in cui spostare la produzione e fare arbitraggio sui costi del lavoro. Di conseguenza la FED non ebbe altra scelta se non frenare per due volte negli anni '70, perché questi scatti viziosi di salari e inflazione dei prezzi creavano dolore economico immediato e diffuso tra la popolazione di Main Street.
Così, quando iniziò la baldoria monetaria di Nixon-Burns alla fine del 1971, l'IPC aumentò ad un tasso annuo del 3%, ma arrivò al 12% nel novembre 1974 al culmine del boom globale. Dopo che la FED frenò e mandò in tilt l'economia americana, l'indice scese al di sotto del 5% alla fine del 1976. In seguito al rinnovato slancio espansionistico della FED, l'IPC salì a quasi il 15% nei primi mesi del 1980.
Alla fine, fu proprio questo sfogo inflazionistico che screditò il keynesismo e portò Ronald Reagan alla vittoria. E ancora una volta, la ragione per cui i prezzi al consumo esplosero alla fine degli anni '70, non fu la presenza dell'OPEC sul mercato mondiale del petrolio; fu invece l'assenza della forza lavoro cinese e dei prezzi convenienti di beni commerciabili a fronte di una massiccia espansione monetaria.
Sono cambiate due cose dopo il 1979-1980. In primo luogo, i fondatori maoisti sono stati cacciati dalla Cina e sono stati sostituiti da "capitalisti rossi". Questi ultimi hanno presto scoperto che il potere dello stato si estende lungo una stampante monetaria, e non lungo una canna di fucile.
In secondo luogo, il personale della Casa Bianca ingannò Ronald Reagan affinché si sbarazzasse di Paul Volcker. Quest'ultimo sviluppo aprì le porte a Greenspan e all'età della repressione finanziaria; il precedente sviluppo, invece, mandò al potere Deng e le sue industrie dell'export, scatenando così l'età della repressione dei prezzi e dei salari globali made in China.
Il resto è storia e viene ricordata nei due grafici qui sotto. In una parola, Greenspan e i suoi successori hanno esportato l'impatto inflazionistico delle loro politiche monetarie, soprattutto prima della crisi finanziaria del 2008.
Hanno ampliato il credito interno come mai visto prima, facendo salire il debito nel mercato del credito statunitense da $11,000 miliardi, quando si insediò Greenspan, a $52,000 miliardi, quando nel 2008 Bernanke mentì ad un Congresso in preda al panico dicendo che eravamo sul punto di una Grande Depressione 2.0.
Gente, questo è un aumento di 5 volte in appena due decenni, o un tasso di crescita del credito di quasi il 10% annuo.
Eppure, a differenza degli anni '70, non c'è stato alcun attacco inflazionistico, perché la massiccia spesa interna alimentata dalla stampa monetaria della FED è stata assorbita dalla Cina e dagli altri mercati emergenti. Infatti, sin dal 1980 gli Stati Uniti hanno gestito deficit delle partite correnti di quasi $8,000 miliardi — consumo che è stato prestato al di fuori delle quattro mura dell'economia statunitense e quindi non ha alimentato pressioni inflazionistiche interne.
Ma, no, questo non è un miracolo della divisione del lavoro e del libero scambio come descriveva Adam Smith. Né rappresenta un pasto gratis finanziario. Invece questo è il classico caso di illusione finanziaria — ma su scala epica.
La Cina, i produttori di petrolio nel Golfo Persico e il resto dei mercati emergenti ci hanno sostenuti stampando le loro valute e acquistando dollari, in questo modo hanno soppresso i loro tassi di cambio proteggendo il loro modello commerciale mercantilista. Questo ha permesso alle famiglie negli Stati Uniti di affogare ancora di più nel debito, prima che il meccanismo storico dell'impennata dei tassi d'interesse soffocasse la baldoria dell'indebitamento.
L'era Greenspan-Bernanke di massiccia repressione finanziaria ha assestato una mazzata ai prezzi del credito. Vale a dire, li ha saturati fino all'orlo facendoli raggiungere il "picco del debito". Dopo il 2008 le famiglie si sono fermate perché avevano esaurito la loro capacità di trasportare più debito rispetto al reddito. Come mostrato di seguito, i rapporti di leva delle famiglie hanno effettivamente iniziato a scendere dal picco storico a cui erano arrivati prima della crisi del 2008.
Sul fronte commerciale le tendenze dei dati sono leggermente diverse, ma l'impatto è lo stesso. Sin dal 2007 il debito bancario lordo e netto ha continuato a crescere, ma i proventi sono stati quasi interamente riciclati nell'ingegneria finanziaria — inclusi più di $2,000 miliardi di riacquisti d'azioni e molte migliaia di miliardi d'inutili operazioni di Fusione e Acquisizione.
La morale della favola è quindi semplice: il canale della trasmissione della politica monetaria è ormai rotto. L'impatto della ZIRP e del QE non lascia mai i canyon di Wall Street — il che significa che serve a gonfiare gli asset finanziari anziché i salari di Main Street, come invece accadde durante l'epoca dell'inflazione in un paese.
Ma questa è una terribile ironia e al contempo un grave pericolo. I banchieri centrali keynesiani di oggi credono di poter schiacciare il pedale dell'acceleratore finché non emergerà una spirale inflazionistica in stile anni '70. Ma non sta arrivando niente di tutto ciò, perché la stampa di denaro degli ultimi due decenni ha generato un'enorme capacità in eccesso e investimenti improduttivi in tutto il pianeta. Ciò che sta arrivando, quindi, non è una spirale inflazionistica come i vecchi tempi, bensì una deflazione globale senza precedenti.
Le banche centrali continuano solamente a stampare, gonfiando bolle negli asset in tutto il mondo. Quello che fermerà il nuovo ciclo del credito, quindi, sarà lo scoppio delle bolle finanziarie.
Questo è già accaduto due volte in questo secolo. Una terza volta sembra essere proprio dietro l'angolo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/