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mercoledì 15 aprile 2015

Oggi è necessaria una Termopili finanziaria, ma stavolta non contate sui greci





di David Stockman


Il sistema finanziario globale ha bisogno disperatamente di un grande default — un evento finanziario profondamente dirompente in grado di spazzare via il marciume dall'attuale sistema fatto di salvataggi bancari e repressione finanziaria delle banche centrali. Inutile dire che la Grecia sarebbe solo l'inizio: un default per il proprio debito e la sua uscita dall'euro avrebbero un effetto devastante come nessun altro.

Ma non contate sui greci. Sì, il loro nuovo governo ha un mandato forte per liberarsi dal giogo dei piani di salvataggio imposti da Bruxelles e dalla servitù del debito. Se Syriza dovesse rimanere fedele alla ragion d'essere della sua ascesa al potere, il compito di accantonare l'illegittimo progetto dell'euro sarebbe in cima alle sue cose da fare.

Ma nonostante i discorsi risoluti di Tsipras ("Noi non accettiamo ricatti psicologici") e i discorsi elaborati di Varoufakis sulla teoria dei giochi, le probabilità di un evento sconvolgente (come il "Grexit") nel futuro prossimo sono davvero minime. Se dovesse accadere, sarà il risultato di un errore di calcolo politico tra le parti, non l'agenda politica e la volontà del nuovo governo greco.

Il problema è che sebbene Syriza abbia un programma coerente — e questo è discutibile — esso non è altro che paccotiglia keynesiana di sinistra che finirà per costringere i greci ad aggrapparsi a qualsiasi compromesso che permetta loro di rimanere nell'Euro. A differenza dei tedeschi, Varoufakis & Co. non hanno scrupoli di sorta per quanto concerne il finanziamento dei debiti statali da parte della banca centrale, e considerano la BCE come un agente di salvezza finanziaria — per loro e per il resto d'Europa.

Così, nonostante le attuali tensioni tra la Grecia ed i suoi finanziatori, quasi ogni loro problema può essere smussato — cioè, al di là delle parole ambigue, sono d'accordo a calciare ancora e ancora il barattolo. Di sicuro i parolai al soldo di questa gente possono trovare i termini giusti che colmino la differenza tra "estensione del programma", come insistono i tedeschi, e la proposta dei greci a "procedere congiuntamente verso una conclusione positiva degli accordi presenti".

Anche sulle questioni basilari, come la dimensione del surplus del bilancio primario, il numero dei dipendenti statali, le pensioni minime per i cittadini con redditi minimi, il numero preciso delle proprietà statali da privatizzare — tutto può essere deciso durante lo show delle trattative. Dopo tutto, questi problemi riguardano sostanzialmente numeri e scadenze — quello per cui sono stati creati i politici.

Ma sull'unica cosa che conta non ci sarà un compromesso: un default sostanziale per i debiti impressionanti della Grecia.

Su questo punto, i politici e i burocrati dell'UE sono irremovibili. Se venissero chiamate in causa le garanzie sui fondi di salvataggio, nemmeno un solo stato europeo resterebbe in piedi. Inutile dire come una cosa del genere metterebbe in serio imabrazzo la Merkel, perché inizierebbero a cadere dapprima Francia e Italia, cosa che azzopperebbe Spagna, Portogallo e Irlanda, situazione che porterebbe alla ribalta i populisti radicali richiedenti un'uscita immediata dall'Europa. In breve, per salvare l'euro dai presunti effetti di "contagio" di un default sovrano, i geni di Bruxelles si sono imbottiti di bombe ad orologeria politiche. Le garanzie sul debito greco sono promesse che non devono assolutamente essere attivate.

Eppure... Eppure... Herr Schaeuble non deve corrucciarsi tanto. Il Ministro delle Finanze di Syriza, Yanis Varoufakis, prende ispirazione dal professor James Galbraith — irriducibile statalista keynesiano che non ha mai visto un'economia che non poteva essere migliorata attraverso iniezioni monetarie e fiscali. Di conseguenza, l'ultima cosa che il governo greco vuole fare è mettere in scena un'uscita dall'Euro e/o ripudiare i suoi debiti nei confronti dell'UE, della BCE e del FMI.

Varoufakis l'ha detto chiaramente più di una settimana fa durante il suo grande tour europeo:

Tentando di lanciare un messaggio emolliente, Varoufakis ha detto al Financial Times che il governo non avrebbe più chiesto una cancellazione totale dei €315 miliardi di debito estero greco. Piuttosto avrebbe chiesto "swap sul debito" per alleviare l'onere sottostante, tra cui due tipi di nuove obbligazioni.

Il primo tipo, indicizzato alla crescita economica nominale, dovrebbe sostituire i prestiti di salvataggio europei, e il secondo tipo, che ha definito "obbligazioni perpetue", sostituirebbe i titoli greci detenuti dalla Banca Centrale Europea.

Ha detto che la sua proposta di conversione del debito sarebbe una forma di "ingegneria del debito intelligente", che eviterebbe la necessità di utilizzare un "haircut" del debito, termine politicamente inaccettabile in Germania e in altri paesi creditori perché equivarebbe ad una perdita per i contribuenti.

Ingegneria del debito intelligente! Sembra proprio che stia imitando Barack Obama, non credete?

I programmi di alleggerimento del debito di Varoufakis non rappresentano altro che un esercizio banale sul valore — qualcosa che si impara a conoscere con l'ABC dell'economia. Quindi, sì, significa dare alla Grecia un periodo di cinque anni per il ripagamento di capitale e interessi sui $270 miliardi che deve a EFSF, BCE e FMI; tagliare ulteriormente il ridicolo tasso d'interesse dell'1.8% su questo debito o scambiare alcuni bond con altri indicizzati al tasso variabile del PIL; allungare le scadenze di 50 anni fino al 2065. Una volta fatto tutto questo — il debito sarà la metà o poco più rispetto a quello attuale.

Ma ciò non risolverebbe i problemi di fondo e, infatti, equivarrebbe al tradimento finale degli elettori. I greci non potranno mai e poi mai riconquistare la loro sovranità democratica o ricostruire la loro economia nazionale, a meno che non ripudino, cancellino o estinguano una grande quantità di debiti dovuti al superstato europeo e al FMI.

Il mondo non resterà ammaliato ancora per molto davanti alle deformazioni partorite dalla ZIRP delle banche centrali keynesiane; e certamente non per tutti i decenni su cui si basa il gioco di Varoufakis sull'allungamento delle scadenze greche.

Invece i tassi d'interesse sul debito sovrano si normalizzeranno, e in modo violento nel caso di stati che non possono governarsi fiscalmente. Ci sono demoni che abitano nelle terre inesplorate oltre la ZIRP, e alla fine si riveleranno essere nientemeno che i bond vigilantes di un tempo.

Ciò significa che il rischio di "rinegoziazione" integrato nello schiacciante debito greco è qualcosa di imprescindibile. Se la Grecia non va in default ora quando gli interessi sui debiti richiedono il 3.0% del PIL, andrà sicuramente in default dopo, quando le spese per gli interessi dovranno essere rinegoziate al ​​doppio, al triplo, o al quintuplo di quelle attuali. E se il default arriverà prima o dopo, un'economia perennemente sull'orlo del fallimento non sfuggirà all'austerità e alle privazioni che oggi affliggono il popolo greco.

Il solito modo che si sta usando per aggirare tale certezza aritmetica è quello di fare ricorso alla versione keynesiana di Art Laffer. Cioè, l'idea che la Grecia possa crescere grazie ad una robusta crescita dei numeri del PIL e quindi ripagare il suo debito. Ma almeno Laffer era in qualche modo coerente: una semplice riduzione delle tasse non aiuterà ad equilibrare il bilancio, ma almeno aiuterà a rimuovere alcuni ostacoli fiscali alla crescita e alla creazione di ricchezza imprenditoriale.

Il programma di Syriza recita il contrario: espansione dello stato attraverso investimenti pubblici su vasta scala e conservazione dei monopoli pubblici inefficienti e dei servizi pubblici mispriced. Questo nucleo statalista viene poi potenziato politicamente con la volontà di far pagare agli oligarchi la loro giusta quota di tasse e sacrifici fiscali.

Sebbene possa sembrare giusto, mettere alla gogna gli oligarchi gioverà solo all'equità e alla giustizia, non alla crescita economica e agli investimenti produttivi. Infatti, la variante di Syriza dello statalismo keynesiano non farà altro che mantenere la Grecia schiava del debito pubblico.

La ragione è che il cuore del programma di Syriza, pieno di massicci investimenti pubblici in infrastrutture, abitazioni, scuole e servizi sociali, preclude un avanzo di bilancio primario. Ogni impegno che si può stipulare come parte di un compromesso per "rinsaldare" il programma di Bruxelles, sarà solamente un'operazione di facciata — ribattezzare i vecchi programmi con nuovi nomi in modo da importunare Atene affinché "rispetti" i nuovi accordi.

A dire il vero, i tedeschi stanno agendo voracemente quando insistono affinché la Grecia si sobbarchi l'intero costo del salvataggio delle banche tedesche e francesi. Ma almeno hanno la matematica dalla loro parte. Senza grandi avanzi primari per i decenni a venire, la Grecia non potrà mai sfuggire alla "trappola del debito".

La verità è che la versione di Jamie Galbraith/Paul Krugman di "investimenti pubblici", sostenuta anche dal governo greco, prevede una disconnessione fatale. Questi filatori keynesiani non hanno mai dimostrato neanche lontanamente come un Paese già saturo di metropolitane, stadi, autostrade e aeroporti possa innescare una crescita economica attraverso la redistribuzione del reddito dai contribuenti al fisco pubblico. Quando si intensificano gli investimenti pubblici e c'è un avanzo primario al tempo stesso — come propone Syriza — l'unica cosa che si ottiene è la ridistribuzione della torta economica. E se si finanziano strade e ponti non si ha bisogno di tasse sul risparmio privato e sugli investimenti, perché si attiva un'erosione dell'efficienza e della produttività, e non una crescita sostenibile dell'economia e dei posti di lavoro.

I keynesiani lo sanno fin troppo bene. Ecco perché "investimenti pubblici" nel loro vocabolario rappresenta solo una parola in codice per deficit finanziati dalla spesa pubblica. Il loro mondo ruota intorno ad un'astrazione economica chiamata "domanda aggregata". La crescita deriva presumibilmente dai dollari spesi, non dall'efficienza e dalla produttività.

Quando un'economia raggiunge il "picco del debito" — cosa che la Grecia ha sicuramente raggiunto — il trucco keynesiano da quattro soldi della spesa in deficit non solo perde la sua efficacia, ma anche la sua attuabilità. I mercati dei capitali — ad oggi drasticamente deteriorati — non forniranno prestiti incrementali senza garanzie sovrane; e nessun titolo di stato sarà credibile se lo stato che lo emette non avrà la forza fiscale e la rettitudine della Germania.

Alla fine, il piano di Syriza è un percorso circolare che genera stagnazione permanente e un conflitto senza fine con i suoi finanziatori del superstato europeo. Continuare a calciare il barattolo non servirà a nulla — salvo fornire agli speculatori del mondo e ai robo-trader qualche settimana o mese in più per continuare a giocare nel casino.

Inutile dire che non esiste un'alternativa — un piano B che potrebbe fornire ai greci un modo per evitare il dolore economico. Il cuore del problema non è l'austerità, ma lo scopo a cui serve e il modo in cui viene imposta.

Vale a dire, il popolo greco dovrà stringere la cinghia dal punto di vista finanziario per altri anni, ma solo per permettere agli sciocchi governi dell'Eurozona di riprendere i soldi spesi per il salvataggio delle loro banche. Invece lo scopo dell'austerità fiscale greca dovrebbe essere quello di riguadagnare credito nei mercati finanziari globali, e non nei palazzi dei politici di Bruxelles, Berlino, Parigi e Roma.

Se davvero volesse migliorare il suo rating di credito, lo stato greco non avrebbe alcuna possibilità di accendere nuovi prestiti, punto e basta. Dopo decenni di dissolutezza fiscale dovrebbe vivere con i propri mezzi. I suoi politici dovrebbero fare scelte difficili e stabilire le priorità sociali. Se gli elettori volessero più socialismo e redistribuzione, ciò si tramuterebbe in un segnale di mercato sotto forma di minori investimenti, bassa crescita e minori entrate fiscali, e più dolore economico per tutti.




"L'austerità" di questo tipo non solo serve allo scopo giusto, ma sarebbe anche attuata attraverso il processo giusto: sarebbe il prodotto della democrazia greca e dell'autodeterminazione locale, non un atto ufficioso imposto dai plenipotenziari di un superstato lontano e dalla sua burocrazia irresponsabile.

Detto in altro modo, se il popolo greco volesse veramente liberarsi dalla tanto odiata Troika, dovrebbe andare in default per i debiti che sono stati imposti da quest'ultima. E visto che ci sono, potrebbero anche togliersi qualche sassolino dalla scarpa, arrestando qualsiasi funzionario della Troika che oserebbe mettere piede in Grecia. La verità è che in una democrazia l'austerità fiscale può essere imposta solo da un governo che è stato eletto dal popolo.

Sì, andare in default per i debiti nei confronti di Eurozona/BCE/FMI costringerebbe la Grecia ad avere la propria banca centrale e a gestire una propria moneta. Ma questo sarebbe un vantaggio, non un peso — e non perché permetterebbe alla Grecia di svalutare la propria valuta per arrivare alla prosperità.

Considerato tutto quello che è accaduto prima del default, giammai la Grecia potrebbe riportare in vita la vecchia dracma e la stampante monetaria della banca centrale. Farlo significherebbe aprire la porta ad un'enorme svalutazione della moneta, una fuga di capitali e una tempesta inflazionistica sul 25% del PIL che attualmente comprende le importazioni. Neppure una concessionaria BMW o Opel rimarrebbe in piedi — per non parlare del carburante importato, necessario per le auto, e gli alimenti importati, necessari per i loro conducenti.

Invece la Grecia potrebbe lanciare una nuova dracma, solo se alla sua banca centrale venisse completamente vietato l'acquisto di debito pubblico greco. Cioè, e ironia della sorte, dovrebbe abbracciare in pieno la filosofia monetaria tedesca.

Infatti, piuttosto che stampare dal nulla passività in dracme, lo stato greco post-default dovrebbe fare il contrario: acquisire "hard" asset internazionali, come dollari, RMB e oro, in modo da fornire un supporto convertibile alla sua nuova dracma. Tale sistema assicurerebbe alla sua moneta un potere d'acquisto stabile, e permetterebbe un onesto price discovery nel mercato monetario e in quello dei capitali. Non solo, anche in quello del debito pubblico e in quello del debito privato — e in quello di qualsiasi altro titolo negoziabile.

In breve, un default e un Grexit reintrodurrebbero la Grecia ad un mondo di denaro onesto, disciplina fiscale e governo democratico. In tale contesto, l'economia greca potrebbe o non potrebbe tornare a crescere. Ciò dipenderebbe dal suo elettorato: o votare per continuare lo statalismo paralizzante del programma di Syriza, oppure optare per un sistema più amichevole nei confronti di investitori, imprenditori e aspirazioni di lavoratori e cittadini per migliorare le proprie condizioni economiche.

Ma il punto è questo: una Grecia post-default non dovrebbe crescere per il gusto di essere la bestia da soma dei contribuenti del nord Europa. Il suo bilancio statale sarebbe pulito — quindi se i greci optassero per una vita di miseria socialista, avrebbero tutto il diritto e l'opportunità di farlo.

Inutile dirlo, un default e un "Grexit" trasformerebbero radicalmente la politica europea e la vita economica. Causerebbe un rapido scioglimento di quella mostruosità superstatale nota come UE — insieme alla scomparsa delle sue istituzioni più importanti, soprattutto la BCE. Così facendo, l'Europa tornerebbe nel posto giusto della storia.

Se il mondo vuole avere una prosperità capitalista e un governo democratico, c'è bisogno di piccoli stati e grandi mercati. Solo in quest'ultimi può operare un "price discovery" condotto dalla mano invisibile di milioni di risparmiatori, investitori e speculatori; e vincitori e vinti sarebbero determinati dal verdetto del mercato, non dalle macchinazioni di politici e burocrati.

Se l'attuale calamità statalista in Europa dimostra qualcosa — è che il modello di governance superstatale e il dominio delle banche centrali nei mercati finanziari sono dei fallimenti. E se i greci vogliono davvero riconquistare la loro libertà e la possibilità di una prosperità capitalistica, devono recarsi immediatamente verso le uscite dall'euro/UE.

Inoltre non dovrebbero guardarsi indietro per paura che la loro economia si trasformi in un cumulo di macerie — a causa della fuga di capitali e una corsa agli sportelli bancari — durante la transizione. Il sistema bancario greco ha circa $140 miliardi in depositi. Le autorità greche dovrebbero solamente inventarsi una scusa qualunque, come fece FDR durante la crisi del 1933, per bloccarli per un paio di settimane o giù di lì.

Vale a dire, nazionalizzare le quattro grandi banche greche che sono solo dei pozzi neri colmi di insolvenze, corruzione e furti oligarchici, e riaprirle rapidamente quando verebbe emessa la Nuova Dracma, ma solo dopo una massiccia svalutazione degli attivi deteriorati. Sì, i titolari di azioni e bond verrebbero spazzati via, ma in ogni caso sarebbe un atto di giustizia.

Per quanto riguarda i titolari di depositi, il governo dovrebbe garantirne una parte sostanziale dei $140 miliardi totali. Diventerebbe un obbligo dello stato quello di essere pagato dalle eccedenze di un'austerità auto-imposta. Per quanto riguarda la valuta ad interim di quei depositanti non inclini ad abbracciare la garanzia dello stato, FDR ebbe una soluzione anche per questo.

Allora la chiamavano bank script. Oggi la banca nazionale greca possiede ancora le sue placche di stampa dell'euro. Se creasse un po' di ricevute durante la transizione, anche i tedeschi non sarebbero così pazzi da inviare il proprio esercito — di nuovo dopo 72 anni — per confiscarle.

Sì, la transizione sarebbe disordinata, ma non così tanto come l'alternativa: servitù del debito, stagnazione economica e perdita di sovranità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. La Grecia è solamente il paziente zero tra i malati d'Europa. L'Italia affronterà la stessa sorte. Il braccio di ferro tra ellenici e BCE continua, dove quest'ultima è disposta a spazzare via metà degli attivi di bilancio di quelle banche che si sono abbeverate dall'ELA. In questo modo verranno pressate anche dai propri clienti che continueranno a ritirare i despositi. A questo punto i controll idei capital ipotrebbero essere dietro l'angolo. Ma è troppo tardi, la puzza di questo cadavere economico si sta intensificando. Tutta la periferia della zona Euro emette un odore nauseabondo.

    European Central Bank Squeezes Greek Banks, Tightening Access to Loans

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