martedì 7 aprile 2015

Mistificazioni keynesiane

La pubblicazione di oggi è divisa in due articoli: uno di Brian Domitrovic tratto da Zerohedge, e l'altro di Robert Murphy tratto dal Mises Canada. In entrambi possiamo notare come la versione dei fatti che spesso incontriamo sui giornali e sulle bocche dei sedicenti esperti, differisce non poco da quella che invece è la realtà. Ciò è particolarmente vero anche in economia. In questo modo è facile che il lettore sprovveduto possa cadere in errore perorando e sedimentando un'idea o un concetto sbagliati alla fonte, sui cui poi andrà a fondare tutti i suoi ragionamenti. Oggi agiremo alla fonte, smontando vecchi miti che fino ad oggi si sono trascinati recalcitranti sulle bocche della maggior parte delle persone. Dimostreremo ancora una volta come sia il libero mercato, e non un'economia pianificata centralmente, a garantire prosperità e onestà alla società. Controlli dei prezzi, tasse, banca centrale, sussidi statali, sono tutte caratteristiche che al giorno d'oggi fanno parte dell'organizzazione economica in cui siamo immersi. Con quale coraggio o sanità mentale si può definire quello attuale un libero mercato quando quest'ultimo non ha mai smesso di attaccare simili disposizioni? Contrastare queste fallacie richiede non solo conoscere la versione reale delle cose, ma anche quella fittizia per smontarla nei particolari. E' un percorso obbligato, perché diversamente da coloro che sostengono le versioni fittizie e comunemente accettate, colui che sostiene le versioni alternative ha su di sé il cosiddetto onere della prova. Tale assetto mentale non è altro che il retaggio lasciato in eredità dalla scuola finanziata con le tasse. E' burocratica fino al midollo. Tende ad essere fuorviante fino al midollo.
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Uno dei motivi per cui i detrattori del gold standard affermano che sia una "reliquia barbarica" (riprendendo l'espressione di John Maynard Keynes) riguarda il suo presunto coinvolgimento in tante crisi finanziarie durante il suo periodo di massimo splendore, vale a dire, il XIX secolo. Come afferma spesso in modo sarcastico il troll che scrive sul New York Times: "Nonostante il gold standard, l'America ha sperimentato varie crisi finanziarie nel 1873, 1884, 1890, 1893, 1907, 1930, 1931, 1932, e 1933. Oh, aspettate un attimo.....ritornare al gold standard è una cattiva idea, se non addirittura comica."

Osservando il XIX secolo, prima che il gold standard diventasse un fantasma durante l'era della Federal Reserve, non vi è alcuna prova che conferma il suo coinvolgimento in una qualsiasi delle crisi sopracitate. Certamente non in quella del 1873, quando gli Stati Uniti ritornarono al gold standard dopo che fu abrogato durante la guerra civile del decennio precedente.

Certamente non nelle altre crisi sopracitate del XIX secolo, ognuna delle quali ha avuto alla radice una qualche forma di ingerenza statale nell'economia.

Non nel panico del 1819 — causato dalla cattiva allocazione di capitali provocata da un'espansione monetaria artificiale durante la guerra del 1812. Non nel panico del 1837 — causata da speculazioni sui terreni innescate da iniziative Congressuali a seguito della "cacciata degli indiani". Non nel panico del 1857 — causato da un crollo delle azioni delle ferrovie a seguito di un eccesso di investimenti incoraggiato nuovamente dalla politica federale.

Il che ci porta al panico del 1884. Ecco le statistiche della crescita economica dal 1882 al 1886, il cui punto centrale è proprio il panico dell'anno 1884. (Il PIL è una statistica farlocca, ma almeno queste ricostruzioni non fanno finta che la spesa pubblica rappresenti produzione reale, in quanto la spesa pubblica era un dodicesimo rispetto a quella di oggi.) Dal 1882 al 1886 la crescita annua ha fatto registrare queste cifre: 5.3%, 2.8%, -1.6%, 0.3%, 8.1%. La crescita cumulativa in questi cinque anni, compreso il 1884: 9.6%. Entro la fine del decennio questo numero sarebbe arrivato al 28% (6.2% annuo).

Affinché si possa parlare di un "panico finanziario di vasta portata", la crescita economica avrebbe dovuto incassare un colpo molto più duro — come negli anni dopo il 1929 e nella nostra amata era post-2007. Qui abbiamo solo uno stop modesto delimitato da una buona crescita precedente e una strabordante in seguito. Potete tranquillamente depennare dalla lista anche il 1884.

Il che ci porta al 1890 e al 1893. Di tutte le crisi nella storia americana, queste sono forse le meno comprese e le più travisate, con la possibile eccezione della tremenda recessione del 1919-1921, sparita dai radar del troll del New York Times. (La quale verrà analizzata nell'articolo di Robert P. Murphy successivo a questo, ndT.)

Dire che ci fu un panico nel 1890 è strano, in quanto la crescita era di circa il 9% l'anno. Nel 1891 la crescita si arrestò, ciononostante non scese sotto l'1%. Salì nuovamente nel 1892, ad almeno il 10%. Poi arrivò la siccità: la crescita diminuì del 10% fino al 1894 e il vecchio andazzo non venne recuperato prima del 1897.

Stiamo parlando del panico del 1893 che partorì la sommossa di Haymarket, lo sciopero di Pullman, i fallimenti di massa e la parola "disoccupazione". Proprio nel bel mezzo dell'era del gold standard.

O no? E' perfettamente chiaro cosa causò l'enorme crescita numerica della produzione nel 1890-92, così come lo stress tremendo nel sistema bancario e del credito che portò al prosciugamento degli investimenti e alla chiusura delle fabbriche nel 1893. Gli Stati Uniti, nel 1890, decisero di calunniare il gold standard.

Il 1890 fu l'anno in cui il Congresso fece due delle sue incursioni più intrusive nella politica monetaria e fiscale, prima della creazione della FED e l'approvazione dell'imposta sul reddito nel 1913. Autorizzò la creazione di moneta fiat per un importo di quasi cinque milioni di dollari al mese, e approvò un aumento del 50% delle aliquote fiscali nella principale forma di tassazione federale, il dazio.

La misura monetaria divenne ostaggio dello Sherman Silver Purchase Act: gli Stati Uniti si prendevano la briga di acquistare, con nuova cartamoneta, 4.5 milioni once d'argento al mese. La fregatura: la moneta che andava ad acquistare l'argento doveva essere rimborsabile dal Tesoro. Rimborsabile in oro, ovviamente.

Gli interessi delle società minerarie in Nevada e altrove avevano raggirato (e sicuramente corrotto) il Congresso nel perorare questa causa. Sapendo che il loro argento valeva poco, quale modo migliore per fare profitti se non affidarsi ad un pezzo di carta garantito dal governo in cui si dice che l'argento può essere scambiato per l'oro?

La cascata di nuovo denaro gonfiò un bolla speculativa, i dazi la deformarono ulteriormente e ci fu la recessione più lunga del periodo pre-1913. Gli Stati Uniti, manco a dirlo, rimasero a corto d'oro per coprire tutto il denaro in eccesso. J. P. Morgan dovette elargire un prestito in oro per salvare il patetico governo del suo Paese. Con il sistema bancario privato che dedicava le proprie risorse per sostenere la moneta, il mercato divenne affamato di denaro e ne derivò una terribile recessione.

Credere che questo ridicolo episodio screditi il gold standard significa mancare il punto generale, e di brutto. Se organizzata in questo modo, ogni valuta ancorata al gold standard può rovinare il sistema monetario. Se si stampa più moneta di quanta si possa riscattarne in oro, perché qualche truffatore pensa di poter decidere al vostro posto, il triste mietitore verrà per voi e la vostra economia. Quindi è meglio evitare un tale destino.

Nella nostra epoca, la FED stampa dollari in eccesso senza preoccuparsi che siano convertibili in oro. Il che significa che la nostra cattiva allocazione del capitale è di ampia portata e di lungo periodo, le nostri recessioni sono lunghe e profonde, il nostro trend di crescita è basso e il nostro compiacimento su come il presente sia migliore del passato è infondato e pietoso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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In un post precedente ho discusso di come la depressione del 1920-21 sia tornata di moda nelle discussioni mainstream a causa del libro di Jim Grant. Come ho spiegato nel mio post, Grant sta seguendo la tradizione di diversi scrittori di libero mercato (me compreso) secondo i quali la depressione del 1920-1921 mostra i difetti del pensiero keynesiano. In particolare, la depressione dopo la prima guerra mondiale fu dolorosa ma breve, con l'economia che si riprese senza lo "stimolo" keynesiano – nonostante le dosi massicce di "austerità", tanto per utilizzare un lessico moderno.

Naturalmente i keynesiani (e altri) si sono spostati sulla difensiva, sostenendo che la FED è stata decisiva nel porre fine alla contrazione. Ma l'analisi di Jeff Herbener (insieme a quella di Tom Woods) e George Selgin mostra che che la loro versione non funziona. L'economia aveva chiaramente toccato il fondo e si stava già riprendendo prima che la FED aprisse i rubinetti monetari. (Devo ammettere che l'argomento "stimolo monetario" ha un certo supporto se guardiamo ai tassi d'interesse piuttosto che alla crescita monetaria. Ma mi dilungherò su questo argomento in futuro.)

Ma se è inappropriato attribuire alla politica monetaria la ripresa dalla depressione del 1920-1921, Barkley Rosser alza la posta in gioco parlando di stimolo fiscale. Dopo aver scritto un post sul suo blog, riportando la solita tesi secondo cui il 1920-1921 è un caso da manuale di politica monetaria allentata/restrittiva, Rosser prosegue ad affermare cose allucinanti anche nei commenti:

[...] Herbert Hoover non è stato poi così male, anzi. La sua reputazione è stata in parte macchiata da tutte quelle persone che lo hanno criticato per il 1921. Era Segretario del Commercio sotto Harding, e anche se non è stato ampiamente pubblicizzato, si suppone che verso la fine del 1921 abbia aumentato la spesa per le opere pubbliche. La ripresa dal declino del 1921 è stata alimentata sia dallo stimolo fiscale sia da quello monetario, cosa che non si apprende da Grant o da uno qualsiasi di quegli altri.

Infatti Hoover adottò la stessa politica fiscale dopo il 1929, soprattutto con investimenti in aeroporti e dighe (forse è per questo che la chiamano la Diga di Hoover), ma venne in qualche modo frenato dal Congresso, e, ironia della sorte, FDR lo criticò per la sua spesa in deficit quando [FDR stesso] nella sua piattaforma promise un ritorno al pareggio di bilancio [...] solo per abbandonarla una volta che venne eletto [...]. Questa storia è un po' più complicata di quello che gli altri pensano.

Non è meraviglioso? Rosser sta dicendo che la ripresa del 1921 è attribuibile parzialmente alla grande spesa promossa da Herbert Hoover. A quanto pare, come Segretario del Commercio, fu in grado di attuare uno stimolo fiscale keynesiano, ma come presidente venne trattenuto da un Congresso conservatore che lo costrinse ad un bilanciamento del budget di cui tutti abbiamo sentito parlare a scuola (e che Krugman ha utilizzato come feticcio nel suo articolo del 2008 "Fifty Herbert Hoover" per mettere in cattiva luce i tagli al bilancio statale).

Anche se possiamo comprendere la necessità retorica di legarsi a questi punti di vista, la versione di Rosser è talmente ridicola che non devo fare altro che mostrare i dati del bilancio rilasciati dalla Casa Bianca (Tabella 1.1, p. 23):




Come mostra il grafico qui sopra, le spese federali totali sono diminuite ogni anno fiscale dal 1919 al 1924. Vedete per caso uno "stimolo fiscale" che ha contribuito a risollevare l'economia dalla depressione del 1920-1921? Ora, in generale, potremmo preoccuparci della mancata corrispondenza tra calendario/anno fiscale. Ad esempio, "l'Anno Fiscale 1921" parte dal primo Luglio 1920 e finisce il 30 giugno 1921. (Si noti che nel 1976 l'inizio dell'anno fiscale del governo federale è stato spostato al primo ottobre.) Quando Barkley Rosser dice che c'è stata un'impennata nelle "spese per opere pubbliche" alla fine del 1921, forse si riferisce all'anno solare?

Ma, come mostra il grafico, non importa: c'erano cali costanti e significativi durante la depressione e la ripresa. Le spese federali sono scese di un enorme 66% nell'Anno Fiscale 1919-1920, di un altro 20% nell'Anno Fiscale 1920-21, e poi di un altro 35% nell'Anno Fiscale 1921-22. (Per i puristi, negli anni successivi è scesa di un ulteriore 4.5% e 7.4%.) Non c'è stato alcuno "stimolo fiscale". L'unica ragione per cui Rosser sostiene una tale assurdità è l'imbarazzo che questo episodio storico suscita nelle prescrizioni keynesiane. (Si noti che non nego che ci possano essere stati progetti di spesa specifici alla fine del 1921 – ma è evidente che non rappresentano uno "stimolo fiscale" sul bilancio.)

Le cose sono altrettanto tristi per l'altro pezzo del racconto di Rosser. Il grafico seguente mostra la spesa federale quando Hoover ebbe davvero voce in capitolo:




Qui vediamo che la spesa federale è salita ogni anno che Hoover è rimasto in carica, tranne l'ultimo. (Ricordate che l'Anno Fiscale 1933 partiva dal primo Luglio 1932 e finiva il 30 giugno 1933, e che Franklin Roosevelt non prestò giuramento fino al 4 marzo 1933.) Hoover prestò giuramento il 4 marzo 1929 e il crollo del mercato azionario dell'ottobre 1929 avvenne tecnicamente nell'Anno Fiscale 1930. Arrotondando, gli aumenti della spesa federale furono del 6% e dell'8% rispettivamente negli Anni Fiscali 1930 e 1931, seguiti da un enorme 30% nell'Anno Fiscale 1932. Ricordate, questo stava accadendo mentre il gettito fiscale stava crollando e i prezzi scendevano, rendendo tali aumenti nominali ancora più impressionanti.

Infine, come tutti sanno, Hoover era un freddo "equilibratore di bilanci" e tagliò la spesa dell'1.3% nell'Anno Fiscale 1933, portandola "solo" il 47% al di sopra del livello che Calvin Coolidge aveva lasciato in eredità alla fine dei ruggenti anni venti. Vale la pena di sottolineare che in questo anno presumibilmente austero, difficilmente il bilancio si potrebbe definire in equilibrio – il deficit federale era ancora di $2.6 miliardi, o il 4.5% del PIL.

E' davvero incredibile vedere le contorsioni di alcuni analisti, i quali cercano di adattare i fatti storici ai loro modelli economici. (Mi rendo conto che questo è un difetto comune tra i keynesiani rispetto ai loro avversari intellettuali.) Quando si parla della depressione del 1920-21, la banca centrale e il governo federale fecero il contrario di ciò che consigliano i keynesiani. Tuttavia ci fu una ripresa, nonostante il continuo taglio del budget e l'allentamento della politica monetaria che avvenne molto tempo dopo l'inizio di suddetta ripresa.

Al contrario, sia la FED sia i federali si impegnarono in uno "stimolo" monetario e fiscale dopo il crollo del mercato azionario nel 1929. Tuttavia le cose continuarono a peggiorare, tanto che i keynesiani non avevano alcuna spiegazione se non quella che recitava "troppo poco, troppo tardi".

In sintesi, le cose hanno perfettamente senso se accettiamo l'ipotesi che la spesa del governo equivale ad uno spreco di risorse. Questo non dovrebbe essere preso come un suggerimento scandaloso, soprattutto perché si inserisce nell'evidenza empirica in modo molto ordinato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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