giovedì 2 aprile 2015

La grande deformazione che affligge il mercato delle automobili

Oltre alla bolla dei prestiti agli studenti, negli Stati Uniti è stata alimentata anche un'altra bolla altrettanto pericolosa. Sto parlando della bolla dei prestiti per automobili, la quale ha da poco raggiunto la somma totale di $1 bilione tra prestiti e finanziamenti vari. Inutile ricordarvi che questa mania rappresenterà il nuovo crash dei subprime. Il WSJ ha riportato di recente che i tassi di default per questi mutui è al livello più alto sin dal 2008, e alla luce di ciò possiamo tranquillamento ammettere che nessuno ha imparato nulla dall'ultima recessione. O per meglio dire, i banchieri centrali si sono sforzati affinché nessuno imparasse niente. Guardate anche l'emissione di titoli ABS. E' ai suoi massimi sin dall'ultima crisi, con i prestiti a studenti e per automobili che hanno scalzato il vecchio protagonista (home equity). Coincidenze? Non credo proprio. Stiamo assistendo al ritorno della stessa "calma" che pervadeva i mercati nel 2006, sappiamo tutti cosa è successo dopo.
___________________________________________________________________________________


di David Stockman


Il problema con la follia dell'Eccles Building è che genera enormi deformazioni, un'errata allocazione delle risorse ed eccessi speculativi nei mercati finanziari.

Alla fine queste bolle scoppiano, come è già accaduto due volte durante questo secolo. La carneficina risultante, inutile dirlo, non è affatto di poco conto. Asset finanziari e immobiliari totalizzavano circa $7 bilioni dopo il bust delle dotcom e $15 bilioni durante la crisi finanziaria 2008-2009.

Sì, la FED è riuscita a reflazionare questa bolla per la terza volta. Ma la certezza che scoppierà ancora una volta non è una delle sue preoccupazioni principali. Quando scoppiano queste bolle gonfiate dalle banche centrali, si perdono enormi porzioni di risorse reali — lavoro, capitali e materiali — le quali vengono allocate malamente a causa del mispricing di azioni, obbligazioni e immobili.

Durante la fase di bust, naturalmente, questi eccessi vengono epurati dai bilanci e spesso liquidati interamente. Ma questo è solo il problema. Questi bust, o correzioni, rappresentano grosse perdite per l'economia — una battuta d'arresto permanente per la crescita e la prosperità della società.

Il casinò di Wall Street è ora addobbato con enormi perdite che possono palesarsi da un momento all'altro, ma le più eclatanti si annidano nella Tesla — una truffa del capitalismo clientelare che da tempo rappresenta un fallimento, ciononostante è sopravvissuta solo grazie alle sovvenzioni dei contribuenti e ai miliardi lanciati dal casinò di Wall Street.

Non sorprende che la mania speculativa di Wall Street abbia raggiunto vette tali da portare la Tesla ad essere considerata, e valutata, come seconda solo alla Apple. E il suo pagliaccio amministratore delegato, Elon Musk, viene considerato nientemeno come l'erede di Henry Ford.

Infatti i trader e i giocatori d'azzardo ne sono rimasti così rapiti che nel breve arco di 33 mesi, tra l'inizio del 2012 e il settembre 2014, hanno fatto impennare la capitalizzazione di mercato della Tesla da $2.5 miliardi ad un picco di $35 miliardi.

Questo equivale ad un guadagno 14 volte superiore in un nonnulla. Attenzione però, non è scaturito dall'invenzione di un nuovo prodotto rivoluzionario come l'iPad. Qui stiamo parlando di un ammasso di circa 4,600 libbre di lamiere, plastica, gomma e vetro con in più un alimentatore a batteria elettrica che esiste ormai da decenni, e che non sarebbe minimamente conveniente senza i sussidi governativi.

Oltre a ciò, i vari modelli Tesla attualmente sul mercato vanno dai $75,000 a più di $100,000. Sono essenzialmente dei giocattoli per i ricchi — una forma di consumo vistoso per quei tipi amanti degli alberi.




Nonostante tutto l'entusiasmo a Wall Street, non c'è nulla nei dati finanziari della Tesla che giustificano $35 miliardi di capitalizzazione di mercato. Le vendite nette negli ultimi 12 mesi sono state pari a $2.9 miliardi.

Ciò significa che gli speculatori stavano moltiplicando per 12 le vendite di un prodotto industriale vecchio di cento anni. Un prodotto venduto da una società che si distingue dalla concorrenza nel settore automobilistico solo grazie alla commercializzazione del battage pubblicitario. Forse era meglio se tutte quelle batterie utilizzate per le auto fossero state adoperate per costruire una centrale elettrica... chissà, probabilmente sarebbe stata più utile.

Inutile dire che le magre vendite non sono state accompagnate da nessuno segno di profitto o flusso di cassa positivo. L'utile netto a settembre ha registrato un passivo da $200 milioni, e il flusso di cassa operativo di $150 milioni è stato sminuito da investimenti pari a $700 milioni.

A meno che qualcuno non stia esagerando con l'allucinogeno Kool-Aid fornito da Goldman Sachs, che nel 2009 ha acquistato questo colosso automobilistico in profondo rosso e l'ha munto tramite sottoscrizioni, avvisi e investimenti miliardari, la valutazione della Tesla è palesemente assurda.

Eppure i giocatori d'azzardo hanno fatto la fila per scommetterci su, basandosi sul presupposto del tutto improbabile che il petrolio sarebbe rimasto per sempre a $115 al barile; che presto si sarebbe sviluppato un mercato di massa per le automobili a batteria elettrica; e che nessuna delle società come BMW, Toyota o Ford avrebbe fatto concorrenza alla Tesla per una quota di mercato.

La verità è che c'è un enorme eccesso di capacità nel settore automobilistico mondiale, il tutto a causa di sussidi governativi e del protezionismo dei sindacati che mantengono viva la capacità non competitiva; ad oggi questa condizione cronica è più pronunciata a causa della crescita della capacità produttiva inutilizzata in Cina. Ciò significa che l'economia globale sta letteralmente diventando satura di risorse per l'ingegneria, il design, l'assemblaggio, la lavorazione e la fornitura di componenti per le automobili.

Di conseguenza, se si dovesse sviluppare un mercato di massa per i veicoli alimentati a batteria, queste risorse finirebbero direttamente nel cortile della Tesla. In questo modo i margini tornerebbero a livelli normali, facendo evaporare la visibilità di Elon Musk... cosa che tra l'altro è accaduta a molti dei suoi veicoli.

Non vi è alcun motivo per pensare che qualsiasi player nel settore automobilistico possa battere le metriche di performance sostenute da Toyota. Nel periodo più recente, i suoi profitti netti sono stati pari al 7.5% del fatturato.

Anche se si dà per scontato il concetto inverosimile che in un mondo in cui la benzina costa $2-3 al gallone si possa sviluppare un mercato di massa per i veicoli a batteria elettrica, la Tesla avrebbe ancora bisogno di $50 miliardi di vendite ai tassi di profitto di Toyota per giustificare il picco della capitalizzazione di mercato dello scorso settembre.

Quindi vediamo...

Le vendite relative al 2014 sono state pari a $3.2 miliardi. Ciò significa che nei prossimi anni servirebbe un guadagno 16 volte superiore a quello attuale. In altre parole, la Tesla dovrebbe raggiungere livelli di efficienza, qualità e affidabilità che alla Toyota hanno richiesto 60 anni per perfezionare.

Eppure basta dare uno sguardo ai dati storici della Tesla, e scopriremo che non vi è alcun motivo per immaginare una tale ipotesi.

In realtà, la Tesla non è affatto come la Toyota. Si tratta di una truffa di Wall Street in bella vista. E' da sette anni che riceve sussidi pubblici, ed ecco le cifre terribili del suo bilancio finanziario.

Dal 2007 ha fatto registrare vendite cumulative di soli $6.1 miliardi. Non è molto nel mondo dei motori; equivalgono a circa una settimana di vendite della Toyota e due settimane della Ford. I suoi profitti cumulativi hanno fatto registrare una perdita netta di $1.4 miliardi, e le perdite aumentano — ammontando a quasi $300 milioni solo nel 2014.

Sin da quando ha iniziato a rifornire il settore pubblico, la Tesla non è affatto riuscita a generare un flusso di cassa operativo netto (FCO). In realtà, il suo FCO è stato in perdita per l'ammontare di $500 milioni. Negli ultimi sette anni, le sue spese in conto capitale sono ammotnate a $1.8 miliardi.

Vai a capire. Combinando FCO e spese in conto capitale, si ottiene un'emorragia di quasi $2.4 miliardi nel bilancio. La vera questione, quindi, non è perché la Tesla valeva $35 miliardi, ma perché non è andata in bancarotta tempo fa. Beh, se non è successo allora, dovrebbe succedere oggi.

La Tesla non sarebbe mai e poi mai rimasta a galla senza un piano di salvataggio statale da $500 milioni. Che i contribuenti americani siano stati costretti a sottoscrivere il salvataggio di un giocattolo amato dalla vanità dei ricchi — e uno a cui piace succhiare il capezzolo del settore pubblico — è sicuramente il sintomo di quanto sia radicata la corruzione del capitalismo clientelare nel sistema aziendale d'America.

Ma questi guadagni inattesi ed eclatanti non sono nulla rispetto ai doni che gli stampatori folli dell'Eccles Building hanno regalato a Elon Musk. La Tesla è riuscita a sopravvivere solo perché è stata in grado di stipulare miliardi di debiti nel casinò di Wall Street ad interessi quasi nulli.

In breve, per anni ha bruciato cataste di soldi e si è periodicamente rifornita nei mercati dei capitali, i quali pullulano di speculatori momo felici di sbronzarsi coi carry trade gentilmente concessi dalla FED.

Durante la primavera del 2014, per esempio, ha raccolto $2.3 miliardi a cinque e sette anni a tassi d'interesse compresi tra lo 0.25 e l'1.25%.

Esatto. Questa società è una patacca, ma la stampante monetaria le ha permesso di fare cassa a costi praticamente nulli (al netto delle tasse). Potremmo definirlo denaro gratuito per il falò delle vanità della Tesla.

Questi tassi d'interesse minuscoli sono stati allegati a bond convertibili. Sì, e il prezzo di questi bond implicava una capitalizzazione di mercato di circa $50 miliardi!

In verità, le vere perdite per la Tesla sono superiori a quanto suggeriscono i prospetti contabili. Ad esempio, ha previsto $500 milioni di ricavi e profitti grazie ai sussidi per veicoli ad emissioni zero (VEZ). Sciocchi incentivi inventati da Al Gore, e infatti sono solo aria fritta.

Inoltre, i clienti benestanti della Tesla intascano circa $10,000 per veicolo tra crediti d'imposta statali e federali, il che significa che i contribuenti dovranno sborsare altri $500 milioni per stimolare le vendite della Tesla.

Infine, la campagna di marketing della Tesla ha addirittura trasformato l'azienda in uno sfasciacarrozze per i ricchi. Cioè, la Tesla garantisce a gran parte dei suoi clienti di ricquistare i loro veicoli dopo tre anni e senza alcuna perdita.

Mi piacerebbe sapere come si possono fare profitti "affittando" una macchina senza alcun costo...

Sarebbe meglio chiederlo ai suoi ragionieri. Nella loro saggezza e chiaroveggenza hanno concluso che il valore residuo di questi veicoli verrà fatto levitare dalla stessa magia che alimenta le azioni della Tesla.

Sì, la Tesla è un falò delle vanità.

A tempo debito, la bolla scoppierà e ci si accorgerà che saranno stati sprecati miliardi. Gran parte sono soldi dei contribuenti. Su cose come la sua mega-fabbrica immaginaria in Nevada, meglio non commentare.

Questo è quello che succede quando i banchieri centrali distruggono un onesto price discovery e trasformano i mercati dei capitali in casinò da gioco d'azzardo.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


6 commenti:

  1. Stockman non delude mai.
    Come Francesco.

    RispondiElimina
  2. Wall Street non ha ovviamente alcun desiderio che questa pacchia non prosegua. Con Obama vengono privilegiati i gruppi clientelari politically correct. Con un Presidente dem probabilmente tutto resterebbe simile. Con un Presidente rep verrebbero favoriti clienti diversi e probabilmente nel l'apparato militare industriale.
    In ogni caso, se qualcuno dovesse ancora dirmi che colpa di tutte queste manipolazioni è del libero mercato.... Beh, fortuna per lui che sono un nonviolento.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma che non lo sai? La Banca Centrale è neoliberista, l'euro è neoliberista, la scuola pubblica è neoliberista.

      Siamo circondati. Arrendiamoci! Votiamo il partito della nostalgica pajatta e tutto si risolverà

      Elimina
    2. Ciao a tutti.

      Sono abbastanza certo che la parola "neoliberismo" sia sulle bocche di quegli allevatori che in questi utlimi giorni stanno protestando contro le direttive europee sulle quote del latte importato. Credono ancora nel mercantilismo, nonostante siano 300 anni che sia stato confutato. Ignorano, o non hanno mai letto, Adam Smith.

      La protesta degli allevatori rappresenta solamente l'invito ad un funzionario statale affinché, mostrando pistola e distintivo, accompagni alla porta la concorrenza competitiva. La loro non è una battaglia per i propri interessi, bensì una battaglia affinché i loro interessi scavalchino quelli del resto degli attori di mercato. Vogliono scavalcare il libero mercato attraverso l'imposizione di prezzi più alti. Fortunatamente le quote sul latte importato da ieri sono state abolite, permettendo al libero mercato di accompagnare alla porta gli allevatori inefficienti.

      Elimina
    3. Impressionante come per anni ci sia stato in Italia un partito al governo che ha detto peste e corna sulle quote latte, e ora chi lo votava protesta assieme alla Coldiretti.
      Mi viene in mente un discorso emblematico che sentii dire da un mio amico agricoltore: "Il sistema che vorrei dovrebbe essere liberista verso i piccoli e dirigista verso i grandi"
      allorchè gli risposi: "E allora vedi di non mangiare troppe vitamine, che se poi cresci dovrai pagar dazio" :-D

      Elimina
  3. Nel mio articolo in cui suggerivo ai lettori come destreggiarsi nell'attuale sistema finanziario, avevo fatto menzione di alcuni settori contro cui "scommettere". Uno di questi era quello automobilistico. Prestate, quindi, particolare attenzione a Tesla.

    Non solo, ma ora che il Brasile è finito fuori gioco, e con esso è scoppiata la bolla per i prestiti per automobili, anche la Fiat finirà sotto pressione. E ciò sarà rimarcato quando scoppierà la stessa bolla anche negli Stati Uniti.

    RispondiElimina