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di Frank Hollenbeck
La decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di stampare €1.1 bilioni ha riacceso le preoccupazioni per le guerre valutarie. L'euro è sceso di quasi il 20% negli ultimi sei mesi.
Siamo in una guerra valutaria, e ci siamo stati sin dal 2008. Il nostro attuale sistema monetario globale è profondamente sbagliato, nonostante quanto dica il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che è stato creato per promuovere la cooperazione monetaria e la stabilità finanziaria. Tuttavia il FMI è stato stranamente silenzioso ultimamente, cosa che non è passata inosservata per coloro che sono a doppio filo con questa istituzione.
L'attuale regola non scritta sulla politica dei cambi tollera l'interventismo diretto, ma quello indiretto è accettabile solo se il tasso di cambio non è l'obiettivo iniziale della politica. Il concetto è simile a quello utilizzato quando cade una bomba da mille libbre su un terrorista e spazza via anche una scuola materna: "Non è un problema dato che il nostro obiettivo primario era il terrorista."
E' semplicemente irresponsabile guardare solo agli effetti diretti e indiretti, e non alle politiche economiche. Nel corso degli ultimi sei anni il quantitative easing statunitense ha costretto i paesi emergenti ad imporre controlli sui capitali e altre restrizioni valutarie, e ad accendere le stampanti monetarie. L'attuale politica monetaria giapponese, che sta abbattendo il valore dello yen, sta causando grave costernazione ai suoi vicini cinesi e coreani. Di recente la Banca Popolare della Cina ha abbassato i requisiti di riserva e ha in programma di ampliare la banda di trading sulla sua valuta. Definiamo queste cose per quello che sono realmente — ritorsioni ed escalation in quella che è una guerra valutaria mondiale.
Svalutare la Valuta Aiuta Davvero gli Esportatori?
Naturalmente queste azioni sono basate su un altro equivoco popolare promulgato dagli economisti: una moneta svalutata permetterà agli esportatori di ridurre i loro prezzo oltremare, di conquistare quote di mercato, di aumentare i profitti con ramificazioni positive per l'economia nazionale. L'errore in questa logica è che guarda gli effetti diretti e ignora totalmente gli altri effetti diretti e indiretti.
Un semplice esempio chiarisce questo punto. Supponiamo che il tasso di cambio sia un dollaro per un euro. L'esportatore europeo vende il suo prodotto per $100 negli Stati Uniti e poi trasforma i guadagni in €100 per coprire il suo costo di produzione di €80. Ora supponiamo che l'euro si svaluti in modo che ci vogliano €1.5 per ottenere $1. L'esportatore può ora abbassare il suo prezzo a $66.66, dal momento che questo gli permetterà di incassare lo stesso numero di euro come prima del deprezzamento. Ha guadagnato un vantaggio competitivo sugli avversari stranieri, con vantaggi per l'economia nazionale.
Il primo problema con questa storia è che molti esportatori possono coprire nel lungo termine il loro rischio di cambio con nuovi strumenti finanziari, come swap e futures finanziari, e quindi potranno mettere in conto il tasso a cui scambieranno dollari per euro.
Il secondo problema con questa storia è che oggi molti esportatori importano molti dei loro input. Una BMW ha parti provenienti da tutto il mondo. I suoi motori possono provenire dal Regno Unito. I sedili in pelle possono provenire dalla Cina e l'acciaio può venire dal Brasile. Se la svalutazione fa salire i prezzi degli input da €80 a €120, l'esportatore non sarà in grado di abbassare i prezzi in dollari, e, pertanto, non guadagnerà in competitività. Naturalmente non tutti i costi sono costituiti da input importati. Questo, però, mette in evidenza come le svalutazioni aiutano gli esportatori.
I Lavoratori Non Traggono Benefici dalla Svalutazione
Se i costi della nazione, per lo più quelli nel mondo del lavoro, non si aggiustano ai prezzi delle importazioni più elevati a causa della svalutazione, gli esportatori ci guadagneranno, ma questo guadagno sarà il risultato di una riduzione dei redditi reali dei lavoratori nazionali. Se in definitiva questi lavoratori negozieranno un aumento dei salari nominali per riportare i loro salari reali ai livelli precedenti la svalutazione, il guadagno per gli esportatori scomparirà. La svlutazione andrebbe solamente a creare un guadagno temporaneo.
Pochi giornalisti sembrano capire che una politica atta a ridurre il valore di cambio di una valuta equivale, in realtà, ad una politica di trasferimento della ricchezza dai lavoratori — la classe media e i poveri — ai proprietari più ricchi di industrie esportatrici. E' un altro esempio di come la banca centrale agisce come un Robin Hood alla rovescia, prendendo dai non abbienti per dare ai ricchi.
Inoltre ci sono molti altri effetti indiretti che rendono la svalutazione un obiettivo politico molto dannoso. Mises ha spiegato che non può essere utilizzata la contabilità standard della bilancia dei pagamenti quando viene distorta l'unità di conto. Anche se gli esportatori sono più redditizi, non è qualcosa di cui rallegrarsi perché un utile nominale più alto significa un profitto reale basso.
Tra l'altro gli attori economici sono anche danneggiati da una politica beggar-thy-neighbor. I consumatori dovranno sopportare il peso di prezzi più elevati dei prodotti stranieri. Verranno danneggiate anche quelle imprese nazionali che importano i loro input e vendono sul mercato interno.
Manipolare i Prezzi Danneggia l'Economia
Una moneta deprezzata è il prodotto di una banca centrale che stampa moneta più velocemente dei suoi vicini. Questa è una strategia che danneggia tutte le imprese, tra cui gli esportatori stessi. La stampa di denaro altera prezzi assoluti e relativi. Interferisce con i segnali critici che i prezzi inviano nel tempo: quali beni e servizi debbano essere prodotti secondo la società.
L'Europa non ha bisogno di un euro più debole, ma di una riforma strutturale significativa. L'Europa dovrebbe prendere come modello la Lettonia. Nel 2009-2010 il governo lettone ha tagliato la spesa pubblica dal 44% del PIL al 36%. Ha licenziato il 30% dei dipendenti pubblici, ha chiuso la metà delle agenzie statali e ha ridotto del 26% lo stipendio pubblico medio. I ministri del governo lettone hanno visto tagli salariali del 35%. L'economia lettone è inizialmente scesa del 24%, ma è rimbalzata vigorosamente facendo registrare, negli ultimi tre anni, una crescita reale annuale di quasi il 5%. La Lettonia ha fatto tutto ciò senza utilizzare la valuta come arma, in quanto ha conservato la sua vecchia valuta, il lat, in cambio fisso nei confronti dell'euro.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
"La guerra (valutaria) non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra (valutaria) non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi". Von Clausevitz modificato sec. dna
RispondiEliminaI fini di conservazione dello status quo giustificano i mezzi.
E gli effetti collaterali, mercantilismo e redistribuzione down-top, sono dati e previsti.
Da qualche parte ci sono già aerocargo pieni di bare vuote da riempire.
Ed è comunque preferibile una guerra valutaria ad una militare.
Che poi, come noto, c'è chi migliora la propria condizione anche durante una guerra distruttiva.
In termini austriaci questa guerra valutaria è inutile per la prosperità dei meritevoli, molto dannosa per i più, distruttiva per la libertà e folle per l'economia. Ma i papaveri credono di potercela fare ancora con questi mezzucci: il fiatmoney manipolato, le guerre al confine, la propaganda spinta e la sorveglianza crescente. L'opinione pubblica occidentale non accetterebbe metodi più drastici per eliminare sistemi alternativi e minacciosi.
Tutto questo ragionare sembra un delirio tra Machiavelli e Brzezinski.
certo, valutaria è meglio che militare. come la finanza è meglio degli stati. ma si deve prendere atto, pur nella difesa culturale e morale della ferita, che un tipo di guerra è inevitabile quando qualcuno è il tuo nemico. ci sta da chiederei quanto il nemico è creato ad arte, ma leggendo qual e là i commenti dei vari adepti della mmt, tsipras, podemos, mi accorgo che, pur nell amoralità generale e restando delle mie idee nella teoria, in pratica sto dalla parte, in questa guerra, di brzezinsky e draghi. tutta la vita. questi sono pazzi, pazzi d legare, e sotto la scusa del "popolo" altro non vogliono che cancellare ogni possibile libertà e proprieta. l europa è malata, fortemente. e pur dopo quello che ha vissuto, non si libera del tarlo della dittatura. l eruo ha risvegliato le pretese. grecia ed italia dovevano essere lasciate sprofondare nell inflazione, lasciando quella bella separazione tesoro e banca italia che stava conducendo il paese verso il terzo mondo. quello che si merita.
RispondiEliminaQuello che mi uccide di più è che ci sono masse di ignoranti (mi auguro per loro che lo siano, altrimenti sono solo gente in malafede) che pur di dar ragione alla loro antistorica e farlocca propaganda statalista mettono insieme tutto e il contrario di tutto, dal libertarismo al monetarismo, dall'ordoliberismo al mercantilismo. Chi ha letto, non dico studiato, ma almeno letto, qualcosa di Hayek, Von Mises o Rothbard sa bene che il 95% di queste cose non c'entrano nulla col pensiero libertario che è pura e semplice azione libera e individuale.
EliminaMa come al solito tutte parole al vento. Parafrasando un giornalista "E' dura la vita del libertario. Gli statalisti non ti leggono perchè non sei statalista. I conservatori non ti leggono perchè loro non leggono"
Certo gdb, sempre meglio la padella, della brace.
EliminaMa è ancora meglio saltar fuori dalla padella senza finire nella brace.
In pratica, per prima cosa: accorgersi della padella (il sistema fiatmoney finanziario-politico); per seconda: ricordarsi che sotto ci sta la brace (gli estremisti dello stato totalitario 2.0); infine, inquadrati i termini della questione: provare a saltar fuori dalla padella senza finire nella brace (affidandosi alla propria individuale creatività, capacità ed alle opportunità eventuali, senza dimenticare mai che "ad impossibilia nemo tenetur").
Ciao NL,
fregatene dell'immaginario e della sclerosi ideologica collettiva. Ognuno ha il suo destino e le sue convinzioni, e convincere qualcuno che ha sbagliato tutto sin qua, è improbo ed inutile.
Soluzione individuale. Più modesta, contenuta, realistica e realizzabile. Tutto il resto è politica, propaganda, messinscena e coercizione per le greggi.
Non riusciremo mai a fare qualcosa del genere in Italia, mi riferisco all'esempio Lettone, gli italiani solo dopo i disastri prendono coscienza.... come nel 1940; purtroppo Francesco, ciò che dici su un possibile e quantomai probabile default greco e relative conseguenze, non credo che i greci riuscirebbero ad intraprendere un percorso virtuoso e austero al tempo stesso.... ! al default seguirà l'iperinflazione e l'instaurazione di un governo autoritario, il caso tedesco fa scuola!
RispondiEliminala crescita austriaca secondo i risparmi reali ha a che fare con la crescita sostenibile deideologgizzata? lo stato dell arte delle ns conversazioni, da epurare di quel tocco (nella articolo non eccessivo ma presente) di ecologismo sinistrorso alla club di roma.
RispondiEliminahttp://ugobardi.blogspot.it/2015/01/il-ruolo-dei-collassi-sociali-nei-cicli.html
sorry oer il refuso della G di troppo
Eliminalink intrigante.
EliminaMi ha fatto tornare in mente l'einaudiano "conoscere per deliberare".
Perché uno status quo prova sempre a confondere le menti (e spesso ha gioco facile) insinuando domande-ritornello che sono certamente mistificatorie, cioè:
a che serve essere intelligenti?
a che serve essere colti?
a che serve aver capito autonomamente l'inghippo se poi concretamente nulla si può fare?
Se il collasso di qualsiasi sistema complesso e terminale è ciclicamente inevitabile e magari imminente, il capire, il capirlo, il rendersene conto rappresenta già una semplificazione della complessità e pertanto fornisce l'opportunità di una soluzione. Quanto meno individuale. Evoluzione via selezione. Chi non lo vede o rifiuta di vederlo sarà selettivamente eliminato e collasserà negli eventi ed amen. Insomma, il migliore piano b prevede di esistere (meglio avercelo) e prevede l'improbabile.
Ma, gdb, mente libera amica mia, la roma è un sistema complesso al collasso? Una soluzione individuale per te, io ce l'avrei, e se non la intuisci basta chiedermela. Chiedimi se sono felipe...
Elimina;D
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RispondiEliminaCome sempre ottima traduzione di Francesco Simoncelli.
RispondiEliminaGiusto per updatare le informazioni, la Lettonia è entrata in area euro dal 1° gennaio 2014.
Sarebbe interessante capire/sapere come se la passano ora... :-)
La Lettonia come esempio?
RispondiEliminaSe per esempio intendiamo distruzione ed emigrazione a due cifre allora siamo d áccordo.
Questi economisti austriaci mi fanno vomitare quasi come quelli che pensano che Keynes sia solo stampare moneta.
La Lettonia un successo?
http://www.forbes.com/sites/markadomanis/2013/01/03/latvia-is-a-success-story-if-by-success-story-you-mean-disaster/
Salve Lorenzo.
EliminaHollenbeck, nel suo articolo, faceva riferimento al periodo 2009-2010 sottolineando come le misure d'austerità implementate dalla Lettonia avessero permesso al paese di rimbalzare così audacemente nonostante la retorica mainstream prevede per un caso simile solo maggiore allentamento monetario. Cosa che invece ha fatto la Russia, e ultimamente, volendo normalizzare la sua politica monetaria, ha lasciato aumentare i tassi d'interesse al 17%. Ciò avrebbe fatto sprofondare la Russia in una depressione senza precedenti, altro che Lettonia. Cosa hanno fatto i pianificatori centrali russi? Hanno fatto marcia indietro. Sono stupidi? Sì, Il keynesismo rende stupidi.
Quando una banca centrale inflazione l'offerta di moneta crea un boom artificiale. Quando smette lascia spazio al bust. Non c'è scampo a questa cosa.
Se si vuole un ulteriore esempio di come l'austerità permetta un rimbalzo dell'economia, si può guardare all'Estonia: Cosa c'è dietro il successo dell'Estonia?
PS: Tamto per essere chiari, il calo della popolazione in Lettonia è un fenomeno in atto sin dal 1991, mentre invece, diversamente da quello che dice l'autore di Forbes, la popolazione russa è rimasta pressoché costante sin dal 1991. Per essre un esperto il tipo che ha scritto quel pezzo non pare tale. Non mi sorprende, visto che non comprende la differenza tra ripresa economica e collasso dell'economia.