giovedì 5 marzo 2015

L'a priori nel principio del possesso: Kant sulla proprietà





di Marcus Verhaegh


Immanuel Kant (1724-1804) è una risorsa molto importante per il liberalismo classico ed il libertarismo. Infatti è possibile contare sui fondamenti della morale di Kant per ricavare i principi libertari: la filosofia politica di Kant è scritta secondo una vena liberale classica che si oppone allo stato paternalista, sottolineando la centralità dei diritti di proprietà individuali.

L'opinione di Kant sui diritti di proprietà è utile per spiegare — dal punto di vista della ragione umana — come determiniamo ciò che appartiene a ciascuno di noi, e perché è sbagliato prendere ciò che appartiene agli altri. In questo modo, Kant offre un servizio simile a quello che Aristotele, Tommaso d'Aquino e Locke offrirono nelle loro descrizioni sulla legge naturale.

In particolare, però, Kant imposta la sua giustificazione dei diritti di proprietà basandosi su un concetto della ragione umana più in linea con i metodi di argomentazione morale post-Newton, post-onto-teistici. Kant non fonda la sua tesi né sulla presunta conoscenza degli scopi degli elementi naturali, né sulla presunta conoscenza dell'esistenza di Dio. Piuttosto, Kant ci indirizza verso le condizioni universali dell'esistenza umana in questo mondo.

Kant non postula il possesso di sé. Nella Metafisica dei Costumi [Metaphysik der Sitten], Kant afferma che ogni individuo ha un solo diritto innato, quello della libertà. È grazie a questo diritto che una persona non può essere arbitrariamente obbligata, e non grazie ad un diritto di proprietà che copre il posesso di sé. "Libertà (indipendenza dall'essere vincolati alla scelta di qualcun altro), nella misura in cui può coesistere con la libertà di ogni altro in conformità con una legge universale, è l'unico diritto originario che appartiene ad ogni uomo in virtù della sua umanità."[1]

I diritti di proprietà, parlando in senso stretto, sono i diritti acquisiti, non i diritti naturali. Se non si pone il problema della proprietà di sé, allora sarebbe strano dire che qualcuno possiede questo o quell'oggetto nel mondo. È necessario un intervento da parte vostra o da parte di un altro affinché emerga il possesso. E' in questo modo che uno acquisisce il diritto ad un certo oggetto, non in modo naturale.

Allo stesso tempo, la legge che in ultima analisi determina come una persona debba relazionarsi con la proprietà altrui non dipende dalle circostanze, ma è una legge naturale. "Ogni azione è giusta se può coesistere con la libertà di tutti in conformità con una legge universale, o se la libertà di scelta di ciascuno può coesistere con la libertà di tutti secondo una legge universale." "Qualcosa di esterno può essere originariamente acquisito soltanto in conformità con l'idea di una condizione civile [...]." Questa legge del diritto e questa legge dell'acquisizione giusta sono a priori, e sono in questo senso "legge della natura". Questo è quindi lo stesso senso in cui i diritti di proprietà sono intesi come diritti naturali.

Anche qui, però, bisogna tenere a mente che Kant rappresenta una grande rottura con la teoria "classica" (o tomista) del diritto naturale. La legge naturale kantiana è in ultima analisi radicata nella ragione dell'essere razionale e in ciò che un essere razionale può sempre essere intenzionato a fare. In altre parole, tale legge è radicata nel famoso "imperativo categorico" di Kant, che batte nel cuore di ogni essere umano — e non si ritrova direttamente in natura.

In secondo luogo, si deve notare che Kant respinge la tesi di Locke sull'acquisizione originale della proprietà. Kant concorda con Locke che i beni singolarmente non posseduti possono essere acquistati da privati. Invece Kant non è d'accordo su come l'individuo debba acquisire i beni dalla natura. Per Kant non c'è ragione per sostenere il principio di Locke sull'acquisiziione attraverso il proprio lavoro. "Il primo lavoro, o più in generale, ciò che trasforma un pezzo di terra, non può fornire alcun titolo di possesso [...]."

Perché "mescolare il proprio lavoro" con una proprietà non posseduta dovrebbe renderla vostra? Secondo Locke non vi è altro modo naturale per acquisirla, poiché non si può esigere che tutti gli altri acconsentano alla propria acquisizione. Se uno fosse moralmente obbligato ad attendere il permesso di tutti quanti prima di cogliere i frutti dagli alberi, o la carne dalle ossa, gli esseri umani "morali" sarebbero da tempo morti di fame.

Kant non vede le cose in questo modo. Il punto di vista di Kant è che c'è davvero bisogno di ricevere il consenso di tutti gli altri per le proprie rivendicazioni sulla proprietà, se si vuole che siano del tutto valide. "[Il] titolo razionale per l'acquisizione può ritrovarsi solo nell'idea di una volontà di tutti unita a priori (necessariamente unita) [...]." Tuttavia, Kant postula un "ma" in questo tipo di proprietà: acquisizione provvisoria. Si possono acquisire temporaneamente i beni dalla natura senza il consenso degli altri, finché il proprio obiettivo è quello di raggiungere questo consenso il più presto possibile.

Bisogna anche segnalare che si vuole puntare ad acquisire beni dalla natura. Per Kant i beni sarebbero in realtà sempre legati al terreno, quindi questo comporterebbe la costruzione di recinzioni, cartelli, ecc. Bisogna avere una certa capacità nel difendere il terreno acquisito dagli abusi altrui. Ma — a prescindere dai requisiti specifici — è possibile acquisire provvisoriamente la terra senza ottenere il consenso degli altri.

Il consenso a cui si deve mirare rappresenta una "condizione civile": si deve acquisire la terra nella condizione naturale sempre con l'obiettivo di portarla in "uno stato," e quindi secondo le leggi di quello stato. Lo stato, in questo contesto, è un insieme di individui uniti ai sensi delle leggi vincolanti. Il "governo" è qualcosa di diverso in Kant: il governante dello stato. Il governante è una delle tre "autorità" principali nello stato, le altre due sono la legislatura e la magistratura.

La terza cosa da notare sui diritti di proprietà, secondo Kant, è che non offrono un resoconto molto dettagliato su quale sia un buon modo per formare uno stato, o su come le origini reali o ipotetiche dello stato abbiano un impatto sulle leggi (giuste o sbagliate) che regolano i diritti di proprietà che sorgono in seguito.

Apprendiamo che si deve ottenere il consenso dei propri vicini se si vogliono portare a termine le proprie rivendicazioni sulla proprietà — un consenso da ottenere attraverso la rinuncia altrui sulla proprietà in questione — ma non apprendiamo molto su ciò che accadrà quando due persone sostengono di possedere lo stesso appezzamento di terreno. L'idea sembra essere che le parti in questo tipo di conflitto abbiano il dovere di arrivare ad un qualche accordo nel più breve tempo possibile. Inoltre, anche coloro che non sono coinvolti direttamente hanno una sorta di autorizzazione a forzare un accordo il più rapidamente possibile.

Sembrerebbe inoltre che sebbene si debba dare peso a molti fattori nel decidere su come accordarsi, il fattore centrale tenderà ad essere il potere fisico di una parte rispetto alla controparte (potere "militare"). Così otteniamo un qualcosa di simile ai negoziati di pace, in cui entrambe le parti devono prendere in considerazione il danno a sé stessi, agli altri e alla civiltà umana nel suo complesso che potrebbe scaturire da un mancato accordo; ma non sempre è irragionevole respingere tali rivendicazioni, soprattutto quando l'altra parte pensa di poter prevalere attraverso l'uso della violenza.[2] (Kant elenca anche altri limiti sul proprio "dovere ad accordarsi", ma questo è il più rimarchevole.)

Che cosa ci dice tutto questo riguardo ai conflitti sulla proprietà all'interno di un determinato stato? Il re potrebbe volere la vostra terra per i suoi compari — o il re potrebbe volere la terra che voi ed i vostri vicini avete in precedenza rivendicato come "vostra" — mentre voi vorreste conservarla. Cosa fare se la legislatura e la magistratura avallassero la decisione del re? Come dovrebbe essere risolto questo conflitto sulle rivendicazioni delle proprietà?

Dal punto di vista di Kant, c'è ben poco che potete fare come proprietario terriero potenzialmente leso. L'opinione di Kant è che può essere offerta allo stato solo una resistenza passiva (cioè, le persone hanno un certo margine entro il quale rifiutarsi di fare ciò che viene detto loro dal governo, ma non si può tentare di rovesciare il governo o agire violentemente contro di esso). Tuttavia, Kant è molto chiaro affermando che ci sono principi — legge naturale — che disciplinano come dovrebbero agire le autorità statali.

Ciononostante si può constatare che sia avvenuto un torto se c'è un titolo di proprietà che risale ad una serie di accordi iniziali (i quali hanno ricevuto un vasto riconoscimento da parte di ampi gruppi di persone) e se un'autorità statale abbia agito contrariamente a quanto è stato concordato. Il governo non dovrebbe fare queste cose secondo Kant. Piuttosto il governo dovrebbe essere lì per far rispettare gli accordi pre-esistenti (ad esempio sulla proprietà) a fronte di aggressioni interne ed esterne. Tali accordi non possono essere ignorati per il gusto di obiettivi paternalistici, come una maggiore uguaglianza socio-economica o il miglioramento morale dell'individuo.

L'individuo deve essere libero di disporre della sua persona e della sua proprietà, se lo desidera, finché non fa nulla che sia incompatibile con la libertà degli altri; e questo vale anche se le azioni sono immorali agli occhi della comunità. "Un oggetto esterno che appartiene a qualcuno è di sua proprietà (dominium) e il proprietario (dominus) può, di conseguenza, disporne a suo piacere (ius disponedi de re sua)."

Qual è il valore secondo il punto di vista di Kant?

Potrebbero sorgere alcune confusioni sul punto di vista di Kant che ne potrebbero sminuire il valore. Kant tende ad identificare lo "stato" con "lo stato-nazione territoriale" e ad assegnare a questa entità una strana importanza al di là degli accordi tra le persone che preferiscono l'interazione pacifica ai conflitti violenti. Ad esempio, Kant suggerisce che ci debba essere un certo grado di unità tra le fedi religiose dello stato-nazione, e che lo stato-nazione sia un'entità indissolubile.

Tuttavia va detto che Kant offre una potente alternativa alla tesi di Locke sull'acquisizione originale. Ciò è estremamente significativo, poiché i diritti di proprietà enunciati da Locke sembrano difficili da giustificare se non attraverso motivi contingenti ed utilitaristici. Ad esempio, anche se si può sostenere che i diritti di proprietà di Locke siano giustificati perché con essi si tende ad avere crescita economica, questo non ci dice molto su come procedere una volta che si è verificato un livello desiderato di crescita. Si potrebbe facilmente concludere che nuove considerazioni di utilità dovrebbero ovviare alla necessità di rispettare pienamente i diritti di proprietà.

Questo tipo di problema non si verifica così facilmente con Kant. La sua tesi è orientata molto più fortemente verso questioni di equità tra le persone: in particolare, descrive condizioni universali per un equo trattamento degli altri a prescindere da ciò che può aumentare "l'utilità" sociale o la "felicità". E nella misura in cui la tesi di Kant è focalizzata sulle grandi questioni dello sviluppo economico, l'enfasi viene comunque posta sullo sviluppo dell'umanità per promuovere la nostra capacità di realizzarci: un compito senza fine.

Inoltre il punto di vista di Kant sulla proprietà è incorporato all'interno di un sistema di morale, estetica, antropologia e teologia filosofica che si pone come uno dei più grandi successi dell'era moderna.

Potenzialmente, quindi, quando ci rivolgiamo a Kant sui diritti di proprietà, possiamo imparare qualcosa non solo sulla rivendicazione della proprietà, o l'erroneità della sua violazione: potremmo anche apprezzare al meglio il significato della nostra lotta per "consentire a ciascuno di conservare ciò che è proprio."[3]

La consapevolezza di questo significato fornisce un importante rinvigorimento in tempi di banalità statalista e torpore spirituale; e potrebbe andare a beneficio di entrambi i poli produttivi e consuntivi dell'azione creativa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


___________________________________________________________________________________

Note

[1] A scanso di errori, tutte le citazioni sono di Immanuel Kant, The Metaphysics of Morals, tr. e ed. Mary Gregor, con l'introduzione di Roger Sullivan (Cambridge University Press, 1996).

[2] Vedi 'Kant and Property Rights,' Journal of Libertarian Studies, Vol. 18, n. 3.

[3] Questa è la mia traduzione da Metaphysik der Sitten.

___________________________________________________________________________________


6 commenti:

  1. kant è estremamente complesso. odiato dalla rand e da lottieri, con lui inizia la "filosofia della contraddizione"

    RispondiElimina
  2. comunque articlo stimolante ed interessante. i punti deboli del libertarismo sono 2: l acquisizione originaria, che anche ad accettare la feria di locke e di rothbard non è andata in quel modo, quindi che si fa? in questo sensokant offre una risposta più articolata, che mi rammenta la lettera del capo indiano al grande capo bianco: come si può vendere l aria, il cielo e le nuvole (senza il consenso di Tutti)? ma poi... si arriva all incontestabilita dello stato ed ai beni pubblici. l altro punto è la quesitone del territorio e dei confini, tra libertari a favore di comunità chiuse e libertari senza confini. la prima opzione è infine il diritto di formare uno stato. la seconda si scontra contro il diritto di escludere: l esilio era un gran bell istituto dell antichità!? morale: nessuna teoria è perfetta, la libertà è un percorso e non un punto di arrivo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao gdb
      Ottimo commento. Percorso individuale, la libertà, troppo soggettiva nella sua essenza...
      Un altro istituto da non trascurare sarebbe l'apolidia, ma forse è quella dei libertari senza confini.

      Ciao Francesco
      va bene che libertari ed austriaci sono una ultraminoranza, ma proporre o propinare un articolo così selettivo alle masse.... Beh!
      ;D

      Elimina
    2. Ciao gdb e ciao Dna.

      Immagina, Dna, che durante il periodo liceale Kant era uno di quei filosofi che più detestavo. Poi, quando appresi che l'apriorismo misesiano fondava le sue basi su quello kantiano, mi si è aperto un "nuovo mondo" perché studiandolo da zero e da autodidatta ho individuato concetti straordinari. Chi fa da sé fa per tre no? :)

      Tra le altre cose, ho apprezzato il tuo commento gdb. Soprattutto l'ultima frase. Per quanto riguarda invece l'impianto teorico esplorato nell'articolo, mentre lo traducevo mi ricordava molto l'approccio della public choice. Riguardo la strutturazione dell'apparato di governo, la tesi di quella scuola è in linea con l'approccio kantiano in cui si vede il governo come uno strumento attraverso il quale mettere d'accordo quante più persone possibili nel minor tempo possibile. Il guaio è quando il governo si trasforma in stato, ovvero, da ente vigilante a ente coercitivo. Sia Kant sia la public choice sottolineano la nocività di questa trasformazione. Su questo punto credo sia d'obbligo fornirvi un riferimento blibliografico per capire meglio: Government Failure di Gordon Tullock. Credo che i libertari debbano seguire un approccio socratico quando si trovano a "combattere" contro lo stato: abolizione attraverso la delegittimazione. E' quest'ultima che darà "potere" alla filosofia libertaria. E' quest'ultima che darà vigore all'analisi Austriaca. "Ve l'avevamo detto, e vi avevamo detto co me e perché." Non c'è risposta migliore da dare quando il Grande Default causerà anche il successivo Grande Ripensamento per quanto riguarda le attuali strutture sociali.

      Elimina
    3. ... ed è implicito nelle tue ultime parole che il Grande Ripensamento non avverrà da queste parti, ma altrove, probabilmente. E poi, magari, arriverà pure qua, lentamente e filtrato dalla cultura collettivista del nostro territorio.
      Il Grande Ripensamento ricorda molto il ritornello "la sinistra che si interroga" dopo l'ennesimo fallimento.

      Elimina
  3. La proprieta' e' sinonimo di continuita' nel pòssesso, nel suo riconoscimento e nella sua trasmissibilita' dei primi arrivati sui secondi che avendo o pretendendo, un diritto al minimo vitale genera un conflitto che dovrebbe essere risolto con il principio della convenienza...

    RispondiElimina