Bibliografia

giovedì 19 febbraio 2015

Gli errori nelle preferenze per la liquidità

«Il servizio che fornisce la moneta non è costituito dal suo rendimento. Consiste nel poter essere a disposizione in forma di giacenze di cassa per ogni uso futuro.
La moneta non è mai “inattiva”. Essa rende sempre a qualcuno il solo servizio che può rendere, vale a dire fa parte della composizione delle giacenze di cassa di ogni individuo.
Per lo stesso individuo, l’ammontare delle giacenze di cassa è a volte più alto e a volte più basso. Ma nessuno detiene più giacenze di cassa di quelle che desidera avere. Se pensa che queste giacenze siano eccessive, investe la parte eccedente o scambiandola sul mercato (ottenendo beni di produzione o di consumo) o investendola. (I depositi a scadenza sono un metodo per investire moneta). Definire “tesoreggiamento” le giacenze di cassa di qualcuno è semplicemente un giudizio di valore. L’individuo in questione semplicemente crede che dato un certo livello di affari, la cosa migliore (leggi: il male minore) è incrementare le proprie giacenze di cassa. Non importa che io approvi o meno questo comportamento. Il suo comportamento – non la mia valutazione soggettiva del suo espediente – è un fattore che influenza il prezzo di equilibrio.
E’ futile distinguere tra “circolazione” della moneta e moneta “inattiva”. La moneta che cambia di mano in nessun momento è priva di un possessore. La moneta può venire trasportata, con dei vagoni ferroviari o con altri mezzi di trasporto. Ma, da un punto di vista legale, è sempre di proprietà di un certo individuo.
In un mondo dinamico tutti hanno necessità di avere un certo ammontare di denaro a disposizione per le proprie necessità impellenti. Questo desiderio crea la domanda di moneta e spinge le persone a vendere beni e servizi in cambio di moneta. Una realistica teoria del valore e del potere d’acquisto della moneta deve iniziare dal riconoscimento di queste esigenze. I cambiamenti nel valore di scambio oggettivo della moneta sono provocati dai cambiamenti nelle relazione tra la domanda di moneta, cioè la domanda di giacenze di cassa, e l’offerta di moneta.
La carenza principale del concetto della velocità di circolazione è che non parte dalle azioni degli individui ma guarda ai problemi dal punto di vista dell’intero sistema economico. Il concetto in sé è un modo sbagliato di affrontare i problemi della determinazione dei prezzi e del potere d’acquisto. Suppone che, a parità di altre condizioni, i prezzi devono cambiare in proporzione ai cambiamenti avvenuti all’offerta di moneta. E questo non è vero.»
~ Ludwig von Mises
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di Frank Hollenbeck


Il costrutto teorico relativo alla visione monetaria di Keynes, è conosciuto come teoria della preferenza per la liquidità. Questa teoria è il fondamento di molti modelli macroeconomici ed è in netto contrasto con la visione classica dei tassi di interesse: il teorema dei fondi mutuabili.

Gran parte del lavoro di Keynes, tra cui questa teoria, si concentrò in modo spropositato sull'importanza della disponibilità di liquidità, elevandola a variabile economica chiave. Il reddito può essere consumato, risparmiato o trattenuto sotto forma di contanti (nei portafogli, nelle casseforti, o sotto i materassi). Il consumo è un atto destianto a soddisfare esigenze personali. Il risparmio è un trasferimento del possesso di beni e servizi dai consumatori agli investitori. Trattenere contanti, o accumularli, equivale a stiparli sotto il proprio materasso.

La teoria della preferenza per la liquidità di Keynes è strutturata intorno a questo desiderio di trattenere liquidità, per precauzione o per ragioni speculative. Questi rapporti sono gli unici che legano il desiderio di trattenere liquidità ai tassi di interesse.

Normalmente, quando i tassi di interesse salgono, i prezzi delle obbligazioni scendono e viceversa.

Secondo Keynes quando i tassi di interesse salgono, la popolazione tratterrà meno contanti e acquisterà obbligazioni, o aumenterà i propri risparmi, aspettandosi un calo dei tassi. Se i tassi di interesse scendono, la popolazione tratterrà più soldi e comprerà meno obbligazioni, o risparmierà di meno presumendo che i tassi di interesse alla fine risaliranno. La relazione tra il tasso di interesse e la richiesta di trattenere liquidità, ci fornisce la curva della domanda di moneta. Il tasso di interesse d'equilibrio si trova quindi nel punto in cui l'offerta di moneta è uguale alla domanda di trattenere liquidità. Questo equilibrio del mercato monetario stabilisce il legame esclusivo tra l'offerta di moneta e il reddito nominale (l'equazione di Cambridge).

Ci sono almeno due problemi con questa teoria. Quando i tassi di interesse aumentano, la teoria afferma che la popolazione si muove esclusivamente dal trattenere denaro al risparmio: non c'è passaggio dal consumo al risparmio, o dal consumo al trattenere liquidità. Lo stesso vale quando i tassi scendono, la popolazione si muove dai risparmi al trattenere liquidità, mentre il consumo viene lasciato fuori dal quadro generale. I tassi di interesse riguardano solo la scelta tra risparmio e disponibilità di liquidità, nient'altro. Il consumo è ritenuto costante. Naturalmente questo va contro una valida analisi economica che vede i tassi di interesse come il prezzo della preferenza temporale dei consumi. E' anche del tutto in contrasto con la teoria dei fondi mutuabili.

Il secondo problema, ancora più grande, riguarda la logica alla base delle aspettative future sui tassi di interesse. Uno dei contributi più importanti di Keynes alla teoria economica, è stato quello di sottolineare l'importanza delle aspettative nel processo decisionale. Anche se la sua spiegazione dei tassi di interesse futuri poteva essere intrigante negli anni '30, è totalmente fuori moda oggi. I suoi seguaci sembrano essere totalmente ignoranti dei progressi fatti in altri campi.

Quando gli investitori si aspettano che i tassi di interesse scendano, scenderanno immediatamente; e quando gli investitori si aspettano che salgano, saliranno immediatamente. Le aspettative vengono incorporare nei tassi di interesse presenti in modo che quelli futuri seguano una "random walk" e non siano influenzati dalle aspettative presenti. La logica keynesiana che giustifica una commutazione tra risparmio e disponibilità liquide, è fallace. Non esiste alcuna domanda speculativa legata al trattenere liquidità, e, quindi, non esiste alcuna relazione tra il tasso di interesse e il desiderio di trattenere liquidità. Non esiste alcun equilibrio del mercato monetario, e quindi nessun legame esclusivo tra l'offerta di moneta e il reddito nominale.

I deboli tentativi nella maggior parte dei libri di testo di giustificare, dal punto di vista teorico, tale legame (invocando il costo di opportunità del denaro), furono schiacciati con decisione dal leader keynesiano James Tobin:

Quasi due decenni di tentativi di abbassare la pendenza della curva della preferenza per la liquidità nei libri di testo e sulle lavagne scolastiche, non dovrebbero impedirci di vedere l'implausibilità del comportamento che descrivono. Perché qualcuno dovrebbe detenere bond infruttiferi statali al posto di bond fruttiferi? L'irrazionalità nel trattenere liquidità sarebbe ancora presente se il tasso di interesse fosse del 6%, 3% o 0.5%.

La logica della teoria di Keynes viene capovolta. Non solo, ma doveva finire nella spazzatura delle idee economiche mal concepite. Lo stesso vale anche per le altre teorie: la trappola della liquidità (come definita da Keynes) e i modelli economici, come il modello IS-LM (uno dei preferiti di Krugman) o il modello AD-AS, costruito sulle preferenze per la liquidità. Gran parte di ciò che è scritto nei libri di testo di macroeconomia, deve essere eliminato. Quando le fondamenta sono traballanti, qualsiasi cosa ci si costruisca sopra cadrà.

La corretta definizione di "trappola della liquidità" è quando le banche centrali forniscono liquidità, ma non c'è nessuna acquirente. In altre parole, si può portare un asino al fiume ma non si può costringerlo a bere. Oggi le banche hanno pochi clienti solvibili che vogliono accendere prestiti... anche ad interessi pari a zero. La popolazione è ancora in deleveraging e ha poco appetito per un maggiore carico di debito, e le aziende sono ben consapevoli delle distorsioni dei prezzi, come nei tassi di interesse, generate dalla politica monetaria. Sono anche ben consapevoli di come gli investimenti improduttivi degli anni del boom non sono stati cancellati, perché la FED ha permesso alle banche di "sopravvivere".

Il vero danno di questa teoria, però, lo ritroviamo nelle sue prescrizioni di politica. Gli economisti, oggi, adottano una versione semplificata della teoria quantitativa del denaro. Anche questa versione si basa sulle preferenze per la liquidità e ha portato le banche centrali a concentrarsi singolarmente sui prezzi al consumo. Avrebbero dovuto preoccuparsi di più della relazione tra il denaro e tutti i prezzi. La teoria quantitativa del denaro mette in relazione il denaro con tutte le transazioni, non solo il reddito nominale. I prezzi consistono in tutto quello che il denaro può comprare: beni di consumo, azioni, obbligazioni, francobolli, terre, ecc.

Diviene sempre più evidente che se la banca centrale avesse usato una misura dell'inflazione corretta, tra cui una riguardante l'aumento nei prezzi degli asset, nel 1920, e tra il 2001 e il 2007, avrebbe compreso che la sua politica monetaria è stata troppo allentata per troppo tempo, creando enorme (definita correttamente) inflazione (aumentata per lo più nei prezzi degli asset). La banca centrale stava guardando ad un gruppo di alberi sani mentre tutta la foresta andava in fiamme. Ovviamente non abbiamo imparato nulla dalla storia. Un ICP mal costruito non sta riflettendo gli effetti disastrosi dell'inflazione nei prezzi degli asset, una conseguenza diretta della politica monetaria ultra-allentata.

Purtroppo le teorie di Keynes hanno dato ai politici la potenza di fuoco intellettuale per continuare ad attuare politiche socialiste che erano state in precedenza ridicolizzate da pesi massimi come Ricardo, Bastiat, o Mill. E' tempo di liberarsi delle catene intellettuali dell'economia keynesiana, far tornare indietro gli orologi e far tornare l'economia su binari teorici sani.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/

4 commenti:

  1. no. impossibile che il sistema si fermi. la politica domina. le scelte collettive prevalgono su quelle individuali che vengono sacrificate. lo stato minimo è una mistificazione. quando nasce non si autolimita. diventa pervasivo e corrompe la convivenza civile.
    no. il crollo del sistema, palese od occultato, porta una gran parte di profittatori a chiederne ancora di più.
    non ci sta anarchia dopo il default, ma totalitarismo.
    il nostro paese è incatenato al sistema politicofinanziario e non ha alcuna possibilità di liberarsene per motivi geostrategici.
    siamo condannati ad essere depredati in nome del potere.

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    1. Ciao Anonimo.

      E' probabile che alla fine andrà così. Non per tutti ovviamente, ma per chi si farà trovare impreparato sarà così. E di impreparati ce ne sono anche tra le fila di coloro che si impegnano a diffondere visioni alternative della società e dell'economia. Più vado avanti con gli studi sull'economia Austriaca e sul libertarismo, più mi accorgo che le mezze misure con entità quali lo stato e le teorie keynesiane sono inutili. Fagocitano qualsiasi volontà di compromesso a loro favore. Aveva ragione Mises, in poche parole, quando diceva che non può eisstere una via di mezzo: o c'è libertà o non c'è.

      E tale riflessione m'è sovvenuta quando, ultimamente, ho visto molti dibattimenti sull'inflazione e la deflazione. Ci si lascia impantanare in discussioni inutili che non portano a niente, presumendo di poter aggiustare una determinata situazione economica attraverso una particolare ricetta. La subdola propaganda dell'economia pianificata ha fatto in modo che ci si divida in fazioni e si guerreggi affinché la propria parte abbia la meglio. Il dibattito intellettuale non si vince in questo modo. Inflazione, deflazione, aggregatai di prezzi... in un'economia di libero mercato non ci sarebbe niente di tutto ciò, poiché le azioni degli individui sarebbero indirizzate e guidate solamente dai segnali di mercato, ovvero i prezzi relativi, che aggiusteranno l'ambiente economico in base alle loro preferenze individuali. La preoccupazione per i dati macroeconomici è un sotterfugio dei pianificatori centrali affinché tale dibattito abbia validità, avallato addirittura da coloro che si professano dei sostenitori del libero mercato.

      Certo, è giusto mettere in guardia dai pericoli dell'inflazione, ad esempio, ma non per questo impantanarsi in discussioni sterili per fargli cambiare idea. Le azioni individuali vincono. Alla fine vincono sempre. Il loro vantaggio è il decentramento e il fatto che i fenomeni di cambiamento avvengono sempre al margine. Chi seguirà gli aggregati avrà una brutta sorpresa.

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    2. Molto saggio Francesco.

      Ci sono due diritti che si confrontano.
      Il diritto di vivere alle spalle di altri, diritto politico, ed il diritto di conoscere tutto dei propri governanti, diritto inconfutabile ma da non lasciare alla stampa, no, proprio diritto legale. A quel punto nulla quaestio se vogliono sapere tutto di me e profilarmi. ma deve esserci reciprocità. sennò che uguaglianza davanti alla legge sarebbe?
      Jefferson disse che è il governo a dover temere il popolo, non il contrario.

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  2. Bene. Non è stato difficile, vero?
    Depredati in nome del potere. Ottima. Da segnarsela.
    Per il resto..... l'anarchia liberista e non, resterà un'utopia.....forse è meglio così,no?
    Ognuno di noi ha il suo piccolo tesoro da difendere, o il suo minuscolo scheletro nell'armadio.
    Per questo il sistema non potrà cadere.
    Concordo, ma me ne dispiace, anche sul 'non ci sta anarchia dopo il default, ma totalitarismo', fa parte del nostro dna.
    Solo chi non ha più nulla da difendere, ha la libertà di poter cambiare.
    Altrimenti si adatta e cerca il compromesso.
    A proposito, tanto per capirci, l'altro mio nik è "hadàbruciàilbosco" . . . .

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