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giovedì 12 febbraio 2015

Dopo lo “Shock di Syriza” la Grecia è ad un bivio: Lasciare l'UE o rinegoziare i termini della sua servitù

Il nuovo governo greco sta conducendo una partita a braccio di ferro con l'intera Eurozona. Da un lato deve mantenere fede alle promesse fatte in campagna elettorale, dall'altra deve far in modo di non perdere finanziamenti a buon mercato da parte della Banca Centrale Europea. Soprattutto non vuole intaccare il suo rating di credito andando in default per i suoi obblighi nei confronti del FMI, dell'UE e della BCE. Ma alla fine dovrà scegliere: stare nell'UE o andarsene. Non esiste una via di mezzo. Sono due macchine che alla fine si scontreranno. Stanno accelerando. Questo significa che o la Grecia andrà in default o l'Eurozona si frantumerà economicamente mandando nell'oblio l'esperimento europeo. Per il momento la Grecia sta minacciando le banche del nord Europa di non adempiere ai pagamenti dovuti loro. Se non riceveranno indietro quello che hanno prestato alla Grecia, faranno la figura delle sciocche. Non vogliono farla, quindi chiederanno al resto dell'Eurozona di tirare fuori il denaro per ripianare questa mancanza. Peccato che l'UE sia letteralmente in bancarotta, quindi dovrà farsi avanti la BCE stessa (cosa che sta già facendo visto che fino al settembre dell'anno prossimo stamperà €60 miliardi al mese). Gli altri paesi della periferia dell'UE rimangono a guardare e osservano attentamente come se la caverà la Grecia. In base all'esito, potrebbero seguirne l'esempio. Nel frattempo si rincorrono voci su un possibile controllo di capitali in Grecia a seguito dell'ondata di corse agli sportelli bancari e della sua possibile uscita dall'euro. I banchieri del nord Europa si stanno accorgendo che i banchieri della periferia stanno perdendo il controllo (sin dall'elezione del nuovo governo greco le banche greche hanno perso il 40% del loro valore azionario). Non vogliono correre lo stesso rischio.
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di David Stockman


Non possiamo far altro che lodare Alexis Tsipras per aver criticato le politiche distruttive imposte al suo paese da quegli ipocriti e bugiardi che governano da Bruxelles. E il suo ministro delle finanze, l'economista Yanis Varoufakis, ha avuto ragione quando ha preso di mira i banchieri in cerca di rendita, le grandi imprese e gli operatori dei media che per decenni hanno saccheggiato lo stato greco.

In effetti il suo impegno a "distruggere il sistema oligarchico greco" dovrebbe risuonare in tutta l'Europa. Dopo tutto, ciò che ha soffocato la crescita, le imprese e la speranza in Europa è esattamente la corruzione del capitalismo clientelare e l'ingigantimento dello stato — ancor prima che la Trioka sferrasse il colpo di grazia.

Quindi lo Shock di Syriza rappresenta un punto di svolta: la fine incalzante del dominio dei burocrati elitari che popolano le banche centrali e le macchine politiche di Bruxelles, Washington e Londra. Le loro soluzioni keynesiane e stataliste sono servite a sostenere le grandi banche, hanno alimentato l'inflazione degli asset finanziari e hanno aperto le porte ad un'era oscena di giochi d'azzardo in cui chi era ricco è diventato ancor più ricco.

Ma quello che la finanziarizzazione amministrata centralmente non è riuscita a fare, è stato proteggere la classe media da un assalto implacabile al suo tenore di vita. Anche i sostenitori più attivi dello stato stanno capendo che le loro richieste d'aiuto sono state totalmente ignorate nelle sale statali. Quindi era solo una questione di tempo prima che si sarebbe materializzata una rivolta dei "fan della democrazia"; e, manco a dirlo, quale posto migliore in cui farla nascere se non quello in cui è nata la democrazia stessa?

Ma qui è dove la buona notizia si trasforma in cattiva. I problemi della Grecia non si fermano semplicemente ai dettagli oppressivi e soffocanti contenuti nel "memorandum" imposto dai signori della Troika.

Il vero male è incarnato nella struttura e nel modus operandi di tutta l'UE e del suo sistema monetario basato sull'euro. La Grecia resterà per sempre sotto il tacco del nord Europa, se cercherà semplicemente di "ristrutturare" i suoi debiti e supplicherà di instaurare rapporti amichevoli e durevoli con Bruxelles e Francoforte — sebbene tenderà a giocare una mano di poker decisa, coraggiosa e astuta durante i prossimi "negoziati" con i burocrati dell'Unione Europea e del FMI.

Il fatto è che Bruxelles è l'epicentro di un superstato totalmente fallito e la BCE è un esperimento monetario radicalmente sballato che non ha alcun posto dove andare se non verso un'implosione violenta. L'ironia della situazione è che queste istituzioni totalmente illegittime hanno frainteso le idee — possibilità di scambi aperti, prospettive imprenditoriali produttive e le comodità e l'efficienza del denaro comune — da cui dipende la sopravvivenza della Grecia.

Detto in modo diverso, l'UE e la BCE rappresentano la centralizzazione e la governance di un'élite politica ed economica che è agli antipodi rispetto al suo linguaggio neoliberale. Invece incarnano la presunzione che "espandersi a macchia d'olio" e mandare al potere "i migliori e più brillanti" per manipolare la macchina dello stato — compresa la banca centrale — possa permettere alla centralizzazione su vasta scala di superare le disfunzioni, le barriere economiche e le follie dei singoli stati-nazione e delle varie monete nazionali.

La vittoria del tutto improbabile di Syriza è la prova che questi presupposti sono sbagliati. La centralizzazione burocratica non è affatto portavoce delle virtù economiche e della prosperità del libero mercato; essa, invece, scatena un'orgia insensata di regole, dettami e tasse — poiché è questo quello che fanno burocrati e politici — le quali ostacolano il commercio e l'attività imprenditoriale in tutto il superstato (ovvero, l'UE). Inoltre i burocrati centrali sfruttano il loro monopolio sulle risorse fiscali e sulle autorità giudiziarie per calpestare la gente comune — soprattutto nei momenti di difficoltà in cui l'apparato centrale è in disperata necessità di finanziamenti.

Allo stesso modo, "l'euro" non assomiglia nemmeno lontanamente al denaro comune — cioè, valute nazionali coperte dall'oro a tassi di cambio fisso — che prima del 1914 migliorò significativamente l'efficienza, il commercio e l'integrazione economica nelle varie nazioni europee.

Invece "l'euro" è solo un pretesto per un marcio iper-attivismo della banca centrale, la quale viene controllata da pianificatori centrali monetari non eletti che perseguono teorie e dottrine folli atte a distruggere tutto quello che può realizzare il denaro comune: un price discovery onesto, un'allocazione efficiente del capitale e una disciplina finanziaria auto-correttiva che tiene a bada i giocatori d'azzardo e gli scommettitori che inesorabilmente gravitano attorno ai mercati finanziari, e che, in ultima analisi, li ritiene responsabili delle loro azioni.

Alla fine il percorso verso la prosperità consiste in mercati dei beni, del lavoro e dei capitali più liberi, e stati più piccoli (non superstati). La via da seguire passa per il rifiuto del protezionismo commerciale, dei sussidi fiscali mercantilistici e dei privilegi fiscali.

Allo stesso modo, il percorso verso una moneta comune e onesta passa attraverso l'eliminazione dell'intervento delle banche centrali nei mercati monetari e dei capitali; la sostituzione del tasso di interesse manipolato con prezzi di libero mercato; la cancellazione dell'idea nociva che l'attivismo della banca centrale genera un effetto ricchezza sui prezzi degli asset e che rappresenta un elisir magico per la crescita economica e tenori di vita più elevati; e, soprattutto, la rinuncia alla monetizzazione del debito pubblico.

Quindi conservare la sovranità politica locale e la dignità della democrazia su scala ridotta, è compatibile con un ambiente di libero mercato favorevole a imprenditori, lavoro e consumatori; tra l'altro, è anche compatibile con un sistema finanziario onesto liberato dai saccheggi del capitalismo clientelare.

Lo Shock di Syriza rappresenta una richiesta affinché ci si possa riappropriare di questo tipo di "sovranità" e "dignità", come ha anche detto Tsipras. Ma la sfida monumentale di fronte al nuovo governo greco è che queste virtù democratiche non possono essere recuperate mediante "i soliti negoziati" con burocrati arroganti e corrotti dell'UE e della BCE. Né possono essere sostenute se la Grecia resterà incatenata — anche con un memorandum nuovo e più equilibrato — a queste istituzioni in bancarotta.

Fortunatamente per la Grecia, l'Unione Europea è già sul pendio scivoloso verso la sua scomparsa. La strategia d'uscita è quella di evitare costi futuri debilitanti, non conservare benefici insostenibili.

La sciocca decisione di Draghi di lanciare il QE, ad esempio, ha già messo l'euro in una spirale di morte. Ciò significa che i giocatori d'azzardo, come gli hedge fund, che hanno ammassato debito sovrano di Francia, Italia e altri Paesi periferici in attesa che Draghi mantenesse fede alla sua promessa "di fare qualunque cosa fosse necessara", sono pronti a premere il pulsante "vendere".

In realtà i rendimenti del decennale francese, spagnolo e italiano (rispettivamente) allo 0.54%, all'1.35% e all'1.48%, sono palesemente assurdi. Questi sono gli obblighi di stati in bancarotta, in invecchiamento, dirigisti e saturi di welfare state che rappresenterebbero un grosso rischio di credito per gli investitori reali. Ma non ce ne sono — il cosiddetto mercato obbligazionario dell'UE-19 è solo una gigantesca speculazione front-running che si concluderà in una tempesta di sfiducia nei confronti della BCE e in un'implacabile svendita dei bond statali enormemente sopravvalutati (i quali sono stati temporaneamente sequestrati nei parcheggi finanziari degli hedge fund e nelle banche nazionali incompetenti e soprattutto già insolventi).

Quindi l'obiettivo centrale del nuovo governo greco dovrebbe essere uscire dall'incombente disastro targato UE/BCE, non un rinegoziamento dei termini della sua servitù. Se il nuovo governo greco intende veramente liberare il suo popolo, dovrebbe ripudiare del tutto il suo debito col FMI — poiché è l'arroganza spregevole dei burocrati del FMI che ha portato l'economia della Grecia al suo stato deplorevole.

Allo stesso modo, se per la Germania del 1953 un taglio del 50% del suo debito era abbastanza buono, lo sarebbe anche per la Grecia di oggi. Quello che il nuovo governo deve "negoziare" è il periodo di tempo per rimborsare il saldo. Dopo tutto, anche a Versailles i vincitori furono disposti a dare alla Germania 50 anni per adempiere alle sue riparazioni — e i tedeschi erano i co-autori dell'immensa carneficina bellica che gravò sull'Europa, non le vittime.

Ma la questione operativa è il "saldo" dei debiti greci. Il nuovo governo non deve preoccuparsi minimamente che il suo "credito" potrebbe rimanere danneggiato nei confronti del FMI e dell'UE. Questi sono agenti distruttivi del dominio statalista delle élite globali; la Grecia non dovrà mai più tornare da loro, nemmeno per un centesimo.

Ciò che la Grecia deve fare, invece, è ristabilire il proprio credito e ricostituire la propria moneta e banca centrale. Ma c'è un'enorme fregatura: una soluzione del genere non è proprio in sintonia con la mentalità della coalizione di sinistra a cui il popolo greco si è rivolto per pura disperazione.

Un mini-BCE sul Mar Egeo non farebbe altro che aggravare la miseria della nazione ed esporre la pazienza popolo greco ad un giro ancora più traumatico di ipeinflazione e strangolamento finanziario.

Quello a cui Syriza dovrebbe puntare, invece, è una banca centrale onesta che non coccoli le banche commerciali e i giocatori d'azzardo finanziari; che non pretenda di manipolare il prezzo del denaro e del debito, e non micro-gestisca l'economia nazionale; e che sia vincolata al mandato che era in vigore per la banca dei banchieri ai tempi pre-keynesiani: fornire liquidità (ad uno spread sfavorevole se tale operazione avviene al di sopra del tasso di mercato) a fronte di una garanzia commerciale che rappresenta una produzione già esistente nell'economia, e non una pretesa senza fine nei confronti dei contribuenti futuri.

Allo stesso modo, se Syriza vuole liberarsi dell'oligarchia greca e della peste del capitalismo clientelare, deve ridurre la vastità dello stato greco, che nonostante la presunta "austerità" ricopre ancora il 60% del PIL. Ciò significa ridurre drasticamente la sue inutili spese militari; rivedere le pensioni pubbliche e altre prestazioni sociali; ed eliminare la vasta gamma di sovvenzioni nazionali ed accordi economici mercantilisti.




Inoltre la Grecia dovrebbe finanziare il suo stato rinnovato basandosi su una distribuzione dei pesi fiscali che la sua politica possa sostenere; e, se dovesse incorrere in deficit di bilancio, dovrebbe fare affidamento su prestiti onesti nei mercati dei capitali, non su una monetizzazione da parte della banca centrale.

Per un governo ricco di dottrina di sinistra quello appena descritto è un compito arduo, tanto per usare un eufemismo.

Ma se il nuovo governo persegue la via dei negoziati con Bruxelles e un "rinegoziamento" del suo debito e dei suoi obblighi all'interno dell'Unione Europea, tradirà inesorabilmente il suo mandato di ripristinare la sovranità greca. Alla fine della giornata, un rinegoziamento significherà solo un riassestamento dei termini della servitù greca nei confronti di un superstato che si sta già smembrando.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


10 commenti:

  1. hehehe, io e stockman siamo d accordo. mentre molti libbbbberisti (alcuni da me profondamente detestati), giornali tv Facebook e siti web, tifano la grande germania

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  2. Guardi che le spese "militari" sono state imposte dalla Germania.
    Non è stato il popolo a volerli ergo, si chiamano DEBITI ODIOSI!
    Pertanto non sono soggetti a rimborsi.
    Tanto per essere chiaro.
    Orazio

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    1. Ciao Orazio.

      Per quanto riguarda il debito pubblico nella sua totalità, lei sfonda una porta aperta perché circa 4 anni fa ebbi modo di presentare questo pezzo di Rothbard: http://johnnycloaca.blogspot.com/2011/11/ripudiando-il-debito-nazionale.html

      David Stockman è più "morbido" da questo punto di vista, perché egli ritiene che i debiti da ripudiare sono solamente quelli post-2010. Ovvero, dei circa €330 miliardi di debito, egli dice che ne dovrebbe ripudiare solamente €175. Vedremo nel dettaglio questa proposta la settimana prossima in un articolo dettagliato.

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  3. Stockman che consiglia una banca centrale sovrana mi ha fatto trasecolare.
    Ma forse bisogna ricordarsi che un progetto politico come la UE ed una moneta politica come l'euro, entrambe calati dall'alto, non hanno assolutamente nulla a che fare con la realta' degli scambi volontari tra gli individui. No, sono solo la realizzazione di un piano politico.
    Quindi, in questa vicenda, la soluzione sara' politica perche' la mossa di Tsipras e' politica: la Grecia e' in vendita al miglior offerente geopolitico.
    Ma la Grecia e' un paese della NATO, pertanto, secondo me, questo e' l'unico parametro da considerare e che taglia la testa al toro.
    Di economico in tutta questa storia non c'e' traccia.
    E' tutto teatro e Tsipras ha sollevato la scenografia. E dietro ci sono solo tanti piccoli gnomi imbarazzatissimi.

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  4. Il tono di Stockman è da tifoso, non mi piace per niente.

    "Se il nuovo governo greco intende veramente liberare il suo popolo, dovrebbe ripudiare del tutto il suo debito col FMI — poiché è l'arroganza spregevole dei burocrati del FMI che ha portato l'economia della Grecia al suo stato deplorevole."
    Falso: il FMI ha contribuito ad accelerare l'emersione del disastro greco con modalità idiote, e Stockman lo sa.

    Come sa anche che nessuno ha costretto la Grecia a partecipare al banchetto europeo.

    Tsipras non vuole liberare il popolo in quanto egli è un politico: chi volesse liberare il proprio popolo, oltre a denunciare - giustamente - la violenza della Troika, dovrebbe anche fare in modo di processare i politici colpevoli delle passate gestioni fallimentari ed assassine.
    Tsipras ed il suo governo non lo faranno, sarebbe un suicidio politico perché sarebbero esposti a responsabilità che la politica a (quasi) ogni latitudine e tempo ha fatto in modo sempre di scansare.
    I patetici proclami del governo greco contro gli evasori sono la cartina tornasole che esso è animato dalla stessa miseria morale ed intellettuale di chi ora sta schiacciando i greci finanziariamente.
    Se davvero metterà in atto leggi idiote (vedi Italia) alimenterà un'ulteriore fuga di capitali interni, fatti salvi controlli di capitali dal sapore vagamente fascista.

    Detto diversamente, ho idea che il governo greco si comporterà come i propri aguzzini: la sua immagine potrebbe uscirne pulita perché nell'immaginario collettivo ora passa per essere costretto a misure straordinarie.

    Un tale clima li salverà dalla più banale delle osservazioni: nessuno li costringe.

    Riccardo Giuliani

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    1. nessuno costringe? tu hai scelto? la grecia... i greci... tutti i greci.... solo alcuni.... i politici.... il "popolo"..... si possono attribuire azioni chiare a qualche soggetto sfinito bene? qui sono solo costrizioni, tutti costringono tutti!

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  5. Io sono stato costretto in quanto non ho avuto potere di scelta su questioni quali l'unione monetaria, non ci piove.
    Tuttavia parlavo dei politici, di ieri e di oggi, greci e non; chi ha costretto chi, e quando, a far entrare la Grecia nell'euro?
    I capi politici e finanziari conoscevano i bilanci fasulli dello stato greco, il cui governo di allora sapeva che essi sapevano; se vai a rubare in casa dei ladri non aspettarti tè e pasticcini.

    Ripeto che l'attuale governo greco fa bene a denunciare la violenza della troika, peccato che sorvoli sul motivo di ingresso della Grecia nell'euro: soldi facili per una nazione bollita e distrutta dalle ruberie effettuate a vari livelli sociali.
    Ma non può farlo: capisci bene che tra cani non ci si morde.

    Ora i ladri rivogliono la refurtiva e non c'è da fare il tifo, solo da capire cosa il governo greco voglia fare, sapendo di stare in una morsa tra l'obbligo elettorale e l'atavico vizio della menzogna.

    Riccardo Giuliani

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  6. Concordo pienamente con il sig. Riccardo Giuliani, inoltre aggiungo non mi sembra che i Greci possano fare tanto le vittime, in quanto popolo drogato da decenni di clientelismo tossico e statalista. Tsipras è un marxista di lungo corso, non credo voglia "liberare la grecia dalla sua oligarchia", di cui egli ne fa parte da tempo...... Stockman non sà e non conosce i fatti, mi sembra più attenta l'analisi da Stefan Molyneux e Peter Schiff per quanto riguarda l'exploit di Syriza in Grecia, non c'è da aspettarsi nulla di buono, dai comunisti

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  7. Sull'unione monetaria, ritengo sempre valida l'analisi del professore Jesus Huerta de Soto, in quanta seppur strampalato come progetto, riesce comunque a dare un po' di disciplina ai governi nazionali, che altrimenti attuerebbero solo politiche inflazionistiche di deficit spending, se proprio non vogliamo vedere il bicchiere mezzo vuoto. Uscire dall'euro è un suicidio per la Grecia e Tsipras e il suo amico lo sanno... lo sanno bene....

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  8. Pur condividendo l'articolo mi sento in dovere di spezzare una lancia in favore di Tsipras, soprattutto per quanto riguarda i keynesiani e statalisti vari che lo attaccano perchè "troppo moderato" (a forza di fare il puro.....). In particolare loro contestano Tsipras perchè è un ingenuo perchè vuole restare nell'euro e perchè l'Europa è irriformabile. Beh, e loro che pensano che lo stato sia sempre riformabile (basta andare a votare) che sono?

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