Bibliografia

martedì 30 dicembre 2014

Il veleno al cuore della macroeconomia

«Non vi sono imposte che non tendano a diminuire la capacità di accumulazione. Tutte le imposte ricadono o sul capitale o sul reddito. Se intaccano il capitale riducono in proporzione il fondo la cui entità determina l’entità dell’industria produttiva; se ricadono sul reddito diminuiscono l’accumulazione o costringono i contribuenti a risparmiare l’ammontare dell’imposta e a diminuire in misura corrispondente il loro precedente consumo. [...] I governi non dovrebbero mai imporre tributi che gravino inevitabilmente sul capitale perché così facendo essi intaccano i fondi destinati alla sussistenza dei lavoratori e diminuiscono la produzione futura del paese.»

-- David Ricardo, Principi di Economia
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di Frank Hollenbeck


Mario Draghi, in uno dei suoi ultimi discorsi, ha spronato i governi ad allentare le misure di austerità in modo da stimolare la domanda aggregata (un ossimoro). Il presidente del FMI, Christine Lagarde, di recente ha esortato la BCE affinché prosegua la sua politica monetaria allentata fino a quando la domanda aggregata non si riprenderà. Il segretario del Tesoro USA, Jack Lew, per anni ha suggerito che il governo intervenisse per aumentare la domanda aggregata. A sua volta ha tenuto conferenze in Germania, Giappone e Cina sulla necessità di incoraggiare la domanda. E' triste che tale assurdità sia costantemente promossa da alcune delle persone più influenti al mondo, tra cui molti economisti, e che continui a servire come base per la teoria macroeconomica contemporanea.

Questo indottrinamento didattico sulla domanda aggregata è simile alle credenze del passato, come il sole che girava intorno alla terra.

Non abbiamo bisogno di rilanciare la domanda. Il motivo per cui lavoriamo, produciamo, è quello di consumare; non c'è mai una mancanza di domanda. La funzione primaria dei prezzi è quella di razionare la produzione rispetto ad un insaziabile desiderio di consumare. Come disse Ricardo nel 1820: "Gli uomini sbagliano nella loro produzione; non vi è carenza di domanda."

Un buon macroeconomista non avrebbe mai detto che la domanda aggregata è un problema in una economia basata sul baratto. Tuttavia, gli economisti che insegnano macroeconomia, o i politici o i giornalisti che seguono i loro corsi, continuano ad essere confusi. Anche Keynes nella sua critica della Legge di Say non voleva capire il caso del baratto. Nella sua teoria generale, riporta una citazione di Mill:

Supponiamo in primo luogo che la quantità di merci prodotte non sia maggiore di quello che la comunità sarebbe felice di consumare: in questo caso, è possibile  che ci possa essere una carenza di domanda per mancanza dei mezzi di pagamento? Coloro che la pensano così non hanno considerato la natura del mezzo di pagamento. Si tratta semplicemente di merci. I mezzi di pagamento di ogni persona sono costituiti da ciò che egli stesso possiede. Tutti i venditori sono inevitabilmente acquirenti ex vi termini. Se potessimo raddoppiare improvvisamente le forze produttive del paese, raddoppieremmo l'offerta di merci in tutti i mercati; ma raddoppieremmo anche il potere d'acquisto. Ognuno porterebbe una domanda doppia: chiunque sarebbe in grado di acquistare due volte tanto, perché ognuno avrebbe due volte tanto da offrire in cambio. – Mill, “Principles of Political Economy” Libro III, capitolo XIV, §2

Keynes poi conclude che il raddoppio della produzione non raddoppierà necessariamente la domanda, in quanto ci potrebbe essere una mancata corrispondenza tra domanda e offerta creando risorse inattive (disoccupazione). Questa è stata un'affermazione ambigua poiché Keynes omise convenientemente le frasi successive di Mill:

E' probabile, infatti, che ora ci sarebbe una sovrabbondanza di certe cose. Anche se la comunità raddoppiasse volentieri il suo consumo aggregato, avrebbe già tanto quanto desidera e preferirebbe fare altro piuttosto che raddoppiare il consumo; ad esempio, esercitare il suo potere d'acquisto incrementato per qualche cosa di nuovo. Se accadrà ciò, l'offerta si adatterà di conseguenza e i valori delle cose continueranno a conformarsi al loro costo di produzione.

Diamo uno sguardo più da vicino al baratto con un semplice esempio.

Supponiamo di avere un'isola, con Robinson Crusoe come suo unico abitante. Ha tessuto alcune reti e passa le sue giornate a pescare. Ora supponiamo che voi arriviate in barca sull'altro lato dell'isola. Dopo aver preso familiarità con l'ambiente circostante, visitate l'isola e incontrate Robinson, che ha molti pesci ad essiccarsi sotto il sole estivo. Siete molto affamati poiché non avete mangiato da molti giorni, pertanto desiderate ardentemente il pesce di Robinson. Ma a parte la natura altruistica iniziale di Robinson, non vi darà un pesce fino a quando non avrete qualcosa da offrire in cambio. In altre parole, è necessario dare prima di poter avere.

E' vero che non potete produrre qualunque cosa vogliate, infatti è necessario che produciate ciò che vuole Robinson. Non è possibile soddisfare la sua domanda finché non fornite l'offerta, la giusta offerta

Questa è la versione più semplice della legge di Say, secondo cui "l'offerta crea la domanda", o, più precisamente, "l'offerta giusta costituisce la domanda". Questa legge è al centro della polemica tra gli economisti che sostengono l'intervento diretto del governo nell'economia e quelli contrari. I keynesiani credono che l'unica cosa importante è la domanda; ma nell'esempio l'unica cosa importante è che avete fame. Gli economisti classici ritengono importante l'offerta giusta; Robinson vuole qualcosa in cambio per il suo pesce.

Ora supponiamo che Robinson si impegni a pescare più pesce di quanto ne possa consumare in cambio delle noci di cocco che voi volete raccogliere. Se nessuno dei gusti cambia, allora la nostra semplice economia può continuare per sempre secondo questo equilibrio. Non c'è disoccupazione o risorse inutilizzate. Naturalmente nella vita reale i gusti cambiano, e l'offerta viene costantemente riadattata generando risorse temporaneamente inattive e disoccupazione transitoria, il tutto per soddisfare una struttura della domanda di beni e servizi in continua evoluzione. Questa "struttura di desideri" in continua evoluzione guida i cambiamenti dell'offerta.

Supponiamo che, un giorno, Robinson decida che le noci di cocco non gli piacciono più. Qual è la soluzione? Ricordate, l'unico motivo per cui Robinson pescherebbe più pesci è per scambiarli con altri beni e servizi. Non ha perso la domanda, è cambiata solamente l'offerta giusta al prezzo giusto per soddisfare la sua domanda.

Abbiamo un problema di domanda insufficiente per le noci di cocco? Se il governo sequestrasse i pesci di Robinson Crusoe per acquistare le noci di cocco da voi, ciò colmerebbe la lacuna nella domanda di noci di cocco? Qualsiasi persona ragionevole direbbe di "NO" – da qui la stupidità delle discussioni economiche circa un output gap, o le politiche della domanda per raggiungere il PIL potenziale. Inoltre, Robinson Crusoe probabilmente pescherebbe di meno poiché ora sarebbe costretto a condividere i frutti del suo lavoro con il governo. Come individuo, voi inizialmente stareste meglio, ma lo standard di vita a livello sociale sarebbe ridotto, in quanto si produce meno pesce e noci di cocco che nessuno vuole. Le azioni del governo hanno distorto la produzione che sarebbe invece prevalsa in un mercato libero.

Il muratore che era pieno di lavoro negli anni del boom immobiliare, deve trovare un altro lavoro (su una piattaforma petrolifera ad esempio, lavorando per uno stipendio ancora più alto). Estendere l'indennità di disoccupazione ritarda solamente l'aggiustamento necessario. Le attuali politiche governative sono incentrate sulla reflazione, tra le altre cose, di un boom edilizio. Questa è una strategia talmente sbagliata come quella di stimolare una domanda per le noci di cocco.

Lo stesso vale se il governo interferisce con le variazioni dei prezzi relativi (deflazione), o con tagli salariali reali accettati da entrambi ridefinendo un rapporto diverso tra pesce e noci di cocco.

La soluzione ovvia è quella di trovare qualcos'altro che Robinson voglia in cambio del suo pesce (ad esempio, il mango). Il capitale che avete creato arrampicandovi sugli alberi di cocco, potrebbe non essere utilizzato nuovamente e potreste rimanere temporaneamente disoccupati. Ma le politiche di redistribuzione del governo per colmare una lacuna temporanea della domanda di noci di cocco, non sono la soluzione.

Dobbiamo ricordare una realtà fondamentale dell'economia: abbiamo una quantità limitata di risorse per produrre una quantità limitata di beni e servizi in modo da soddisfare un desiderio infinito di consumarli. Siamo in grado di ottenere più merci e servizi in futuro se oggi sacrifichiamo le risorse, e il consumo attuale, per costruire i beni di capitale.

Robinson Crusoe pescherà più pesce se la fame lo costringerà a costruire una rete. Deve rinunciare al consumo attuale per godere di un maggiore consumo in futuro. Non pescherà più pesce facendo semplicemente aumentare la fame o la domanda di pesce.

Né la politica monetaria né quella fiscale creeranno risorse o capitale. Pertanto, a prescindere dagli effetti della riallocazione di breve termine, non miglioreranno la sorte dell'uomo medio. Il buon senso impone che né la contraffazione legale né la tassazione aumenteranno gli standard di vita.

Che dire della domanda aggregata in un'economia monetaria invece di una semplice con il baratto? Keynes evidenziò un possibile problema nella sua Teoria Generale. Eppure, dalla sua analisi, una mancanza di domanda aggregata risulta preoccupante solo in un'economia monetaria, quando la popolazione aumenta significativamente i propri saldi di cassa (risparmio) e i prezzi in ingresso e in uscita diventano viscosi. (Vedi la spiegazione qui) Non solo questo è un caso particolare, ma rappresenta una situazione che non può avverarsi (gli economisti classici consideravano il risparmio poco importante e le sue variazioni ancor meno).

Questo feticcio della domanda aggregata, dove mettiamo assieme la domanda di Ferrari con la domanda di mele, è il veleno al cuore della teoria macroeconomica. Il problema non è mai una domanda aggregata, ma un'offerta non allineata con la domanda.

Oggi dobbiamo cambiare la direzione delle politiche economiche, se vogliamo evitare un disastro. La soluzione non è quella di risolvere un problema immaginario con la domanda, ma di concentrarsi su un settore privato libero di fornire l'offerta giusta al prezzo giusto. Dobbiamo concentrarci su politiche che liberino le risorse, in modo da consentire al settore privato, attraverso il profitto, di fornire i beni e i servizi che la società vuole.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. come spiegare cose fintamente complicate in maniera semplice. essere capaci di cio significa svelare il mistero, togliere il velo dell ignoranza. una delle cose che apprezzo di più

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  2. Lapalissiano.

    Il sistema politico finanziario fiatmoney e' costituito da due componenti che reciprocamente sono instrumentum regni l'una dell'altra.
    Nulla di questo sistema ha a che fare con una economia di mercato libero da condizionamenti politici e finanziari.
    Offerta e domanda sono percio' diventati termini finanziari e politici e gestiti con l'espansione o la restrizione monetaria. Illusione costruita su di un errore fatale.
    Il crollo del sistema finanziario rappresenta il crollo del sistema politico e viceversa. Questo mostro positivista autoreferenziale fondato e cresciuto per sostenere l'elite al potere sta inesorabilmente giungendo al capolinea. La tigre non sopportera' ancora ed a lungo di essere trattenuta per la coda.
    Il Novecento finira' quel giorno.

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