Bibliografia

venerdì 21 novembre 2014

Le illusioni hanno conseguenze





di Francesco SImoncelli


Ciò che contraddistingue gli attuali standard di vita dell'occidente rispetto a quelli che prevalevano negli anni passati, non è un cambiamento nell'offerta di manodopera o i prodigi della scienza. E' l'ammontare di capitale accumulato. Ludwig von Mises, Economic Freedom and Interventionism


Le illusioni catturano l'attenzione degli individui più della realtà dei fatti. Credo sia umana una cosa del genere. Non ci si dovrebbe stupire. Si tende a credere all'illusione perché essa alletta in modo particolare l'animo umano che vuole sbarazzarsi il prima possibile di quei fardelli che pedissequamente tormentano la sua esistenza. La volontà di massimizzare tempo ed efficienza nella nostra vita, due degli obiettivi a cui il genere umano tende maggiormente a dare valore, è qualcosa a cui prodighiamo la maggior parte delle nostre energie e scoprire un modo per dimezzarle non sarebbe affatto respinto. Per questo, se qualcuno ci induce a credere, plausibilmente, che un determinato obiettivo è possibile raggiungerlo attraverso una scorciatoia, tenderemo a non esitare due volte nello stringere un accordo con codesto qualcuno che pare avere a portata di mano la formula "magica". Saltare alcuni stadi per arrivare ad un determinato obiettivo fa risparmiare tempo. Ciò è cruciale. Il tempo è denaro, ed è anche vita. Arrivando in minor tempo al suddetto obiettivo è possibile raggiungere uno status elevato rispetto al presente e quindi dedicarsi ad elevarlo ulteriormente perseguendo un nuovo obiettivo.

L'illusione è plausibile, ed è per questo che miete molte vittime. Coloro che infine riescono a districarsene, in un modo o nell'altro, scoprono di aver fatto la figura degli idioti e domandano scioccamente giustizia. A questo punto è troppo tardi. Quindi, se sarà loro possibile, cercheranno di stare ancora al gioco e proveranno a tirarne fuori qualcosa di buono finché sarà loro possibile o perlomeno probabile. A nessuno piace fare la figura dell'idiota. A nessuno piace fare la figura dell'idiota consapevole di aver sprecato una delle risorse tendenzialmente più preziosa di altre: il tempo. Quindi continuerà a stare al gioco, lo continuerà a difendere, continuerà a spacciare l'illusione di cui è caduto preda anche ad altri poveri malcapitati.

L'illusione è potente. Dà assuefazione.

L'illusione, però, è vulnerabile alle domande. A quei quesiti specifici che ne smascherano la fragilità nei confronti del mondo reale. Sebbene il ragionamento deduttivo sia una facoltà condivisa da tutto il genere umano, esso viene sopito quando c'è la possibilità di arrivare ad un determinato punto nel minor tempo possibile e prima di chiunque altro. La competizione è agguerrita, ma ci sono delle regole. Nel caso dell'economia, esiste la concorrenza ma esistono anche le leggi economiche: è giusto massimizzare il profitto, ma è criminale massimizzare i profitti ad ogni costo. Perseguire la seconda strada significa illudersi di poter aggirare le leggi economiche. Certo, nel breve periodo paga. Ma nel lungo? E' come una valanga. Non vi avverte, ma avanza inesorabilmente. Una volta innescato il processo è impossibile fermarlo. Richard Weaver scriveva di come le idee avessero conseguenze; vorrei permettermi di prendere in prestito questa frase e modificarla: "Le illusioni hanno conseguenze."

Ce ne sono tante di illusioni là fuori, ma una sta guadagnando trazione ogni giorno che passa. Potremmo riassumerla brevemente e smontarla analiticamente con esempi empirici, ma non ho intenzione di fare tutto ciò. Invece, voglio risvegliare il ragionamento deduttivo sopito che gli illusi hanno anestetizzato; voglio risvegliarlo portando all'attenzione dei lettori un breve racconto di fantasia a cui spesso ricorrono gli Austriaci per spiegare esaurientemente le loro posizioni. Sebbene potrà sembrarvi banale, non è così. Le azioni degli individui nella società possono essere analizzate prendendo come esempio un singolo essere umano e studiandone le azioni.



L'AZIONE PROPOSITIVA

L'economia è una scienza che fonda le proprie basi su regole distintamente oggettive. La legge della domanda e dell'offerta, ad esempio, rappresenta una di queste regole che, seppur possano essere aggirate, infine fanno sempre valere la loro autorità. Sebbene sia questa l'impostazione della materia, è possibile dire che l'economia è in realtà riconducibile ad un insieme teorico più grande: la prasseologia. Essa studia l'azione umana poiché il motore e la colonna portante dei mercati è l'individuo e le sue preferenze. Ogni qual volta una persona altera il suo stato di quiete per arrivare ad un certo fine, diciamo che l'individuo sta agendo. E' per questo che l'economia è una scienza sociale e non una scienza naturale: studiando esseri in perenne mutamento, non può fare affidamento a quegli assiomi statici che invece valgono per gli esperimenti riproducibili in laboratorio.

Ogni individuo agisce in base ad un set di preferenze diverso da quello degli altri e non è possibile modificarli attraverso la diminuzione o l'aumento di alcuni stimoli esterni effettuati da uno scienziato in possesso di una calcolatrice. L'azione umana è imprevedibile. Gli effetti che si possono studiare derivano dal grado di soddisfazione che determinati obiettivi offrono ai vari individui e, prendendo coscienza di ciò, possiamo trarre le dovute conclusioni. Ad esempio, se osserviamo un ragazzino bere non possiamo concludere repentinamente che lo sta facendo per calmare la sua sete. (Potrebbe benissimo essere sul punto di fare anche uno scherzo.) No, possiamo affermare che c'è un individuo che sta traendo godimento dall'ingurgitamento di una sostanza liquida. Osservando poi che egli torna a giocare a palla coi suoi pari, possiamo affermare che egli ha spostato la sua soddisfazione dal gioco al dissetarsi. Nella sua scala di valori, dissetarsi è diventato progressivamente un desiderio da soddisfare all'aumentare della sua utilità marginale rispetto al gioco.

Il termine utilità marginale venne coniato per la prima volta nella seconda metà del 1800 e divenne il cardine portante della rivoluzione marginalista propugnata da Menger. E' da qui che nascono i prodromi che porteranno successivamente a basare la teoria economica sulle azioni degli individui. In questo modo sappiamo che tutte le decisioni vengono prese al margine, ovvero, analizziamo nella nostra mente, istante dopo istante, quale singola preferenza ci darà più soddisfazione se ne cambiamo l'urgenza con cui realizzarla.

In questo senso ogni azione intraprese dagli individui è propositiva. Non è razionale. Tende ad esserlo, ma non lo è sempre. Ad esempio, decidere di percorrere contromano l'autostrada per puro capriccio e divertimento rappresenta un'azione criminale secondo il codice della strada, ma agli occhi del conducente è del tutto lecita. Non è un riflesso istintivo (altrimenti uno si fermerebbe all'istante una volta realizzato l'errore), e in tale caso non parleremmo affatto di azione. Ci si propone di fare una cosa che ci arrecherà soddisfazione. Nel nostro esempio, il conducente sconsiderato percorrerà l'autostrada contromano per soddisfare un suo ego folle.

Una volta compreso come le nostre azioni siano determinanti nello svolgimento degli affari economici, perché attraverso di esse entriamo in contatto con il mondo esterno e ne modelliamo il destino, possiamo avventurarci in un breve esempio per comprendere come una illusione tenda a distorcere la nostra percezione della realtà e ad essere altamente distruttiva. Non per questo la persona che ci crede smette di essere razionale o quant'altro. No, agisce in base ad una propria agenda credendo di poter aggirare per sempre le leggi dell'economia. Non è così.



UN NAUFRAGO SU UN'ISOLA DESERTA

Immaginiamo per un momento di avere un pover'uomo che naufraga su un'isola deserta. Dopo aver ripreso i sensi la prima cosa che fa è raggiungere il primo promontorio e dare uno sguardo all'isola nel suo complesso. In questo modo il nostro protagonista inizia a scandagliare con la sua mente tutto ciò che potrebbe tornargli utile, ovvero, economizza i beni che finiscono sotto i suoi occhi. E' necessario che individui quei beni di consumo che possano essere immediatamente fruibili in modo da sostenerlo nel periodo in cui dovrà assestare la sua vita sull'isola. La caratteristica del bene di consumo è quella di essere utilizzabile in quanto tale in base alla sua natura, e nel nostro caso, un bene di consumo potrebbe essere una noce di cocco o un pesce. La fase successiva del suo sopralluogo dovrà condurlo a separare i beni di consumo dai fattori di produzione. Questi ultimi sono beni il cui utilizzo permette all'attore economico di creare un bene di consumo. (Ovviamente questa distinzione dipende sempre dalla mente dell'attore economico, poiché un oggetto non è di per sé un bene di consumo o un fattore di produzione. Le sue caratteristiche fisiche non lo rendono classibicabile a priori in una delle due categorie. Ad esempio, se per una persona un bastone può essere utile per raccogliere mele da un albero, e quindi fungere da fattore di produzione, per un'altra persona potrebbe essere utile per grattarsi la schiena, e quindi fungere da bene di consumo.)

Beni di consumo e fattori di produzione, data la loro natura scarsa, portano con loro un costo di opportunità a cui il nostro naufrago dovrà prestare attenzione. Ovvero, il loro uso per un determinato scopo precluderà il raggiungimento di un altro; se ad esempio sull'isola esiste un numero finito di rocce, il nostro naufrago dovrà prendere una decisione se costruire un fuoco da campo con esse o una dimora. Non potrà avere entrambi. In base alla sue valutazioni sceglierà quale scelta sarà più consona a sollevare la sua situazione, sperando che il futuro non gli riveli di aver commesso un errore (Es. Per un qualche strano motivo fisico le rocce tendono a sgretolarsi se messe l'una sull'altra).

Una volta individuati quei beni di consumo che possano fornirgli sussistenza, il nostro naufrago si dirige in fretta verso un albero di noci di cocco. Sfruttando il proprio corpo come fattore di produzione, ovvero il lavoro, ogni giorno si arrampica sugli alberi di cocco per soddisfare la sua fame con questo cibo commestibile. E' un lavoro faticoso e scarsamente retributivo, il quale gli permette di godere solo di pochi (se non pochissimi) beni di consumo al giorno. Il suo reddito, quindi, è estremamente basso. Infatti, il flusso di beni di consumo consumati da parte di qualsiasi attore economico è definito reddito. Inoltre la possibilità che un qualche infortunio possa incapacitarlo o una qualche malattia possa debilitarlo, rischiano di intaccare seriamente la sua sussistenza. Affrontando tale questione all'interno della sua mente decide di rinunciare alla previdibilità di un reddito continuo ma scarso nel presente, per abbracciare l'incertezza del futuro. Ovvero, rinunciando a parte dei beni di consumo di oggi, decide di accumularne alcuni per un consumo futuro in caso di necessità. Ciò gli permetterà non solo di avere abbastanza cibo da sfruttare nel caso sfortunato in cui si dovesse ammalare, ma aumenterà significativamente il reddito futuro che percepirà. Ovvero, risparmia oggi per ottenere più beni di consumo domani. Investe nel futuro.

Avendo a disposizione più noci di cocco da consumare, può aumentare la sua disutilità del lavoro (anche il tempo libero è un bene di consumo), dedicando una parte maggiore (rispetto a prima) al riposo del corpo e della mente. Questo gli permetterà di incrementare l'efficienza che apporterà alla raccolta delle noci di cocco e, attraverso l'interesse composto, i suoi risparmi uniti al lavoro costante per raccogliere noci di cocco, gli permetteranno di accumulare un piccolo tesoro di vettovaglie in grado di sostenerlo anche per periodi prolungati di tempo. Il nostro naufrago, a questo punto, avrà per le mani un piccolo gruzzolo di cui andar fiero poiché è riuscito a sopportare e vincere le avversità della natura selvaggia. Ma la natura umana ancora incombe. Perché sebbene abbia garantito a sé stesso un flusso costante e crescente di sussistenza, il desiderio di variare la sua dieta diventa impellente al variare dell'utilità marginale che egli riscontra nelle noci di cocco. Più è bassa, più avrà necessità di variare i suoi pasti. Detto in altro modo, all'aumentare dell'offerta di un bene la sua utilità marginale diminuisce. Ancora una volta il nostro naufrago ha bisogno di riflettere e considerare quale opportunità ha davanti: costruire una zattera sfruttando le noci accumulate e portarne qualcuna per il viaggio; rimanere sull'isola e sfruttare i risparmi per costruire mezzi più sofisticati per ottenere cibo. Ognuna di queste scelte comporta costi e benefici, nonché l'attenta ponderazione delle possibili variabili in gioco, una su tutte il rischio.

Infatti costruire una zattera può avere il vantaggio di poter lasciare l'isola in seguito ad un colpo di fortuna; ma può valere anche l'opposto, ovvero, navigare per giorni o settimane senza trovare anima viva. Immaginiamo che il nostro naufrago infine decida per rimanere sull'isola. In questo modo deve darsi da fare per migliorare ulteriormente la sua condizione di vita su quel pezzo di terra sperduto. Questo significa che, attraverso i risparmi, dovrà investire nel futuro e nelle sue capacità imprenditoriali. Con queste ultime si intende la costruzione di beni strumentali (o beni di capitale) che possono aiutarlo a sofisticare significativamente la sua produzione. Infatti sappiamo che dall'unione del fattore di produzione umano (il lavoro) e i fattori di produzione naturali (mare, terra, alberi, ecc.) è possibile affinare i mezzi a propria disposizione per incrementare i propri standard di vita e, di conseguenza, raggiungere il soddisfacimento di desideri prima irraggiungibili. Questo significa che, in forza di un cospicuo risparmio alle spalle, il nostro naufrago deciderà di costruire un retino da pesca. Diminuendo la disutilità del lavoro e, nel contempo, continuando a tenere costante il proprio reddito, egli riuscirà a realizzare i propri sforzi. Ovviamente non ci riuscirà al primo colpo, bensì dovrà affinare la sua tecnica in considerazione delle risorse a sua disposizione. Il fattore tempo per la realizzazione della sua opera è cruciale, poiché il suo asse viene spostato nel futuro data la scarsa voglia di consumare nel presente e, invece, voler consumare qualcosa di migliore nel domani. Con questa mentalità la determinazione del nostro imprenditore-naufrago sarà in grado di ottenere ciò di cui ha bisogno per migliorare la propria condizione di vita.

E' utile ricordare, però, che tale situazione si è creata grazie al fatto che egli, rinunciando a parte del suo reddito presente, abbia dedicato risorse al futuro. La sua sussistenza nel presente è stata resa possibile dalla volontà di rinunciare a parte del pasto quotidiano al costo di sentire qualche morso della fame. E' un costo duro da pagare, ma il miglioramento della sua condizione ne vale la pena. Come esseri umani, diamo estremo significato alla nostra vita. Il solo fatto di agire è un'affermazione alla vita stessa, quindi la nostra preoccupazione per il benessere del naufrago ha basi solide nella psicologia umana. (Ovviamente non bisogna dimenticare che, seppure molto forte, il nostro attaccamento alla vita è sempre soggetto alle preferenze individuali; ad esempio, decidere di salvare la vita altrui mettendo a rischio la propria è un caso che ricade in tale affermazione.)

Una volta costruito il retino, il nostro naufrago non solo avrà una variazione significativa nella sua dieta ma potrà procurarsi cibo più facilmente, a minor prezzo (meno lavoro impiegato) e, soprattutto, in quantità maggiori. Attraverso il bene capitale, il retino da pesca, ha potuto elevare la sua posizione, ma questo non significa che potrà distrarsi di più. Infatti, sebbene abbia più tempo libero per prendere il sole o fare una nuotata rilassante, dovrà dedicare una parte del suo tempo libero ad occuparsi della manutenzione degli oggetti che ha creato, in modo da non doverli ricostruire d'accapo e quindi evitare di sprecare tempo e risorse che invece potrebbe dedicare a costruire un nuovo bene di capitale: una lancia in grado di facilitargli il compito di raccogliere le noci di cocco dagli alberi. La struttura temporale influenzerà tutti i fattori appena elencati, indicando il momento in cui dovrà risparmiare (Es. costruire un nuovo bene di capitale) e il momento in cui poter consumare le riserve messe da parte (Es. giorni di malattia, infortuni, voglia di maggior tempo libero, manutenzione dei beni di capitale, ecc.).

Ma questa struttura può essere influenzata da manipolazioni esterne che ne deviano artificialmente il corso.



I PASTI GRATIS SONO UN'ILLUSIONE POTENTE

Nell'ambiente sopra descritto finora, il nostro naufrago è riuscito ad adattarsi alla vita dell'isola deserta attraverso l'ingegno e la possibilità di poter contare su una serie di accorgimenti economici che gli hanno permesso di scalare la varietà di desideri che man mano si palesavano nella sua mente. La loro soddisfazione progressiva ha consentito al malcapitato di imbastire una vita basata su un benessere crescente, dettato dal risparmio e dall'investimento. Nonché dal dosaggio di tempo libero e di monitorazione e manutenzione degli oggetti creati. Sebbene abbiamo ipotizzato che tutte le sue scelte siano andate a buon fine, nella vita reale sappiamo che non sempre le cose finiscono così. Talvolta è possibile fare la scelta sbagliata e subirne le conseguenze. Ovviamente sarà la singola persona che le subirà e non l'intera società, o almeno in minima parte poiché sarà privata di un elemento produttivo, ma questo problema è di natura temporanea perché la rotazione economica sostituisce quelle nicchie di mercato rimaste vuote. In questi casi esiste il calcolo economico che gli imprenditori tengono in altissimo conto, il quale li aiuta, attraverso segnali di mercato genuini, a direzionare la produzione. Il margine di errore, quindi, viene ridotto considerevolmente. Ma cosa succede quando questi segnali non sono "genuini"? Cosa succede quando vengono influenzati artificialmente da effetti esterni?

Immaginiamo che un giorno, al largo dell'isola, naufraghi un'altra nave. Purtroppo per il nostro protagonista stavolta di sopravvissuti non ce ne sono, ma quello che nota subito è che le onde del mare portano a riva, ogni tot. di tempo, vettovaglie fuoriuscite dalla nave affondata. Potete immaginare la felicità del nostro naufrago, perché improvvisamente si ritrova tra le mani risorse che prima non esistevano e sono lì consumabili direttamente. All'inizio, dopo le sfortune passate fino a quel momento, pensa subito a ringraziare il cielo e a mettere da parte le varie cibarie che riesce a raccattare. Finlamente il mare crudele aveva ripagato il suo debito che aveva con lui. All'improvviso ha potuto saltare i vari passaggi di produzione che lo avrebbero condotto a creare, anche sull'isola, cibi più raffinati di quelli che avrebbe trovato disponibili per il consumo in natura o che richiedevano solo una trasformazione (Es. cotti) per essere consumati. Cibi in scatola, cibi in busta, cibi in barattoli e altre meraviglie culinarie del mondo civilizzato. E infine, meraviglia delle meraviglie, un apriscatole!

In questo modo il lavoro diviene una componente superflua nella sua struttura di produzione, poiché adesso è in grado di creare dal nulla l'occorrente per sopravvivere. Non solo, ma può aumentare di consueguenza la disutilità del lavoro consumando parecchio tempo libero e deliziando il palato con le varie leccornie che il mare gli consegna. Sembra proprio la soluzione a tutti i suoi problemi, o perlomeno è quello che si vede, ma cos'è che non si vede? Innanzitutto il nostro naufrago sta prendendo in prestito tempo e risparmi dal futuro per consumarli nel presente. Tralasciando il lavoro di raccolta del cibo sull'isola ha abbandonato una struttura di produzione consolidata da una solida base di risparmi e un flusso di reddito costante, si è assuefatto ad una struttura di produzione presumibilmente superiore che non è fondata su alcun risparmio e su un flusso di reddito finito e incontrollabile da parte del naufrago. I risparmi reali (Es. le noci di cocco) vengono erosi dal consumo presente o vengono mangiati dalla produzione insostenibile (Es. le vettovaglie che fuoriescono dalla nave affondata fanno "dimenticare" al naufrago di avere una pila di noci di cocco, le quali col tempo finiscono per marcire). Non solo, ma l'utilizzo di nuovi beni di capitale (Es. apriscatole) per consumare i nuovi beni di consumo servono esclusivamente per quel tipo di beni di consumo, sull'isola non saprebbe che farsene in condizioni "normali". In questo modo la mancata manutenzione dei vecchi" beni di capitale, li condanna ad una inesorabile rovina.

Possibile che il nostro naufrago non sappia che una struttura simile sia insostenibile nel lungo periodo data l'origine di tali beni di consumo? Certo che lo sa. Quello che non sa è quando terminerà. Invogliato dalla spinta umana di voler vivere al massimo col minimo sforzo, egli si lascerà trasportare dalla corrente euforica di questa provvidenziale manna dal cielo, tralasciando progressivamente il duro lavoro che fino a qual momento aveva scandito la sua esistenza. Abbagliato e illuso progressivamente da questa cornucopia giornaliera, egli si lascia alle spalle o trascura quei compiti che fino a quel momento lo avevano portato, con una certa fatica, a scalare la ripida parete delle necessità umane. Preferisce, quindi, consumare oggi invece che domani.

La sconsideratezza di questa scelta viene a palesarsi una volta che il flusso di questi beni di consumo inizia dapprima a rallentare, e infine scompare. In questo preciso istante il nostro naufrago deve fare i conti con la realtà: la sua fame non può essere più saziata da quella manna che giornalmente aveva allietato la sua vita, poiché è esaurita. In questo modo egli comprende che rivolgersi al suo cumulo di "risparmi" è pressoché inutile perché o in parte li ha consumati o in parte sono marciti. E, in ultima istanza, i beni di capitale da lui costruiti sono andati in rovini a causa della mancata manutenzione, e quelli acquisiti durante il periodo euforico sono praticamente inutili. Il nostro naufrago dovrà mettersi l'anima in pace e ricominciare da zero.



CONCLUSIONE

Le politiche interventiste dello stato non sono un rimedio per i periodi di crisi, esse deviano risorse preziose da coloro in grado di metterle a frutto meglio, verso coloro che le sprecano. I burocrati non potranno mai sapere quale potrà essere un investimento in accordo con le forze di mercato. Essi non creano risorse, le prendono. Non hanno idea da dove siano venute. Perché? Perché sono orientati al presente. Non sono come i produttori, i quali sono orientati al futuro. Prendono in prestito denaro nel breve termine e spendono nel lungo termine. Questo presuppone un costante bisogno di risorse. Ciò significa più regole. Ciò significa più burocrazia. Ciò significa più spese e più tasse.

Il disincentivo al risparmio emerge come conseguenza a questi comportamenti truffaldini e insostenibili. Gli individui vengono privati dei loro desideri e delle loro risorse per sostenere un apparato parassitario e inutile. L'inflazione della banca centrale spinge artificialmente in basso i tassi di interesse, aumentando di conseguenza il costo di opportunità di mantenere in banca i propri risparmi. Il welfare state insegna agli individui a non preoccuparsi del futuro. Le scuole pubbliche, infine, chiudono la scena affermando che al futuro ci penserà lo stato.

In ogni aspetto della nostra vita, lo stato è il propagatore di un comportamento irresponsabile. L'illusione dello stato salvatore è una delle illusioni più potenti che esistano al giorno d'oggi. Roosevelt la inventò. Keynes la predicò. La gilda accademica l'ha custodita per tutti questi anni. Ma la sua plausibilità si sta incrinando: passività dello stato non finanziate. Uno di questi giorni andrà in frantumi, e per coloro che si faranno trovare impreparati sarà un duro rinsavimento.


16 commenti:

  1. Ottimo Francesco.

    Purtroppo, siamo circondati. Da parassiti, da carcerieri, ma soprattutto da ciechi ed accecati.

    Solo pochissimi hanno compreso o stanno comprendendo che stiamo per vivere sulla nostra pelle, in modo indimenticabile, gli esiti (per noi "Austriaci" altamente prevedibili) di esperimenti politico-finanziari via via più economicamente folli ed irrazionali.

    Proviamo a pensare ad un prossimo scenario di ulteriore e contemporanea presenza di crescente e sempre più diffusa inflazione dei prezzi e di crescente ma irreversibile deflazione monetaria nelle tasche (oops, nei conti elettronici) della stragrande maggioranza degli individui...
    Cioè, la realizzazione del più grande trasferimento di ricchezza dal basso verso l'alto e di miseria dall'alto verso il basso.
    Ma non ne comprenderà il motivo praticamente nessuno.

    Nella pratica, il risultato sarà dolorosissimo e porterà all'autoritarismo palese.
    Verrà venduta, ancora una volta, l'illusione della sicurezza, ma stavolta sicurezza solo nel breve termine, che quella nel lungo farà parte dei sogni. L'incubo peggiore, la perdita della vera libertà, si sta realizzando e si realizzerà col plauso di molti, nell'ignava rassegnazione dei più.
    Non facciamoci altre illusioni. Sarà difficilissimo anche solo provare ad essere antifragili.

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    1. Sono pessimista perché consapevole che la mentalità diffusa e coltivata dal sistema è quella della soluzione politica. Più della stessa cosa. Che in politica interventista significa: come te movi te furmino!!!

      P.S.: Francesco e Gdb leggete il mio ultimo commento all'articolo di Gdb sulla deflazione. Che ne pensate?

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    2. fatto: corretto e puntuale. qui siamo in italia, non scordiamolo. e gli italiani devono diventare piu poveri. perche hanno troppo debito (pubblico e privato); e per che sono politicamente nulli e terra di conquista. la deflazione monetaria inj italia è quello che si vuole. lo ha chiarito monti rivendicando la distruzione della domanda interna (per arrestare il progressivo indebitamento con l "estero" europeo). lo ha chiarito quando ha rivendicato il maggior suceesso dell euro: la grecia. in termini macro questo ha una sua logica. in termini micro, gli agnelli sono sacrificati ai lupui. ma quel che accade al micro ritorna poi al macro come un boomerang. i lupi non avranno piu cibo.

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  2. confermo che francesco sta invecchiando. la sua saggezza popolare aumenta di ora in ora. la barba fa i suoi effetti, ed anche la frequentazione di quel vecchietto di dna. in tutto cio, non va scordato che, se non erro, l europa esposta più di quanto importa.

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    1. http://www.farwest.it/FOTOxSITO5/2012/08/ZZ170A268A.jpg

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    2. hahaha, favoloso! il nonno di dinamite bla!

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  3. Ciao a tutti

    L'altro giorno si provava ad immaginare il futuro. Che ha spesso molto a che fare con le illusioni e le delusioni.
    A LosAngeles si è tenuta la undicesima edizione del design challenge. Tema di questa: sentire il futuro nel 2029.
    Qui qualche proposta.
    http://www.gizmag.com/la-auto-show-design-challenge-2014/34877/pictures#5
    Connessione completa tra il cervello ed il veicolo multiruolo.
    Tracciabilita' totale?
    Già negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso si immaginavano auto volanti.
    Come per ogni realizzazione umana avremo due possibilità a seconda del prevalere di una o l'altra delle componenti della nostra natura. Spero solo che l'individualismo metodologico non venga manipolato al punto di farne il fondamento del relativismo totale. Bene e male non sono relativi. Sono apriori.

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    1. Tra l'altro, le illusioni sono componenti esse stesse dell'uomo. Anche la tecnologia può essere fonte di illusioni.
      Ma vi mostro una curiosità, tanto per gradire, anche se offtopic.
      Un aereo che vola senza carburante sfruttando la gravità ed un suo predecessore famoso. Che somiglianza!!!
      http://www.fuellessflight.com/images/c-shot1.jpg
      http://www.wingsofpeace.net/gallery/S/SM55/SM55_1.jpg

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    2. Oggi la big picture che tra micro e macro esploriamo nei commenti ve la propongo davvero big.

      http://www.wingsofpeace.net/gallery/S/SM55/SM55_1.jpg

      E ricorda tanto le connessioni si apatiche del nostro cervello... Dal macro al micro e viceversa.

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    3. http://images.gizmag.com/gallery_lrg/vlt-quasar-alignment-1.jpg

      Era questa l'immagine che volevo proporvi. Il mio piccolo cervello si è distratto...

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    4. E i pianificatori centrali vorrebbero controllare qualcosa del genere? Fantascienza. :)

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  4. "Hayek is probably right about the totalitarian-minded nature of intellectuals, but he does not see, or will not admit, that a return to ‘free’ competition means for the great mass of people a tyranny probably worse than that of the state."
    -- George Orwell

    Le istituzioni sono molto rassicuranti, sono fabbriche che producono illusioni, e appagano il bisogno di sicurezza del consumatore. È la legge del mercato che consente loro di prosperare nei secoli.

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    1. Ciao Emanuele.

      Orwell è stato l'autore di un bellissimo affresco di una società di comando in cui ogni individuo è incasellato secondo i dettami di qualche "conoscitore superiore" della natura umana. Qualcuno che è in grado, col suo solo intelletto, di guidare un'intera popolazione. E' plausibile che la società necessiti di un capo, ma la domanda è: è necessario che esso sia rappresentato in forma fisica? Il peccato di Orwell è stato quello di presumere che l'individuo si conformi passivamente ai dettami dei cosiddetti tiranni. Non è così. C'è una data che conferma questa tesi: 1989. Il suicidio dell'URSS è il massimo esempio di come un'economia di comando sia destinata a capitolare. Non può esistere e non esisterà mai un ervello umano in grado di poter incanalare in sé stesso talmente tante informazioni da poter conoscere in anticipo cosa sia giusto e bene per il resto della popolazione.

      Chi lo sa? Solo noi. Ci sono leggi oggettive in economia che non posso essere violate. Una di queste è la legge dei rendimenti decresenti. Essa ha fatto seguito a quella dei rendimenti acceleranti. La sostituzione, o il punto preciso in cui la possiamo notare, avviene nel 1913: approvazione del Federal Reserve Act, approvazione dell'imposta sul reddito, abolizione del gold coin standard. Queste tre "semplici" azioni di politica segnarono la fina di una delle crescite economiche più significative nella storia dell'essere umano. Il periodo che andò dalla seconda metà dell'ottocento fino al 1914 rappresenta un lasso di tempo in cui l'occidente ha sperimentato la crescita economica che lo ha portato alla ribalta oggi, fu in quegli anni che vennero poste le basi per il progresso tecnologico di cui stiamo godendo oggi. C'era libera competizione, non c'era dirigismo. C'era ordine, non c'era caos. Libertà non significa assenza di leggi. La legge del mercato non è la "legge della giungla". Perché l'offerta migliore vince? Perché essa migliora le condizioni fisiche e morali delle parti che si trovano a scambiare. Nessuno opererebbe alcuno scambio per trovarsi peggio. Beh, a meno che non vi sia di mezzo la violenza.

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  5. Francesco, ti ringrazio di aver risposto al mio commento. Consentimi però di lamentarmi del fatto che nel rispondermi hai scritto cose sì interessanti, come sempre, ma hai eluso l'oggetto del mio commento.

    La citazione di Orwell allude al fatto che esiste una domanda di delega verso l'alto, di rinuncia alla libertà di scelta, che è cosa spesso difficile, scomoda, foriera di responsabilità.

    Come in ogni libero mercato la domanda stimola l'offerta. Così da secoli, decine di secoli, esistono le istituzioni gerarchiche, che limitano la libertà che noi amiamo.

    Perciò mi sento meno ottimista di te, e credo ci si debba rassegnare ancora per un po' alla presenza di queste strutture inefficienti di governo. Ma solo per un po'.

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    1. Peccato che Orwell non sia vissuto abbastanza da poter leggere The Fatal Conceit. :)
      Ma al di là di ciò cercherò di indirizzarmi meglio alla tua richiesta. La cosiddetta delega di cui parliamo in questi commenti ha le sue radici in una mancanza di ubiquità della persona e della sua volontà di soddisfare desideri crescenti. Ad esempio, nei primi anni di vita degli Stati Uniti non esisteva alcun governo e l'autorità individuale era fonte di protezione della propria vota e della propria produzione. La sua arma era sia fonte di approviggionamento di cibo e vestiario, sia fonte di sicurezza. Ma ovviamente questo stile di vita poneva un limite non indifferente alla sua produzione poiché doveva dedicare parecchia parte del suo tempo a dover proteggere quello che produceva. E questo tempo aumentava se in qualche modo fosse riuscito ad aumentare la sua produzione. Sebbene le ronde temporanee potessero sopperire a questo dilemma, la neonata società conobbe preso la figura dello sceriffo che dedicando il suo tempo totale alla difesa della comunità, non avrebbe potuto produrre nulla quindi sarebbe stato mantenuto dalla comunità. E questo il motivo per cui il governo non produce nulla: esso si occupa solo della protezione.

      Il governo è nato, infatti, dalla necessità degli individui di voler godere della propria proprietà e della propria vita. Tale istituzione è nata dalla società poiché era una necessità della società. E' nata dal volontarismo, come sottolineava anche Albert Jay Nock. Il problema si è posto quando la ricchezza accumulata ha iniziato a farsi consistente. E' in questo momento che nasce lo stato, invece, il monopolio della violenza su un territorio per sfruttare a proprio favore le risorse presenti in un determinato territorio. Esso è nato dalla plausibilità dei concetti con cui è stato propagandato, così come la banca centrale, ad esempio, è nata dalla plausibilità di stabilità finanziaria raggiungibile attraverso una presunta "preveggenza" di alcuni individui. La delega, quindi, non è un malum in se, lo è invece cedere a quel tratto umano di voler massimizzare la propria condizione col minimo sforzo.

      Gli individui, al giorno d'oggi, sono stati catturati da un grande schema di Ponzi che infine chiederà il suo pedaggio. Si spera che quando terminerà (perché terminerà) essi imparino una lezione: non prestare denaro ad un'entità truffatrice. Come posiamo leggere in Omnipotent Government: "Durable peace is only possible under perfect capitalism, hitherto never and nowhere completely tried or achieved. In such a Jeffersonian world of unhampered market economy the scope of government activities is limited to the protection of the lives, health, and property of individuals against violent or fraudulent aggression. The laws, the administration, and the courts treat natives and foreigners alike. No international conflicts can arise: there are no economic causes of war."

      Una volta scottati, possiamo imparare dai nostri errori. Come? Con la stessa veemenza con cui i tedeschi ostacolano oggigiorno qualsiasi tentativo sconclusionato di inflazionismo propagandato da Francia e Italia.

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  6. La piu' grande illusione?
    La liberta'.

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