di David Stockman
E' ufficiale: ormai la narrativa mainstream riguardo i fatti attuali della vita economica è impazzita. L'ennesimo segno di squilibrio mentale lo ritroviamo questa mattina in un pezzo del Wall Street Journal sull'imminente triplo fondo dell'Europa. Sembra che l'intoppo che affligge il continente sia rappresentato da prezzi al consumo insufficientemente esuberanti:
I timori di una pericolosa bassa inflazione e una crescita debole continuano a pesare sui mercati, con i titoli europei che si schiantano e una fuga verso i titoli di stato tedeschi, i quali fanno segnare un altro record.
Che c'è di così "pericoloso" in un periodo temporaneo di stabilità dei prezzi al consumo e stipendi che conservano il loro potere d'acquisto? La risposta è: assolutamente nulla; ma i giornalisti di oggi sono così pigri e servili che si limitano semplicemente a copiare e incollare le panacee erogate dalle case da gioco del mercato finanziario e dai burocrati.
Infatti chiunque non sia rimasto in letargo negli ultimi 45 anni, non si torcerebbe le mani per una inflazione sommessa. Prezzi quasi stabili sono la grande eccezione. La tregua temporanea dal deprezzamento cronico del nostro denaro è una manna dal cielo; ci ricorda che prima dell'età moderna del settore bancario centrale, il presunto "pericolo" di prezzi stabili era considerato la norma.
Al contrario, il grafico seguente mostra quanto è successo al potere d'acquisto dei salari europei sin dal 1970. Sul grafico ci sono solo brevi intervalli, difficilmente rilevabili, in cui i prezzi o facevano brevi scatti verso l'alto o calavano di poco. Complessivamente, i prezzi al consumo sono aumentati dell'11X nel corso degli ultimi 45 anni. Detto in modo diverso, la maggior parte degli europei al di fuori della Germania ha sperimentato un calo del 90% nel potere d'acquisto durante la fase post-Bretton Woods della cosiddetta gestione monetaria illuminata.
In tempi più recenti, dopo la nascita della moneta comune negli anni '90, la storia è simile. L'inflazione al consumo è stata costantemente bloccata tra l'1.5% e il 2.5%, tranne per brevi intervalli alla fine del 1990, tra il 2008-2009 e il presente, in cui l'indice dei prezzi al consumo è andato alla deriva verso lo zero o più sotto. Sì, in tutti e tre questi periodi o i prezzi mondiali del petrolio sono calati o l'Euro stava guadagnando forza.
In breve, in Europa non c'è possibilità di un problema endemico legato alla "deflazione". Infatti, come mostrato di seguito, la spesa al consumo delle famiglie nell'area Euro-17 è nettamente calata dopo la crisi finanziaria. E' salita ad un CAGR del 3.8% durante il 1995-2007, ma è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al picco pre-crisi 2007.
Ora non date la colpa ad un crollo dell'inflazione. Quando le oscillazioni guidate dal petrolio e dalle valute si estendono su un periodo di tempo ragionevole, il tasso di aumento dei prezzi al consumo è più o meno uguale. Il CAGR per il periodo 1995-2007 è 1.9%, e la media degli ultimi sette anni è di circa 1.8%.
In breve, non vi è praticamente alcuna correlazione tra il grafico di seguito sulla spesa al consumo reale nell'area Euro-17 e l'oscillazione minore nell'l'indice dei prezzi al consumo mostrata sopra. I consumatori spendono di più in prodotti petroliferi e meno su altre cose quando i prezzi mondiali del petrolio sono in subbuglio; e viceversa quando il mercato mondiale del petrolio passa attraverso un periodo d'estasi. I cali di prezzo di breve termine del petrolio sono buoni per le compagnie aeree, gli hotel e i ristoranti — proprio come hanno l'effetto opposto e causano una riallocazione delle priorità di spesa delle famiglie durante i loro rialzi. Ma il conseguente impatto modesto e fugace sull'indice ICP, non ha nulla a che fare con gli ingredienti fondamentali della crescita economica.
Lo spauracchio della deflazione è in realtà neolingua keynesiana che sta per "ristagno economico" e "domanda aggregata" insufficiente. Nella loro saggezza, gli economisti keynesiani postulano che le economie hanno un tasso naturale di crescita, diciamo del 3%, e che, quando l'espansione del PIL scende al di sotto di tale tasso, significa che una cosa magica chiamata "domanda aggregata" debba essere stimolata. Naturalmente è compito della stampante monetaria dello stato compensare l'allontanamento dal PIL potenziale per mezzo di uno stimolo della spesa attraverso iniezioni fiscali dirette o attraverso il canale dell'espansione del credito.
Le chiacchiere su una inflazione troppo bassa sono solo un proxy per una domanda aggregata debole e quindi una politica di maggiore "stimolo". Ma ecco un'altra cosa: la domanda aggregata è debole se la produzione è debole. L'unico modo in cui i consumi delle famiglie possono superare il tasso di produzione e la crescita dei redditi, è se i rapporti medi di leva sono in aumento, integrando in tal modo il reddito guadagnato con fondi presi in prestito o riducendo il tasso di risparmio. Come dovrebbe essere evidente ormai, aumentare il coefficiente di leva finanziaria è un buon trucco temporaneo, ma ad un certo punto i bilanci diventano saturi e il gioco finisce. L'Europa è arrivata a questo punto ormai, e anche il resto del mondo.
Invece dell'ICP, quindi, la misura migliore per i fondamentali economici è quella legata ai fattori dell'offerta (che riflettono la produzione e l'onere dell'intervento statale) e ai fattori di bilancio (che riflettono il trend dei rapporti di leva). Come mostrato di seguito, questi fondamentali, e non lo spauracchio dell'inflazione debole, spiegano perché l'Europa si sta dirigendo in una depressione a triplo fondo.
In primo luogo, la zona Euro non ha registrato alcuna crescita netta della produzione industriale sin dalla fine del secolo. Dopo il picco del prezzo del petrolio e la crisi finanziaria del 2008-2009, la produzione industriale ha stagnato al livello raggiunto prima della bolla mondiale del 2004-2008. Le ragioni sono strutturali: al di fuori della Germania i salari in Europa sono troppo alti, le leggi sindacali troppo onerose e il welfare state troppo generoso per competere con il resto del mondo. In una parola, l'Europa non cresce perché il comparto dell'offerta è compromesso. I suoi tassi di consumo reali e la crescita del PIL sono piatti perché la produzione e il reddito non sono in espansione, non perché l'inflazione è troppo tiepida.
In secondo luogo, i governi e le famiglie europee hanno esaurito il loro spazio di manovra nei rispettivi bilanci: sono saturi. Di conseguenza, le metriche del PIL non vengono più stimolate tramite il trucco di prendere in prestito dal futuro (per mezzo di rapporti di leva in aumento). Quindi le metriche di spesa keynesiane legate alla contabilità del PIL sono ancora una volta ancorate all'economia reale della produzione e dell'offerta.
Il grafico sottostante rappresenta la media ponderata dell'onere del debito pubblico/PIL nell'area Euro-17. A meno che l'intera Europa non voglia volteggiare sopra la soglia del 100%, non ha semplicemente spazio per la ricetta keynesiana "prendi in prestito e spendi" ora spacciata dalle burocrazie del FMI e di Bruxelles come l'antidoto al falso problema della "bassa inflazione".
Anche il settore delle famiglie è alla frutta. Dopo l'impennata durante i primi anni del progetto euro, i rapporti di leva si stanno sgonfiando, cioè la spesa delle famiglie è ancora una volta vincolata al livello di produzione e di reddito.
Infine va osservato che le tasse hanno il loro prezzo. Nonostante il modo eccentrico in cui l'ufficio statistico europeo presenta i suoi numeri, è evidente che il cuneo fiscale sulla produzione è in aumento.
Quindi c'è una ragione per cui l'Europa viene lasciata indietro rispetto alla crescita tiepida nel resto del mondo; e non ha ancora recuperato il livello di produzione reale del 2007. Di sicuro non perché l'ICP dell'area Euro, a causa di un euro forte, sta temporaneamente scendendo e i prezzi del petrolio stanno diminuendo (che rappresentano gran parte del rallentamento dell'inflazione): sveglia gente è colpa dell'offerta e dei bilanci!
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
"l'Europa non cresce perché il comparto dell'offerta è compromesso. I suoi tassi di consumo reali e la crescita del PIL sono piatti perché la produzione e il reddito non sono in espansione, non perché l'inflazione è troppo tiepida."
RispondiEliminaQuesta mi pare la frase chiave. La vendetta della Legge di Say.
Stockman, voce precisa e corretta, ma isolata nel calderone keynesiano.
Anche oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-06/dal-vangelo-secondo-bill-gross-attenti-deflazione-rischia-farci-pezzi-203016.shtml?uuid=ABLE84AC
Ma è lo stesso ogni giorno.
Così, mentre l'occidente (con l'eccezione particolare e parziale della Germania) continua a sostenere l'insostenibile "modello politico" di sviluppo (oramai esaurito) fondato sul truffaldino sistema fiatmoney (cioè, sul patto scellerato tra l'azzardo morale della finanza tbtf e l'azzardo morale dello statosocialismo pervasivo ed illiberale), assistiamo al risveglio dell'orso russo che si sente sempre più minacciato dal vicino ladro e traballante.
Scenario inquietante, a dir poco, ma del tutto scontato se si continua in questa direzione suicida.
Cosa ha compromesso il comparto dell'offerta in Europa?
EliminaStockman lo dice: la politica interventista che ha reso l'ambiente economico inadatto alla produzione di ricchezza. Ed in Italia siamo all'avanguardia da questo punto di vista. E continuiamo imperterriti in questa direzione.
L'Italia economica è morta. Il cadavere sembra, da lontano, muoversi solo perché pullula di parassiti che lo stanno disfacendo completamente. In alcune parti, infatti, si vede già lo scheletro civile, ma presto verrà polverizzato anch'esso. Coram populo parassitorum.
Ciao Dna.
EliminaIl calderone keynesiano ancora oggi presenta molti adepti. Bill Gross, a quanto dice, è uno di essi. Oggi mi è stata fornita l'ennesima prova della disonestà intellettuale di quella latrina intelettuale a cielo aperto nota come Keynes Blog, la quale, con ignoranza, tenta di ribaltare la nota evidenza che la seconda metà del XIX fu un periodo di grande espansione per l'occidente e gli USA in particolare. Come ci si poteva attendere la depressione del 1920-21 viene ignorata, saltando direttamente ad elucubrazioni sulla Grande Depressione. Ma va bene così. "Prendiamo per buone" tutte le affermazioni finora fatte e concentriamoci su una frase.
>"Insomma, prima di prendere per buoni i dati economici di un periodo in cui le statistiche erano poche, frammentarie e condotte senza precise basi scientifiche, servirebbe una dose di prudenza in più."
Teniamo in considerazione il decennio 1953-1963 negli USA.
In questo lasso di tempo non solo la crescita economica reale ha raggiunto il 4.0% annuo, ma è accaduto in un periodo in cui i deficit erano quasi nulli e il tasso di inflazione era dell'1.2% (rispetto al target inventato di oggi del 2%). Eppure nessuno all'epoca osava chiamarla deflazione. Nessunio si strappava i capelli che il potere d'acquisto del dollaro non stesse calando abbastanza in fretta. Invece era chiamata per quello che era: economia (relativamente) sana in cui si investiva nella formazione dei capitali e non per fare front-running alla banca centrale.
http://research.stlouisfed.org/fred2/graph/fredgraph.png?g=QsH
Anche perché mi piacerebbe sentire la giustificazione di chi vede la minaccia deflazionistica mentre osserva questo grafico sull'indice dei prezzi al consumo: http://research.stlouisfed.org/fred2/graph/fredgraph.png?g=OrM
Triple dip. Noi ci siamo già dentro.
Eliminahttp://www.washingtonpost.com/blogs/wonkblog/wp/2014/08/07/italys-triple-dip-recession-has-wiped-out-all-its-growth-since-2000/
Francesco guarda le email poi cancella questo suggerimento.
Riflessione:
RispondiEliminaNel mio piccolo da incompetente certamente vorrei dire che: la deflazione fa paura perché significa secondo le teorie accreditate oggi (quelle insegnate): minor domanda, minor vendite, e quindi disoccupazione.
Da cui secondo i trattati europei l intervento forzoso della BCE per stimolare una reazione che da parte loro é unicamente di politica monetaria e pertanto é separata da altri tipi di politica e di azioni (abbassamento spesa corrente degli stati, limitazione del deficit, minori tasse alla produzione, etc........)
dall'articolo e per miei limiti non capisco se si intenda affermare con certezza che la deflazione non é un problema.
se così fosse sarebbe possibile avere un grafico di una nazione al mondo per cui in periodo di deflazione d economia e l occupazione cresce? se esiste mi sono tolto qualsiasi dubbio da ignorante. (non so economista. architetto)
Massimo Pernigotti
grazie. mi piace leggere il vostro sito
Ciao Massimo
EliminaCome ricorda benissimo gdb la deflazione ha una duplice natura in un sistema moentario fiat. (Egli stesso ha presentato un articolo esaustivo in merito a tale argomento su queste pagine, lo può trovare qui: http://johnnycloaca.blogspot.com/2014/05/contro-la-deflazione-una-prospettiva.html)
La deflazione "buona" è quella che consente una diminuzione dei prezzi a seguito di un aumento dell'offerta di beni e servizi in base ad un'offerta di moneta pressoché stabile. Il potere d'acquisto costante e/o aumentato dei soldi che si possiede in tasca permette al consumatore di acquistare più beni di prima poiché a prezzo diminuito e alle imprese di prosperare grazie ad un aumento delle vendite. Tutto ciò a parità di condizioni, ovviamente, perché ci sarebbero sempre investimenti produttivi ed investimenti improduttivi.
La deflazione "cattiva" (si prenda questo termine con le pinze), invece, è quella che scaturisce a seguito dello scoppio di una bolla e della sua sbornia da credito facile. E' una correzione inevitabile del mercato che rialloca le risorse non ancora sprecate verso quei lidi in cui sono più necessarie per una soddisfazione dei desideri più urgenti degli attori di mercato. Le politiche anticicliche delle banche centrali mirano esattamente ad impedire questo riallocamento poiché, allo stato attuale, significherebbe gravi perdite per il settore bancario comemrciale di cui sono cartello.
Tenendo sempre presente il periodo sopra citato (1953-63), possiamo notare come l'oscillazione tra persone occupate e tasso di disoccupazione fosse relativamente stabile: http://research.stlouisfed.org/fred2/graph/fredgraph.png?g=QsZ
Anche perché la sbronza da credito facile sarebbe arrivata un po' più tardi: http://research.stlouisfed.org/fred2/graph/fredgraph.png?g=Qt3
Lei quindi sostiene che la natura umana è buona mentre quella delle banche centrali non lo è?
RispondiEliminaNo, no. Spero di non essere stato frainteso. La mutevolezza della natura umana è ben nota a noi tutti. Questo articolo vuole semplicemente mettere in luce che se si alimenta il "lato oscuro" degli individui fornendo loro la capacità di poter scavalcare per un certo periodo di tempo le decisioni di altri individui, le conseguenze non tarderanno ad arrivare. Ovvero, se si fornisce la capacità ad un istituto di poter salvare dalla bancarotta quelle realtà ormai decotte perché fondate su investimenti improduttivi, non dovrà essere una sorpresa se le forze di mercato spingeranno costantemente ed esponenzialmente per un a pulizia e una eliminazione di entità artificiali tenute in vita solo dal continuo incanalamento di risorse sottratte all'economia di mercato.
EliminaCome diceva Hayek, le informazioni in possesso degli individui sono infinite affinché un gruppetto di persone possa conoscerle o addirittura prevederle. O per meglio dire, è impossibile che i vari vertici dell'UE e le varie conferenze stampa della BCE riescano a partorire una qualche soluzione ai problemi attuali senza che intacchi anche i settori privilegiati che tengono strenuamente a galla.
tutta l azione umana è causata dalla natura umana. che contiene bene, male e, piu spesso,... medio.
RispondiEliminachi analizza le cose, ne sottolinea la sostanza di cui son fatte. il punto qui non è rosseau od hobbes, il titolo è solo un titolo. è studiare gli effetti del sistema monetario attuale.
per la precisione, le bolle sono fatte dal credito endogeno, tanto il limite è stato rimosso (ma per l euro ci sta un problemino, no?). il sistema stato / banca centrale le sostiene, nutre, ricapitalizza; ne impedisce lo scoppio nella sua immediatezza. sceglie su chi spalmare le conseguenze.
sarà colpa del liberismo selvaggio o dell assenza di regole?... mah :)
per il resto, massimo, ci sta deflazione (dei prezzi in libero mercato) e deflazione (monetaria, da scoppio di bolle e rientro del credito erogato).
Gary North sarà deluso.
RispondiEliminaPerché regolamentare un ordine spontaneo? Ma è ovvio! Per il suo bene!!!
http://www.zerohedge.com/news/2014-11-10/if-you-your-internet-obama-calls-regulation-keep-internet-open
Ringrazio per la cortese risposta.
RispondiEliminaOsservo sommessamente quando segue:
la BCE a torto o a ragione ha il compito di tenere l euro con un 2% di inflazione e se raggiunge l obiettivo rispetto al suo mandato ha fatto Bingo.
Perché 2%? questo io non lo so, ma evidentemente avranno "studiato" che lasciando sforare il patto di stabilità al 3% e con un tasso di inflazione al 2% i popoli si indebitano poco poco o forse non più rispetto a prima. Forse spero credo.
E' chiaro che se mia nonna poteva acquistare nell' anno 2000 un kg di mele a 3000 mila lire e oggi a 0,80 centesimi mia nonna in quel caso ci guadagna, e può comprare dell altro, ma evidentemente rispetto alle teorie monetarie dominanti o acclarate o certificate (non saprei che espressione usare) si é accettato il fatto che da 3000 mila lire ad 80 centesimi c'é qualche passaggio di mano di meno per cui ci sono persone che ragionevolmente restano a spasso e /o l economia si contrae. perché? accetto chi dice e afferma che non è così, ma evidentemente non é ancora abbastanza.
Dunque se compito dei governi della politica degli stati é il lavoro e l occupazione (noi in costituzione ce l abbiamo al primo punto come sogno da attuare) chi fa politica ed é un ignorante come me, per esempio, si rivolge agli economisti dell università e ai premi Nobel, i quali danno una ricetta, la quale contiene il fatto che per avere occupazione il contadino non può vendere il prodotto al fruttivendolo, ma sono necessari altri 2 passaggi e un po di tasse altrimenti non crei il walfere............allora mi viene da pensare che nelle università e rispetto gli economisti interpellati esiste un problema.
Perché il mondo politico alla fine da delle risposte in base a dati che arrivano dal centri di studio i quali avranno in qualche modo certificato che il 2% di inflazione é la cosa migliore da perseguire per noi e per cui sul trattato di Mastrich ve lo hanno scritto.
Però anche ammettendo che sia un problema la deflazione o un non problema, resta il fatto che con le attuali regole imposte io e Lei possiamo sfornare un grafico per cui il PIL di Germania e Francia e UK e Canada (con sistemi simili) salgono mentre il nostro scende e cola a picco.
Allora mi viene in mente che al di là della politica monetaria esista un problema di debito sociale o pubblico che non ha nulla a che vedere con la moneta (politica monetaria attuale) ma unicamente con il nostro standard di vita e con i nostri saldi dare avere. spendi e prendi. e per cui poi paghiamo 80 miliardi anno di interessi, che tra l altro non é neppure tantissimo...........rispetto al debito. o sbaglio?
In questo caso mi pare che la moneta o la politica monetaria sia l ultimo dei problemi, e che tra tutte le soluzioni proposte e proponibile quella della BCE sia la più morigerata possibile rispetto a teorie veramente Keynesiane o MMT-
Anche perché la politica Keynesiana di spesa mi pare che non la faccia la BCE che emette moneta al passivo solo con lo scopo di mantenere l inflazione al 2%, ma la spesa la fa il nostro stato. creando ogni hanno un debito sempre maggiore.
E mi pare che tra l altro non lo faccia con spese in conto capitale ( infrastrutture) come credo di aver studiato avrebbe voluto il Sig. keynes che é stato usato come pietra filosofale a livello mondiale, ma unicamente o quasi maggiorando le spese correnti. ovvero le spese degli apparati pubblici
Sbaglio qualcosa? ho le idee confuse?
Massimo Pernigotti
Ciao Massimo.
EliminaSebbene in linea di massima possiamo essere d'accordo sul discorso generale, ci sono alcuni appunti che vorrei portare alla sua attenzione. Inizio col dire che bisogna prima specificare di quale inflazione si sta parlando. Lei sta parlando dell'inflazione monetaria o sta parlando dell'inflazione dei prezzi? La prima oscilla paurosamente e nel range del 2% c'è stata per poco (se non pochissimo) tempo; la secondo è sottostimata. Quello del target dell'inflazione al 2% è una sciocca (perché nella realtà impossibile da rispettare) regola che i banchieri centrali hanno adottato per mimare la crescita dell'offerta di denaro quando il denaro fiat era ancorato all'oro. Può trovare maggiori dettagli qui: http://johnnycloaca.blogspot.it/2012/02/linflazione-bersaglio-sfonda-il-muro.html
In secondo luogo, è indubbio che la politica monetaria della BCE sia risultata quella più conservativa rispetto a quelle delle altre banche centrali del mondo. E' indubbio, inoltre, la sconsideratezza e l'irresponsabilità, nonché la noncuranza, delle azioni politiche del governo italiano (ovvero, + spesa e + tasse). Ma questo è quello che si vede, il buon economista deve essere colui il quale è in grado di saper individuare anche quello che non si vede. Chiediamoci quindi: cosa non si vede? Sebbene la BCE sia riuscita a restringere la sua base monetaria sin da ora, ciò è stato possibile grazie alla generosità della FED che attraverso il suo QE ha sovvenzionato le banche europee e anche grazie al BoJ che attraverso la sua banzainomics ha supportato il mercato obbligazionario statale europeo. Ora che la FED si è chiamata temporaneamente fuori e che la BCE sta riflettendo sulla possibilità di implementare un "vero e proprio" QE, la BoJ ha fatto double down sulla sua follia raddoppiando la quantità di yen stampata. La concertazione delle banche centrali mondiali è il cosiddetto new normal affinché la baracca possa essere tenuta in piedi... almeno per il momento.
In terzo luogo, il PIL non è una statistica attendibile quando si parla di crescita economica: http://johnnycloaca.blogspot.it/2014/08/la-recesssione-incombente.html