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di Frank Shostak
La Federal Reserve può continuare a stimolare l'economia degli Stati Uniti perché l'inflazione è una minaccia incombente, questo è quanto ha detto il presidente della Federal Reserve Bank di Minneapolis, Kocherlakota. "Mi aspetto un tasso di inflazione al di sotto del 2% nei prossimi quattro anni, fino al 2018. Ciò significa che c'è più spazio per una politica monetaria allentata in modo da stimolare la domanda senza incappare nell'insidia di generare troppa inflazione."
Il tasso annuo di crescita dei prezzi al consumo (ICP) si è attestato all'1.7% ad agosto, rispetto al 2% di luglio. Secondo la nostra stima, il tasso annuale di crescita dell'ICP potrebbe chiudere all'1.4% a dicembre. Entro dicembre del prossimo anno prevediamo un tasso annuo di crescita dello 0.6%.
La Domanda Crea Più Offerta?
Il presidente della FED di Minneapolis sostiene che un aumento della domanda di beni e servizi mediante un pompaggio monetario aggiuntivo, possa rafforzare la crescita economica. Ritiene che attraverso il rafforzamento della domanda di beni e servizi, la loro produzione subirà un netto miglioramento. Ma perché?
Se per mezzo di un pompaggio monetario si può rafforzare la crescita economica, allora ciò implica che per mezzo del pompaggio monetario è possibile creare ricchezza reale e generare una prosperità economica eterna.
Ciò significherebbe anche che la povertà in tutto il mondo sarebbe dovuta sparire molto tempo fa, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei paesi ha banche centrali che possiedono l'abilità di pompare denaro. Eppure la povertà nel mondo persiste ancora.
Nonostante il massiccio pompaggio monetario sin dal 2008 e il tasso di interesse intorno allo zero, i responsabili della FED sembrano infelici della cosiddetta ripresa economica. Si noti che il bilancio della FED, che si attestava a $0.86 bilioni nel gennaio 2007, è salito a $4.4 bilioni a settembre di quest'anno – un pompaggio monetario di quasi $4 bilioni.
La Produzione Precede la Domanda
Suggeriamo che non esiste una categoria indipendente chiamata domanda. Prima che un individuo possa esercitare la sua domanda per beni e servizi, lui/lei deve produrre altri beni e servizi utili. Una volta che questi beni e servizi vengono prodotti, gli individui possono esercitare la loro domanda per i prodotti che desiderano. Questo risultato è ottenuto attraverso lo scambio tra cose prodotte e denaro, che a sua volta può essere scambiato per altri beni. Si noti che il denaro serve come mezzo di scambio – non produce assolutamente nulla. Permette lo scambio di qualcosa con qualcos'altro. Qualsiasi politica che si traduce in pompaggio monetario, porta ad uno scambio di niente per qualcosa. Ciò equivale ad un indebolimento del bacino della ricchezza reale – e quindi prospettive ridotte per l'espansione di questo bacino.
Per stimolare la crescita economica – la produzione di ricchezza reale – è necessario rimuovere tutti quei fattori che indeboliscono il processo di generazione di ricchezza. Uno dei principali fattori negativi che indeboliscono la generazione di ricchezza reale è la politica monetaria espansiva della banca centrale, la quale aumenta la domanda senza una previa produzione di ricchezza. (Una volta che viene arrestata la creazione di denaro dal "nulla", si ferma la deviazione di risorse dai produttori di ricchezza reale verso attività non produttive. Ciò lascia più finanziamenti reali nelle mani dei produttori di ricchezza – consentendo loro di rafforzare il processo di generazione di ricchezza, cioè permette loro di far crescere l'economia.)
La Domanda Stimolata Artificialmente Distrugge la Ricchezza
Il rafforzamento artificiale della domanda mediante il pompaggio monetario, porta alla deplezione del bacino della ricchezza reale. Significa aumentare il numero di individui che attingono dal bacino della ricchezza reale senza che essi aggiungano nulla in cambio – un impoverimento economico.
Più a lungo dura la politica allentata della FED, più diventa difficile per i produttori di ricchezza creare ricchezza reale e impedire un restringimento del bacino della ricchezza reale.
Infine, il fatto che il tasso annuale di crescita dell'ICP sia in declino non significa che il pompaggio monetario della FED sarà innocuo. Indipendentemente dall'inflazione dei prezzi, il pompaggio monetario rappresenta uno scambio di niente per qualcosa (cioè, un impoverimento economico).
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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di David Howden
Le autorità monetarie centrali godono di una posizione privilegiata nel sistema monetario. Le persone tendono a considerare gli economisti e i politici in queste istituzioni come dei semidei; individui che se in possesso di abbastanza risorse, possono garantire che l'economia continui su un sentiero di costante progresso economico. Tuttavia, a differenza dei semidei greci di un tempo, i banchieri centrali di oggi sono comuni mortali che devono lavorare entro i confini e i vincoli dell'istituzione che dirigono.
Mentre sfoderano un'aura di invincibilità, la verità è che l'efficacia delle loro politiche ha dei limiti severi.
Di norma una banca centrale persegue l'obiettivo della stabilità dei prezzi regolando l'offerta di moneta per alterare indirettamente il tasso di sconto, rendendo, di conseguenza, i prestiti più o meno attraenti. La recente crisi richiama l'attenzione su una funzione secondaria di queste banche — vale a dire, come prestatori di ultima istanza.
Dopo il crollo della Lehman Brothers nel settembre 2008, le banche centrali di tutto il mondo sono intervenute in uno sforzo congiunto per scambiare asset deteriorati e illiquidi del settore bancario privato con debito pubblico di qualità superiore. Mentre questo processo procede senza ostacoli nelle sue fasi iniziali, le banche centrali si ritrovano ben presto con un bilancio in carenza di debito di qualità superiore da scambiare. L'unico strumento rimasto loro per combattere la crisi di liquidità è stata un'espansione quantitativa — aumentare l'offerta di moneta e quindi mettere nuova liquidità a disposizione del sistema bancario per ripianare le sue passività.
Grazie a questa espansione qualitativa, le banche centrali sono state in grado di salvare i sistemi bancari interni che erano pesantemente indebitati in valuta nazionale. Tuttavia altre economie che facevano affidamento su finanziamenti esteri non sono state altrettanto fortunate. L'insolvenza della Banca Centrale d'Islanda alla fine dell'anno scorso, ha sollevato la questione; diverse banche centrali sono ancora a rischio.
Le banche centrali che sono solo in grado di gonfiare l'offerta di moneta nella propria valuta nazionale, devono affrontare sfide significative quando si trovano di fronte a sistemi bancari fortemente indebitati in passività monetarie denominate in valuta estera. Come ha dimostrato il recente esempio islandese, la possibilità di insolvenza della banca centrale crea l'opportunità di riformare veramente il sistema bancario.
Quando le Banche Centrali Vanno in Bancarotta
Murray Rothbard, nel suo libro The Case Against the Fed, sostiene che un settore bancario privato e libero è disciplinato dalla minaccia di una corsa agli sportelli, cosa che impedisce un accumulo eccessivo di passivi rispetto agli attivi. Un sistema a riserva frazionaria non è sottoposto a tale vincolo. Il denaro fiat concede all'autorità monetaria centrale un vantaggio fondamentale: i propri passivi — in primo luogo la base monetaria — non saranno mai riscattati in qualcosa di diverso dalle stesse unità nominali in cui sono denominati.
Guido Hülsmann spiega questa particolarità con la sterlina britannica:
Fino al 1914, e poi tra il 1925 e il 1931, la Banca d'Inghilterra redimeva le sue banconote da £20 in una quantità di oro che fu chiamata "la somma di £20". Oggi redime queste banconote in altre banconote dello stesso tipo. Il punto è che in passato l'espressione "la somma di £20" aveva un significato giuridico diverso da quello che ha oggi. All'epoca dava accesso a circa cinque once d'oro. Oggi significa qualcosa di diverso. La sospensione dei pagamenti ha trasformato l'espressione "la somma di £20" in una tautologia autoreferenziale — ora corrisponde a £20 banconote di carta.[1]
Il risultato è che i passivi possono essere ritirati gonfiando l'offerta di moneta, e non attraverso il sacrificio di risparmi reali. La capacità della banca centrale di svalutare i passivi nazionali attraverso l'inflazione monetaria, ha dato luogo alla sua funzione spesso citata come prestatore di ultima istanza. Di conseguenza se le banche si trovassero di fronte ad una crisi di liquidità, gli imprenditori presumono che la banca centrale sia in grado di muoversi in fretta per espandere l'offerta di moneta e scongiurare una crisi.
Oggi i mercati monetari globali hanno assunto un tono più riservato, poiché la turbolenza economica ha fatto in modo che molte istituzioni finanziarie sperimentassero un problema di liquidità. Molte banche centrali hanno quindi assunto il ruolo di market maker in modo da garantire che la liquidità rimanesse abbastanza alta e impedire che le aziende di fronte a suddetto problema non finissero in bancarotta.
Ignoriamo per il momento se debbano essere sostenute artificialmente quelle aziende che hanno fatto un errore imprenditoriale in passato e che ora sono di fronte all'insolvenza. La domanda davvero interessante è questa: è possibile in tutti i casi, come affermano comunemente gli imprenditori?
Di recente la FED ha sfiorato l'insolvenza poiché ha usato i propri attivi per salvare un sistema finanziario vacillante. Mentre la FED ha scambiato debito pubblico di alta qualità per debito subprime di cui era gravato il settore bancario commerciale, la banca centrale ha esaurito una grande quantità dei suoi attivi e si è avvicinata al proprio vincolo di finanziamento.
A questo punto la FED ha adottato una soluzione semplice: ha ampliato l'offerta di denaro a disposizione del settore bancario commerciale, permettendo così di ritirare i suoi passivi denominati in dollari. Dal momento che le passività erano denominate in valuta nazionale, ha potuto ritirarle espandendo semplicemente l'offerta di moneta. In questo modo la FED ha evitato una crisi di liquidità senza difficoltà significative (lasciando da parte i danni nascosti associati a tutte le espansioni di denaro).
Un Problema Globale
Che cosa succede se un sistema bancario non è gravato da debito denominato in valuta nazionale, ma piuttosto da debito denominato in una valuta estera?
In questo caso l'autorità monetaria centrale è limitata nel suo ruolo di prestatore di ultima istanza. Può emanare modifiche normative che interessano obblighi di riserva, coefficienti di adeguatezza patrimoniale, ecc. Può perseguire operazioni di mercato aperto con le sue attività di bilancio per compensare le operazioni. In alternativa, può gonfiare la propria offerta di moneta. I suoi attivi posseduti in passività estere diventano il fulcro per conservare la solvibilità del sistema bancario in questione.
Quando la liquidità globale è seriamente ristretta, le economie fortemente denominate in valuta estera percepiscono rapidamente dolore economico. Il sistema bancario islandese è l'esempio più recente di questo problema. La Banca Centrale d'Islanda non poteva far altro che inflazionare la corona nazionale; di conseguenza il settore bancario islandese — che era fortemente indebitato in passività estere (principalmente yen giapponesi e franchi svizzeri) — ha ceduto all'insolvenza.
Mentre la liquidità evaporava nell'autunno 2008, le istituzioni globali, abituate a rinnovare continuamente i debiti, affrontavano la sfida del doverli ripagare. Tuttavia dovevano farlo senza poter compensare contemporaneamente le loro posizioni di debito (cioè, un prolungamento delle scadenze rinnovando il debito esistente). Tali passività erano dovute in valuta estera, e così il sistema bancario islandese non è stato in grado di adempiere ai propri obblighi.
La banca centrale ha provato a ricoprire il ruolo di prestatore di ultima istanza, ma aveva poche opzioni. Mancava di asset esteri con cui finanziare il settore finanziario in difficoltà. Alla fine il sistema ha sfruttato currency swap e linee di credito da parte delle nazioni amiche per scongiurare un collasso finanziario devastante. Di conseguenza, nel XXI secolo la Banca Centrale d'Islanda è diventata la prima banca centrale di un paese sviluppato ad essere insolvente.[2]
L'Islanda aveva un rapporto debito/PIL tra il 60% e il 70% durante il picco del suo boom. Diversi paesi oggi sono caratterizzati da livelli simili, tra cui molti Paesi dell'Europa orientale — soprattutto Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Serbia — i quali devono affrontare rapporti di debito/PIL in denominazione estera superiori al 66%.
La maggior parte di questi paesi ha già ricevuto prestiti dal FMI per alleviare le pressioni causate da questi squilibri. Un nuovo scoppio di turbolenze finanziarie può aggravare il vincolo di liquidità generato da questo debito estero. Questi paesi possono divenire insolventi se i loro sistemi bancari risultano essere troppo esposti ad un debito estero troppo sottoposto a leva finanziaria.
Conclusione
Le banche centrali godono di una certa riverenza nelle discussioni sulle questioni monetarie. A loro disposizione hanno una serie apparentemente infinita di strumenti e armi pronte a correggere qualsiasi "squilibrio" di mercato che minaccia la stabilità economica. Tuttavia queste istituzioni sono tanto utili quanto gli asset che rappresentano. Le politiche monetarie espansive non possono risolvere tutti i problemi che una banca centrale deve affrontare. I Paesi i cui settori bancari sono fortemente indebitati in passività monetarie denominate in valuta estera, scopriranno alla fine che la banca centrale (che li ha attirati verso queste posizioni) è impotente.
Jésus Huerta de Soto dimostra, nella sua opera magistrale Money, Bank Credit, and Economic Cycles, che il sistema bancario attuale gode del privilegio giuridico di poter trattare i conti di deposito come se fossero prestiti. Il settore bancario centrale sostiene questo sistema a riserva frazionaria, assicurando che le banche commerciali illiquide otterranno liquidità in tempi di crisi.
La possibilità che una banca centrale vada in bancarotta supera la questione se essa stessa debba essere abolita, poiché in casi simili è come se si auto-abolisse. I sistemi fortemente indebitati in valuta estera sono particolarmente vulnerabili a questa possibilità, proprio perché le banche centrali sono solo in grado di salvare obbligazioni denominate in valuta interna.
Un noto adagio recita: "Non metterci le mani se funziona". Gli economisti hanno a lungo sostenuto che i pianificatori centrali sono necessari per garantire la stabilità economica. I loro fallimenti incombenti potrebbero finire per esporre la sterilità di questa stessa funzione.
Speriamo che una volta che queste autorità monetarie verranno riconosciute come inutili, saranno rimosse in funzione delle reali esigenze e richieste di un ordine economico prospero. Il free banking, che opera in base ai principi giuridici di una produzione privata di denaro, farà in modo che un settore bancario di dimensioni aberranti non si venga mai a creare. Né invocherà la fallacia di un'autorità monetaria centrale onnipotente sempre in guardia e pronta a salvare il capitalismo dai propri eccessi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Jörg Guido Hülsmann, The Ethics of Money Production (Auburn: Ludwig von Mises Institute, 2008), p. 162.
[2] Nei Paesi in via di sviluppo possiamo trovare esempi di banche centrali andate in bancarotta. La Reserve Bank of Zimbabwe è un esempio calzante. Di recente anche la National Bank of Tajikistan si è ritrovata ad essere insolvente. Mentre quest'ultimo caso è stato causato dalla corruzione interna piuttosto che da condizioni economiche, esistono altri casi in cui la trappola dell'insolvenza scatta anche per le banche centrali.
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di Robert P. Murphy
Alla luce dei piani di Bernanke per l'acquisto di $600 miliardi di debito pubblico a lungo termine, molti economisti accademici stanno cominciando a preoccuparsi: la Federal Reserve può diventare insolvente? In questo articolo spiegherò queste paure e sosterrò come la FED, con la sua stampante monetaria, non può fallire nel modo in cui falliscono altre società.
Tuttavia se la FED dovesse diventare insolvente da un punto di vista contabile, sempre più persone inizierebbero a rendersi conto di quanto sia nichilista il sistema a denaro fiat della nostra banca centrale. In questo senso, ulteriori cicli di "quantitative easing"[3] sono davvero rischiosi per la FED.
Lo Stato Patrimoniale di una Banca Centrale
Per capire cosa sta succedendo con la Federal Reserve nella vita reale, è più facile lavorare con un esempio semplificato. Supponiamo che il seguente sia il bilancio di una banca centrale:
Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, Initial | ||
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ASSETS | LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY | |
$1 trillion in one-year government bonds (with yield of 0.25%) | $500 billion in paper currency notes held by the public at large | |
$150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves | ||
$250 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank | ||
|
$100 billion in shareholders' equity | |
Sum: $1 trillion | Sum: $1 trillion |
Sul lato sinistro dello stato patrimoniale ci sono gli attivi della nostra ipotetica banca centrale. In particolare, la banca detiene $1 bilione (secondo l'attuale valutazione di mercato) in titoli di stato che maturano ad un anno. Il rendimento a scadenza di questi titoli è attualmente dello 0.25%.
Sul lato dei passivi, la banca centrale ha tre importanti elementi. In primo luogo ci sono $500 miliardi di pezzi di carta verdi posseduti dalla popolazione nei propri portafogli e portamonete, cassette di sicurezza, materassi.
In secondo luogo le banche commerciali in questo Paese ipotetico hanno $150 miliardi in moneta di carta immagazzinata nei loro bancomat e caveau. Quando i clienti delle banche commerciali si presentano, cercando di ritirare "contanti" dai loro conti correnti, questi $150 miliardi sono la prima linea di difesa.
In terzo luogo ci sono $250 miliardi di depositi presso la banca centrale. La banca centrale è una "banca della banca", per così dire. Proprio come Joe Smith può avere un conto corrente con Banca Acme, anche quest'ultima a sua volta può avere un conto corrente presso la banca centrale. La tabella qui sopra illustra che se si dovessero sommare tutte le voci elettroniche su quanto ogni banca commerciale ha in deposito presso la banca centrale, il totale sarebbe $250 miliardi.
E' importante rendersi conto che quest'ultima categoria di passività non corrisponde (attualmente) a moneta fisica. I $250 miliardi che Banca Acme et al. hanno in deposito presso la banca centrale, sono costituiti interamente da voci contabili elettroniche. A differenza di Banca Acme — che deve mantenere in cartamoneta parte del denaro "in riserva" al fine di soddisfare le richieste di prelievo dei clienti — la banca centrale non ha bisogno di accumulare una scorta di cartamoneta.
La ragione è molto semplice: la stampante del governo è a disposizione della banca centrale. Se, per esempio, la Banca Acme decide che vuole irrobustire le proprie dotazioni di cartamoneta, può dire alla banca centrale: "Vorremmo prelevare $1 miliardo da nostro conto con voi." In tal caso, la banca centrale sottrarrà $1 miliardo dal conto elettronico della Acme e farà sfornare al Bureau of Engraving and Printing $1 miliardo in nuove banconote.
(In questo semplice scenario — dove la Acme ha ritirato $1 miliardo dal suo conto — le passività della banca centrale cambierebbero, non nel totale, ma solamente nella composizione. Ora ci sarebbero $151 miliardi in riserve detenute come cartamoneta nei caveau delle banche, mentre ci sarebbero solo $249 miliardi in riserve elettroniche in deposito presso la banca centrale.)
Infine si noti che le tre passività raggiungono solo $900 miliardi. Poiché gli attivi della banca centrale sono $1 bilione, i restanti $100 miliardi rappresentano patrimonio netto. (E' importante ricordare che la Federal Reserve, anche se è una creatura del governo, è di proprietà di azionisti privati.) In termini di principio contabile, tale banca centrale ipotetica è solvibile; i suoi attivi superano le passività.
Un Giro di Quantitative Easing
Ora supponiamo che il capo della nostra ipotetica banca centrale voglia far uscire la sua economia da una recessione espandendo il bilancio di $600 miliardi. Normalmente si sarebbe impegnato in "operazioni di mercato aperto" e avrebbe acquistato titoli di stato a breve termine per abbassare i tassi di interesse a breve termine.
Purtroppo per il nostro stimolatore, i tassi a breve termine sono già a livelli bassissimi. Pertanto il banchiere centrale decide di acquistare obbligazioni dal suo governo che maturano a dieci anni (anziché ad uno).
Ecco come si presenterà il bilancio dopo il giro di quantitative easing:
Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, After Q.E. | ||
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ASSETS | LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY | |
$1 trillion in one-year government bonds (with yield of 0.25%) | $500 billion in paper currency notes held by the public at large | |
$600 billion in ten-year government bonds (with yield of 2%) | $150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves | |
$250 $850 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank | ||
$100 billion in shareholders' equity | ||
Sum: $1.6 trillion | Sum: $1.6 trillion |
Come è avvenuto questo processo nell'effettivo? E' stato abbastanza semplice. La banca centrale ha firmato assegni per acquistare dal mercato secondario $600 miliardi di titoli di stato a dieci anni.
Quando i bond dealer nel settore privato depositano questi assegni nei propri conti correnti con la Banca Acme, i saldi di quest'ultima con la banca centrale aumentano di conseguenza. Nella tabella qui sopra ho mostrato il cambiamento: le passività della banca centrale sotto forma di riserve bancarie elettroniche ammontano ora a $850 miliardi — rispetto ai precedenti $250 miliardi.
A questo punto gli azionisti della banca centrale hanno ancora lo stesso patrimonio netto. Ma ora la loro impresa è più sottoposta alla leva finanziaria, in quanto il rapporto tra passività e patrimonio netto è cresciuto da 9:1 a 15:1. In un certo senso — e questa è una descrizione che molti economisti hanno utilizzato ultimamente — la banca centrale ha "preso in prestito a breve termine" al fine di "prestare a lungo termine".
Cioè, la banca centrale ha indirettamente prestato denaro a lungo termine al governo (acquistando i titoli a dieci anni), prendendo in prestito denaro "a breve termine" dal sistema bancario/popolazione.[4]
Quali che siano i presunti benefici del nostro ipotetico acquisto di asset per $600 miliardi, pongono innegabilmente la banca centrale ad un rischio maggiore.
La Banca Centrale Va in Bancarotta?
Supponiamo che l'inflazione dei prezzi inizi a salire nel nostro mondo ipotetico, quindi i tassi di interesse ad un anno saliranno all'1% mentre i rendimenti decennali salteranno all'8%. Questo fa crollare il valore di mercato del portfolio obbligazionario della banca centrale. Ora il bilancio si presenterà così:
Hypothetical Central-Bank Balance Sheet, After Interest Rates Spike | ||
---|---|---|
ASSETS | LIABILITIES + SHAREHOLDERS' EQUITY | |
$993 billion in one-year government bonds (with yield of 1%) | $500 billion in paper currency notes held by the public at large | |
$355 billion in ten-year government bonds (with yield of 8%) | $150 billion in paper currency notes held in commercial-bank vaults as reserves | |
$850 billion in commercial-bank electronic reserves on deposit with the central bank | ||
($152 billion) in shareholders' equity | ||
Sum: $1.3 trillion | Sum: $1.3 trillion |
Come illustra la tabella, il picco dei tassi di interesse fa sì che la banca centrale perda $7 miliardi sui suoi asset a breve termine, ma $245 miliardi sulle sue obbligazioni a lungo termine. Poiché si è incautamente esposta a maggiori rischi sul tasso di interesse, la nostra ipotetica banca centrale è ora tecnicamente insolvente. Cioè, le sue passività superano l'attivo di circa $152 miliardi.
A Chi Importa?
Anche se la nostra banca centrale sembra essere insolvente, cosa potrebbe ostacolare il suo funzionamento in pratica? Le passività sono denominate in denaro fiat nazionale. Se qualcuno entra in una filiale della banca centrale, tira fuori una banconota da $20 e dice: "Voglio redimerla!", il cassiere può tranquillamente rispondere: "Vuole due banconote da $10, o quattro da $5?"
Le cose si fanno più complicate per una piccola banca centrale che ha passività denominate in altre valute. Ma per quanto riguarda la Federal Reserve — con passività denominate in dollari — è difficile vedere quali ostacoli effettivi si troverebbe ad affrontare se i suoi commercialisti dovessero annunciarne improvvisamente l'insolvenza. Anche se ci fosse una "corsa agli sportelli della FED", in cui tutte le banche commerciali vogliono ritirare nello stesso giorno le loro riserve elettroniche, i banchieri centrali non dovrebbero andare nel panico: possono ordinare al Tesoro di accendere la stampante per scambiare la cartamoneta in voci su libretti degli assegni elettronici. (Questo è un trucco disponibile per i soli banchieri commerciali.)
Tuttavia, se la banca centrale dovesse diventare davvero insolvente, sarebbe una cosa scandalosa. Il governo probabilmente dovrebbe "prenderne il controllo", a meno che non voglia che la popolazione si renda conto di come il sistema sia una gigante operazione di contraffazione legalizzata.
A mio parere, è questa la preoccupazione principale dei banchieri. A loro certamente non piace che migliaia di economisti scrivano sulla possibilità che la FED vada in bancarotta, perché sempre più persone vengono portate a riflettere sulla logica del nostro folle sistema bancario.
Conclusione
Ora sarà interessante guardare il dibattito accademico sul "QE2". Sebbene siano focalizzati sulla questione della solvibilità, economisti e altri analisti si stanno lentamente rendendo conto che la "exit strategy" di Bernanke potrebbe fallire se e quando i tassi di interesse saliranno bruscamente.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[3] Dovrei evidenziare che alcuni osservatori attenti della FED, come Jeffrey Rogers Hummel, pensano che Bernanke non stia avviando un "QE2" e che non intende espandere il bilancio della FED.
[4] Specialmente se la banca centrale paga interessi alle banche commerciali affinché tengano le loro riserve ferme nei depositi (piuttosto che ritirarle in valuta); questo ragionamento ha una certa plausibilità.
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