di David Stockman
Il capitalismo finisce in grossi guai quando il prezzo degli asset finanziari diventa completamente scollegato dalla realtà economica e dal buon senso. Ciò che ne deriva è una speculazione rampante in cui i giocatori d'azzardo finanziari sbandando da un azzardo ad un altro, lasciando il sistema finanziario distorto ed instabile — il proverbiale incidente ferroviario annunciato.
Ecco dove siamo ora. Ciò diviene evidente quando si guarda all'assurda corsa del prezzo del debito sovrano europeo sin da quando l'Euro-crisi ha raggiunto il suo picco nella metà del 2012. A questo proposito, forse il Portogallo è l'archetipo. I suoi indicatori economici, fiscali e finanziari sono ancora al palo, ma i prezzi dei titoli di stato sono saliti alle stelle.
Purtroppo il recente tonfo fragoroso del suo grande gruppo finanziario (Espirito Santo Group) è un indizio che la sua economia indebitata, dipendente dalle importazioni e gestita dai cartelli, non può essere aggiustata. Nonostante le false affermazioni di Bruxelles e Lisbona secondo cui il suo piano di salvataggio gli ha concesso la "promozione", la verità è che il rischio di default incorporato nel suo debito sovrano non è stato affatto ridotto.
Al tempo della crisi 2011-2012, il governo centrale stava già scivolando rapidamente in una trappola del debito con un rapporto di poco inferiore al 100%. Il cosiddetto piano di salvataggio della nazione ha solo peggiorato le cifre del suo debito pubblico. Oggi il debito del Portogallo in rapporto al PIL è al 129% e non vi è alcun segno di una inversione di tendenza.
Ma questo non ha scoraggiato gli speculatori sul debito sovrano periferico. Dalla metà del 2012 e dal "whatever it takes" di Draghi, il prezzo del debito pubblico del Portogallo è aumentato vertiginosamente. Ciò significa che gli speculatori — sfruttando la leva finanziaria o forme analoghe di prestiti ipotecati nei mercati repo — hanno raccolto guadagni esorbitanti in rapporto alla sottile fetta di capitale presa in prestito, senza correre alcun rischio in questi carry trade.
Come mostrato di seguito, in risposta a questa campagna di acquisti obbligazionari statali indotta dalla banca centrale, negli ultimi 24 mesi il rendimento del decennale portoghese ha sperimentato un ribasso mozzafiato dal 15% al 4%. Tra le altre cose, questo miglioramento repentino nei suoi costi di finanziamento ha insegnato al governo del Portogallo una lezione pericolosa e falsa. Vale a dire: a fronte di un'insostenibile dissolutezza fiscale, tutte ciò che serve è qualche gioco di prestigio nel bilancio ed una falsa austerità. In realtà, quasi tutto il suo miglioramento fiscale è dovuto all'unica fase in cui sono stati venduti i beni dello stato, compreso il gestore aeroportuale e vari servizi pubblici.
Indipendentemente dalla qualità delle sue misure di recupero fiscale, il forte calo nel rendimento dei suoi titoli implicherebbe come minimo che il Portogallo abbia diminuito drasticamente il suo deficit di bilancio cronico. Peccato che neanche questo sia avvenuto. Il Portogallo è andato in rosso per decenni, e pur essendo più bassi del 10% (in rapporto al PIL) rispetto al loro picco nel 2010-2011, i disavanzi pubblici corrono ancora al 5% del PIL e sarà una fortuna se scenderanno nel 2014 o in qualunque altro momento.
Inutile dire che quando il PIL nominale di un paese rimane piatto, il suo deficit non genererà il 5% di produzione annua senza essere rapidamente condannato dalla pura aritmetica. La matematica fiscale funesta, infatti, è esattamente la ragione per cui le sue obbligazioni sono vendute così rapidamente e senza la massiccia distorsione dei prezzi delle obbligazioni da parte della banca centrale, il Portogallo sarebbe stato già schiacciato dai rendimenti sul suo monumentale debito pubblico.
Quello che abbiamo qui è l'opposto di un onesto price discovery, del tipo che si verifica in un libero mercato vero. Non vi è praticamente alcuna base logica per il rally nel mercato dei titoli di stato portoghesi o in quello di qualsiasi altro paese europeo. Come descritto di seguito, il tutto è un'ondata di speculazione di breve termine guidata dalla banca centrale e da un afflusso di hot money dopo l'ukase di Draghi (che può invertirsi da un momento all'altro).
Nel frattempo, il sell-side a Wall Street e Londra continua a promuovere i sottili miglioramenti, spesso transitori, come giustificazione per questo rally, ovvero, l'acquisto di obbligazioni e derivati. In realtà, i fatti tristi legati all'economia stentata e le pratiche fiscali dissolute del Portogallo non sono affatto cambiati, ma ciò non impedisce al battage del sell-side di far scoppiare tutto.
Durante i recenti trimestri, per esempio, il PIL reale del Portogallo è schizzato leggermente verso l'alto, ma la grandezza del miglioramento è ridicolmente marginale — non certo coerente con il massiccio guadagno nei prezzi delle sue obbligazioni. Così, dopo tre trimestri di guadagni capillari, il suo PIL reale nel 2° trimestre 2014 si è attestato allo 0.8%. E questi fragili guadagni, naturalmente, non hanno ancora colmato nemmeno una frazione del profondo tonfo che si è verificato nei due anni precedenti.
Infatti, nonostante tutte le chiacchiere a tamburo battente del sell-side, il PIL reale del Portogallo è ancora il 6% inferiore rispetto alla vigilia della crisi finanziaria nel 2007. In tale contesto, il rally del mercato obbligazionario nel corso degli ultimi due anni è insensibile: un lieve balzo di un trend profondamente depresso non è affatto la prova che la malconcia economia del Portogallo sia magicamente diventata sostenibile, o che la sua capacità di rimborsare i debiti sia migliorata. In breve, il rally obbligazionario non ha nulla a che fare con i fondamentali fiscali ed economici del Portogallo.
Il vero problema, naturalmente, è che tutti i settori dell'economia portoghese sono stati sepolti sotto il debito dopo il suo ingresso nella CE, e nonostante ciò il Portogallo è stato in grado di accedere a finanziamenti a buon mercato nei mercati bancari ed obbligazionari europei. Infatti, la crescita esplosiva del debito potrebbe essere etichettata come un'orgia finanziaria. Come mostrato di seguito, nei 14 anni tra il 1996 ed il 2010, ad esempio, il debito delle famiglie è aumentato di 6 volte in un periodo in cui il PIL nominale è cresciuto a meno del 2x. Anche dopo alcune modeste liquidazioni nel corso degli ultimi 4 anni, l'indebitamento delle famiglie è ancora 5 volte più grande di quanto non fosse a metà degli anni '90, ma il PIL nominale del Portogallo è in realtà declinato sin dal picco del debito nel 2010, il che significa che il coefficiente di leva finanziaria delle famiglie è messo peggio.
Lo stesso vale per il debito commerciale non finanziario, che è salito anche del 6x dopo la fine del secolo scorso. Come si vede qui sotto, non vi è stato alcun progresso nel ridurre l'enorme onere per il settore commerciale.
Oltre a ciò aggiungeteci anche il continuo aumento dell'onere del debito pubblico. Durante gli anni felici dell'orgia del debito in Europa, il Portogallo ha cercato forsennatamente di prendere in prestito denaro per trovare la sua strada verso la prosperità. Ora la sua economia è schiacciata dal conseguente fiasco di bilancio, e non ci sono segni che i suoi rapporti di leva devastanti si siano ridotti dopo il cosiddetto programma di austerità.
Anzi, tutto questo debito ha finanziato uno stile di vita del tutto insostenibile importando più beni e servizi di quelli esportati, e la differenza è stata colmata mediante debiti finanziari nei mercati europei del debito. Nel corso dei decenni che hanno portato alla crisi finanziaria, il disavanzo delle partite correnti è fluttuato tra il 6% ed il 12% del PIL — un trend sicuramente mortale.
Ancora una volta, però, la propaganda sell-side si arrampica sugli specchi quando parla di "svolta" nelle partite correnti del Portogallo. Al fine di liquidare i suoi debiti imponenti, il Portogallo avrà bisogno di grandi eccedenze commerciali negli anni a venire in modo da generare i mezzi per rimborsarli. Ma nonostante un piccolo aumento delle esportazioni, che è intrinsecamente vincolato alla condizione vacillante delle economie CE ed al rallentamento generale dell'economia mondiale, il suo livello delle importazioni finora si è mosso a malapena. Detto in altro modo, l'economia portoghese continua a vivere nel lusso, come se la sua crisi del debito non fosse mai avvenuta.
Lontana dai lievi segnali di ripresa di Wall Street, l'economia reale del Portogallo è ancora in stasi profonda. L'indice della produzione industriale, per esempio, è in calo del 5% rispetto ai livelli del 2010 e del 18% dall'inizio secolo.
Ma l'indicatore più significativo è il tasso di partecipazione alla forza lavoro in netto calo. Come mostrato nel grafico qui sotto, il terribile tonfo sin dal 2000 è ancora più grave rispetto al declino negli Stati Uniti. Il motivo è che la forza lavoro del Portogallo è migrata in massa nella rete rigonfia dello stato sociale. Come negli Stati Uniti, i miglioramenti recenti nel tasso di disoccupazione — ancora superiore al 15% — sono essenzialmente riconducibili ad una forza lavoro in contrazione.
Questo è il nocciolo della questione. Con un livello decrescente di input nel mondo lavoro e la necessità ineludibile che i salari nominali — gonfiati enormemente durante il boom del debito — calino in termini assoluti a livelli più sostenibili, il tasso di crescita dei redditi in Portogallo resterà piatto negli anni a venire (nella migliore delle circostanze), e continuerà a diminuire a fronte di un'altra recessione europea e mondiale.
Di conseguenza, non vi è alcun sollievo in vista per i suoi coefficienti di leva in tutti i settori — governo, famiglie ed imprese. In queste circostanze, un rendimento del debito sovrano al 4% è a dir poco assurdo.
La verità, quindi, è abbastanza semplice. Con il suo discorso di metà 2012, Draghi ha innescato una fuga precipitosa verso acquisti di breve termine. Ciò ha causato un afflusso di hot money — proveniente soprattutto da speculatori di Wall Street e hedge fund. Di certo queste figure sono state aiutate non poco dall'enorme liquidità rilasciata dalla FED, con gli $85 miliardi mensili di QE e la disponibilità di finanziamenti pronti contro termine essenzialmente a costo zero. Infatti, la combinazione del QE3 e del "whatever it takes" di Draghi, è stata pari ad uno squillo di tromba per i cani finanziari.
In breve, l'intento era quello di far salire sia i prezzi delle obbligazioni in euro sia il tasso di cambio Euro/USD. In effetti, tra il luglio 2012 e la primavera 2014, l'euro ha preso il volo da 120 a 140 (quasi +17%). Tutto ciò non solo ha aperto le porte ad uno tsunami di hot money nei mercati europei, ma ha anche consolidato le patetiche scuse di oggi secondo cui l'Europa soffre di un male economico che può essere risolto solo con un aumento dell'offerta monetaria — al di là della repressione finanziaria in atto oggi, tra cui i tassi di deposito negativi.
Ma non c'è deflazione strutturale in Europa — solo l'impatto di breve termine sul tasso di variazione dei prezzi a causa di un picco del tasso di cambio che, ironia della sorte, è stato il risultato della promessa di Draghi che avrebbe acceso la stampante per "salvare" l'euro e sostenere il debito sovrano dell'Europa meridionale.
In realtà, l'attuale paura "deflazionistica" presto farà scendere l'euro fino alla soglia dei 130, e gli speculatori saranno costretti a vendere le loro obbligazioni periferiche al fine di evitare perdite. Il livello tendenziale dell'inflazione nell'area dell'euro è rimasto nell'ordine del 2.2% annuo sin dal 2000, come illustrato di seguito. Oltre agli effetti di breve periodo del tasso di cambio sul tasso di variazione dei prezzi, l'idea che l'Europa soffra di una crisi deflazionistica è assurda.
Di conseguenza, i rendimenti obbligazionari in tutta l'area Euro sono distorti oltre ogni immaginazione. In un recente articolo, EconMatters l'ha esposto in modo esplicito. I dati di tutti i principali paesi europei descrivono quella che è la madre di tutte le bolle obbligazionarie. Questa è la distruzione economica partorita dalla banca centrale.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Un Potere Centrale che vuole solo conservare se stesso ed il suo sistema, manomettendo ogni cosa.
RispondiEliminaLa banca centrale ne è un mezzo.
Una breve riflessione per ogni lettore.
DOVE LE COSE HANNO UN SENSO
“Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l'abitudine, e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno: sei istituzionalizzato ... È la tua vita che vogliono, ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta, almeno.” (Red)
“È terribile vivere nella paura. Brooks Hatley lo sapeva. Lo sapeva anche troppo bene.
Io voglio solo tornare dove le cose hanno un senso ... dove non devo avere paura tutto il tempo.” (Red)
Caro lettore,
ricordi queste frasi? Hai visto, almeno una volta (ma è davvero molto difficile che un film così bello si veda solo una volta nella vita), Le ali della libertà, tratto da un breve racconto di Stephen King, con Tim Robbins e Morgan Freeman?
Di sequenze e parole memorabili ce ne sono tantissime in quel film, ed ognuno ne ricorda e ne ha fatto proprie alcune.
Ma hai mai provato ad estrapolare il significato dell’intera narrazione?
Hai mai considerato che tutta la trama è una metafora economica "austriaca" e libertariana?
Ed in quest’ottica, quante persone, che conosci tu stesso, sono irrimediabilmente istituzionalizzate?
E, secondo te, quanto è importante instillare la paura come mezzo di manipolazione, di controllo, fino alla repressione, di qualsiasi istanza … scomoda?
C’è un peccato originale inventato (per errore, per superficialità, per presunzione?) e tu, vittima innocente, diventi un pericoloso criminale che deve essere fermato, punito, inibito, controllato, ridotto, ingabbiato per (forse) essere riabilitato, reinserito e … contribuire.
C’è un recinto invalicabile (parrebbe) ed all’interno coesistono indiscutibili (ma discrezionali) regole autoritarie e discutibilissimi rituali tollerati … dal Potere.
Il Potere, ipocrita e corrottissimo, è criminale non meno dei peggiori condannati. La realtà la decide lui e così, tutte le cose hanno il senso che ha stabilito.
In mezzo ad intrallazzi, porcherie e tanta brutalità, ci sono risorse molto scarse per la sopravvivenza materiale e morale. Devi guadagnartele.
La legge implicita è soltanto una: devi abbandonare te stesso, puoi solo adattarti e lasciarti vivacchiare o lasciarti morire. E non c’è tanta differenza: devi finire istituzionalizzato. Devi perdere ogni speranza.
Perciò, è proprio la speranza (di tornare libero) l’unica cosa importante che dovresti risparmiare e proteggere con tutto te stesso. Ma in silenzio, intimamente, come individuo.
Sarà terribilmente frustrante conservarla. Potresti impazzirne. E condividerla è pericolosissimo. Potresti sprecarla. Per sempre.
Ma è in te e più forte di ciò che è fuori da te.
Per non soccombere, perciò, un po’ alla volta, diventi un diavolo: impari a vedere la vera natura della realtà che ti circonda e dai all’impostore principale il meglio di te stesso, apparentemente. Partecipi al gioco, perché l’hai compreso, ma vivi nella tua secessione individuale.
Lo fai solo per te stesso: resisti dissimulando e, alla fine, vinci.
Hai sofferto tanto, ma hai risparmiato il tuo valore, hai afferrato il tempo e l’hai usato bene e sei, di nuovo, libero.
Sei tornato dove le cose hanno un senso.
A proposito di poteri centrali...
EliminaIl Vaticano: «Liberismo causa della crisi, serve un governo mondiale»
Perciò il motto della nuova BCMondiale sarà Gott mit uns...
EliminaE la finanza ebraica resterà a guardare?
Una piccola domanda: come si finanzia il Vaticano? Ah, già, soldi dallo stato... Perciò, Krugman santo subito!
In Vaticano non sono ignoranti, ma in malafede.
EliminaChissà cosa scriveranno Huerta de Soto e Gary North.
La religione cattolica contribuisce a mantenere fiatpeople il gregge. Il Cristianesimo, invece, lo emancipa.
http://www.movimentolibertario.com/2011/10/vaticano-liberismo-e-governo-mondiale/
Eliminaaridaje... è il periodo della ricolta.... dei soldi :)
RispondiEliminaserve senz altro un governo mondiale. lo distaccherei su marte, coi da lontano osserva meglio