Il panorama economico globale continua ancora a soffrire. I sintomi sono chiari: disoccupazione, carenze istruttive, salari bassi, problemi con la sanità pubblica, ecc. E cosa fanno i pianificatori centrali? Attaccano, scioccamente, i sintomi. Qual è la malattia? Un'economia stagnante. Sebbene sia la crescita economica quella che vorremmo tutti, lo stato e le banche centrali sono alla ricerca della crescita economica "a tutti i costi", ovvero, quell'ambiente in cui la popolazione vive bene ed i privilegiati possono continuare a fare ciò che vogliono. L'impossibilità di questa concezione è palese dal continuo peggioramento delle condizioni economiche, segnalanti una drastica riduzione dell'efficienza del bacino della ricchezza reale. La cecità dei pianificatori centrali li porterà a predare ulteriormente questa fonte, pensando di poter sopravvivere al breve termine prolungando l'arrivo del lungo termine. L'unico modo affinché le banche centrali e gli stati possano permettere la nascita di una potenziale ripresa, consiste nel seguire questa regola alla lettera: togliersi dai piedi.
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di David Stockman
La correzione di mercato del 4% a luglio, è stata rapida e praticamente indolore. Senza perdere un colpo dopo che il mercato aveva brevemente testato la fascia dei 1900, sono tornati a ruggire gli azionisti che comprano nei ribassi — puntando ai 2000 per quanto riguarda l'S&P 500, riponendo la loro fiducia nella tenacia dei long trader e nell'innocuità degli short trader. Inutile dire che lo zombie-box ha subito srotolato i suoi drappi trionfali per questa bolla.
Quando gli algoritmi hanno infine segnato il numero magico 2000, esso ha rappresentato un guadagno del 200% rispetto ai minimi del marzo 2009. E per completare la simmetria, negli ultimi dodici mesi l'S&P 500 ha timbrato il cartellino degli utili esattamente 20 volte.
I rialzisti hanno detto che non c'è nulla di cui preoccuparsi, perché le negoziazioni sono ancora "a buon mercato" — come lo sono sempre, fino a quando non lo sono più. Eppure ora più che mai è meglio mantenere il tappo sullo champagne. I grafici mostrano una puzza fuori misura, mentre i dati economici smentiscono completamente i guadagni frizzanti nei prezzi degli asset rischiosi che sono stati riportati nel corso degli ultimi 65 mesi.
Ancora più importante, i burattinai della FED che gestiscono il casinò di Wall Street hanno più o meno ammesso a Jackson Hole che sono totalmente ammaliati dal voodoo keynesiano. Per dirla con un certo garbo, il discorso della Yellen era una nuvola vaporosa avvolta da un gergo incoerente.
In questo contesto, Lance Roberts di STA Wealth Management di recente ha pubblicato un grafico azionario che mostra perché "l'S&P a 2000" non è altro che l'ennesimo segnale di un gigante incidente finanziario annunciato.
Sei anni fa il calo del 50% degli indici azionari provocò una crisi di fiducia nel casinò di Wall Street, innescata oltre due decenni prima da Greenspan e Bernanke.
Durante quel breve momento di trauma ed incredulità, risuonò fugacemente l'idea che la prosperità non potesse essere costruita su imponenti montagne di debiti e sulla manipolazione dei mercati finanziari da parte della banca centrale.
Ma poi iniziò la grande marea di espansione monetaria, con il professor Ben Bernanke a guidare la carica. Così facendo, affermò di dover lottare contro una Grande Depressione 2.0 in base alle critiche di Milton Friedman circa i presunti errori della FED nel 1930-1933.
Ho smontato queste leggende metropolitane nel mio libro, The Great Deformation. Basti dire che le migliaia di banche locali che chiusero i battenti nei primi anni '30 erano in realtà insolventi, e non le vittime della disattenzione della FED; e che la breve ed acuta recessione del 2008-09 ha comportato la liquidazione inevitabile degli inventari e dei posti di lavoro accumulati durante la bolla immobiliare, non un tuffo in un baratro depressivo.
Tuttavia, Bernanke ha raddoppiato il bilancio della FED da $850 miliardi (accumulati in oltre 94 anni) a $1.8 bilioni nelle sette settimane dopo l'evento Lehman; e tredici settimane dopo il dicembre 2008, l'aveva quasi triplicato a $2.3 bilioni.
Inoltre, una volta che il genio della stampa di denaro è uscito dalla lampada, non c'è voluto molto prima che venissero inventati pretesti per un quantitative easing. In un batter d'occhio il bilancio della FED è salito a $4.5 bilioni, schiacciando gli ultimi residui di un price discovery onesto a Wall Street.
Il grafico qui sotto è la pistola fumante che prova come l'S&P 500 sia una creatura alimentata completamente dalla liquidità e dalla manipolazione della banca centrale. Come un orologio, i ribassi sono diventati meno profondi ed i rimbalzi più resistenti. Data la natura vacillante della ripresa economica sin dal 2009 ed i venti contrari provenienti da tutti i punti dell'economia globale, non c'è possibilità che questo grafico possa essere stato generato dal libero mercato in risposta ad un price discovery onesto:
Basta semplicemente prendere in considerazione i dati economici più recenti. Anche prima dell'inevitabile battuta d'arresto del PIL nel secondo trimestre, le vendite finali reali hanno raggiunto solo un tiepido guadagno del 2% rispetto all'anno precedente. E' andata esattamente così anche l'anno passato (nel secondo trimestre del 2013): un lieve calo rispetto al 2.2% nel secondo trimestre del 2012.
Complessivamente, l'economia reale è stata bloccata nella zona 2% dopo che la Grande Recessione ha ufficialmente toccato il fondo nel giugno 2009. Mettendo da parte gli inventari trimestrali, nel corso del ultimi 60 mesi le vendite finali reali sono cresciute di appena l'1.7% all'anno.
Inutile dire che non c'è nulla di più debole nella storia finanziaria moderna. Ciò che ha portato in alto il mercato azionario è l'inarrestabile espansione e sovrastima pericolosa degli utili societari. Questi ultimi rappresentano un'aberrazione economica, raggiunta a causa delle politiche delle banche centrali che hanno reso artificialmente a buon mercato il debito ed eccessivamente costoso il lavoro.
I frutti di queste distorsioni sono evidenti in questi due grafici...
Un'economia che non sta creando posti di lavoro, guadagni nel reddito reale delle famiglie ed aumenti reali degli asset produttivi, non vale lontanamente gli utili esorbitanti che sta facendo registrare. E' solo una questione di tempo prima che un altro "cigno nero", come il fallimento della Lehman Brothers, vada a frantumare la fiducia nel gioco della FED, provocando le ondulazioni vertiginose nel grafico di Lance Roberts qui sopra.
A dire il vero, la FED è una macchina gonfia-bolle. Ma non può sfidare la gravità economica per sempre.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
martedì 30 settembre 2014
lunedì 29 settembre 2014
Valute di riserva mondiali: Cos'è accaduto durante il periodo di transizione?
di Chris Ferreira
Il declino dell'egemonia del dollaro USA diviene sempre più chiara ogni giorno che passa, e questo articolo si propone di fornire al lettore delucidazioni su cosa è successo durante i precedenti periodi di transizione riguardanti la valuta di riserva mondiale. Quando una valuta di riserva è stata sostituita da una nuova, il processo di transizione ha segnato un cambiamento fondamentale nel mondo. Il paradigma economico si è spostato e sono cambiate le regole del gioco. Quando il dollaro perderà il suo status di valuta di riserva mondiale, non accadrà nulla di diverso da quanto è avvenuto in passato!
Il processo di transizione della valuta di riserva mondiale porta molta incertezza
Nel corso della storia, il cambiamento della valuta di riserva mondiale ha sempre portato scompiglio ed incertezza sui mercati finanziari. Il declino di un paese, e la successiva ascesa di un altro, ha segnato una trasformazione radicale del mondo, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti della domanda di mercato. Il paese che ha dominato il commercio mondiale nel corso di un dato periodo storico, imponeva di solito la sua valuta come valuta di riserva mondiale. Spagna e Portogallo hanno dominato il XV e XVI secolo, i Paesi Bassi il XVII secolo, Francia e Gran Bretagna il XVIII e XIX secolo, e gli Stati Uniti hanno dominato il XX secolo.
Per tutta l'Età delle Esplorazioni, il Portogallo ha creato un impero globale. Nel 1453 le rotte commerciali tradizionali verso l'Asia non erano più praticabili a causa della crescita dell'Impero Ottomano e la sua presa di Costantinopoli, quindi emerse la necessità di rotte commerciali alternative. Grazie ai progressi nella tecnologia di navigazione, nonché ad altre circostanze favorevoli, i portoghesi, e presto gli spagnoli, furono in grado di raggiungere l'Africa, l'Asia ed il Nuovo Mondo. Di conseguenza la valuta portoghese, e più tardi quella spagnola, divenne la valuta principale nel commercio mondiale. I portoghesi, durante i loro viaggi e le loro scoperte, stabilirono avamposti militari lungo le coste dell'Africa, dell'India, della Malesia, del Giappone, della Cina (Macao), ecc.; quando allargarono troppo le loro mire espansionistiche, l'impero cadde a causa degli attacchi militari e della concorrenza di altri paesi (soprattutto gli olandesi, gli inglesi ed i francesi). Portogallo e Spagna poi si fusero per creare l'unione iberica; tuttavia crollò tra guerre e rivoluzioni nella metà del XVII secolo.
Fu poi la volta degli olandesi, la cui ascesa al potere globale venne aiutata in gran parte dalla creazione della prima multinazionale al mondo: la Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC). Gli olandesi spodestarono Portogallo e Spagna, e si prefissero di trarre profitto dalla domanda europea per le spezie. Nel 1669 la VOC era la società privata più ricca che il mondo avesse mai visto, con oltre 150 navi mercantili, 40 navi da guerra, 50,000 dipendenti, un esercito privato composto da 10,000 soldati ed un dividendo del 40% sull'investimento iniziale degli azionisti. Più tardi, con l'arrivo della guerra anglo-olandese, il commercio delle spezie cessò temporaneamente e questo causò un picco dei prezzi. Altri paesi furono attratti nel commercio delle spezie, vale a dire la Francia e l'Inghilterra (la Compagnia Francese delle Indie Orientali e la Compagnia Inglese delle Indie Orientali). La saturazione del mercato delle spezie e la costosa guerra anglo-olandese, distrussero la Compagnia Olandese delle Indie Orientali e la sua moneta (il "fiorino") come valuta globale.
La Francia ottenne il dominio politico europeo sotto Luigi XIV, e sebbene l'eredità del "Re Sole" fosse grande, non bisogna dimenticare che lasciò i suoi eredi in un vortice di conflitti sociali e di debito causati principalmente dalla guerra e da una base fiscale sleale. Mentre il debito francese raggiungeva cifre impressionanti, gli inglesi, nel frattempo, vissero una Rivoluzione Industriale che diede alla Gran Bretagna una marcia in più, creando un impero "dove il sole non tramontava mai". La Rivoluzione Francese del 1789 fu essenzialmente la conseguenza di una crisi finanziaria che era diventata debilitante. Dopo un decennio di spargimenti di sangue e guerra civile, i francesi scoprirono un nuovo leader sotto il generale Napoleone Bonaparte. Le guerre napoleoniche del 1803-1815 infuriarono per oltre un decennio, estendendo l'influenza francese su gran parte dell'Europa (ispirando una rivoluzione a Haiti). Al culmine del successo di Napoleone nel 1812, l'impero francese aveva una vasta presenza militare in Germania, Italia, Spagna e Polonia. Fu questo impero che scosse profondamente le fondamenta dell'Europa dopo la sconfitta di Napoleone; nel 1815 le potenze europee si riunirono per stabilire una pace al Congresso di Vienna (il quale avrebbe riequilibrato il potere in Europa per il resto del XIX secolo).
Dopo la sconfitta della Francia napoleonica nel 1815, l'Inghilterra godette di quasi un secolo di dominio globale nel commercio.
Nel 1922 l'impero britannico aveva sotto la sua ala circa 458 milioni di persone (un quinto della popolazione mondiale) e circa un quarto della superficie totale. Con la seconda guerra mondiale, l'Impero britannico finì praticamente in bancarotta. Gli Stati Uniti fornirono finanziamenti alla Gran Bretagna, mentre divenivano la più grande nazione creditrice del mondo. Tuttavia, fu solo dopo la Conferenza di Bretton Woods (nel 1945) che il dollaro USA divenne ufficialmente la valuta di riserva mondiale.
Ogni paese che arrivò al massimo del suo dominio globale nel commercio, è crollato a causa di un punto di sovra-saturazione. Oggi c'è una situazione molto simile negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno 900 basi militari in 130 paesi e hanno speso più di $640 miliardi nel 2013 per spese militari. Questa cifra supera di gran lunga tutte le spese militari DI TUTTI GLI ALTRI PAESI. Gli Stati Uniti non sono più la più grande nazione creditrice del mondo, ma piuttosto la più grande nazione debitrice nella storia del mondo. Ora è la Cina la più grande nazione creditrice del mondo. Il XXI secolo appartiene alla Cina ed allo Yuan?
Oggi gli Stati Uniti dominano la terra, il mare e l'aria in 130 paesi con la loro potenza militare. Tuttavia il paesaggio di guerra sta cambiando ancora una volta. Stanno emergendo versioni alternative alla guerra tradizionale, come la guerra economica/informatica. Con l'imposizione di sanzioni commerciali e con la manipolazione dei prezzi di mercato, i paesi potenti possono esercitare violenza senza nemmeno dover entrare in un altro paese. In altre parole, il mercato azionario ed il mercato dei futures sono diventati uno strumento nelle mani dell'élite. Possono abbassare il prezzo del petrolio per mandare in bancarotta un particolare paese, o venderne il debito pubblico per spazzare via la loro moneta e creare iperinflazione. Queste misure sono molto più veloci/efficaci rispetto ai metodi tradizionali di guerra che abbiamo visto nel secolo scorso. Anche se gli Stati Uniti dominano il senso tradizionale della guerra, non hanno lo stesso tipo di meccanismi di difesa nel mercato finanziario. Come ho sottolineato in un precedente articolo, How the US Dollar Can Collapse, oggi ci sono un numero illimitato di modi in cui gli Stati Uniti possono essere attaccati.
La durata media di una valuta di riserva mondiale
Il cambiamento della valuta di riserva mondiale è un ciclo che di solito impiega tra gli 80 ed i 110 anni. Il dollaro USA è ufficialmente la valuta di riserva mondiale da 68 anni. Tuttavia è stato utilizzato nel commercio molto prima, come minimo sin dal 1920. Ciò significherebbe che il dollaro USA è più vicino ai 90+ anni come valuta di riserva. Questi cicli di circa 100 anni (un secolo) sono molto comuni nella storia: gli antichi li chiamavano saeculum, che rappresentavano le quattro stagioni (primavera, estate, autunno e inverno). Come per tutti i cicli, c'era un periodo di crescita, saturazione, picco e declino. Un libro eccellente sui cicli economici, con un focus sul ciclo attuale in cui ci troviamo, è The Fourth Turning di William Strauss e Neil Howe. Leggetelo, ve lo consiglio vivamente. Ecco una citazione dal libro:
Un apprezzamento per la storia non è mai più importante di quei momenti in cui si prevede un inverno secolare. Nella Quarta Stagione possiamo aspettarci di incontrare scelte personali e pubbliche molto più difficili di quelle affrontate dalle generazioni precedenti. Faremmo bene ad imparare dalle loro esperienze, viste attraverso il prisma del tempo ciclico. Non sarà facile. Richiederà una nuova interpretazione del nostro venerato Sogno Americano. E ci sarà richiesto di ammettere che la nostra fede nel progresso lineare è spesso pari ad un patto faustiano con i nostri figli. Faust alza sempre la posta, ed ogni puntata è il doppio o niente. Attraverso gran parte della Terza Stagione, siamo riusciti a rimandare la resa dei conti. Ma la storia ci avverte che non possiamo rimandarla oltre la prossima.
Il grafico seguente mostra il cambiamento di ogni valuta di riserva (ogni 100 anni o giù di lì) e gli eventi che sono avvenuti nel corso di ogni transizione. Ogni passaggio è stato caratterizzato da un periodo di grande sofferenza segnato da difficoltà economiche, rivoluzioni e guerre.
Il cambiamento della valuta di riserva mondiale è un ciclo che nasce dal comportamento sociale
Lo stimato storico d'economia britannico Arnold Toynbee (1852-1883) ha anche individuato, nel suo lavoro Study of History, un "ritmo alternato" di guerra e pace che si è verificato in Europa ad intervalli di un secolo, a partire dal Rinascimento. Oltre all'Europa, Toynbee ha inoltre identificato cicli simili nella storia cinese ed ellenistica. Li ha connessi al progressivo decadimento della "memoria vivente di una guerra precedente", dove i discendenti dei veterani di guerra, la cui unica conoscenza della guerra è avvenuta attraverso racconti, libri di storia e per sentito dire, finiscono al potere ed adottano il comportamento belligerante dei loro antenati.
Il periodo di crisi globale più recente è stato caratterizzato dalla prima guerra mondiale, la Grande Depressione e la seconda guerra mondiale; dall'inizio (1914) fino alla fine (1945) troviamo un periodo che va dai 100 (1914-2014) ai 69 (1945-2014) anni fa. Questo suggerisce che stiamo entrando in una nuova crisi globale con lo stesso percorso ciclico.
Le crisi globali sono devastanti a tutti i livelli di esistenza, per non parlare del grande costo in vite umane. Se vogliamo imparare dalla storia, quindi, dovremmo farci trovare pronti per il ciclo del prossimo futuro, in quanto segnerà la fine di un saeculum e l'inizio di un nuovo paradigma economico allineato più positivamente con equilibri nel commercio, nel debito e nelle politiche.
Gli Stati Uniti stanno cercando di rinviare la crisi stampando denaro, ma questo sta creando guerre valutarie con quasi tutte le principali banche centrali del mondo. Come la storia ci ha dimostrato più e più volte, ricorrere a questo ritardo attraverso la stampa di denaro non farà altro che aggravare il problema; non solo non impedirà l'inevitabile, ma lo renderà più doloroso e costoso.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
venerdì 26 settembre 2014
Come le banche centrali hanno scatenato una speculazione scriteriata: l'enorme bolla obbligazionaria europea
di David Stockman
Il capitalismo finisce in grossi guai quando il prezzo degli asset finanziari diventa completamente scollegato dalla realtà economica e dal buon senso. Ciò che ne deriva è una speculazione rampante in cui i giocatori d'azzardo finanziari sbandando da un azzardo ad un altro, lasciando il sistema finanziario distorto ed instabile — il proverbiale incidente ferroviario annunciato.
Ecco dove siamo ora. Ciò diviene evidente quando si guarda all'assurda corsa del prezzo del debito sovrano europeo sin da quando l'Euro-crisi ha raggiunto il suo picco nella metà del 2012. A questo proposito, forse il Portogallo è l'archetipo. I suoi indicatori economici, fiscali e finanziari sono ancora al palo, ma i prezzi dei titoli di stato sono saliti alle stelle.
Purtroppo il recente tonfo fragoroso del suo grande gruppo finanziario (Espirito Santo Group) è un indizio che la sua economia indebitata, dipendente dalle importazioni e gestita dai cartelli, non può essere aggiustata. Nonostante le false affermazioni di Bruxelles e Lisbona secondo cui il suo piano di salvataggio gli ha concesso la "promozione", la verità è che il rischio di default incorporato nel suo debito sovrano non è stato affatto ridotto.
Al tempo della crisi 2011-2012, il governo centrale stava già scivolando rapidamente in una trappola del debito con un rapporto di poco inferiore al 100%. Il cosiddetto piano di salvataggio della nazione ha solo peggiorato le cifre del suo debito pubblico. Oggi il debito del Portogallo in rapporto al PIL è al 129% e non vi è alcun segno di una inversione di tendenza.
Ma questo non ha scoraggiato gli speculatori sul debito sovrano periferico. Dalla metà del 2012 e dal "whatever it takes" di Draghi, il prezzo del debito pubblico del Portogallo è aumentato vertiginosamente. Ciò significa che gli speculatori — sfruttando la leva finanziaria o forme analoghe di prestiti ipotecati nei mercati repo — hanno raccolto guadagni esorbitanti in rapporto alla sottile fetta di capitale presa in prestito, senza correre alcun rischio in questi carry trade.
Come mostrato di seguito, in risposta a questa campagna di acquisti obbligazionari statali indotta dalla banca centrale, negli ultimi 24 mesi il rendimento del decennale portoghese ha sperimentato un ribasso mozzafiato dal 15% al 4%. Tra le altre cose, questo miglioramento repentino nei suoi costi di finanziamento ha insegnato al governo del Portogallo una lezione pericolosa e falsa. Vale a dire: a fronte di un'insostenibile dissolutezza fiscale, tutte ciò che serve è qualche gioco di prestigio nel bilancio ed una falsa austerità. In realtà, quasi tutto il suo miglioramento fiscale è dovuto all'unica fase in cui sono stati venduti i beni dello stato, compreso il gestore aeroportuale e vari servizi pubblici.
Indipendentemente dalla qualità delle sue misure di recupero fiscale, il forte calo nel rendimento dei suoi titoli implicherebbe come minimo che il Portogallo abbia diminuito drasticamente il suo deficit di bilancio cronico. Peccato che neanche questo sia avvenuto. Il Portogallo è andato in rosso per decenni, e pur essendo più bassi del 10% (in rapporto al PIL) rispetto al loro picco nel 2010-2011, i disavanzi pubblici corrono ancora al 5% del PIL e sarà una fortuna se scenderanno nel 2014 o in qualunque altro momento.
Inutile dire che quando il PIL nominale di un paese rimane piatto, il suo deficit non genererà il 5% di produzione annua senza essere rapidamente condannato dalla pura aritmetica. La matematica fiscale funesta, infatti, è esattamente la ragione per cui le sue obbligazioni sono vendute così rapidamente e senza la massiccia distorsione dei prezzi delle obbligazioni da parte della banca centrale, il Portogallo sarebbe stato già schiacciato dai rendimenti sul suo monumentale debito pubblico.
Quello che abbiamo qui è l'opposto di un onesto price discovery, del tipo che si verifica in un libero mercato vero. Non vi è praticamente alcuna base logica per il rally nel mercato dei titoli di stato portoghesi o in quello di qualsiasi altro paese europeo. Come descritto di seguito, il tutto è un'ondata di speculazione di breve termine guidata dalla banca centrale e da un afflusso di hot money dopo l'ukase di Draghi (che può invertirsi da un momento all'altro).
Nel frattempo, il sell-side a Wall Street e Londra continua a promuovere i sottili miglioramenti, spesso transitori, come giustificazione per questo rally, ovvero, l'acquisto di obbligazioni e derivati. In realtà, i fatti tristi legati all'economia stentata e le pratiche fiscali dissolute del Portogallo non sono affatto cambiati, ma ciò non impedisce al battage del sell-side di far scoppiare tutto.
Durante i recenti trimestri, per esempio, il PIL reale del Portogallo è schizzato leggermente verso l'alto, ma la grandezza del miglioramento è ridicolmente marginale — non certo coerente con il massiccio guadagno nei prezzi delle sue obbligazioni. Così, dopo tre trimestri di guadagni capillari, il suo PIL reale nel 2° trimestre 2014 si è attestato allo 0.8%. E questi fragili guadagni, naturalmente, non hanno ancora colmato nemmeno una frazione del profondo tonfo che si è verificato nei due anni precedenti.
Infatti, nonostante tutte le chiacchiere a tamburo battente del sell-side, il PIL reale del Portogallo è ancora il 6% inferiore rispetto alla vigilia della crisi finanziaria nel 2007. In tale contesto, il rally del mercato obbligazionario nel corso degli ultimi due anni è insensibile: un lieve balzo di un trend profondamente depresso non è affatto la prova che la malconcia economia del Portogallo sia magicamente diventata sostenibile, o che la sua capacità di rimborsare i debiti sia migliorata. In breve, il rally obbligazionario non ha nulla a che fare con i fondamentali fiscali ed economici del Portogallo.
Il vero problema, naturalmente, è che tutti i settori dell'economia portoghese sono stati sepolti sotto il debito dopo il suo ingresso nella CE, e nonostante ciò il Portogallo è stato in grado di accedere a finanziamenti a buon mercato nei mercati bancari ed obbligazionari europei. Infatti, la crescita esplosiva del debito potrebbe essere etichettata come un'orgia finanziaria. Come mostrato di seguito, nei 14 anni tra il 1996 ed il 2010, ad esempio, il debito delle famiglie è aumentato di 6 volte in un periodo in cui il PIL nominale è cresciuto a meno del 2x. Anche dopo alcune modeste liquidazioni nel corso degli ultimi 4 anni, l'indebitamento delle famiglie è ancora 5 volte più grande di quanto non fosse a metà degli anni '90, ma il PIL nominale del Portogallo è in realtà declinato sin dal picco del debito nel 2010, il che significa che il coefficiente di leva finanziaria delle famiglie è messo peggio.
Lo stesso vale per il debito commerciale non finanziario, che è salito anche del 6x dopo la fine del secolo scorso. Come si vede qui sotto, non vi è stato alcun progresso nel ridurre l'enorme onere per il settore commerciale.
Oltre a ciò aggiungeteci anche il continuo aumento dell'onere del debito pubblico. Durante gli anni felici dell'orgia del debito in Europa, il Portogallo ha cercato forsennatamente di prendere in prestito denaro per trovare la sua strada verso la prosperità. Ora la sua economia è schiacciata dal conseguente fiasco di bilancio, e non ci sono segni che i suoi rapporti di leva devastanti si siano ridotti dopo il cosiddetto programma di austerità.
Anzi, tutto questo debito ha finanziato uno stile di vita del tutto insostenibile importando più beni e servizi di quelli esportati, e la differenza è stata colmata mediante debiti finanziari nei mercati europei del debito. Nel corso dei decenni che hanno portato alla crisi finanziaria, il disavanzo delle partite correnti è fluttuato tra il 6% ed il 12% del PIL — un trend sicuramente mortale.
Ancora una volta, però, la propaganda sell-side si arrampica sugli specchi quando parla di "svolta" nelle partite correnti del Portogallo. Al fine di liquidare i suoi debiti imponenti, il Portogallo avrà bisogno di grandi eccedenze commerciali negli anni a venire in modo da generare i mezzi per rimborsarli. Ma nonostante un piccolo aumento delle esportazioni, che è intrinsecamente vincolato alla condizione vacillante delle economie CE ed al rallentamento generale dell'economia mondiale, il suo livello delle importazioni finora si è mosso a malapena. Detto in altro modo, l'economia portoghese continua a vivere nel lusso, come se la sua crisi del debito non fosse mai avvenuta.
Lontana dai lievi segnali di ripresa di Wall Street, l'economia reale del Portogallo è ancora in stasi profonda. L'indice della produzione industriale, per esempio, è in calo del 5% rispetto ai livelli del 2010 e del 18% dall'inizio secolo.
Ma l'indicatore più significativo è il tasso di partecipazione alla forza lavoro in netto calo. Come mostrato nel grafico qui sotto, il terribile tonfo sin dal 2000 è ancora più grave rispetto al declino negli Stati Uniti. Il motivo è che la forza lavoro del Portogallo è migrata in massa nella rete rigonfia dello stato sociale. Come negli Stati Uniti, i miglioramenti recenti nel tasso di disoccupazione — ancora superiore al 15% — sono essenzialmente riconducibili ad una forza lavoro in contrazione.
Questo è il nocciolo della questione. Con un livello decrescente di input nel mondo lavoro e la necessità ineludibile che i salari nominali — gonfiati enormemente durante il boom del debito — calino in termini assoluti a livelli più sostenibili, il tasso di crescita dei redditi in Portogallo resterà piatto negli anni a venire (nella migliore delle circostanze), e continuerà a diminuire a fronte di un'altra recessione europea e mondiale.
Di conseguenza, non vi è alcun sollievo in vista per i suoi coefficienti di leva in tutti i settori — governo, famiglie ed imprese. In queste circostanze, un rendimento del debito sovrano al 4% è a dir poco assurdo.
La verità, quindi, è abbastanza semplice. Con il suo discorso di metà 2012, Draghi ha innescato una fuga precipitosa verso acquisti di breve termine. Ciò ha causato un afflusso di hot money — proveniente soprattutto da speculatori di Wall Street e hedge fund. Di certo queste figure sono state aiutate non poco dall'enorme liquidità rilasciata dalla FED, con gli $85 miliardi mensili di QE e la disponibilità di finanziamenti pronti contro termine essenzialmente a costo zero. Infatti, la combinazione del QE3 e del "whatever it takes" di Draghi, è stata pari ad uno squillo di tromba per i cani finanziari.
In breve, l'intento era quello di far salire sia i prezzi delle obbligazioni in euro sia il tasso di cambio Euro/USD. In effetti, tra il luglio 2012 e la primavera 2014, l'euro ha preso il volo da 120 a 140 (quasi +17%). Tutto ciò non solo ha aperto le porte ad uno tsunami di hot money nei mercati europei, ma ha anche consolidato le patetiche scuse di oggi secondo cui l'Europa soffre di un male economico che può essere risolto solo con un aumento dell'offerta monetaria — al di là della repressione finanziaria in atto oggi, tra cui i tassi di deposito negativi.
Ma non c'è deflazione strutturale in Europa — solo l'impatto di breve termine sul tasso di variazione dei prezzi a causa di un picco del tasso di cambio che, ironia della sorte, è stato il risultato della promessa di Draghi che avrebbe acceso la stampante per "salvare" l'euro e sostenere il debito sovrano dell'Europa meridionale.
In realtà, l'attuale paura "deflazionistica" presto farà scendere l'euro fino alla soglia dei 130, e gli speculatori saranno costretti a vendere le loro obbligazioni periferiche al fine di evitare perdite. Il livello tendenziale dell'inflazione nell'area dell'euro è rimasto nell'ordine del 2.2% annuo sin dal 2000, come illustrato di seguito. Oltre agli effetti di breve periodo del tasso di cambio sul tasso di variazione dei prezzi, l'idea che l'Europa soffra di una crisi deflazionistica è assurda.
Di conseguenza, i rendimenti obbligazionari in tutta l'area Euro sono distorti oltre ogni immaginazione. In un recente articolo, EconMatters l'ha esposto in modo esplicito. I dati di tutti i principali paesi europei descrivono quella che è la madre di tutte le bolle obbligazionarie. Questa è la distruzione economica partorita dalla banca centrale.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
giovedì 25 settembre 2014
Perché il pompaggio monetario non sta aiutando l'economia?
di Frank Shostak
Nonostante il massiccio pompaggio monetario nel corso degli ultimi sei anni e l'abbassamento dei tassi di interesse quasi a zero, la maggior parte dei commentatori ha espresso un certo disappunto per il ritmo della crescita economica. Ad esempio, il tasso annuale di crescita del PIL reale nell'Unione Economica e Monetaria (UEM) è sceso allo 0.7% nel secondo trimestre, rispetto allo 0.9% del trimestre precedente. Nel primo trimestre 2007 il tasso annuo di crescita era pari al 3.7%. In Giappone il tasso annuo di crescita del PIL reale è sceso allo 0% nel secondo trimestre, rispetto al 2.7% del primo trimestre ed al 5.8% nel terzo trimestre 2010.
Negli Stati Uniti il tasso annuo di crescita del PIL reale era pari al 2.4% nel secondo trimestre, rispetto all'1.9% del trimestre precedente. Si noti che dal primo trimestre 2010 il tasso di crescita ha seguito un percorso sornione di circa il 2.2%. L'eccezione è il Regno Unito, dove la dinamica di crescita del PIL mostra un rafforzamento: il relativo tasso annuale di crescita ha chiuso al 3.1% nel secondo trimestre, rispetto al 3% del primo trimestre. Si osservi, tuttavia, che il tasso annuale di crescita nel terzo trimestre 2007 è stato del 4.3%.
Oltre ad un'attività economica ancora soggiogata, la maggior parte dei banchieri centrali è preoccupata circa la debolezza dei redditi dei lavoratori.
Alcuni di loro sono perplessi che nonostante l'iniezione di miliardi di dollari nel sistema finanziario, così pochi sono finiti nei redditi dei lavoratori.
Dopo tutto, sostengono, più sono alti i redditi, più i consumatori possono spendere e, di conseguenza, più forte sarà la crescita economica.
Il tasso annuo di crescita delle retribuzioni medie statunitensi era pari al 2% a luglio, rispetto al 3.9% di giugno 2007. Nell'UEM il tasso annuo di crescita delle retribuzioni settimanali è sceso all'1.3% nel primo trimestre, rispetto al 5.4% del secondo trimestre 2009. Nel Regno Unito il tasso annuo di crescita del reddito medio settimanale è sceso allo 0.7% a giugno di quest'anno, rispetto al 5% dell'agosto 2007.
Secondo il Vice Presidente della Federal Reserve, Stanley Fisher, le riprese economiche globali sono state finora "deludenti" e c'è il rischio concreto di sperimentare un calo permanente nel potenziale economico. Fisher ha suggerito che dietro tutto questo potrebbe esserci un rallentamento della produttività.
Rivolgere lo sguardo al calo della produttività dei lavoratori, rappresenta un buon punto di partenza per cercare di capire che cosa stia accadendo realmente. Tuttavia, si tratta solo di un sintomo — non è la causa dei nostri problemi.
Salari più alti sono possibili se il contributo dei lavoratori alla generazione di ricchezza reale è in espansione. Quanto più un particolare lavoratore produce, in relazione alla ricchezza reale, più lui/lei può chiedere un aumento del salario.
Un fattore importante che consente ad un lavoratore di far incrementare la produttività, è la quantità e la qualità delle infrastrutture che sono a sua disposizione. Con strumenti e macchinari migliori, può essere aumentata la produzione oraria e quindi possono essere pagati salari più alti.
Solo l'assegnazione di una porzione più grande del bacino della ricchezza reale all'accumulo ed al potenziamento delle infrastrutture, può far emergere più beni capitali per lavoratore (più strumenti e macchinari per lavoratore), gettando le basi per una maggiore produttività dei lavoratori e quindi un'espansione della ricchezza reale e quindi salari più alti. (Con infrastrutture migliori i lavoratori possono produrre più beni e servizi.)
I fattori chiave che indeboliscono l'espansione dei beni capitali per lavoratore, sono uno stato in continua espansione e le politiche monetarie allentate della banca centrale. Secondo l'opinione popolare, ciò che stimola l'economia è la domanda di beni e servizi.
Se, per un qualsiasi motivo, questa domanda risulta insufficiente è dovere dello stato e della banca centrale quello di rafforzarla. Tuttavia, l'indipendenza della domanda a guida dell'economia è una premessa falsa. Ogni unità della domanda deve essere finanziata da una produzione di ricchezza precedente. Con la produzione di qualcosa di utile per altri individui, si genera una domanda per altri beni utili.
Qualsiasi politica che aumenta artificialmente la domanda, porta ad un consumo che non è sostenuto da una produzione di ricchezza precedente. Ad esempio, il pompaggio monetario che si suppone abbia lo scopo di risollevare le sorti dell'economia, genera attività che non possono sostenersi da sole. Ciò significa che la loro esistenza è possibile solo deviando ricchezza reale da coloro che la generano.
La stampante monetaria mette in moto uno scambio di niente per qualcosa. Si noti che un pompaggio monetario pone le basi per varie attività non produttive (o bolle) — invece di usare la ricchezza per finanziare l'espansione delle infrastrutture, il pompaggio monetario la incanala verso attività che la sperperano.
Ciò significa che il pompaggio monetario conduce allo sperpero di ricchezza reale. Allo stesso modo, una politica prona ad abbassare artificialmente i tassi di interesse al fine di rilanciare la domanda, fornisce il supporto per diverse attività non produttive che in un contesto di libero mercato non sarebbero mai emerse.
Più le banche centrali di tutto il mondo persisteranno con le loro politiche monetarie allentate, maggiore sarà il rischio di danneggiare seriamente il processo di generazione di ricchezza. Questo a sua volta aumenterà la probabilità di una stagnazione prolungata.
Tutto questo può essere invertito, riducendo le dimensioni dello stato e smettendola con l'espansione monetaria. Ovviamente una politica fiscale e monetaria più restrittiva farà scoppiare le varie attività non produttive.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
mercoledì 24 settembre 2014
La Federal Reserve lancerà un altro giro di QE
di Richard Duncan
Nel novembre 2002 il governatore della FED, Ben Bernanke, introdusse nel mondo il concetto di Quantitative Easing. In un discorso dal titolo “Deflation: Making Sure It Doesn’t Happen Here”, spiegò che la FED poteva impedire uno scenario deflazionistico negli Stati Uniti creando denaro per acquistare obbligazioni statali e private (cioè di Fannie Mae e Freddie Mac). Proclamò che questa "politica monetaria non ortodossa" sarebbe stata particolarmente efficace se eseguita in combinazione con una politica fiscale espansiva.
Con questo discorso, Bernanke rassicurò il settore bancario e il resto della comunità degli speculatori che l'onnipotenza della FED era viva e vegeta. In tal modo incoraggiò una creazione di credito ancora più aggressiva, portando irresponsabilità nell'assunzione dei rischi. Di conseguenza la bolla di credito, che era già cresciuta abbastanza, diventò molto più grande. Quando implose sei anni più tardi, il presidente della FED Bernanke, in collaborazione con i Segretari del Ministero del Tesoro Paulson e Geithner, rispose alla crisi con quelle precise politiche che aveva descritto nel 2002.
La FED iniziò a stampare grandi quantità di denaro e ad usarle per comprare debito pubblico e privato. Il Tesoro iniziò a prendere in prestito e spendere migliaia di miliardi di dollari, grazie anche a tassi di interesse molto bassi generati dalle azioni della FED. Questa combinazione di stimolo fiscale e monetario ha impedito una nuova grande depressione ed il crollo dei prezzi che ne sarebbe seguito.
Pertanto, mentre non va dimenticato che Bernanke è colpevole dell'arrivo di questa crisi, bisogna anche riconoscere che aveva ragione quando dichiarò che la FED sarebbe stata in grado di prevenire uno scenario deflazionistico mediante l'uso aggressivo di una politica monetaria non ortodossa.
Molti commentatori finanziari hanno notato che dall'inizio del 2009 le riserve bancarie detenute presso la FED sono aumentate di $2.9 bilioni. Dato che questa cifra è pari all'83% della somma di denaro che la FED ha creato finora, hanno concluso che quasi tutto il denaro creato attraverso il QE è rimasto bloccato nel circuito bancario, e che quindi non ha avuto alcun impatto sull'economia. Questa interpretazione non è del tutto corretta.
Tra il 2009 ed il 2013, il governo ha preso in prestito circa $5.8 bilioni per finanziare i propri deficit di bilancio. Durante questo periodo la FED ha acquistato obbligazioni statali per un valore pari a $1.9 bilioni. Se la FED non le avesse comprate, o il governo avrebbe dovuto spendere $1.9 bilioni di meno, eliminando $1.9 bilioni di domanda aggregata dall'economia, oppure avrebbe dovuto prendere in prestito quella somma dai mercati finanziari.
Ciò avrebbe drenato liquidità dal sistema ed avrebbe spinto verso l'alto i tassi di interesse (innescando un conseguente crowding out). Tassi di interesse più elevati avrebbero causato un crollo più marcato del mercato immobiliare ed avrebbero influenzato il resto dell'economia in molti altri modi. Il QE ha permesso al governo di aumentare la domanda aggregata attraverso una spesa a deficit finanziata da tassi di interesse molto bassi.
La FED ha anche acquistato debito privato per un ammontare di $1.7 bilioni, ovvero, il debito ipotecario emesso e garantito da Fannie e Freddie. Questo ha puntellato il prezzo di tali obbligazioni e ne ha spinto verso il basso i rendimenti. Con l'acquisizione di suddetti titoli obbligazionari ad un prezzo molto più elevato di quello di mercato, la FED ha contribuito a ripristinare la solvibilità di un settore finanziario storpio, il quale era ormai sull'orlo dell'abisso.
Spingendo verso il basso il rendimento dei titoli garantiti da ipoteca, la FED ha fermato il crollo dei prezzi degli immobili e poi, con il QE 3, li ha fatti rimbalzare. L'aumento dei prezzi degli immobili ha aiutato a reflazionare l'economia, spingendo verso l'alto il patrimonio netto del settore delle famiglie. Se la FED non avesse comprato $1.7 bilioni di debito ipotecario, il rendimento di tali titoli sarebbe rimasto elevato, i relativi possessori avrebbero avuto per le mani asset deteriorati ed il mercato immobiliare avrebbe sperimentato ulteriori correzioni.
In questi modi il QE ha notevolmente rafforzato i fondamentali economici degli Stati Uniti. Gli investitori azionari l'hanno compreso e si sono buttati a capofitto nel mercato azionario, portandolo più in alto ogni volta che veniva annunciato un nuovo round di QE. Anche l'impennata dei prezzi delle azioni ha contribuito a reflazionare l'economia statunitense.
Tra il rimbalzo dei prezzi degli immobili ed il forte aumento dei prezzi delle azioni, il valore netto del settore delle famiglie è aumentato di $25 bilioni (o del 45%) dai minimi raggiunti nel 2009. Ora è cresciuto del 17% in più rispetto al suo picco pre-crisi. Questo aumento della ricchezza è stato il risultato del Quantitative Easing. Cos'altro potrebbe spiegarlo? Questo aumento nel patrimonio netto ha chiaramente creato un effetto ricchezza che ha permesso molti più consumi e, di conseguenza, una maggiore crescita economica (nominale, ndt) di quanto sarebbe stato possibile altrimenti.
Non è stato un caso che il patrimonio netto sia aumentato di $25 bilioni nello stesso periodo in cui la banca centrale stava creando quantità senza precedenti di denaro fiat per acquistare attività finanziarie. E' certo che il QE abbia reflazionato l'economia degli Stati Uniti, spingendo in alto i prezzi degli asset. Non è affatto certo, tuttavia, che l'economia rimarrà "reflazionata" quando ad ottobre il QE finirà. In realtà, le probabilità sono molto alte che inizierà a sgonfiarsi di nuovo.
Se dovesse accadere, la FED dovrebbe quindi decidere se non fare nulla e lasciare che quanto fatto finora venga inghiottito da una nuova recessione (più grave) e dalla deflazione, oppure lanciare un altro round di Quantitative Easing. Credo che per la FED sarà una decisione facile. Dopo tutto, che cosa sono un paio di miliardi di dollari in più (condivisi) tra gli amici degli amici?
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
martedì 23 settembre 2014
Mentre la Germania perde il controllo sulla BCE, il QE è ormai mondiale
Su noiseFromAmeriKa è stato pubblicato un buon articolo sulla deflazione specificamente italiana, in cui si sottolinea come i beni che hanno visto un calo dei prezzi sono fondamentalmente i beni commerciabili e le commodities, ovvero, quei beni che sono extra-nazionali. La conclusione è importante: "[...] In conclusione, grattando la superficie del dato sbattuto a caratteri cubitali sulle prime pagine di sabato 30 agosto si scoprono indizi che suggeriscono la presenza anche di quella che abbiamo chiamato nel precedente post 'deflazione buona'. Purtroppo l'Italia naviga da 15 anni in cattive acque, quindi mi rendo conto che questa è ben poca consolazione a fronte di, per esempio, il conseguente aggravio delle conseguenze di un elevato debito pubblico." La fobia della deflazione in questo contesto è del tutto ingiustificata, poiché i consumatori hanno tutto da guadagnare in un ambiente economico in cui il potere d'acquisto della moneta aumenta e si ritrova ad agire in un contesto di stabilità dei prezzi. Chi ha tutto da perdere sono quei debitori che hanno puntato su investimenti improduttivi che non rendono quanto necessario per rimanere in attività. E' ormai ovvio che lo stato impersona la quintessenza di questa descrizione. C'è timore che il deleveraging vada ad intaccare i prezzi di quegli asset gonfiati artificialmente: bolla dei titoli di stato. Ed ora che la FED ha intenzione di rallentare il proprio QE, prosciugando la quantità di liquidità incanalata in suddetta bolla, gli stati europei temono di perdere il controllo. Ecco perché la decisione di Draghi è arrivata proprio ora. Ecco perché lo stato non smetterà di spendere sconsideratamente. Ecco perché finirà male.
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di Detlev Schlichter
Cosa sta facendo Super Mario?
In primo luogo, il suo discorso al convegno di Jackson Hole è stato inaspettatamente audace, mettendo in ombra la padrona di casa, la Yellen, che secondo le anticipazioni doveva essere la sola protagonista (parlando del mercato del lavoro, la sua materia preferita). Avendo sollevato aspettative per uno "stimolo" maggiore durante la riunione della settimana precedente, le ha addirittura superate con un altro taglio dei tassi e la conferma di un QE sotto forma di acquisti di titoli garantiti da asset.
Questi eventi non sono significativi perché rilanceranno finalmente l'economia dell'Eurozona (non lo faranno), ma perché:
La spaccatura ideologica che attraversa l'Unione Europea è ampia e profonda, e coinvolge sempre di più la banca centrale. Ed i tedeschi stanno perdendo la battaglia.
Per quanto riguarda il punto 1), è stato appena tre mesi fa che le BCE ha tagliato i tassi e ha attratto le prime pagine dei giornali per essere stata la prima banca centrale (di una certa importanza) ad attuare una politica di tassi negativi. Qualunque sia il vostro punto di vista riguardo la nuova recessione dell'Eurozona e l'apparente necessità di ulteriori azioni, difficilmente l'ennesima riduzione dei tassi farà la differenza. Tuttavia, l'implementazione di suddetti tagli in un così breve lasso di tempo sembra nervosa e ansiosa, o addirittura scriteriata. E' difficile che tutto ciò possa infondere fiducia.
E per quanto riguarda le misure "non convenzionali" richieste con tanta veemenza dai commentatori economici, beh, le "iniezioni di liquidità mirate" che dovrebbero elargire denaro fresco di stampa alle società assetate di liquidità, e che sono state annunciate a giugno, non sono ancora state implementate. A quanto pare, ed a ragion veduta, la BCE ha voluto attendere l'esito della sua "revisione sulla qualità degli attivi bancari". Ora, prima che queste misure potessero essere avviate e che potesse esserne valutato l'impatto, sono state annunciate misure supplementari. Inoltre questi acquisti di asset non sono una sorpresa. Si sapeva che la BCE aveva ingaggiato BlackRock per aiutarla a preparare un tale programma. Forse il processo è stato accelerato.
Questo è il QE dell'Eurozona
Questo è, naturalmente, un quantitative easing (QE). Molti commentatori hanno affermato il contrario, di come la BCE abbia evitato un QE vero e proprio. Questo punto di vista implica che solo l'acquisto di debito sovrano possa essere propriamente definito QE. Non ha senso. La FED, come parte del suo primo round di QE nel 2008, ha acquistato solo titoli garantiti da ipoteca. Nel suo primo programma di QE non c'erano obbligazioni sovrane, e nonostante ciò venne definito QE a tutti gli effetti. I titoli garantiti da ipoteca sono, naturalmente, una forma di titoli garantiti da asset, e la BCE ha annunciato proprio questo tipo di acquisti. Questo è un QE, punto e basta. La BCE espanderà il suo bilancio con l'acquisto di asset selezionati e con la creazione di riserve bancarie supplementari (per le quali le banche dovranno pagare alla BCE una "tassa" dello 0.2%).
Per quanto riguarda il punto 2), i tedeschi non solo sono rimasti sconvolti dalle decisioni della BCE (Jens Weidmann della Bundesbank si è opposto, ma è stato messo in minoranza), ma anche dalla nuova retorica di Draghi. A Jackson Hole ha usato la parola che inizia per F, come "flessibilità", che sta per flessibilità fiscale o più margini di manovra per quei paesi con grandi deficit. In tal modo ha adottato la retorica del governo italiano e francese, ogni volta che chiedono più tempo per le riforme strutturali ed il consolidamento fiscale. Al governo tedesco non piace (a quanto pare la Merkel e Schäuble hanno telefonato a Draghi dopo il discorso a Jackson Hole e si sono lamentati.)
La strategia tedesca è stata quella di mettere pressione su quei paesi riluttanti ad implementare riforme strutturali, Francia ed Italia in particolare, e di non permettere loro di spostare tale onere sulla BCE. Draghi ha ormai indebolito la strategia tedesca.
I tedeschi temono, a ragion veduta, che alcuni paesi vogliano sempre più tempo e non attueranno alcuna riforma. In contrasto con quei paesi che avevano le spalle al muro durante la crisi e che non avevano altra scelta se non cambiare rotta (come la Grecia, l'Irlanda e la Spagna), la Francia e l'Italia finora non hanno fatto niente sul fronte delle riforme strutturali. La competitività della Francia è diminuita da quando nel 2000 ha approvato la settimana lavorativa da 35 ore, e tale politica rimane praticamente intoccabile. In Italia Renzi vuole allentare le normative asfissianti sul lavoro, ma deve affrontare la dura opposizione dei sindacati e della sinistra (soprattutto nel suo stesso partito). Ora si prefigge di attuare le riforme in tre anni, come ha annunciato la scorsa settimana.
Draghi si allontana dai tedeschi
L'influenza tedesca sulla BCE è in calo. E' stata questa influenza che ha tenuto viva la prospettiva di un approccio un po' diverso rispetto a quello adottato dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dal Giappone. Naturalmente le differenze non devono essere sopravvalutate. Nella zona Euro, come altrove, abbiamo osservato la soppressione del tasso di interesse, le manipolazioni dei prezzi degli asset, massicce iniezioni di liquidità e, peggio ancora, controlli sui capitali e divieti sulle vendite allo scoperto. Ma abbiamo anche visto una maggiore apertura alla ristrutturazione, allo stringere la cinghia, alla liquidazione e, sì, anche al default, in modo da liberare il sistema dalle deformazioni e dagli squilibri che sono le cause profonde delle recessioni e degli impedimenti ad una crescita sana e sostenibile. Nella zona Euro non si è parlato solo di "stimolo" e "stimolare la domanda aggregata". Ma la BCE si sta comportando come qualsiasi altra banca centrale il cui mandato prevede di mantenere alti i prezzi degli asset, di mantenere bassi gli oneri finanziari degli stati e di mantenere un generoso flusso di liquidità in modo da coprire le crepe del sistema, sostenere un miraggio di solvibilità e sostenibilità, e generare una certa crescita artificiale e di breve durata. Il QE non solo arriverà nella zona Euro, diventerà uno strumento convenzionale proprio come altrove.
Credo che i due punti menzionati sopra (improvvisa iperattività di Draghi e la sua chiara rottura con i tedeschi) spieghino perché l'euro si stia indebolendo, e perché gli annunci di giovedì scorso hanno avuto un impatto più significativo sui mercati rispetto a quelli di giugno. Con l'influenza tedesca sulla BCE in declino, svalutare la propria valuta diventa la strategia più facile da seguire, e questa è già una politica ufficiale in Giappone e negli Stati Uniti.
Draghi è spaventato dai numeri deboli della crescita e dalla prospettiva di una deflazione?
Forse, ma dovremmo mettere le cose in prospettiva.
L'Europa ha un problema di crescita strutturale, come detto sopra. Se non vengono rimossi gli ostacoli strutturali alla crescita, l'Europa non crescerà e nessuna quantità di denaro stampato potrà risolvere il problema.
Nessuno dovrebbe sorprendersi se alcune parti d'Europa finiscono in recessione tecnica a momenti alterni. Se la "crescita zero" è il percorso intrapreso, allora sperimentare una "crescita negativa" di tanto in tanto, o anche regolarmente, non dovrebbe sorprendere nessuno. Lo sconcerto circa la recessione "a triplo fondo" dell'Italia è un'iperbole. E' semplicemente quello che ci si dovrebbe aspettare. Detto questo, sospetto che siamo già entrati in un altro rallentamento congiunturale più ampio, non solo in Europa ma anche in Asia (Cina, Giappone) e nel Regno Unito.
Il dibattito sulla deflazione che troviamo sui giornali è al limite del ridicolo. Viene trasmessa l'impressione che un calo nelle letture ufficiali dell'inflazione, da uno 0.5% allo 0.3%, abbia un notevole contenuto informativo, e che se lasciassimo calare questa cifra sotto lo zero finiremmo improvvisamente in una qualche terribile trappola deflattiva, dalla quale non riusciremo a sfuggire per molti anni. Questa è una fesseria. Non c'è niente nella teoria economica e nella storia economica che supporti queste sciocchezze. E, no, non è questo quello che è successo in Giappone.
Il margine di errore intorno a questi numeri è notevole. Per quanto ne sappiamo, nella zona Euro potremmo già avere un tasso di inflazione al di sotto del punto percentuale. O addirittura al di sopra del punto percentuale. In entrambi i casi, si tratta inconfutabilmente di stabilità dei prezzi. Supporre che riduzioni modeste in un dato prezzo medio si traducano improvvisamente in un disastro economico, è semplicemente folle. Molte economie hanno sperimentato periodi di deflazione prolungati (potere d'acquisto del denaro moderatamente crescente), addirittura superiori a quanto il Giappone ha sperimentato nel corso degli ultimi 20 anni, eppure sono cresciute bene.
Come l'ex-governatore della Banca del Giappone, Masaaki Shirakawa, ha spiegato di recente, la deflazione in Giappone è stata "molto mite" e può aver avuto molti effetti positivi. In una società in rapido invecchiamento, con molti risparmiatori e con una crescita lenta, la deflazione ha aiutato a conservare il potere d'acquisto dei consumatori ed il loro tenore di vita. Il Giappone ha un tasso di disoccupazione ufficiale al di sotto del 4%. Il Giappone ha molti problemi, ma la deflazione non è uno di loro.
Tra l'altro, neanche l'assenza di inflazione nella zona Euro dovrebbe essere una sorpresa. Non c'è stata alcuna crescita monetaria e creditizia negli ultimi anni, le banche stanno ancora riparando i loro bilanci, come sta verificando la "revisione della qualità degli attivi bancari". Le banche sono riluttanti a concedere prestiti ed il settore privato è attento ad accendere nuovi prestiti, cercando di agire con criterio.
Aspettarsi un'inflazione alla cifra arbitraria del 2% è semplicemente irrealistico.
Conclusioni
Il nuovo attivismo di Draghi sposta la BCE nella direzione della FED e la Banca del Giappone. Ciò allontana i tedeschi e rafforza marginalmente la posizione della periferia meridionale della zona Euro. Questa politica monetaria non rilancerà la crescita europea. Solo una corretta riforma strutturale può farlo, ma gran parte dell'Europa sembra incapace di attuarla, almeno senza un'altra crisi importante. I disavanzi di bilancio cresceranno.
Lo "stimolo" dell'economia qui non c'entra niente, la politica moentaria serve solo a mantenere lo status quo. I tassi di interesse super bassi servono a sostenere quelle strutture che altrimenti si sarebbero rivelate obsolete, e che, in un libero mercato, sarebbero state sostituite. L'establishment europeo è interessato a mantenere lo status quo a tutti i costi, e la politica monetaria ultra allentata ed il QE stanno facendo proprio questo.
Secondo il nuovo programma di acquisto di titoli garantiti da asset, il bilancio della BCE diventerà una discarica per asset bancari indesiderati (la nuova banca "cattiva" della zona Euro). Come quasi tutto ciò che riguarda l'Euro-progetto, si tratta di spostare le responsabilità, oscurare le passività e socializzare i costi delle decisioni sbagliate. Il socialismo monetario sta arrivando. Il mercato verrà danneggiato ulteriormente.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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di Detlev Schlichter
Cosa sta facendo Super Mario?
In primo luogo, il suo discorso al convegno di Jackson Hole è stato inaspettatamente audace, mettendo in ombra la padrona di casa, la Yellen, che secondo le anticipazioni doveva essere la sola protagonista (parlando del mercato del lavoro, la sua materia preferita). Avendo sollevato aspettative per uno "stimolo" maggiore durante la riunione della settimana precedente, le ha addirittura superate con un altro taglio dei tassi e la conferma di un QE sotto forma di acquisti di titoli garantiti da asset.
Questi eventi non sono significativi perché rilanceranno finalmente l'economia dell'Eurozona (non lo faranno), ma perché:
- sembrano precipitosi e dettati dal panico;
- mettono chiaramente all'angolo i tedeschi.
La spaccatura ideologica che attraversa l'Unione Europea è ampia e profonda, e coinvolge sempre di più la banca centrale. Ed i tedeschi stanno perdendo la battaglia.
Per quanto riguarda il punto 1), è stato appena tre mesi fa che le BCE ha tagliato i tassi e ha attratto le prime pagine dei giornali per essere stata la prima banca centrale (di una certa importanza) ad attuare una politica di tassi negativi. Qualunque sia il vostro punto di vista riguardo la nuova recessione dell'Eurozona e l'apparente necessità di ulteriori azioni, difficilmente l'ennesima riduzione dei tassi farà la differenza. Tuttavia, l'implementazione di suddetti tagli in un così breve lasso di tempo sembra nervosa e ansiosa, o addirittura scriteriata. E' difficile che tutto ciò possa infondere fiducia.
E per quanto riguarda le misure "non convenzionali" richieste con tanta veemenza dai commentatori economici, beh, le "iniezioni di liquidità mirate" che dovrebbero elargire denaro fresco di stampa alle società assetate di liquidità, e che sono state annunciate a giugno, non sono ancora state implementate. A quanto pare, ed a ragion veduta, la BCE ha voluto attendere l'esito della sua "revisione sulla qualità degli attivi bancari". Ora, prima che queste misure potessero essere avviate e che potesse esserne valutato l'impatto, sono state annunciate misure supplementari. Inoltre questi acquisti di asset non sono una sorpresa. Si sapeva che la BCE aveva ingaggiato BlackRock per aiutarla a preparare un tale programma. Forse il processo è stato accelerato.
Questo è il QE dell'Eurozona
Questo è, naturalmente, un quantitative easing (QE). Molti commentatori hanno affermato il contrario, di come la BCE abbia evitato un QE vero e proprio. Questo punto di vista implica che solo l'acquisto di debito sovrano possa essere propriamente definito QE. Non ha senso. La FED, come parte del suo primo round di QE nel 2008, ha acquistato solo titoli garantiti da ipoteca. Nel suo primo programma di QE non c'erano obbligazioni sovrane, e nonostante ciò venne definito QE a tutti gli effetti. I titoli garantiti da ipoteca sono, naturalmente, una forma di titoli garantiti da asset, e la BCE ha annunciato proprio questo tipo di acquisti. Questo è un QE, punto e basta. La BCE espanderà il suo bilancio con l'acquisto di asset selezionati e con la creazione di riserve bancarie supplementari (per le quali le banche dovranno pagare alla BCE una "tassa" dello 0.2%).
Per quanto riguarda il punto 2), i tedeschi non solo sono rimasti sconvolti dalle decisioni della BCE (Jens Weidmann della Bundesbank si è opposto, ma è stato messo in minoranza), ma anche dalla nuova retorica di Draghi. A Jackson Hole ha usato la parola che inizia per F, come "flessibilità", che sta per flessibilità fiscale o più margini di manovra per quei paesi con grandi deficit. In tal modo ha adottato la retorica del governo italiano e francese, ogni volta che chiedono più tempo per le riforme strutturali ed il consolidamento fiscale. Al governo tedesco non piace (a quanto pare la Merkel e Schäuble hanno telefonato a Draghi dopo il discorso a Jackson Hole e si sono lamentati.)
La strategia tedesca è stata quella di mettere pressione su quei paesi riluttanti ad implementare riforme strutturali, Francia ed Italia in particolare, e di non permettere loro di spostare tale onere sulla BCE. Draghi ha ormai indebolito la strategia tedesca.
I tedeschi temono, a ragion veduta, che alcuni paesi vogliano sempre più tempo e non attueranno alcuna riforma. In contrasto con quei paesi che avevano le spalle al muro durante la crisi e che non avevano altra scelta se non cambiare rotta (come la Grecia, l'Irlanda e la Spagna), la Francia e l'Italia finora non hanno fatto niente sul fronte delle riforme strutturali. La competitività della Francia è diminuita da quando nel 2000 ha approvato la settimana lavorativa da 35 ore, e tale politica rimane praticamente intoccabile. In Italia Renzi vuole allentare le normative asfissianti sul lavoro, ma deve affrontare la dura opposizione dei sindacati e della sinistra (soprattutto nel suo stesso partito). Ora si prefigge di attuare le riforme in tre anni, come ha annunciato la scorsa settimana.
Draghi si allontana dai tedeschi
L'influenza tedesca sulla BCE è in calo. E' stata questa influenza che ha tenuto viva la prospettiva di un approccio un po' diverso rispetto a quello adottato dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dal Giappone. Naturalmente le differenze non devono essere sopravvalutate. Nella zona Euro, come altrove, abbiamo osservato la soppressione del tasso di interesse, le manipolazioni dei prezzi degli asset, massicce iniezioni di liquidità e, peggio ancora, controlli sui capitali e divieti sulle vendite allo scoperto. Ma abbiamo anche visto una maggiore apertura alla ristrutturazione, allo stringere la cinghia, alla liquidazione e, sì, anche al default, in modo da liberare il sistema dalle deformazioni e dagli squilibri che sono le cause profonde delle recessioni e degli impedimenti ad una crescita sana e sostenibile. Nella zona Euro non si è parlato solo di "stimolo" e "stimolare la domanda aggregata". Ma la BCE si sta comportando come qualsiasi altra banca centrale il cui mandato prevede di mantenere alti i prezzi degli asset, di mantenere bassi gli oneri finanziari degli stati e di mantenere un generoso flusso di liquidità in modo da coprire le crepe del sistema, sostenere un miraggio di solvibilità e sostenibilità, e generare una certa crescita artificiale e di breve durata. Il QE non solo arriverà nella zona Euro, diventerà uno strumento convenzionale proprio come altrove.
Credo che i due punti menzionati sopra (improvvisa iperattività di Draghi e la sua chiara rottura con i tedeschi) spieghino perché l'euro si stia indebolendo, e perché gli annunci di giovedì scorso hanno avuto un impatto più significativo sui mercati rispetto a quelli di giugno. Con l'influenza tedesca sulla BCE in declino, svalutare la propria valuta diventa la strategia più facile da seguire, e questa è già una politica ufficiale in Giappone e negli Stati Uniti.
Draghi è spaventato dai numeri deboli della crescita e dalla prospettiva di una deflazione?
Forse, ma dovremmo mettere le cose in prospettiva.
L'Europa ha un problema di crescita strutturale, come detto sopra. Se non vengono rimossi gli ostacoli strutturali alla crescita, l'Europa non crescerà e nessuna quantità di denaro stampato potrà risolvere il problema.
Nessuno dovrebbe sorprendersi se alcune parti d'Europa finiscono in recessione tecnica a momenti alterni. Se la "crescita zero" è il percorso intrapreso, allora sperimentare una "crescita negativa" di tanto in tanto, o anche regolarmente, non dovrebbe sorprendere nessuno. Lo sconcerto circa la recessione "a triplo fondo" dell'Italia è un'iperbole. E' semplicemente quello che ci si dovrebbe aspettare. Detto questo, sospetto che siamo già entrati in un altro rallentamento congiunturale più ampio, non solo in Europa ma anche in Asia (Cina, Giappone) e nel Regno Unito.
Il dibattito sulla deflazione che troviamo sui giornali è al limite del ridicolo. Viene trasmessa l'impressione che un calo nelle letture ufficiali dell'inflazione, da uno 0.5% allo 0.3%, abbia un notevole contenuto informativo, e che se lasciassimo calare questa cifra sotto lo zero finiremmo improvvisamente in una qualche terribile trappola deflattiva, dalla quale non riusciremo a sfuggire per molti anni. Questa è una fesseria. Non c'è niente nella teoria economica e nella storia economica che supporti queste sciocchezze. E, no, non è questo quello che è successo in Giappone.
Il margine di errore intorno a questi numeri è notevole. Per quanto ne sappiamo, nella zona Euro potremmo già avere un tasso di inflazione al di sotto del punto percentuale. O addirittura al di sopra del punto percentuale. In entrambi i casi, si tratta inconfutabilmente di stabilità dei prezzi. Supporre che riduzioni modeste in un dato prezzo medio si traducano improvvisamente in un disastro economico, è semplicemente folle. Molte economie hanno sperimentato periodi di deflazione prolungati (potere d'acquisto del denaro moderatamente crescente), addirittura superiori a quanto il Giappone ha sperimentato nel corso degli ultimi 20 anni, eppure sono cresciute bene.
Come l'ex-governatore della Banca del Giappone, Masaaki Shirakawa, ha spiegato di recente, la deflazione in Giappone è stata "molto mite" e può aver avuto molti effetti positivi. In una società in rapido invecchiamento, con molti risparmiatori e con una crescita lenta, la deflazione ha aiutato a conservare il potere d'acquisto dei consumatori ed il loro tenore di vita. Il Giappone ha un tasso di disoccupazione ufficiale al di sotto del 4%. Il Giappone ha molti problemi, ma la deflazione non è uno di loro.
Tra l'altro, neanche l'assenza di inflazione nella zona Euro dovrebbe essere una sorpresa. Non c'è stata alcuna crescita monetaria e creditizia negli ultimi anni, le banche stanno ancora riparando i loro bilanci, come sta verificando la "revisione della qualità degli attivi bancari". Le banche sono riluttanti a concedere prestiti ed il settore privato è attento ad accendere nuovi prestiti, cercando di agire con criterio.
Aspettarsi un'inflazione alla cifra arbitraria del 2% è semplicemente irrealistico.
Conclusioni
Il nuovo attivismo di Draghi sposta la BCE nella direzione della FED e la Banca del Giappone. Ciò allontana i tedeschi e rafforza marginalmente la posizione della periferia meridionale della zona Euro. Questa politica monetaria non rilancerà la crescita europea. Solo una corretta riforma strutturale può farlo, ma gran parte dell'Europa sembra incapace di attuarla, almeno senza un'altra crisi importante. I disavanzi di bilancio cresceranno.
Lo "stimolo" dell'economia qui non c'entra niente, la politica moentaria serve solo a mantenere lo status quo. I tassi di interesse super bassi servono a sostenere quelle strutture che altrimenti si sarebbero rivelate obsolete, e che, in un libero mercato, sarebbero state sostituite. L'establishment europeo è interessato a mantenere lo status quo a tutti i costi, e la politica monetaria ultra allentata ed il QE stanno facendo proprio questo.
Secondo il nuovo programma di acquisto di titoli garantiti da asset, il bilancio della BCE diventerà una discarica per asset bancari indesiderati (la nuova banca "cattiva" della zona Euro). Come quasi tutto ciò che riguarda l'Euro-progetto, si tratta di spostare le responsabilità, oscurare le passività e socializzare i costi delle decisioni sbagliate. Il socialismo monetario sta arrivando. Il mercato verrà danneggiato ulteriormente.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
lunedì 22 settembre 2014
Il declino di un impero
di James E. Miller
Il mondo sembra proprio finito nel caos più assoluto. L'esercito israeliano ha invaso la striscia di Gaza dopo la rottura di un accordo di cessate il fuoco durato 18 mesi. Quale lato abbia rotto l'accordo è ancora una questione aperta. Un aereo di linea commerciale è stato abbattuto nello spazio aereo ucraino. I media occidentali ed i politici affermano che l'atto di violenza sia stato commesso dal presidente russo Vladimir Putin nel tentativo di conquistare la zona contigua. In Iran, il governo sta pensando seriamente di costruire armi nucleari, con grande costernazione dei pensatori globalisti. Lì accanto, nel parco giochi del Diavolo in Iraq, gli islamisti radicali stanno causando enormi disastri, compresa la distruzione di chiese storiche dei tempi apostolici.
Tutto questo sconquasso è colpa del prestigio americano in calo, secondo Robert Fulford. Nel suo ultimo articolo per il National Post, Fulford lamenta l'indifferenza del presidente Barack Obama mentre la violenza esplode nella parte più pericolosa del pianeta. Scrive che gran parte del mondo non vede più Washington come una minaccia. Sotto la presidenza Obama: "La politica degli Stati Uniti è diventata irregolare e timida, soggetta a modifiche arbitrarie senza preavviso." Fulford porta l'esempio della mancanza di una risposta forte nella guerra civile siriana, tanto per evidenziare l'allontanamento dell'America dalle luci della ribalta. Se gli Stati Uniti non riprederanno presto la loro leadership sulla scena mondiale, il "futuro sarà sempre più terribile."
Fulford è ben lungi dall'essere solo nella sua ricerca di colpe da assegnare. Giornalisti provenienti da entrambi gli schieramenti politici hanno criticato il Presidente. L'arci-neoconservatore Charles Krauthammer ha definito "passivi e disinteressati" i commenti di Obama sull'aereo abbattuto della Malaysia Airlines. James Kirchick – il guerrafondaio di sinistra che trae grande piacere dalla potenza americana dispiegata all'estero – ha affermato perentoriamente come sia finalmente giunto il momento che "l'Occidente affronti a muso duro Putin", con gli Stati Uniti che dovrebbero appoggiare i militari ucraini.
Tutti questi critici suppongono che l'America sia in grado di premere un interruttore e riorganizzare gli affari del mondo per soddisfare i propri standard. Non riescono a comprendere come l'impero degli Stati Uniti si stia in realtà sfaldando. Gli anni '50 sono passati da un bel pezzo. Il massimale del bilancio di Washington si avvicina ogni giorno che passa. Il debito nazionale è di $17 bilioni; un numero insondabile che è impossibile da mantenere in perpetuo. L'economia domestica è ancora lenta e non si è mai ripresa dal crollo del mercato nel 2008. Il tempo del predominio americano potrebbe presto volgere al termine. E la verità deve ancora aprire gli occhi a quelle persone amanti degli imperi.
Le teste di legno che opinano nei talk show della domenica mattina, sono ancora bloccate ai tempi della guerra fredda. Si rifiutano di affrontare la verità sulla politica estera:
- ci sono troppe tonalità di grigio affinché il bene ed il male siano nettamente evidenti;
- la verità e la finzione spesso coincidono a seconda delle idee preconcette degli individui.
I cosiddetti esperti dimenticano il consiglio del realista Walter Lippmann che ha fatto notare come la politica estera razionale "consista nel portare in equilibrio gli impegni di una nazione e la sua potenza."
Ancora più importante, i media non sembrano rendersi conto che i conflitti di oggi non sono il risultato di fazioni in guerra. I dissapori in Iran, Ucraina, Israele, Palestina, Russia ed in ogni altro paese sotto l'influenza del potere occidentale, non hanno avuto origine dal nulla. L'incessante ingerenza degli stati, in particolare di Washington, ha fomentato gli scontri che vediamo oggi. Molti sono il risultato diretto, o indiretto, della pianificazione globale la quale ha scarsa conoscenza delle possibili conseguenze indesiderate. Qualora l'amministrazione Obama ascoltasse le lamentele degli interventisti, il risultato potrebbe essere più morte, più violenza, e meno pace.
Gli scontri attuali hanno il marchio dell'ingerenza del governo degli Stati Uniti. In Ucraina, il conflitto tra nazionalisti e separatisti è una conseguenza del rovesciamento del presidente Viktor Yanukovich. Il colpo di stato è stato sostenuto surrettiziamente da Washington e dal suo gruppo di marionette nelle organizzazioni non governative. L'annessione della Crimea e le violenze in corso in quell'area, si possono far risalire al pungolamento della Russia da parte dell'Occidente.
In Iraq ritroviamo la solita calamità. L'ex-dittatore Saddam Hussein non era un angelo, ma sotto il suo dominio gli elementi islamici radicali venivano tenuti a bada. Il suo rovesciamento da parte delle forze americane ha lasciato il "luogo di nascita della civiltà" tutt'altro che civile. Il paese, che è stato formato arbitrariamente dalle potenze coloniali europee a seguito della prima guerra mondiale, sta barcollando lentamente verso una triplice divisione lungo linee etniche e religiose. I terroristi la cui lealtà va allo Stato Islamico d'Iraq ed alla Siria, stanno scatenando il caos in tutto il paese; un effetto che ricade su nazioni assediate come la Libia. Quest'ultimo campo di battaglia è, ovviamente, il risultato di un intervento occidentale finanziato principalmente dal governo degli Stati Uniti.
L'esperimento in cui l'America riprendeva le manovre dove le aveva lasciate l'Impero Britannico, sembra che stia finalmente volgendo al termine. Non è mai stato progettato per funzionare sempiternamente. Le contraddizioni dell'interventismo non stanno portando tranquillità, o addirittura supremazia, ma hanno permesso all'arroganza di regnare sovrana. L'influenza sugli altri paesi si sta allentando a causa dello scompiglio che è stato creato. L'ironia di questa nuova realtà è che il risultato era facile da prevedere. L'arroganza di essere in possesso di un'intelligenza superiore è da sempre un fallimento umano. Non è mai stato possibile che una cricca di attori politici potesse guidare gli affari del mondo senza problemi. Come ha scritto Friedrich Hayek: "[Nessuna] mente umana può comprendere tutta la conoscenza che guida le azioni della società."
Se dovessi avanzare una congettura per spiegare ciò che spinge il desiderio di predominio in tutto il mondo, direi che è l'ideologia. Ognuno ha la sua, ma il fervore con cui gli interventisti opinano è la più deleteria di tutte le ideologie. Essi non bramano solo il controllo, ma cercano una completa trasformazione degli altri popoli e delle loro culture in modo che si venga a creare un comportamento uniforme tra la popolazione del mondo. Gran parte della loro propaganda si basa sul pretesto dei diritti umani. Con tutti che si inchinano scondinzolanti davanti alle stesse bugie della celebrazione democratica, la libertà viene sgretolata.
Da Alessandro Magno al dominio britannico, la storia, se è maestra di vita, ci insegna che nessun gruppo di uomini è in grado di conquistare il mondo. E' semplicemente troppo grande, troppo vasto e troppo complesso. L'umanità è troppo irrequieta per sedersi e prendere ordini da dittatori. Analogamente, l'esito dell'interventismo non è senza conseguenze. Spesso ha effetti che non possono essere conosciuti in anticipo, e si rivelano di vasta portata. Coloro che criticano il declino del potere americano sulla scena globale, devono ancora imparare queste lezioni importanti.
La mentalità che desidera vedere il proprio paese con una presa ferrea sugli affari del mondo, è terribilmente ingenua. Gli imperi non sono liberi. La carta di credito di Washington non può essere ricaricata all'infinito. La necessità di prudenza è sempre più necessaria di giorno in giorno. Per il bene degli americani medi, e dei cittadini pacifici in tutto il mondo, speriamo che arrivi più prima che poi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
venerdì 19 settembre 2014
Il rigor mortis europeo
di Francesco Simoncelli
[Questo articolo è apparso in precedenza sul magazine online The Fielder.]
Scrivere della crisi europea equivale ormai a sparare sulla croce rossa. La visione mainstream di una Europa unita sta cadendo a pezzi sotto gli incessanti fallimenti della pianificazione centrale. Gli eurocrati credevano, infatti, di poter dar luce al loro esperimento monetario unico senza intoppi; per un certo periodo di tempo è andata così, ma come accade sempre quando abbiamo a che fare con la pianificazione centrale, essa è destinata a vedersi sgretolare tra le sue mani i suoi piani presumibilmente ben congeniati. Di conseguenza, sono iniziati i salti mortali per tenere a galla una barca che fa, vistosamente, acqua da tutte le parti. Finora, tutto non ha fatto altro che fallire. Dai fondi di "solidarietà" tra i vari stati membri fino ad una burocrazia invadente, la persistenza della stagnazione (che man mano si è tramutata in stagflazione) sta facendo arrovellare il cervello di coloro i quali si presume "sappiano meglio" cosa sia bene per il resto delle persone.
L'unica idea che sono stati in grado di avanzare non è affatto originale: pungolare la BCE affinché arroventi le rotative. In questi giorni il cambio EUR/USD ha visto un considerevole assottigliamento, da 1,338 nella seconda settimana di agosto fino a 1,313 dell'ultima. Come possiamo vedere da questo grafico, la BCE è tornata ad emettere foglietti di carta colorata. Stando a quanto riferisce Bloomberg, Draghi è ancora impegnato a sorreggere in tutti i modi possibili un comparto bancario i cui ultimi spasmi vengono scambiati per segnali di vita. Se non fosse stato per l'intervento attivo della banca centrale, a quest'ora i banchieri commerciali starebbero vendendo polizze assicurative porta a porta. Ma tutto ha un suo tempo.
Ad ora, la BCE si limiterà ad una sorta di mini-QE andando ad acquistare titoli cartolarizzati nel mercato degli ABS. Questi titoli fanno riferimento principalmente al settore subprime dei prestiti automobilistici ed immobiliari, ovvero, si cercherà di alleggerire ulteriormente il fardello del comparto bancario commerciale trasformando la BCE in una discarica in cui gettare tutto quel pattume generato fino ad ora dal suddetto settore finanziario in grave crisi. Infatti, i bilanci delle banche sono totalmente un disastro e continuare a nascondere questa evidenza con soluzioni di fantasia che rimandano nel tempo il giudizio finale del mercato, non aiuterà affatto una ripresa dell'economia.
Quanto detto, però, non fermerà le banche commerciali dal prestare denaro agli stati comprando i loro bond, ma ciò che si vuole conseguire (in potenza) con tale mossa è la ripresa del credito all'economia più ampia. In realtà questa è solo una pia illusione. Per quanto riguarda la società, e quindi gli individui in generale, essa è riluttante a prendere in prestito nuovi fondi per avviare un'attività. Il panorama economico è estremamente incerto, i segnali di mercato distorti e la voracità dello stato picchia forte sull'entusiasmo degli imprenditori. Inoltre, e ciò è più sconcertante, in Italia un terzo di tutte le richieste di prestito è destinato a saldare debiti preesistenti. Lo scoraggiamento è il vero padrone qui, ed i tassi di interesse reali raccontano tutta un'altra storia.
Al contrario, per le banche commerciali e lo stato i costi di finanziamento sono ultra bassi. Questo perché il compito ufficioso del settore bancario centrale è quello di aiutare in qualsiasi modo queste due entità. Sebbene i bond statali siano stati considerati "privi di rischi" da Basilea III, essi nella realtà non lo sono affatto poiché rappresentano la capacità dei singoli stati i estrarre ricchezza crescente dalla propria popolazione. Ovvero, la capacità degli stati di predare voracemente il bacino dei risparmi reali. Fin quando è in crescita, seppur esigua, questa strategia può andare avanti; una volta che diventa stagnante, o peggio si riduce, la capacità dello stato di garantire per le sue spese folli viene a mancare.
Il segnale di un bacino dei risparmi reali in pericolo è il fallimento coatto delle piccole e medie imprese, oltre ad una mancanza di rotazione economica all'interno dell'economia. Queste due principali condizioni rappresentano due spie dall'allarme che ci avvertono che bisogna fare attenzione a come si agisce. Allo stato attuale, tali segnali sono stati ignorati con noncuranza. Si offre allo stato un pasto gratis attraverso l'intermediazione delle banche commerciali che, forti dell'appoggio della banca centrale, sono disposte ad ingozzarsi di pattume oggligazionario statale per continuare a mandare avanti la giostra. Poi, a loro volta, gli stati salvano le banche in difficoltà.
Il coacervo di azzardo morale creato finora è qualcosa di abnorme, e va oltre qualsiasi cosa vista finora. Sin dal panico del 2008, è stato fatto poco e niente per risolvere il caos finanziario prolungato dalla necessità di salvaguardare i cosiddetti TBTF. Visto che gli artifizi contabili hanno consentito ai pianificatori centrali di schivare il proiettile fatale ancora una volta, si è preferito tornare a strafogarsi con l'indebitamento tronfi del fatto che in un modo o nell'altro è sempre possibile sfuggire alla sorte avversa. La formula magica è la solita: denaro dei contribuenti, interventismo crescente, manipolazione dei parametri economici. E' questo quello che è stato fatto finora, non c'è quindi da sorprendersi se le cattive si rincorrono giorno dopo giorno.
In Italia, ad esempio, in questi giorni si parla di un decreto del governo che dovrebbe finalmente sbloccare la situazione incagliata. In sostanza, lo stato italiano sta cercando in tutti i modi di ridare vita ad una bolla (presumibilmente quella dei lavori pubblici) per sostituire la bolla immobiliare scoppiata dopo la chiusura dei rubinetti da parte della BCE. Il governo Renzi non farà altro che spendere e creare nuovi investimenti improduttivi sopra quelli ancora da liquidare.
Ameco Chart: Total expenditure: general government :- ESA 1995 (Including one-off proceeds (treated as negative expenditure) relative to the allocation of mobile phone licences (UMTS)) (UUTG) |
Ma la cosa che fa impallidire è come verrà utilizzata la CDP, la quale rappresenta una fonte di finanziamento non indifferente per lo stato italiano. Nel decreto ci saranno: "[...] disposizioni per il potenziamento dell’operatività di Cassa Depositi e prestiti a supporto dell’economia." Questo significa più passività off-budget. Questo significa più intromissione della burocrazia nel libero mercato. Questo significa un default più doloroso. Perché a tutto ciò dobbiamo aggiungere la falsa efficienza dello stato nel campo imprenditoriale, il deserto industriale incalzante ed un sistema pensionistico condannato sin dalla nascita.
PATTINARE SUL GHIACCIO SOTTILE
Tali problemi, tuttavia, non riguardano solo il nostro paese. La decisione di continuare a calciare il barattolo è ormai una strategia implementata a livello globale. Infatti, come ci spiega Reuters, i pianificatori centrali del mondo sono finalmente giunti ad una risposta all'annosa domanda "Cosa fare per uscire dal tunnel della crisi?" Come soleva dire Quelo: "La risposta è dentro di te, però è sbagliata." I leader mondiali del G-20 hanno fatto sapere che a novembre alle banche sarà permesso di emettere particolari obbligazioni che permetteranno loro di aumentare la qualità del loro capitale. Beh, come se JP Morgan e Deutsche Bank non fossero già abbastanza ingombrate di titoli di debito tossico da far girare in tutto il mondo!
Arrivati a questo punto, apprendiamo come gli stimoli economici attuati fino ad ora non siano più sufficienti per tenere in piedi l'attuale sistema (soprattutto grazie alla FED, la quale non solo ha supportato artificilamente il mercato americano ma anche quello europeo), quindi la richiesta è per una loro maggiorazione. Nonostante i bilanci delle banche commerciali siano una catastrofe, pieni zeppi di asset non performanti, si cerca di farli apparire sani con una domanda artificiale per titoli che di produttivo non hanno nulla. Si continuerà semplicemente a gettare cartastraccia ai problemi economici.
Questa strategia è in netto contrasto con il volere del libero mercato, il quale sta forzando ancora una recessione in questo ambiente economico dati i livelli di errori accumulati fino ad ora.
Gli attori di mercato pagheranno a caro prezzo la presunzione dei pianificatori centrali, ricoprendo il ruolo di garanzia ultima dietro i loro azzardi morali. I contribuenti, infatti, saranno persistentemente chiamati a salvare la giornata qualora la situazione dovesse sfuggire di mano ed i piani ben congeniati dovessero dileguarsi in una bolla di sapone. Quanto può andare avanti una cosa del genere? Non per molto. Il numero di persone da parassitare si sta facendo sempre più esiguo, date le distorsioni che continuano ad accumularsi ed i fondamentali di mercato palesemente truccati.
Questo significa che più persone diventeranno dipendenti dagli assegni di Washington. Questo significa spesa pubblica fuori controllo. Questo significa Grande Default. Il welfare state manderà in bancarotta il moderno sistema statale, e con esso verranno infrante le tante promesse fatte all'elettorato. Quel giorno la maggior parte delle persone che verrà colta di sorpresa imparerà una lezione che, si spera, ricorderà a vita: non prestare più denaro allo stato e non credere nel suo potere presumibilmente salvifico.
Nel frattempo, sul fronte estero lo Shanghai Cooperation Organisation (SCO) continua a raccogliere adesioni. Il suo intento è chiaro: spodestare il dollaro come valuta universale nei pagamenti internazionali. Ultima a cedere al suo fascino è stata la Turchia, il cui ruolo di intermediario l'ha avvicinata ai BRICS sgonfiando il suo interesse per la NATO. Russia e Cina si stanno muovendo per offrire un'alternativa concorrenziale al biglietto verde, ed è davvero interessante notare come la banca centrale della Russia e tutte quelle facenti parte dello SCO abbiano aumentato le loro riserve d'oro negli ultimi anni.
UNA PROPOSTA MODESTA
Il contesto finora presentato, ha le sue radici in un sistema bancario protetto da un cartello e forte di privilegi d'impresa unici. La possibilità di poter in qualche modo manipolare il mezzo di scambio della società, pone il settore bancario in una posizione decisamente invidiabile. Questo risultato è stato raggiunto, nel corso degli anni, attraverso favori chiesti ed attuati dagli stati, i quali non hanno fatto altro che consolidare il potere degli istituti di credito. Propaganda e leggi ad hoc hanno lavorato per mettere fuori gioco le forze di mercato e sopprimerle quanto più a lungo possibile. Ciò ha posto barriere all'ingresso nel mercato monetario, impedendo ad eventuali concorrenti di presentare la loro offerta.
Seppur soppresse, le forze di mercato sono ancora vive. Non ci hanno mai abbandonato, perché siamo noi stesse ad alimentarle. I pianificatori centrali lo sanno, ed è per questo che stanno intensificando le normative per rendere il sistema bancario commerciale il referente principale per la maggior parte delle persone. Pensate, ad esempio, ai vostri conti in banca, a cosa succederebbe se voleste ritirare tutto il contato depositato. Sareste sommersi di scartoffie, per non parlare della visita a casa vostra di un agente del governo intenzionato "ad aiutarvi". Il vostro controllo sulla vostra vita è qualcosa che lo stato in questo momento non può permettersi. La volontà volubile degli individui li rende delle mine vaganti impossibili da predire. Questo significa che la situazione potrebbe sfuggire di mano in modi repentini ed imprevedibili.
Gli stessi metodi utilizzati per reprimere le libertà individuali si ritorceranno contro a coloro che li stanno implementando. La riserva frazionaria dà, la riserva frazionaria toglie. Se volete guardare la morte dello stato e dei suoi tentacoli, allora tenete d'occhio Bitcoin. Non ci sarà alcuna rivoluzione. Non ci sarà alcuna riforma partorita da una commissione qualsiasi. Il dinamismo del mercato spazzerà via, una volte per tutte, l'immobilismo anacronistico dello stato. Pensate alle poste.
Nel futuro prossimo, sempre più persone si rivolgeranno al laissez-faire per riscoprire quanto potenziale è stato finora represso da una manica di parassiti in giacca e cravatta. Ed è per questo che vi dico: abbracciate il laissez-faire! E' l'unico modo per velocizzare il processo di erosione di quei privilegi costruiti nel tempo da un sistema truffatore ed ingannatore. E' l'unico modo per smantellare le barriere all'entrata erette a difesa dello status quo monetario. E' l'unico modo per liberarsi una volte per tutte del cartello rappresentato dalle banche centrali.
Un ritorno alla concorrenza nel sistema monetario significherebbe disciplina, ponderazione del rischio e, soprattutto, calcolo economico. Le banche commerciali non avrebbero più salvagenti lanciati dalla politica per uscire da situazioni pericolose create da esse stesse. Niente più FDIC. Niente più soldi dei contribuenti. Niente più pistole e distintivi a guardia di entità protette. Solo la libertà, e nel nostro caso il free banking, metterebbe un serio freno alle espansioni monetarie incontrollate ed ai tremendi bust che ne seguono. Le azioni degli individui faranno il resto, andando a soddisfare le necessità di coloro che desiderano accendere prestiti e di coloro che desiderano depositare denaro.
Non c'è niente che la normativa civile e commerciale non possa affrontare quando si parla di banche, obbligando coloro che intendono fare affari con gli istituti di credito a rispettare gli oneri dei termini contrattuali stipulati. Lasciare che lo stato continui a controllare e regolamentare il settore bancario commerciale fino alle sua inevitabile implosione, non farà altro che ingigantire gli errori ed il dolore economico da sopportare quando questa situazione non potrà più andare avanti.
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