Ci risiamo. Eppure le confutazioni a queste sciocchezze non sono mancate. Ma a quanto pare certe assurdità trovano sempre terreno fertile, e questo sinceramente è qualcosa che non finirà mai di stupirmi. Comunque, l'ultimo arrogante in ordine cronologico a gonfiare il petto ed asserire come il capitalismo sia un sistema "fallimentare" è Thomas Piketty nel suo libro Capital in the XXI Century. La sua ignoranza nella conoscenza della storia economica è imbarazzante, visto che mostra come prova inconfutabile delle sue tesi il continuo arricchimento di quel 1% della popolazione a scapito del resto di noi. E' davvero così? Peccato che il nostro "esimio" autore si scordi di come funziona la legge di Pareto. Peccato che il nostro "esimio" autore si scordi di come funzioni il settore bancario centrale e come esso modelli l'economia. Peccato che il nostro "esimio" autore si scordi di come non sia la quantità degli investimenti a fare la differenza, ma la qualità. E indovinate un pò? La Casa Bianca e il FMI sono entusiasti del suo lavoro, soprattutto quando parla di progressivismo nella tassazione e tasse sulla "ricchezza". Magicamente gli anni di clientelismo scompaiono dal radar e ci ritroviamo catapultati a nostra insaputa in un'economia di libero mercato, dove sono stati perseguiti investimenti stimolati da risparmio reale ed evidenziati da segnali di mercato sani. Sciocchezze. Così come nel 1936, lo stato ha bisogno di continue giustificazioni per agire agli occhi degli individui.
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di Robert P. Murphy
Una delle caratteristiche principali dell'economia di mercato è il capitale. Infatti il sistema della libera impresa e della proprietà privata, viene spesso indicato con il termine capitalismo. Gli economisti, a loro volta, hanno sempre incluso il concetto di capitale nelle loro teorie e nei loro modelli sin dalla nascita dell'economia come disciplina autonoma. È giusto notare che, mentre scrivo questo articolo, il tomo di Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century, è il best-seller n°1 tra tutti i libri su Amazon.
Tuttavia è stato frainteso il ruolo del capitale e il suo posto nella teoria economica. Anche se questo aspetto è stato affinato alla luce della nuova teoria della produttività marginale dei prezzi, il crescente formalismo dell'economia nel XX secolo ha condotto molti economisti a scordare le nuove intuizioni.
Questo articolo descrive questi sviluppi e spiega perché molti degli economisti di oggi trarrebbero beneficio da una migliore comprensione della natura del capitale. La questione è importante non solo per capire la teoria di base della distribuzione del reddito, ma anche per comprendere temi complessi (come i cicli economici).
Definire il capitale
Una definizione standard di capitale è "mezzi di produzione di prodotti", che è un concetto fisico. Tuttavia gli economisti usano anche il termine "capitale" per indicare una somma di denaro. Quindi vi è una distinzione fondamentale tra capitale finanziario e capitale strumentale. Gli economisti utilizzano spesso lo stesso termine, "capitale," per fare riferimento allo stesso concetto. Ad esempio, il proprietario di una lavanderia a gettoni potrebbe dire: "Ho $300,000 di capitale investito nella mia attività". Vuol dire che se vendesse tutti gli asset dell'impresa e pagasse tutte le sue passività (come ad esempio un mutuo sulla proprietà detenuto dalla banca), si ritroverebbe con $300,000 in denaro. Qui "capitale" ovviamente è un concetto finanziario che coinvolge i prezzi di mercato ed è denominato in unità monetarie.
Tuttavia un economista potrebbe dire: "Oltre ai due operai e alla terra su cui si trova l'edificio, la lavanderia utilizza capitale sotto forma di lavatrici, asciugatrici e distributori automatici che dispensano detersivo e salviette ammorbidenti per l'asciugatrice". In questo caso con "capitale" si intende beni fisici, e questi non possono essere aggregati in un unico numero.
La distinzione tra capitale finanziario e capitale strumentale è fondamentale.
L'interesse non è il rendimento del capitale strumentale
Gli economisti classici classificavano in tre modi il reddito ed i fattori di produzione: la terra fruttava un affitto; il lavoro fruttava i salari; e il capitale fruttava l'interesse (o profitto). Questo schema classico è sopravvissuto fino ad oggi: nel linguaggio comune "affitto" è ciò che una persona paga al locatore; "salario" sono i redditi maturati dai lavoratori che vendono i loro servizi di manodopera; e, in molti modelli economici, l'interesse è pari al "prodotto marginale del capitale".
Tuttavia, come hanno sottolineato economisti come Frank Fetter e Irving Fisher, queste classificazioni nette crollanno alla luce della teoria moderna dei prezzi.[1] Ad esempio, supponiamo che un magnate immobiliare possegga un grande appezzamento di terreno agricolo e lo affitti ai mezzadri per $100,000 l'anno. Chiaramente tali pagamenti annuali sono "affitti" e sono dovuti alla produttività marginale della terra.
Tuttavia, supponiamo che il prezzo di mercato del terreno sia di $1 milione. Pertanto se il proprietario continua a tenere il terreno (piuttosto che venderlo a titolo definitivo) e si limita ad affittarlo, egli sta implicitamente investendo $1 milione del suo capitale finanziario, su cui sta guadagnando un rendimento del 10%. Se le obbligazioni a lungo termine fruttassero il 12%, il proprietario potrebbe prendere seriamente in considerazione la vendita del terreno e commutare il suo capitale (finanziario) in obbligazioni, dove guadagnerebbe un rendimento più elevato. Giudicati da questo punto di vista, quindi, sembra che anche i pagamenti annuali dei mezzadri ad un proprietario siano una forma particolare di interesse. Questo semplice esempio mostra che è sbagliato considerare "interesse" un particolare tipo di reddito dovuto solo ai proprietari di capitale strumentale; l'interesse è dovuto anche al proprietario di terreni, sotto forma di percentuale di rendimento sul "valore attuale capitalizzato" della terra.
L'interesse non è il "prodotto marginale del capitale (strumentale)"
Anche se l'esempio della sezione precedente sembra abbastanza semplice, la sua lezione è rilevante anche per gli economisti laureati di oggi. In base a modelli matematici semplificati, è stato insegnato loro che in un'economia di mercato competitiva, il tasso di interesse reale è uguale al "prodotto marginale del capitale", così come il salario reale è uguale al "prodotto marginale del lavoro".
La logica è semplice: se un'impresa assume un lavoratore per un'ora supplementare, la sua produzione aumenterà di un certo importo. Se il mercato del lavoro è competitivo, l'impresa deve versare al lavoratore un salario corrispondente al valore di mercato di questo incremento nella produzione fisica dell'impresa.
Allo stesso modo — come ragionano tipicamente gli economisti moderni — se l'azienda assume un'unità addizionale di capitale, la produzione fisica aumenta, e quindi l'impresa deve pagare ai proprietari di questo capitale un interesse corrispondente al valore di mercato di questo incremento nella produzione fisica.
Tuttavia questa logica confonde capitale strumentale con capitale finanziario. Se un'impresa impiega un bene strumentale specifico per unità di tempo, il pagamento è il prezzo d'affitto del bene strumentale. Ad esempio, supponiamo che un magazzino paghi $100,000 l'anno ad una società indipendente che gestisce flotte di carrelli elevatori. Questi pagamenti annuali sono chiaramente dovuti al "prodotto marginale" dei carrelli elevatori; il magazzino può vendere più servizi ai suoi clienti quando li usa.
Tuttavia questi fatti tecnologici non ci dicono nulla circa il tasso di interesse di cui godono i proprietari dei carrelli elevatori. Al fine di determinarlo, dovremmo conoscere il prezzo di mercato dei carrelli elevatori. Ad esempio, se i carrelli elevatori che la società indipendente affitta al magazzino potessero essere venduti sul mercato aperto ad $1 milione, allora i loro proprietari godrebbero di un rendimento del 10% annuo in base al loro capitale investito. Ma se i carrelli elevatori potessero essere venduti a $2 milioni, allora il pagamento di $100,000 — a causa del "prodotto marginale" dei carrelli elevatori — corrisponderebbe solo ad un tasso di interesse del 5%. Questo semplice esempio illustra come la conoscenza del prodotto marginale del capitale di per sé, non ci permette di fissare il tasso di interesse. Il rapporto tra la produttività del capitale e il tasso di interesse non è direttamente analogo al rapporto tra produttività del lavoro e salario.[2]
Applicazione ai cicli economici
Le riflessioni di questo saggio potrebbero sembrare curiosità teoriche o "filosofiche" di scarsa utilità pratica. Tuttavia, il mancato apprezzamento della natura eterogenea della struttura del capitale può portare a gravi errori di politica.
Considerate le argomentazioni politiche sul ciclo economico. Molti economisti di libero mercato abbracciano la teoria del "Real Business Cycle" (RBC), la quale sostiene che il tipico ciclo economico sia dovuto a "shock" nei fondamentali dell'economia (legati alla tecnologia o all'offerta di risorse). Nei modelli RBC, le recessioni sono in realtà la risposta "ottimale" a questi shock reali, e gli interventi del governo (attraverso lo "stimolo" monetaria o fiscale) serviranno solo ad ostacolare l'adattamento dell'economia alle nuove informazioni.[3]
Sebbene i modelli formali RBC siano internamente coerenti ed obbediscano alle "aspettative razionali", molti economisti li trovano plausibili per spiegare le recessioni del mondo reale. Gli eonomisti keynesiani ridacchiano al tentativo di caratterizzare lunghi periodi di elevata disoccupazione e di altre risorse inattive, come una risposta "razionale" ai fondamentali sottostanti. Per illustrare quanto secondo i keynesiani sia sciocco l'approccio RBC, essi fanno sarcasticamente riferimento alla Grande Depressione come "alla Grande Vacanza".[4] Il loro punto è che gli anni '30 furono chiaramente caratterizzati da una carenza di domanda aggregata, piuttosto che da lavoratori che sceglievano volontariamente di ritirarsi dal mercato in risposta alle nuove informazioni.
I keynesiani hanno un'altra linea di attacco contro il tentativo di alcuni economisti di libero mercato di spiegare le recessioni come una "risposta ottimale" a nuove informazioni sui fondamentali.[5] Quando c'è un crollo finanziario e le persone si rendono improvvisamente conto che non erano così ricche come pensavano in precedenza, la risposta ottimale non è quindi lavorare di più? Certo, potremmo elaborare un modello nello spirito della RBC che "funzioni", ma non sfiderebbe il buon senso? I keynesiani spesso dicono che gli Stati Uniti avevano lo stesso numero (o più!) di lavoratori e macchine nel 2009 come nel 2008; non vi era alcuna ragione tecnologica per cui il PIL effettivo dovesse scendere, in modo che il "PIL potenziale" sarebbe potuto salire secondo la sua traiettoria originale.[6]
Segregati negli aggregati macroeconomici, i keynesiani sembrano avere una forte tesi contro i teorici RBC e altri economisti di libero mercato che pensano che l'economia dovrebbe essere lasciata in pace di "sistemare le cose" durante una recessione. Se usiamo un modello che rappresenta lo stock di capitale con un unico numero (lo chiamano "K"), allora è difficile capire perché un periodo di boom dovrebbe portare ad un "post-sbornia" di recessione. Eppure, se adottiamo un modello più ricco che comprende la complessità e l'eterogenicità della struttura del capitale, possiamo vedere che gli "eccessi" di un periodo di boom possono avere effetti negativi a lungo termine. In questo quadro, ha senso che dopo lo scoppio di una bolla vedremmo un tasso di disoccupazione insolitamente elevato e altre risorse "inattive", mentre l'economia "ricalcola", tanto per usare una metafora di Arnold Kling.[7]
Analogia col capomastro di Mises
Il modo migliore che conosco per spiegare la rilevanza della teoria del capitale rispetto ai cicli economici, è quello che fa riferimento all'esempio del capomastro di Ludwig von Mises, che qui adatterò per approfondire la nostra tesi.[8]
Immaginate un capomastro che ha un tot. di mattoni, ghiaia, lastre di vetro, legname, lavoratori e altri input. Sulla base delle sue informazioni, elabora progetti per una grande casa. Tuttavia, secondo i suoi progetti, si presume che abbia 10,000 mattoni a sua disposizione, quando in realtà ne ha solo 9,000. Questo "progetto di investimento" è fisicamente insostenibile. Non importa quello che fa, il costruttore non sarà in grado di completare la casa rappresentata nei progetti.
Ora supponiamo che ad un certo punto i lavoratori si rendano conto di questa discrepanza. Essi considerano di dirlo al capomastro, ma non vogliono turbare l'ottimismo del cantiere. Guardate come sono felici tutti i carpentieri ed i muratori! Sarebbe un colpo terribile per il morale: rivelerebbe la terribile realtà. Così i subalterni usano teloni e altri dispositivi per mantenere vivo il progetto originale.
Tuttavia, ad un certo punto, l'illusione deve finire. Nel momento in cui il capomastro si rende conto che c'è una discrepanza di 1,000 mattoni tra i suoi progetti e le scorte fisiche, la sua reazione immediata sarà quella di urlare a tutti i subalterni: "SMETTETE DI LAVORARE!"
Il capomastro esaminerà quindi i progressi ed i materiali ancora disponibili. Altererà i progetti per costruire la migliore casa possibile, in funzione delle risorse "mal investite" nel periodo artificiale. Una volta che ridisegna i progetti, i lavoratori inattivi sul sito verranno reinseriti solo gradualmente nel processo di costruzione. Ad esempio, per fare in modo che il posto di lavoro sia pronto ad una ripresa generale delle attività, potrebbe essere necessario svolgere prima alcuni compiti chiave. Inoltre alcuni operai specializzati, forse il tipo che sa come installare vasche idromassaggio, potrebbe finire per essere del tutto superfluo nella revisione del progetto.
Per ampliare l'analogia, si noti che prolungare il "boom edilizio" artificiale fa peggiorare solamente il periodo di "bust", poiché più e più risorse verranno bloccate in configurazioni specifiche, come concepito in un progetto irraggiungibile. Inoltre una volta che diviene chiaro l'errore, la risposta ottimale è l'arresto immediato della produzione. I lavoratori e le altre risorse diventano inattive e torneranno a lavoro solo gradualmente. Questo risultato è la conseguenza del ruolo che hanno i beni strumentali; non ha nulla a che fare con le preferenze dei lavoratori per il tempo libero o i cambiamenti nella tecnologia. Così la storia standard della RBC, quando incorporata in un modello con una struttura di capitale eterogenea, è molto più plausibile come diagnosi, per esempio, per l'attuale bolla immobiliare statunitense.
Conclusione
Sebbene il capitale svolga un ruolo centrale nella teoria economica e nel mondo, molti economisti non vi hanno dato sufficiente attenzione. Anche il libro dell'economista Piketty dedica una spiegazione molto semplicistica del capitale, considerandolo un aggregato unico. Un corretto apprezzamento della struttura eterogenea del capitale mostra la debolezza degli approcci teorici standard, che impiegano "semplificazioni per convenienza analitica" i quali non fanno altro che oscurare la realtà economica. Per citare solo due vantaggi: l'apprezzamento del capitale chiarisce importanti questioni sulla distribuzione del reddito e fornisce anche una spiegazione molto più convincente dei possibili limiti della politica monetaria e fiscale per stimolare l'occupazione durante le recessioni.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Si veda per esempio Frank A. Fetter (1977), Capital, Interest and Rent: Essays in the Theory of Distribution, ed. with intro. by Murray N. Rothbard, (Kansas City: Sheed, Andrews and McMeel); e Irving Fisher (1910), Elementary Principles of Economics (Norwood, MA: MacMillan Co.), p. 422.
[2] Nel mio lavoro tecnico ho spiegato che gli economisti moderni sorvolano questi punti, apparentemente elementari, perché i loro modelli standard analizzano economie semplici con un solo bene. Si veda Robert P. Murphy (2005), "Dangers of the One-Good Model: Böhm-Bawerk's Critique of the 'Naïve Productivity Theory' of Interest." Journal of the History of Economic Thought, Vol. 27, No. 4 (dicembre 2005), pp. 375-382.
[3] Un primo riferimento alla teoria RBC è Kydland, Finn E. and Edward C. Prescott (1982), "Time to Build and Aggregate Fluctuations." Econometrica 50 (6): 1345-1370.
[4] Si veda, per esempio, Paul Krugman, "How Did Economists Get It So Wrong?" New York Times Magazine, 2 settembre 2009: http://www.nytimes.com/2009/09/06/magazine/06Economic-t.html
[5] Per un esempio di questo tipo di critica, con un linguaggio colorito, si veda Karl Smith (2010), "You Can't Overwork Yourself By Smoking Joints and Watching Too Many Episodes of Jersey Shore," Modeled Behavior blog post, 30 novembre 2010, disponibile a: http://modeledbehavior.com/2010/11/30/you-cant-overwork-yourself-by-smoking-joints-and-watching-too-many-episodes-of-jersey-shore/
[6] Per esempio, si veda Brad DeLong (2013), "And I Do Not Understand the Federal Reserve's Current Thinking At All," Grasping Reality blog post, 22 agosto 2013, disponibile a: http://delong.typepad.com/sdj/2013/08/and-i-do-not-understand-the-federal-reserves-current-thinking-at-all.html
[7] Per esempio si veda Arnold Kling (2010), "The Recalculation Story: A Summary," EconLog blog post, 24 luglio 2010, disponibile a: http://econlog.econlib.org/archives/2010/07/the_recalculati_2.html
[8] Si veda Ludwig von Mises (1949), Human Action (Auburn, AL: The Ludwig von Mises Institute), Capitolo 20. Online a: http://www.scribd.com/doc/94875073/Von-Mises-L-Azione-Umana-miglior-grafica
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La doppia visuale dell'affitto da un lato e del rendimento dall'altra mi ha chiarito tanti aspetti.
RispondiEliminaGrazie
Riccardo Giuliani