Bibliografia

giovedì 26 giugno 2014

Il boom energetico degli Stati Uniti metterà fine allo status di valuta di riserva mondiale del dollaro





di Addison Wiggin


Austria, 1920-1921: il governo stampò soldi per coprire i suoi debiti della prima guerra mondiale.

I costi di cibo e carburante schizzarono fino alle stelle. Le banche invitarono i loro clienti a convertire le corone austriache in una moneta più stabile... anche se era contro la legge.

Una vedova rispettosa della legge vide evaporare la sua fortuna durante una corsa agli sportelli. Nel libro di Adam Fergusson, When Money Dies, è stata riportata una voce del suo diario…

"Perché non pensa che la corona si riprenderà di nuovo?" [Ho chiesto al mio banchiere.]

"Riprendersi!" ha detto con una risata... "provi solo a pensare alla promessa su questa banconota da 20 corone e cerchi di ottenere, ad esempio, 20 corone d'argento in cambio."

"Sì, ma le mie sono garantite dallo stato: sicuramente non ci può essere niente di più sicuro, giusto?"

"Mia cara signora, dov'è lo stato che garantisce queste banconote? E' morto."

Abbiamo già raccontato questa storia. La ripetiamo ancora per due ragioni. In primo luogo per ricordare che la maggior parte degli squilibri che hanno causato il Panico del 2008 sono ancora presenti. Ma questo forse lo sapevate già.

C'è un'urgenza in più per raccontare questa storia: davvero il dollaro USA rappresenta la panacea di tutti i mali come dicono gli esperti? Potrebbe rivelarsi la rovina definitiva del dollaro. Corse agli sportelli bancari, controlli sui capitali, default per il debito nazionale — e tutto a causa della "prosperità" di cui stiamo godendo adesso.

I nostri sospetti sono stati sollevati nel mese di gennaio... quando due politicanti "opposti" si tenevano per la mano e cantavano in dolce armonia in merito al boom dell'energia degli Stati Uniti.

"Il gas naturale a buon mercato ci permette di riportare la produzione sul suolo interno", dice il sindaco di Chicago ed ex-capo dello staff di Obama Rahm Emanuel. Come risultato, la produzione "ritornerà in modi che possiamo a malapena anticipare", dice l'ex-candidato repubblicano alla presidenza Steve Forbes. Entrambi erano alla CNBC per pubblicizzare un evento chiamato “Reinventing America Summit”.

Non che non siamo d'accordo: sembra tutto molto familiare, come se si stesse seguendo la tesi di "Rinnovare l'America" del nostro Byron King enunciata più di due anni fa. Prima era troppo radicale. Ora è saggezza convenzionale.

Malgrado la prosperità di questo boom dell'energia... alla fine farà da anfitrione alla prossima grande crisi economica. Anzi, intaccherà lo status del dollaro come "moneta di riserva" mondiale una volta per tutte.

Lo diciamo sapendo che ci attireremo l'ira della saggezza convenzionale...

  • "La rivoluzione petrolifera statunitense, che si sta tranquillamente svolgendo dietro le quinte, ha iniziato ad esercitare un'influenza diretta sui mercati dei cambi — a vantaggio del dollaro", dice un report di UBS
  • "Lo status di valuta di riserva mondiale, accoppiato ad una minore dipendenza dagli investitori stranieri, stimolerà la moneta nei prossimi cinque anni", dice uno strategist di Société Générale
  • A causa dei "progressi tecnologici che consentono di estrarre petrolio e gas dallo scisto", dice il fund manager David Donora di Threadneedle Investments, "il dollaro godrà probabilmente di un periodo di forza."

Giusto. Almeno fino a quando non è così.

La cosa che sta contribuendo a sostenere il dollaro ora, abbatterà in ultima analisi tutti quei puntelli che supportano il biglietto verde ed il suo status di valuta di riserva mondiale. Non domani e neanche l'anno prossimo, ma la destinazione è impostata... e il nostro arrivo è certo. Non sarà esattamente come Vienna nel 1921... ma sarà altrettanto orribile.

Quindi allacciatevi le cinture: alcuni dei temi che tratteremo potrebbero sembrarvi vecchi... ma vi prometto che mai prima d'ora avete collegato i puntini in questo modo.

Nel 2013 la produzione di petrolio degli Stati Uniti ha raggiunto una media di 7.5 milioni di barili al giorno. L'incremento rispetto al 2012 ha rappresentato una grande notizia per gli Stati Uniti. Infatti è il quarto aumento annuo più grande rispetto a qualsiasi altro paese... e l'Arabia Saudita detiene i primi tre posti.

E non finisce qui. L'anno del picco della produzione di greggio degli Stati Uniti è stato il 1970 — un pò timido, 10 milioni di barili al giorno. Come si vede dal grafico qui sotto, il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti proietta che la nazione toccherà ancora una volta quel numero entro il 2019.




Nel 2005 — solo nove anni fa — gli Stati Uniti hanno importato il 60% del loro fabbisogno di petrolio. Nel 2012 questo numero è crollato al 40%. Guardate il grafico qui sotto e vedrete che la percentuale è destinata a ridursi ancora di più nel prossimo quarto di secolo. Ricordatevelo — perché torneremo su questo grafico più avanti.




Mentre andiamo in stampa, un barile di petrolio cosa $100, prendere o lasciare. Ogni milione di barili al giorno di nuova offerta, significano $100 milioni di petrolio non importato ogni anno. La riduzione dei costi di importazione, un deficit commerciale più basso, meno dollari che scorrono all'estero — una grande notizia per il dollaro, eh? Va tutto bene, giusto?

Beh, sì... solo che adesso l'intera struttura che per 40 anni ha supportato il sistema finanziario globale sta cominciando a disintegrarsi.

Dal 1974 il mondo ha vissuto coi "petrodollari".

I petrodollari sono spuntati fuori dalle ceneri del sistema di Bretton Woods, dopo che nel 1971 il presidente Nixon recise l'ultimo legame del dollaro con l'oro.

Negli anni post-seconda guerra mondiale, Bretton Woods rese il dollaro la moneta di riserva mondiale — la valuta per le transazioni transfrontaliere. Se voi foste stati un governo straniero o una banca centrale, avreste considerato il dollaro tanto buono quanto l'oro — per ogni $35 che si restituivano al Tesoro degli Stati Uniti, si otteneva in cambio un'oncia d'oro.

Probabilmente conoscete il resto della storia: gli stranieri si resero conto che Washington stava stampando troppi dollari, i francesi volevano più oro di quanto gli USA fossero disposti a rinunciare e Nixon "chiuse la finestra dell'oro". Ma senza l'oro, cosa avrebbe continuato a cementare la posizione del dollaro come valuta di riserva mondiale?

Dopo lo "shock petrolifero" del 1973-74, in cui i prezzi del petrolio andarono da $3 al barile a $12, il Segretario di Stato Henry Kissinger ebbe un'idea e convinse la famiglia reale saudita a farne parte.

L'affare era questo: l'Arabia Saudita avrebbe prezzato il petrolio in dollari statunitensi ed avrebbe usato la sua influenza per spingere altre nazioni dell'OPEC a fare lo stesso. In cambio, il governo americano avrebbe accettato di proteggere l'Arabia Saudita ed i suoi alleati contro gli invasori stranieri e le ribellioni interne.

La Casa di Saud ne era davvero allettata — il peso delle forze armate statunitensi avrebbe consentito a 7,000 capi di famiglia di vivere nello stile a cui erano abituati.

Il vantaggio per Washington era più sottile — ma non meno importante. Chiunque avesse voluto acquistare petrolio, avrebbe avuto bisogno di dollari. Ciò significava una domanda perenne di dollari ed un ciclo come questo...

  • I dollari utilizzati per comprare petrolio sono depositati nel sistema bancario per sostenere il credito internazionale;
  • Tale credito supporta l'acquisto di beni americani — tutto, dagli aerei Boeing al mais dell'Archer Daniels Midland. Oh, e anche il debito del Tesoro degli Stati Uniti. Impossibile dimenticarlo.

"Questo accordo fornì al dollaro un posto speciale tra le valute mondiali, e in sostanza il biglietto verde era “coperto” dal petrolio", ha spiegato nel 2006 Ron Paul in un discorso lungimirante alla Camera. "L'accordo fornì al dollaro un vigore artificiale, con benefici finanziari enormi per gli Stati Uniti. Ci permise di esportare la nostra inflazione monetaria, comprando ad un grande sconto petrolio ed altri beni (all'aumentare dell'influenza del dollaro)."

Poi fece una previsione: "La legge economica richiede che lo scambio onesto necessiti solo di cose con valore reale. Il caos che un giorno risulterà dal nostro esperimento con il denaro fiat, richiederà un ritorno al denaro con un valore reale. Sapremo che quel giorno si sta avvicinando, quando i paesi produttori di petrolio richiederanno oro, o il suo equivalente, in cambio del loro petrolio, piuttosto che dollari o euro."

Strano come stiano evolvendo le cose... il grande boom energetico americano sta velocizzando l'arrivo di quel giorno. Domani continueremo a parlarne...

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. la difesa è un valore reale… il ferro… se gli usa non sono abbastanza muscolosi, quella sarà la loro fine. ricerca sempiterna di un necessario nemico. bello scenario, eh?

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    1. Stiano attenti...
      Potrebbero trovarlo.

      E potrebbero non trovare amici.

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  2. Vorrei sottolineare dei punti che sono stati portati alla luce nei vari commenti che ho letto agli articoli di questa settimana. Inizio col dire che la razionalità è ancora presa in alta considerazione dai vari individui, e di questo ce ne possiamo rallegrare. E' importante che ci si focalizzi sui fondamentali, sono sempre stati il punto di riferimento delle analisi economiche, ci si è sempre rivolti ad essi per cercare di carpire informazioni dall'ambiente economico che ci circonda.

    Ora, sebbene gli Stati Uniti stiano consumando più petrolio di quello che possono produrre internamente, e secondo l'EIA potranno colmare questo gap tra circa dieci anni, il mercato si sta focalizzando principalmente su quel trend rialzista che potete osservare nel primo grafico dell'articolo qui sopra. Gli investitori cavalcheranno questo boom nonostante tutte le informazioni negative che vengono addotte ad una sua insostenibilità di lungo periodo.

    L'irrazionalità scaricata dalla FED nei mercati azionari, e più in generale nell'economia più ampia, ha alzato una fitta nebbia sui fondamentali economici. Tutto si concentra sul breve termine, in poche parole. I soldi nel mercato azionario si fanno puntando sull'irrazionalità (con una buona dose di hedging, ovviamente). Questa è stata una realtà sin dalla comparsa del settore bancario centrale. Il recente boom nel settore petrolifero va a collocarsi in quella serie di investimenti che possono risultare produttivi a seguito di un progresso tecnologico che va ad espandere l'offerta di un bene altamente desiderato dai consumatori. Il problema, ora, è duplice: il parassitismo dello stato e lo scoppio della bolla del credito.

    Il primo si attacca come una sanguisuga al prezzo della benzina andando a gonfiarne artificialmente il prezzo alla pompa. La degradazione progressiva dei sui bilanci non gioverà alla popolazione, perché la sua fame aumenterà. Caricare di accise il prezzo della benzina è alquanto facile. Questo significa razionamento e scelte alternative durante tempi difficili, e questi possono essere prossimi data la folle grandezza della bolla del credito. La duplice pressione sulle imprese petrolifere (credit crunch + insaziabilità dello stato) spingerebbe ad una ulteriore innovazione se "davvero" l'estrazione dallo scisto inizierà a dare segni di rallentamento. Se il credito, quindi, dovesse languire e le piccole realtà di oggi nel settore petrolifero non riuscirebbero a trattenere abbastanza profitti in modo da poter far progredire la tecnologia, il tutto finirebbe in una bolla di sapone.

    Al momento i prestiti sono ripartiti negli USA, ma questo non significa che i problemi sottostanti all'economia statunitense siano stati risolti. Agli investitori, al giorno d'oggi, non interessano i fondamentali economici. Vedono l'opportunità di far soldi basandosi su quel trend rialzista nel primo grafico dell'articolo qui sopra ed agiscono di conseguenza. Credono al bluff dello zio Sam e rilanciano. Anche perché l'economia statunitense è diventata insostenibile da 40 anni a questa parte, e nonostante tutto ancora riesce a portare avanti la baracca. Di conseguenza, agli investitori e ai trader non interessa affatto che gli USA consumino più petrolio di quello che possono produrre internamente. Cavalcheranno l'onda, così come hanno fatto negli ultimi 40 anni a questa parte.

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