Bibliografia

venerdì 18 aprile 2014

Riesumare vecchie sciocchezze





di Francesco Simoncelli


«Incolpare l'avidità per la crisi finanziaria, è come incolpare la gravità per un incidente aereo.» ~ Lawrence White


L'ultimo marmittone di cui ci occuperemo, il terzo in ordine cronologico dopo gli MMTers e Keynes, risponde al nome di Karl Marx. Nell'articolo di oggi andremo a dissezionare un pezzo che di recente è uscito sulla rivista musicale Rolling Stones e ha fatto molto scalpore. Soprattutto perché si pensava che certe sciocchezze fossero ormai morte e sepolte, invece tocca rimboccarsi le maniche, prendere una pala e sotterarle ancora una volta. Il nome del pezzo è alquanto bizzarro: Marx Was Right: Five Surprising Ways Karl Marx Predicted 2014. Di sorprendente c'è solo la cecità dell'autore nel riassumere una serie di punti presenti nel pensiero marxiano ed incollarli a dei riferimenti odierni; il risultato lascia sbigottiti per la superficialità con cui sono trattati certi temi. A questo giro, purtroppo, di divertente ci sarà ben poco ma solo molto materiale per cui rilasciare una cascata di lacrime.

Il miglior punto di partenza è questo articolo di Richard Heilbroner apparso sul New Yorker il 10 settembre del 1990: After Communism. Dopo aver passato una vita a decantare le lodi dei sistemi socialisti a pianificazione centrale, a sostenere la superiorità di un'economia di controllo e a profetizzarne un futuro di successo, fu costretto a sottoscrivere quello che un economista tedesco aveva detto circa 70 anni prima: "Mises aveva ragione." Il presunto successo di un'economia socialista aveva aperto le porte a carriere accademiche, aveva assegnato premi Nobel, aveva gettato discredito su coloro che osavano affermare il contrario. Un'altra giornalista, Judy Shelton, nel 1987 avvertì di un imminente crollo dell'Unione Sovietica: venne ignorata.

Il mondo accademico accolse garbatamente la sua opinione e la accompagnò alla porta. A puntare il dito verso l'uscio fu Paul Samuelson, il quale scrisse in uno dei suoi libri sull'URSS: "Contrariamente a quello che dicono molti scettici, l'economia sovietica è la prova che [...] un'economia socialista può funzionare e perfino prosperare." Poi, due anni dopo l'allarme della Shelton, il crollo del muro di Berlino rappresentò la fine dell'esperimento socialista e tutta la propaganda che per 72 anni si portò dietro.

Da quell'anno in poi tutti quegli economisti che si sarebbero professati marxisti sarebbero stati accolti con risa e scherni: erano ormai degli zimbelli. Non ne rimangono molti in giro. La vergogna ha preso il sopravvento. Salvo sporadiche apparizioni, come quella su Rolling Stones, le teorie marxiste sono morte e sepolte. La loro riesumazione non ha gli effetti sperati: riguadagnare la dignità perduta. Questi tentativi falliscono prima ancora di vedere la luce.



L'ORDINE CAPITALISTICO E IL DISORDINE SOCIALISTA

L'articolo di Rolling Stones parte in quarta sostenendo che, nell'ottica marxiana, esistono cinque punti fondamentali attraverso i quali Marx è riuscito a predire con successo gli esiti che ci hanno condotto allo sfacelo di oggi. Lasciatemi dire subito una cosa: l'autore tralascia subito un fatto importante, ovvero, il suicidio del Partito Comunista nel 1991. Non ce n'è menzione. Il lettore viene velocemente catapultato in un calderone propagandistico che vuole convincerlo di come sia necessario ripartire da zero, senza badare al passato. Se c'è una lezione che dobbiamo apprendere qui è solo una: bisogna imparare dagli errori del passato e non ripeterli. Sean Mcelwee pare non aver fatto tesoro di questo consiglio.

Il primo punto ci dice che le crisi sono causate da una sorta di shock finanziario dovuto a strumenti intrinsecamente maligni come le azioni e i credit default swap. Ad un certo punto il mercato raggiunge un punto di saturazione tale da respingere qualsiasi altra immissione di suddetti strumenti. Lo stesso lo si puo' dire per i debiti ipotecari contratti dalle persone di Main Street. Hanno cercato di compensare le loro disuguaglianze di reddito attraverso una costante immersione nei debiti, finché non ce l'hanno più fatta e la bolla immobiliare è scoppiata.

Quindi la sola esistenza di questi strumenti finanziari è foriera di una crisi. Questa pseudo-spiegazione pecca di una descrizione dettagliata dei cicli economici, pecca di una teoria del capitale e pecca di superficialità. I derivati, ad esempio, non sono quel pericolo ambulante che vogliono farci credere che siano. Sono utili nella loro funzione di protezione e minimizzazione dell'incertezza, ma diventano pericolosi quando esiste un ente in grado di distorcere i segnali di mercato. (Soggetto fortemente auspicato da Marx.) La mancanza di una teoria riguardo i cicli economici espone a critiche severe le tesi marxiste, le quali incolpano eventi esogeni al sistema a moneta fiat senza indagarne le cause. Non c'è nessuna menzione alle politiche monetarie di Greenspan. Non c'è alcuna menzione alle politiche monetarie di Bernanke. Da dove provenivano i soldi resi disponibili nelle mani della cosiddetta "speculazione"?

Ci si limita ad incolpare il cosiddetto "capitalismo." Esso non è un sistema sociale, è semplicemente un sistema produttivo che prevede la proprietà privata dei mezzi di produzione. Perché? Perché solo gli individui attraverso le loro azioni imprenditoriali riescono a districarsi nelle nebbie dell'incertezza dell'azione umana. Un sistema a pianificazione centrale è incapace di farlo. E quello di oggi non è altro che un ibrido, in cui l'intervento di pianificatori centrali scavalca le scelte imposte dalle forze di mercato, ovvero, i consumatori. Le scavalca ma non le annulla.

Scrisse Ludwig von Mises:

Sotto il capitalismo la proprietà privata dei fattori di produzione è una funzione sociale. Gli imprenditori, i capitalisti ed i proprietari terrieri sono mandatari, per così dire, dei consumatori, ed il loro mandato è revocabile. Per essere ricchi, non è sufficiente aver risparmiato ed accumulato capitale. E' necessario investire di nuovo e di nuovo in quelle linee in cui vengono meglio soddisfatti i desideri dei consumatori. Il processo di mercato è un plebiscito ripetuto ogni giorno, ed espelle inevitabilmente dalle fila delle persone proficue coloro che non utilizzano la loro proprietà in accordo con gli ordini impartiti dalla gente. Ma gli affari, il bersaglio dell'odio fanatico da parte di tutti i governi contemporanei e dei sedicenti intellettuali, acquisiscono e conservano grandezza solo perché lavorano per le masse. Gli stabilimenti che si rivolgono al lusso di pochi non raggiungono mai grandi dimensioni.

Il difetto di storici e politici del XIX secolo è stato quello di non essere riusciti a rendersi conto che i lavoratori sono stati i principali consumatori dei prodotti dell'industria. A loro avviso, il salariato era un uomo che lavorava ad esclusivo beneficio di una classe parassitaria. Lavoravano sotto l'illusione che le fabbriche avevano alterato la sorte degli operai. Se avessero prestato attenzione alle statistiche avrebbero facilmente scoperto la fallacia di questo argomento. La mortalità infantile calò, la durata media della vita aumentò, la popolazione si moltiplicò, e l'uomo comune godeva di servizi che il benestante di epoche precedenti nemmene si sognava.

Tuttavia, questo arricchimento delle masse senza precedenti era soltanto un sottoprodotto della rivoluzione industriale. Il suo principale risultato fu il trasferimento della supremazia economica dai proprietari terrieri alla totalità della popolazione. L'uomo comune non era più una bestia da soma che doveva accontentarsi delle briciole che cadevano dai tavoli dei ricchi. Le tre caste di paria che caratterizzavano l'età pre-capitalista — gli schiavi, i servi della gleba, e quelle persone che autori patristici e scolastici, nonché la legislazione Britannica dal XVI al XIX secolo, denominavano poveri — scomparvero. I loro rampolli divennero, in questo nuovo stato di affari, non solo lavoratori liberi, ma anche clienti.

Il ruolo dell'imprenditore è quello di anticipare il livello del consumo futuro, nella sua ricerca del profitto è indirizzato a produrre quegli elementi che i clienti desiderano di più. Il calcolo imprenditoriale richiede capacità che non tutti hanno e deve essere operato in un ambiente economico il più scevro possibile da manipolazioni. Ovviamente, gli imprenditori cercano sempre di pagare il meno possibile i loro input (tra cui anche i lavoratori), ma la concorrenza tra di loro permette di far salire i salari a quei livelli in cui viene soddisfatto il valore marginale del prodotto. La manodopera, così come ogni altra risorsa, viene retribuita in base al suo contributo alla produzione. E diversamente dalle previsioni di Marx, la classe proletaria non è finita in povertà. (Certo, non si è arricchitta come altre persone, ma rispetto al passato sta molto meglio.)




Come mai? Perché nella società è sempre persista una disuguaglianza di reddito definita dalla legge 80/20 di Pareto. Nonostante l'avvento del welfare state questa situazione non è cambiata, sono solo cambiati destinatari: quei gruppi con interessi particolari più vicini alla stampante monetaria. Se prima questa divisione era marcata dalla soddisfazione dei clienti attraverso la produzione di beni, adesso è influenzata dai capricci della pianificazione centrale. Non c'è niente di tutto questo nell'analisi di Mcelwee. Non c'è nessuno sforzo per cercare di inquadrare la situazione fiananziaria attraverso le motivazioni individuali. Non c'è alcuna menzione dell'azzardo morale.

Il sistema marxista non è altro che il prodromo di quello keynesiano.



CONTRADDIZIONI E CONFUSIONE

Poi l'autore del pezzo passa a parlare di presunti "appetiti immaginari" che guidano verso l'irrazionalità gli individui, soprattutto quel tipo di irrazionalità che sfocia nel consumo. E qui notiamo le classiche contraddizioni presenti nel pensiero marxista, poiché se Mcelwee qualche riga prima dipingeva i lavoratori come vittime di un impoverimento cavalcante, adesso fa dietrofront e afferma:

E' un modo duro ma accurato per descrivere l'America contemporanea, dove la popolazione possiede oggetti di lusso e nonostante tutto è guidata da un bisogno costante di comprare cose nuove.

Non essendoci un'indagine prasseologica seria e approfondita nel sistema marxista, l'azione umana viene snobbata e considerata irrazionale perché non consona con la visione del mondo dello scienziato chiamato a "migliorarlo." Così come Marx ed i suoi seguaci provavano disprezzo per il proletariato della loro epoca, Mcelwee veicola l'idea che i suoi compatrioti siano delle bestie grufolanti in attesa del prossimo pasto.

Diversamente da quello che sostiene implicitamente Mcelwee, gli individui non sono degli zombie senza cervello disposti a consumare qualsiasi cosa venga dato loro in pasto dalla pubblicità (pensateci, altrimenti non esisterebbero le ricerche di mercato). Gli individui rispondono agli incentivi. Ad esempio, durante la bolla immobiliare degli USA il costo del denaro è diminuito a causa dell'espansione artificiale dell'offerta di denaro. Oltre che nei tassi di interesse di riferimento, cio' si è riflesso nei tassi ipotecari. Il denaro costava di meno e quindi indebitarsi costava di meno. Era una decisione razionale. "Più case per lo stesso pagamento mensile -- che affare!"

Quando la politica monetaria è stata invertita ed indebitarsi non era più un affare, gli americani hanno smesso di contrarre debiti e hanno cercato di ripagare quelli vecchi. Pensare che le persone non agiscano così significa immaginarle sciocche. Non lo sono. Prendono decisioni razionali calcolando le variabili. Non fanno cose autodistruttive come lo stato, che sin dall'inizio della recessione ha continuato ad accumulare quantitativi ingenti di debito pubblico. Anche i dati dimostrano un comportamento razionale da parte delle famiglie americane.




All'indomani della recessione, il fardello di debito da ripagare che gravava sui redditi delle famiglie è iniziato a scendere, segno di un cambio di tendenza. Anzi, le persone sono state più lungimiranti delle corporazioni perché il dato raggiunge il picco nel quarto trimestre del 2007 per poi scendere inesorabilmente. Sono state stupide? No. Si sono fidate troppo di un mercato drogato dal denaro fiat? Sì.

Mcelwee prosegue aggiungendo maggiore confusione, definendo il FMI opera del capitalismo. Ho capito bene? Leggiamo da Wikipedia:

Il Fondo monetario internazionale (International Monetary Fund, di solito abbreviato in FMI in italiano e in IMF in inglese) è un'organizzazione composta dai governi di 188 Paesi e insieme al gruppo della Banca Mondiale fa parte delle organizzazioni internazionali dette di Bretton Woods, dalla località in cui si tenne la conferenza che ne sancì la creazione. L'FMI è stato formalmente istituito il 27 dicembre 1944, quando i primi 29 stati firmarono l'accordo istitutivo e l'organizzazione nacque nel maggio del 1945. Attualmente gli Stati membri sono 188.

A quanto pare questo doveva essere solo un titolo in neretto a scopo sensazionalistico, solo per intorbidire la mente del lettore il quale sarà invitato a credere che le corporazioni hanno il controllo delle strutture pubbliche. Chi ha il potere di scrivere le leggi ha il vero controllo. Le corporazioni possono avere il denaro e con esso influenzare il corso delle leggi. Questa pratica ha un nome: capitalismo clientelare. E' un processo che tende ad aumentare il potere e la giurisdizione dello stato, il quale è costretto a cercare nuovi partner per tenere a galla la sua rete di clienti.

In questo modo il consumatore non è più il re incontrastato del mercato, ma l'elettore la cui soddisfazione passa attraverso un sistema di violenza e coercizione. Quale elettore? Quello che è impiegato in quelle corporazioni di cui abbiamo parlato poco prima. Che tipo di sitema di produzione è mai questo? Uno che produce privilegi per alcuni a scapito di altri. Non esiste alcun vantaggio comparativo, solo sussidi per zombie affamati di porzioni di mercato.

Questo non è capitalismo. E' clientelismo. Il capitalismo prevede la soddisfazione del consumatore e questa puo' arrivare solo se la produzione si rivolge alla massa. Guadagna efficienza dalla specializzazione del lavoro e dalla divisione del lavoro, le quali aumentano il grado di soddisfazione dei desideri degli individui. Solidificano nella produzione di ogni giorno quegli oggetti che in passato erano consdierati dei lussi e perfezionano il loro funzionamento per guadagnare un vantaggio sulla concorrenza. Una singola nazione non è in grado di generare un tale grado di benessere, ma attraverso la cooperazione tra nazioni è possibile raggiungerlo.

Non è il protezionismo la strategia per la prosperità, non serve rinchiudersi all'interno di confini immaginari e cedere alla miope mentalità di dichiarare una guerra commerciale nei confronti di tutti i paesi circostanti. Il commercio e lo scambio sono sempre stati la chiave degli indiviui per riuscire a migliorare la propria condizione, sconfiggendo la miseria e sopravvivendo alle avversità della vita. Questo successo è stato anche garantito da quella che Ricardo chiamava legge dei vantaggi comparati, grazie alla quale la specializzazione del nostro vicino ci permette di migliorare il nostro stile di vita e a nostra volta di migliorare quello suo.

Marx non comprende tutto ciò perché il suo punto di vista non affonda le radici nello studio dell'azione umana. Crede che l'agire umano sia irrazionale. Non crede nel libero mercato, crede nelle pistole e nei distintivi.



IL PREZZO PIU' BASSO VINCE

Poi l'articolo passa a gettare catrame e penne sulla catena aziendale Walmart. Su quali basi? Aziende simili non fanno altro che costituire dei monopoli nel loro settore imprenditoriale. Domanda: e allora? Perché dovrebbe essere un problema se un'azienda, anche se detentrice di un monopolio in un certo settore, viene premiata dai consumatori? E' davvero un problema che in un determinato mercato ci sia una sola impresa che produca un determinato bene? Forse. Se prendiamo come esempi determinati segmenti di mercato ci accorgiamo di essere "circondati" da monopoli; ad esempio, la Asus ha il monopolio sui notebook Asus, la Fanta ha il monopolio sull'aranciata Fanta, ecc. Ma allora il “monopolio,” ci si potrebbe chiedere, non è un problema? Ovviamente si, ma non perché vi sia una sola azienda a produrre un determinato prodotto. Potrebbe farlo, eccezionalmente ed a prezzi bassi. Qual è quindi il dannato intoppo?

I problemi sorgono quando si tenta, e si ha successo, di impedire che altri concorrenti entrino in scena; ad esempio, attraverso vie giuridiche (cavilli legali e burocratici), attraverso la violenza (assoldare delle persone per operare minaccie ed intimidazioni verso coloro che si vuole escludere), ecc. In questi casi il “capitalista,” nonostante possa vendere degli ottimi prodotti e grazie ad essi essere arrivato al successo, vuole solidificare la sua posizione, ottenere "per legge" il diritto al profitto, ed impedire agli altri di fargli concorrenza. Questo è il monopolio da combattere.

Se alcune imprese si "mettono d'accordo" per vendere un determinato bene ad un determinato prezzo, ottenendo grandi guadagni, questo spronerà altri imprenditori ad entrare sul mercato presentando un prezzo minore per accaparrarsi la clientela. Se quelle stesse imprese in accordo impediscono ai nuovi imprenditori di presentarsi sul mercato, utilizzando mezzi legali, allora quel mercato non è più “concorrenziale” e quindi si genera quella situazione che bisogna ostacolare. Ogni imprenditore, essendo essere umano, mira ad ottenere una certa rendita da una posizione e tentare di proteggersi contro la possibile concorrenza; ma senza l’intervento dello stato in suo soccorso questi scopi non possono essere raggiunti.

Vediamo di portare un sempio concreto. Peter Schiff ha avuto una buona idea. Si è recato in un parcheggio di Walmart e ha provato a persuadere i clienti ad accettare un incremento del 15% per quello che avevano appena comprato. Perché? Per permettere agli impiegati di Walmart di guadagnare $15 l'ora.

Chi ha sottoscritto l'iniziativa? Nessuno. I clienti di Walmart sono lì per pagare prezzi bassi, non per pagare stipendi alti. Questa azienda non ha tra la sua clientela gente facoltosa, ma gente in una fascia di reddito medio-bassa ed impiega personale con basse capacità. Sfrutta un segmento di mercato che non avrebbe trovato soddisfazione, o che si sarebbe impoverito ulteriormente, in mancanza di una realtà come Walmart. Non solo, ma tutti quegli impiegati con scarse qualità lavorative sarebbero rimaste a spasso. Perché i marxisti se la dovrebbero prendere con quelle aziende che assumono personale con questo livello di qualificazione, e non con quelle che non lo assumono affatto?

Questo, ad esempio, è il problema con i sindacati che usano lo stato per costringere le aziende a pagare salari al di sopra del livello di mercato. Si rivolgono allo stato per impedire al lavoratore potenziale di lavorare per meno di quello che chiede il sindacato. Si rivolgono allo stato affinché renda illegali quelle aziende che pagano i lavoratori meno di quello che i loro membri ricevono.

I consumatori non vogliono pagare salari elevati. Vogliono prezzi bassi. Questa cosa non riguarda solo Walmart, ma tutto il mercato.






DA ADAM SMITH A MARX

L'articolo di Rolling Stones si chiude con una critica ai salari e ai profitti. E' chiaro che si vuole presentare al lettore la vecchia teoria dello sfruttamento del lavoratore a vantaggio del cosiddetto capitalista. Questa è una teoria che fa acqua da tutte le parti. L'idea che i profitti non siano altro che una parte tolta ai salari, risale ad Adam Smith. E' proprio in The Wealth of Nations che Smith sostiene come ai salari venga sottratto cio' che appartiene giustamente ai lavoratori, perché egli immagina una determinata situazione in cui il lavoratore svolge un certo tipo di lavoro ed il risultato è il relativo salario.

All'inizio, secondo Smith, esiste un'economia in cui ci sono lavoratori che producendo un certo bene guadagnano una remunerazione per i loro sforzi. A stravolgere questo equilibrio si presentano i cosiddetti capitalisti, che esponendosi attraverso i loro capitali, forniscono al lavoratore una spinta in più per migliorare il loro lavoro. Pero' devono guadagnare qualcosa da questo investimento, altrimenti non l'avrebbero intrapreso in prima istanza: il profitto. In questo senso è intesa la sopracitata sottrazione dei profitti ai salari dei lavoratori.

Il pensiero di Marx si muove intorno a questa struttura, spingendola verso le sue estreme conseguenze. E' qui che Marx entra a gamba tesa ed introduce una visione che sarebbe rimasta per sempre impressa nell'immaginario collettivo: paragono' i profitti che intascavano i capitalisti alla schiavitù. Secondo il suo punto di vista, tutto quello che producevano in eccesso veniva depredato dal capitalista il quale lasciava loro solo il necessario per la sussistenza. Il compito dei capitalisti, quindi, si riduceva ad un duplice obiettivo: aumentare le ore di lavoro per intascare più profitti possibili; diminuire al massimo il salario.

Bisogna subito precisare una cosa: Smith sbaglio' quando definì "salario" gli introiti guadagnati dai lavoratori quando eseguivano un lavoro in assenza di un finanziatore. Non avevano costi di produzione da sottrarre alla loro produzione perché essi stessi svolgevano il ruolo di capitalisti/lavoratori. In questo contesto non esisteva un salario, bensì un guadagno dalla potenziale vendita del proprio oggetto. Per farla breve, era esattamente il profitto. Quello che fanno invece i capitalisti, è creare il salario ed essere i responsabili dei costi di produzione. In questo modo si scinde la figura che prima era la stessa, dividendo il ruolo di finanziatore da quello di realizzatore dell'oggetto. Il lavoratore, quindi, si deve solo occupare della parte relativa alla creazione dell'oggetto (cosa per cui verrà retribuito attraverso il salario) mentre il capitalista si occuperà dei costi di produzione e delle attrezzature (cosa per cui guadagnerà un profitto alla vendita dell'oggetto).

Tale profitto, ovviamente, scaturirà dal successo che avrà sul mercato il prodotto presentato al consumatore, il quale rappresenta la figura principe da soddisfare. E' lui che decreta la "vittoria" o la "sconfitta" di una determinata impresa, è attraverso le sue scelte che premia o punisce le attività imprenditoriali presenti sulla scena economica. E' inutile pensare che solo perché una persona abbia immesso una certa dose di lavoro in un eterminato prodotto, egli debba essere remunerato per forza. Il valore con cui determiniamo l'utilità marginale di un oggetto è soggettivo, ed ognuno di noi presenta un diverso set di valori con cui predispone le proprie scelte.

Il ruolo del capitalista, quindi, non è solo quello di fornire attrezzature, salari e gestire i costi di un'azienda, ma anche individuare quei settori di mercato che possono essere sfruttati per trarre un guadagno. La creatività e le idee che possiede hanno bisogno di coordinazione e cooperazione per essere realizzate, quindi si circonda di tutta la manodopera di cui ha bisogno per dare forma alle sue invenzioni. Il compito del capitalista, quindi, è anche organizzativo. Non tutti riescono ad individuare settori di mercato validi da cui trarre un vantaggio pecuniario, ma soprattutto, non tutti sono in grado di avere idee che la maggior parte degli attori economici apprezzerà. Ovviamente, la figura del capitalista e dell'imprenditore possono anche non coincidere, perché l'organizzazione della produzione e la sua gestione richiedono risorse e non sempre chi ha le idee ha anche il denaro. In questo caso, il finanziatore dell'idea trarrebbe il suo profitto dal tasso di interesse sul prestito con cui viene finanziato il progetto dell'imprenditore.

Pensate un momento ad Ulisse, per cercare di capire meglio. Pensate a come la sua idea fece vincere ai greci la guerra contro Troia. Certo, ebbe bisogno dell'aiuto dei suoi compagni soldati per metterla in atto, ma la fonte dell'idea rimaneva lui. Aveva visto qualcosa che gli altri non erano riusciti a vedere, sconfino' in una regione strategica nella quale nessuno era ancora arrivato. L'idea era sua, ma aveva bisogno d'aiuto per metterla in atto. Questo aiuto svolge solamente il ruolo di esecutore dell'idea, il suo compito si esaurisce non appena viene completata l'azione materiale. Infatti, è Ulisse colui il quale viene associato al Cavallo di Troia, il suo profitto è stato entrare nella storia (mentre quello dei suoi compagni la fine della guerra).

Il capitalismo, quindi, funziona in maniera diversa da quella propagandata da Marx e dai suoi seguaci. Infatti, fu la rivoluzione industriale a migliorare le condizioni di vita di tante persone che nell'era pre-rivoluzionaria morivano di stenti e di miseria. Non solo, ma con essa vennero ridotte consistentemente anche le ore lavorative degli operai e, soprattutto, i bambini non avrebbero più dovuto lavorare. Grazie allo stipendio dei loro genitori e la produzione industriale che in due generazioni raddoppio', gli individui beneficiarono delle meraviglie del sistema produttivo capitalista. Non era un problema se i salari rimanevano costanti, quelli reali aumentavano a vista d'occhio grazie ad un'offerta di beni crescente e ad un sistema monetario stabile.



CONCLUSIONE

Una delle migliori confutazioni della teoria marxista venne presentata da Eugen von Böhm Bawerk nel libro La conclusione del sistema marxiano. Uno dei migliori libri che spiega senza pregiudizi le meccaniche capitalistiche è Capitalism: A Treatise on Economics di George Reisman. Comprendere quello di cui si parla è la chiave per non cadere vittima delle sciocchezze spacciate per verità. Mcelwee non ha fatto tesoro di questo suggerimento, spero che invece lo facciate voi.


14 commenti:

  1. Clap clap clap!!!
    E Buona Pasqua a tutti!

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  2. Ciao
    Segnalo questa chicca.
    Avete presente la campagna martellante sul riscaldamento globale provocato dall'uomo cattivo ed irresponsabile che merita quindi la creazione di un imponente programma centrale di controllo delle emissioni di gas serra, la costituzione di una immensa burocrazia di controllo e regolamentazione e tassazione?
    Ebbene, tutto per il nostro bene, ma che dico, dell'umanità, ma che dico, del pianeta intero!

    Poi... Leggiamo: http://www.zercustoms.com/news/313-mpg-Volkswagen-XL1-Banned-In-USA.html

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    1. >"[...] the government doesn't want such an efficient car"

      Direi che basta questo a capire come stiamo messi. E visto che siamo in tema, perché questa storia del riscaldamento globale è stata ormai sbugiardata come le teorie marxiste, rincariamo la dose:

      Green Guru James Lovelock on Climate Change: ‘I don’t think anybody really knows what’s happening. They just guess’ – Lovelock Reverses Himself on Global Warming

      Inhofe: Obama Wasted $120 Billion on Global Warming Which Could Buy 1400 F-35s


      Buone feste a tutti voi lettori di Freedonia. :)

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  3. ogni tanto ci vuole un bel riassunto dei fondamentali. buona pasqua

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  4. L'articolo mi sarà utile per iniziare una discussione con i novizi (nonché per farmeli subito nemici :D).

    Buona Pasqua a tutti.

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  5. Articolo utile per rinfrescare le idee. Buona Pasqua!

    Perspicace

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  6. Oggi brutto tempo dalle mie parti, perciò.... beccatevi questo! ;)

    A ripensarci, la premessa «Incolpare l'avidità per la crisi finanziaria, è come incolpare la gravità per un incidente aereo» non mi convince.

    Se è vero, come è vero, che il ciclo economico boom-bust è causato dall'espansione-contrazione creditizia (monetaria, finanziaria) operata dalle grandi banche commerciali (con la riserva frazionaria), a loro volta sostenute dalla banca centrale (che attua, concertandola con il potere centrale statale, garante della sua esistenza, la politica monetaria) ed è ulteriormente consentita (ed amplificata enormemente negli effetti) dalla totale irredimibilità del fiatmoney (creabile dal nulla), credo che sia innegabile che questo sistema, questo meccanismo, questo gioco, sicuramente distruttivo per i più e favorevole ai meno (cioè, una vera maxitruffa), sia stato edificato proprio per soddisfare quella pulsione incontrollabile al possesso illimitato (OWN = NWO?), l'avidità, di quei pochi che l'hanno concepito e realizzato per avvantaggiarsene.

    D'altronde, ritroviamo, nei nostri ragionamenti, continuamente l'espressione "azzardo morale" proprio per spiegare il furto con destrezza, operato di nascosto, negato e/o mistificato dai gestori del sistema stesso.
    Quindi, è proprio l'avidità che ha spinto quei pochi a creare e perfezionare (illusoriamente), nella direzione dell'incremento illimitato, il sistema finanziario ed a produrre poi, inevitabilmente, le crisi ricorrenti del sistema stesso, che è insostenibile nel medio-lungo periodo, come dimostrato dalla storiografia, se costruito e corrotto in quel modo e per quel motivo.

    E, visto che scrivo di "etica", adesso emulo Gary North ed, in un delirio domenicale di omniscienza (dna santo subito!), cito la Bibbia. :) (continua)




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    1. Il sistema fiatmoney è una torre di Babele, un sistema innalzato per superare il limite terreno illudendosi di raggiungere e farsi come il Creatore, un sistema in cui il mezzo di scambio delle azioni umane volontarie ed inevitabilmente cooperanti viene piegato all'inverosimile, fino a snaturarlo del tutto, al servizio di pochi esaltati ("illuminati" da questa furbesca trovata?) che si trovano in cima alla torre, ma sempre insoddisfatti ed infelici (perché probabilmente non comprendono che "chi si contenta, gode") e, pertanto, chiedono ancora più mattoni alla fornace, la banca centrale, che hanno creato e controllano.

      Controllano? Come?
      Controllano col placet interessato e complice di altri esaltati, gli invasati del controllo sociale pervasivo che, dal canto loro hanno più volte, storicamente, edificato torri di Babele per, dicono loro stessi, il bene e la liberazione e la libertà e soprattutto la sicurezza di tutti ed il privilegio di nessuno.
      Ma questi ingegneri politici non sono affatto migliori dei primi. Sono esaltati anche loro.
      Hanno, in passato, nei primi progetti, costruito torri di Babele altamente oppressive per i dissenzienti, violente in maniera plateale, ed hanno inevitabilmente attribuito a se stessi, essendone i progettisti, i posti migliori in cima alla torre.
      Ma, siccome l'idea di edificare queste torri è molto diffusa e dal confronto (e dalla debolezza insita nell'illusione che possano davvero funzionare), nasce spesso la competizione fino allo scontro violento, i progetti sono mutati nel tempo cercando di perfezionarsi, e l'idea da qualche decennio più in voga, spesso conseguita col sangue, è quella di allargare il più possibile la base della torre, di renderla meno ripida, di facilitare sulla carta (costituzionale) la progressione verso i posti migliori in modo tale che più gente possa partecipare ai vantaggi elargiti dal vivere nella torre, a patto di concorrere alla sua edificazione e manutenzione. Concorrere volontariamente? Fintanto che si crede nel progetto. Sennò, coercitivamente.

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    2. E questa torre di Babele, questo progetto politico di protezione su larga scala, funziona col carburante del tutto particolare che, guarda caso, viene fornito dall'altra torre, quella dei gestori finanziari del mezzo farlocco di scambio. E, questo è assolutamente fondamentale da comprendere, non può funzionare con altro carburante, pena la sua ovvia riduzione dimensionale. La torre funziona, o per lo meno prova a non crollare, solo se alimentatata con l'inganno finanziario del denaro piegato agli interessi politici, agli interessi dei gestori. Funziona, in apparenza, solo se i mattoni non finiscono mai, se ce ne sono sempre a disposizione, anche se sono mattoni sempre meno solidi che alla fine hanno solo il nome di mattoni, ma non valgono nulla. Nulla. E sul nulla non si costruisce. Anche se molti non se ne rendono più conto.
      Perciò, anche questi progetti (torri politiche) autoincrementanti si stanno rivelando insostenibili perché troppo pretenziosi.
      Troppo è richiesto, in termini di libertà e frutto del proprio operare (cioè, di vita), per tenere in piedi una torre esagerata che, in fin dei conti, inevitabilmente, nonostante propaganda e regolamenti crescenti, ha di nuovo fornito privilegi ad alcuni, pochi, a scapito dei diritti naturali di tantissimi altri che si sentono più insicuri, più sfruttati e sostanzialmente traditi. E le promesse, che sono debiti, si stanno già infrangendo: lavoro per tutti, benessere universale, educazione diffusa, ... come quelle promesse che sono proprio il debito pubblico, che non verranno mantenute (ristrutturando o svalutando).

      Molti cominciano a scorgere la crisi della gestione della torre (la politica e l'amministrazione) e la crisi dello stato di diritto (costante violazione dei diritti naturali: libertà di scelta, frutto del proprio sforzo, della vita stessa).
      Pochi comprendono la crisi del sistema stesso (lo statalismo pervasivo).
      Pochissimi vedono la crisi delle due torri di Babele, dei due progetti esaltanti ed esaltati, che devono necessariamente sostenersi a vicenda e che non possono vivere indipendentemente l'una dall'altra.

      P.S.: la prossima volta auguratevi che splenda il Sole dalle mie parti... ;)

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    3. Una riflessione stimolante. Direi innazitutto che con avidità dovremmo fare un distinguo: l'avidità di chi persegue un proprio obiettivo utilizzando mezzi leciti è diversa da colui che persegue la propria avidità utilizzando qualsiasi mezzo pur di raggiungere il proprio scopo (es. visto che parliamo di Bibbia, riportate alla mente quando Gesù caccia dal tempio i mercanti; al di là del suo messaggio religioso, Gesù è stato uno dei più grandi rivoluzionari della storia umana).

      L'illusione su cui si reggono le torri, tra l'altro, è strutturalmente fondata sulla propaganda. Gli spin doctor assoldati dalla superclasse sanno fare bene il loro lavoro, Ivy Lee ne è l'esempio. Edward Bernays un altro. La cerchia della superclasse ha fatto credere alla popolazione che è possibile guidare i lfuturo del genere umano dalla canna di una pistola. Le sovrastrutture di cui si forgia la pianificazione centrale non sono altro che una pistola puntata alla tempia del resto degli individui, e quando ci si trova in una situazione simile non importa che pistola sia, diveiene improvvisamente gigante. Il minacciato si fa piccolo e la sua indole viene pressoché smorzata, mentre quella di colui che minaccia si gonfia e si riempie di baldanza. Nella psicologia di Freud le dimensioni contano, e le strutture istituzionali atte a dirigere le ppopolazioni si sono moltiplicate a vista d'occhio. L'arma impugnata dalla superclasse è di dimensioni spropositate. La superclasse però non ha messo in conto una cosa: credi di essere onnipotente, però non lo è. Perché un giorno potrebbe arrivare un evento imprevisto... la pistola potrebbe essere puntata alla tempia di chi non ha paura di passare all'altro mondo, ad esempio.

      O, sibillinamente parlando, perché sterminare i Càtari se si credeva che si sarebbero ammazzati da soli?

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    4. L'avidita' di Adam Smith. Il motore della ricchezza delle nazioni. Vera la distinzione. La accetto.
      I Catari, pauperisti e protosocialisti, massimalisti vegani, massacrati per rapinarne le ricche terre che li ospitavano. Massacrati col placet, pare, di Francesco d'Assisi.
      Mi hai fatto tornare alla mente Il nome della rosa e la gran puttana dantesca.
      Cmq e' l'avidita' di potere e di possesso il primum movens delle azioni umane, che sono lecite se realizzano uno scambio volontario ed illecite se realizzano uno scambio non volontario, un furto.

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    5. Francesco, per favore, cancella l'ultimo capoverso del mio commento 6.4 perché ho espresso in modo del tutto errato ciò che penso. Grazie. E ovviamente cancella pure questo 6.5. Grazie :)

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    6. Purtroppo la modifica dei commenti non è abilitata da blogspot, quindi dovrà rimanere in questo modo. Puoi cancellarlo e riscriverlo se vuoi.

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  7. Oggi ho sentito un comunista dirmi che il crollo dell'Unione Sovietica è stato causato dall'imborghesimento del proletariato russo, perchè la borghesia è geneticamente reazionaria e appena degusta il montone diventa subito egoista e individualista.

    A questi mr.Bamble gli faceva un baffo.

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