Bibliografia

lunedì 17 febbraio 2014

L'importanza della legge di Say





di Alasdair Macleod


Immaginate i clienti di GoldMoney che si ritrovano a leggere commenti molto rilevanti su oro ed economia, e poi diano addosso alla legge di Say. La sua importanza potrebbe non essere immediatamente evidente.

Jean-Baptiste Say era un imprenditore ed economista francese ventenne quando la Bastiglia venne presa d'assalto e ne seguì la rivoluzione francese. Mentre il terrore scatenato dalla rivoluzione è ciò che ricordiamo dalle lezioni di storia, quello che è meno noto sono le difficoltà finanziarie che affrontò la Francia fino a quel fatidico anno: una combinazione di pesante debito pubblico e grande deficit finanziario. Negli anni che seguirono la Francia subì un inevitabile crollo della valuta.

È in questo contesto che Say concluse che per capire il commercio si dovrebbe ignorare il denaro, perché le persone fabbricano prodotti per acquisire altri prodotti, o "i prodotti sono pagati con i prodotti." E scrisse anche che "il denaro svolge solo una funzione temporanea in questo doppio scambio; e quando la transazione viene finalmente chiusa, ci sarà sempre quel tipo di prodotto che è stato scambiato per un altro."

Questa è stata la saggezza convenzionale fino alla depressione degli anni '30, quando Keynes contestò l'affermazione che "l'offerta crea la propria domanda." Keynes la liquidò dicendo che la legge di Say "è equivalente alla proposizione secondo cui non esiste alcun ostacolo alla piena occupazione" (General Theory). Ricordate, questo venne scritto dopo la disoccupazione di massa vissuta nella Grande Depressione. Keynes continuò scrivendo che il consumo dipendeva "dalla caratteristica psicologica della comunità, che chiameremo propensione al consumo." In altre parole, l'attività economica dipende dagli spiriti animali.

Si può immediatamente osservare un conflitto: Say, affermando che un'economia potesse funzionare con e senza denaro, sapeva che la vita sarebbe continuata anche senza denaro, sebbene l'assenza di una moenta affidabile sarebbe risultata scomoda. Per lui il denaro era solo un facilitatore delle transazioni. Per Keynes, il denaro era importante perché dà ai governi un mezzo per stimolare la domanda. La legge di Say è l'essenza del libero mercato, mentre il Keynesismo è la base su cui poggia l'intervento dello stato.

L'esperienza degli ultimi cinque anni con enormi deficit di bilancio e tassi di interesse a zero, ha dimostrato il fallimento dell'approccio Keynesiano: nessuno può affermare che tentare di far rivivere i nostri spiriti animali sia stato un successo. Ed un semplice secondo di ragionamento ci informa dell'illogicità di stimolare la domanda dei consumatori e ignorare la produzione.

Purtroppo tutta questa spesa per gli spiriti animali immateriali è andata avanti sin dal 1930, e ha portato ad un indebitamento soffocante dei governi e del settore privato. L'inflazione della moneta e del credito bancario è considerata sempre di più come il mezzo per rinviare una riconciliazione del debito che può portare solo a fallimenti diffusi. Seguendo politiche economiche che ignoravano la verità della legge di Say, molti governi ed i loro cittadini sono finiti in una trappola del debito da cui non c'è scampo.

La legge di Say verrà testata nuovamente se il valore della moenta colerà a picco, rispecchiando gli ultimi cinque anni di politiche monetarie. Dopo tutto, egli costruì la sua osservazione a seguito dell'iperinflazione francese del 1796. Ma se la legge di Say risulterà vera ancora una volta, potremmo almeno trarre conforto che c'è vita economica dopo la morte monetaria.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


7 commenti:

  1. Ciao Francesco,

    ci sono gli esempi (depurati da tutte le falsificazioni statistiche e soprattutto ideologiche) americano e giapponese a dirlo a chiarissime lettere: stampare moneta non serve a risollevare le sorti di una economia. Languono sia gli uni che gli altri. Si arricchiscono solo quelli più vicini alla stampante (turbofinanza e politica) e già meno gli esportatori, che possono approfittare del mercantilismo solo nel breve periodo.
    Nell'eurozona, però, si cerca in ogni modo di percorrere la stessa identica strada, ostacolata, per ora, dalla Germania: così, invece di favorire la crescita economica stimolando la produzione e l'innovazione con una drastica destatalizzazione, fatta di radicali defiscalizzazione e deburocratizzazione, si continua a conferire all'interventismo socialdemocratico il potere di guidare l'annichilimento di ogni prospettiva.
    L'ideologia socialdemocratica è del tutto refrattaria a proposte diverse: la UE è solo una tecnoburocrazia interventista illiberale e liberticida.
    Dal prossimo voto alle europee, purtroppo, la protesta, che si paleserà, sarà orientata dalle elites politicofinanziarie in chiave antitedesca, cioè per dare il via libera a politiche monetarie espansive e stataliste ancora più incisive.
    Ancora una volta, una scelta inutile e suicida. Ma nel continente europeo lo statalismo è molto radicato e richiesto, sembra davvero l'unica offerta disponibile e pertanto crea la sua forte domanda.
    L'Austrismo, infatti, è appena rinato altrove.

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    1. Ciao Dna.

      "[...] Ma nel continente europeo lo statalismo è molto radicato e richiesto, sembra davvero l'unica offerta disponibile e pertanto crea la sua forte domanda."

      Tristemente vero, e vorrei aggiungere una citazione di Benjamin Anderson per chiunque pensi che Keynes abbia confutato con "successo" la legge di Say:

      «Il problema teorico centrale coinvolto nel problema dell'aggiustamento economico del dopoguerra, e il problema della piena occupazione nel dopoguerra, è la questione tra la dottrina dell'equilibrio e la dottrina del potere d'acquisto .

      Coloro che sostengono enormi spese governative ed il finanziamento del deficit dopo una guerra come unico mezzo per ottenere la piena occupazione, separano nettamente la produzione ed il potere d'acquisto. Il potere d'acquisto deve essere mantenuto al di sopra della produzione, se secondo loro la produzione deve essere ampliata. Se il potere d'acquisto cala, la produzione calerà.

      L'opinione prevalente tra gli economisti, d'altra parte, è che il potere di acquisto diventa grande grazie alla produzione. I grandi paesi produttori sono grandi paesi consumatori. Il mondo del ventesimo secolo consuma molto più di quello del settecento, perché produce molto più. L'offerta di frumento dà luogo alla domanda di automobili, seta, scarpe, prodotti di cotone, e altre cose che il produttore di grano vuole. L'offerta di scarpe dà luogo alla domanda di grano, per sete, automobili, e per altre cose che il produttore di scarpe vuole. L'offerta e la domanda nel complesso non sono quindi solo uguali, ma identiche poiché ogni merce può essere considerata sia come offerta del suo genere sia come richiesta per altre cose. Ma questa dottrina è soggetta alla grande qualificazione che le proporzioni devono essere giuste; che ci deve essere equilibrio.»

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  2. ottima confutazione direi, perché basata sulla ragionevolezza. mentre keynes si basa sulla stregoneria. come tutti gli econometristi con le loro formule alchemiche. l umanità è semrep stata attratta dalla stregoneria. d alar parte il confine tra cosa è scienza e cosa non lo è, è un confine fragile. l astrologia venne difesa da un epistemologo anarchico del calibro di feyerabend. ora, l anarchia rischia di andare contro l anarchia difendendo keynes. ma attenzione, non è la teoria di keynes in discussione, bensì la pretesa di scientificità e verità che non ammette repliche. come se l astrologia dicesse l unica scienza sono io. ma, al di la del metodo, che l economia sia una scienza è davvero poco sostenibile: manca coerenza sistematica ed un punto comune di discussione di base.

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    1. insomma, non voglio dire cosa è scienza, ma non è scienza quel che si basa su trucco e paraculaggine :)

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    2. ...come la politica! ;)

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    3. A proposito di politica: come si concilia la repulsione per i politici odierni che non avrebbero più la statura morale di un tempo (cfr. Giulietto Chiesa, ad esempio) con l'espressione "la politica è l'arte della mediazione" (tirata fuori in occasione del niet grillino al fu Bersani)?
      Non lo sanno che mediare significa sporcarsi le mani?

      Riccardo Giuliani

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    4. Ciao Riccardo.

      E' stato un argomento trattato da North in questo articolo: Leadership mancante.

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