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venerdì 10 gennaio 2014
Tutti per uno, uno per tutti
di Francesco Simoncelli
[Questo articolo è apparso anche sul magazine online The Fielder.]
E' vero. Questo blog sin da quando è stato aperto ha parlato prevalentemente degli azzardi e delle manipolazioni operate dalla FED, concedendo l'occhio di bue alle altre banche centrali solo in occasioni più eclatanti. Il motivo è semplice: la FED, tra le banche centrali del mondo, è la più importante. Non solo dal punto di vista strategico perché americana, ma soprattutto perché le sue politiche sono copiate e seguite in una sorta di tacito accordo non scritto. Dovunque vada la FED, le altre banche centrali la seguiranno. Le ultime politiche monetarie del Giappone la dicono lunga. La ZIRP perseguita da Draghi è un altro esempio. Lo stesso vale per la BoE.
In realtà, questo atteggiamento non è nuovo nella storia dell'economia. Ogni qual volta la società è stata "investita" dall'amore per il denaro fiat, la sua esistenza ha subito una certa regressione in fatto di ricchezza e progresso. Tutti gli scambi all'interno del tessuto economico potevano essere influenzati da chi gestiva la stampante monetaria, e quindi possedere un certo controllo sugli individui. Seppur labile, era oppressivo e onnipresente. Ma tutte quelle civiltà che hanno ceduto alla promessa di un futuro radioso garantito da una moneta elastica, sono state lasciato con null'altro che un pugno di mosche.
Nonostante quello che dicono i pianificatori centrali, le valute cartacee sono condannate. Quando verranno abbandonate? Questo nessuno lo sa.
STORIA MAESTRA DI VITA?
Ai tempi di John Law, Keynes ovviamente non era nato ma possiamo dire che c'è stato una sorta di "passaggio" di idee nel corso dei secoli tra le due figure. Fondatore della prima banca centrale francese, cercò di porre rimedio ai debiti bellici della Francia abbandonando la moneta sonante a favore di quella cartacea. Perseguendo questa strategia, il lettore può immaginare cosa fece il nostro protagonista: inondò l'economia francese di carta e azioni della Mississippi Co.
Per invogliare il francese medio a fidarsi delle promesse vuote dietro a questi facili stratagemmi di consenso pubblico, utilizzò quel manuale di retorica che al suo interno contiene frasi come "offerte giuste," "dividendi speciali," ecc. In realtà, la Mississippi Co. non aveva altro che i diritti speciali garantiti dallo stato di acquistare debito pubblico attravero i suoi profitti che derivavano dalla vendita di azioni. Niente di magico.
Gli inglesi guardarono con invidia al progetto messo su da Law, e quindi decisero di copiare l'idea quando John Blunt fondò la South Sea Co. Stessa retorica, stesso raggiro, stessa truffa.
Oggi assistiamo alla stessa strategia d'azione, con le banche centrali attivamente concentrate a monetizzare i debiti degli stati. Ed il sentimento popolare è addirittura a favore di questa linea di politica. La invoca a squarcia gola. Le persone che in questi giorni stanno scendendo in piazza ritengono che i problemi economici che i loro paesi stanno soffrendo siano dovuti ad una sorta di difetto di "costruzione" dell'Unione Europe e dell'euro. Questa linea di pensiero è condivisa anche da alcuni pensatori e commentatori mainstream, secondo i quali ai PIIGS basterebbe mettere mano alla stampante monetaria per liberarsi dal pantano rappresentato dai loro debiti esorbitanti.
La BCE l'ha promesso, ma ancora non ha messo in atto una politica del genere. Il bazooka è carico, ma non ha sparato. Al momento le banche commerciali nazionali sono le principali detentrici di obbligazioni statali; forti della promessa dello zio Mario, sostengono artificialmente gli stati europei in bancarotta tirandone giù gli interessi sul debito. Come vengono finanziate? Attraverso la generosità estera e attraverso l'impegno delle obbligazioni statali in cambio di prestiti dalla BCE. Oggi, quindi, invece di società dalle basi argillose che alimentano un boom artificiale guidato dalla stampa di denaro, abbiamo un sistema bancario commerciale che spalleggiato da quello centrale mantiene a galla lo status quo politico/economico attraverso una monetizzazione costante dei debiti degli stati.
Però, come accadde per le azioni della Mississippi Co., la carta è un asset scoperto. Arriva il momento in cui il mercato, attraverso i suoi processi dinamici, scoperchia il vaso di vermi statico che la pianificazione centrale aveva accuratamente custodito come segno della sua presunta vittoria sopra i desideri degli individui. Non sorprende quindi se il Financial Times ci informa che le obbligazioni statali, diversamente da quello che si dice in Basilea III, non sono prive di rischio. Nonostante la liquidità sia stata trincerata nel circuito finanziario/azionario per impedire che invadesse tutta in una volta l'economia più ampia, parte di essa ne è uscita fuori andando ad inasprire le condizioni economiche già dure a causa della mancata pulizia del mercato.
Alla luce di questi fatti, la BCE sarà costretta ad intervenire per cercare di stabilizzare la situazione patrimoniale delle banche che ancora è esposta ad una mole enorme di investimenti improduttivi, crediti inesigibili e prestiti non performanti. Le distorsioni si sono accumulate rispetto a 4 anni fa.
Uno dei settori bancari più a rischio è quello spagnolo. L'altro è quello italiano. Infatti, dopo tutte le rassicurazioni secondo cui l'Europa sarà il motore futuro della ripresa, dopo tutta la liquidità fornita al settore bancario, dopo l'abbattimento artificiale sui rendimenti dei debiti sovrani, il 28 dicembre scorso abbiamo assistito ad una delle scene più imbarazzanti e sbugiardanti finora osservate: la capitalizzione del Monte Paschi Siena è stata rimandata a maggio. Non s'è presentata gente talmente sciocca da accollarsi l'onere e la Fondazione non vuole accollarsi le perdite causate dai suoi errori di gestione.
E questa storia potrà risolversi solo in tre modi: bail-in, salvataggio indiretto da parte della BCE (investitori finanziati dalla banca centrale che si accollano l'onere di acquistare le azioni), salvataggio diretto da parte della BCE. Se fallisce MPS la cascata di eventi che si ripercuoteranno sul mercato saranno superiori a quelli scatenati dalla Lehman nel 2008. Perché? Perché causa ed effetto sono fenomeni imprescindibili nelle azioni degli individui, e portano con sé sempre un prezzo da pagare.
CAUSA ED EFFETTO IN ECONOMIA
Gli stati hanno speso troppo in passato e anche nel presente non hanno perso questo atteggiamento, nonostante tutte le polemiche lanciate verso la presunta austerità. Inutile dire che anche per il futuro sono state messe in conto spese che vanno al di là della loro copertura. Nel caso particolare dell'Italia, se andate a pagina 29 del DEF scoprirete che nel corso dei prossimi anni le spese pubbliche sono destinate ad aumentare. In Planned Chaos von Mises ci spiegò come esistessero due vie: libertà o scialismo. La terza via che mescolasse entrambe era un'illusione, perché prima o poi si sarebbe ricongiunta alla seconda. E' quelo che sta accadendo oggi: il settore pubblico si è sobbarcato le perdite dei suoi clienti nel settore privato facendo pagare il conto al resto della popolazione.
E' stata una scelta priva di prezzi? No. Maggiori distorsioni, maggione nebulosità per quegli attori economici che viaggiano in stretta connessione coi segnali di mercato per condurre il proprio business, restrizioni burocratiche per rendere le scelte individuali più prevedibili possibile, aumento del carico fiscale, ecc. Tutte queste politiche sono il segno distintivo che i pianificatori centrali temono di perdere il controllo, ed il loro inasprimento andrà di pari passo con l'aumento della loro paura.
Tale timore si è riversato anche nel settore bancario che è riluttante a concedere nuovi prestiti, e gli individui che ancora sono gravati da debiti sono altrettanto riluttanti ad accendere nuovi prestiti.
Data la mole di distorsioni finora accumulate e, soprattutto, la mancata pulizia del mercato che ha consentito ad attività improduttive di drenare esponenzialmente risorse dal bacino della ricchezza reale e l'interconnessione del sistema finanziario globale, la paura di perdere il controllo è stata prevalentemente alleviata dalla crescita delle cosiddette riserve in eccesso. Il pericolo inflattivo, temporaneamente schivato, è ancora dietro l'angolo perché è possibile che l'euro vada a sbattere contagiando inevitabilmente il resto delle economie. Il Giappone, ad esempio, potrebbe smettere di fare la spesa nel mercato obbligazionario europeo a causa di problemi interni di natura bellica mettendo la BCE davanti un bivio: inflazione o lasciare che i governi vadano in default (es. raid nei fondi pensione).
Scegliere la seconda opzione causerebbe repentini fallimenti, soprattutto in quelle aree pesantemente sostenute dagli interventi statali. Ciò intaccherebbe, indirettamente, la FED che ha continuato a sostenere il sistema bancario europeo attraveros iniezioni di liquidità. Ma molto probabilmente la BCE sceglierebbe la prima opzione; nonostante la presunta validità di questa strategia secondo il pensiero mainstream, anche se questo può diminuire il carico di debito, rimane pur sempre una fallacia perchè fa sprofondare la società in un pantano inflazionistico. Presuppone, infatti, una certa passività nei possessori di bond e possesori della moneta.
Ma questo non significa che la BCE non ci proverà. Sarà costretta a comprare sempre più bond statali poiché la disponibilità di capitali privati diminuirà e non ci sono paesi europei fiscalmente sani da poter salvare tutti gli altri. Forse lo zio Mario incontrerà più resistenza rispetto allo zio Ben, ma nessuna banca cenetrale smorzerà le rotative e si girerà i pollici in attesa di un miracolo senza aiutare le entità di cui è cartello: banche e stati. Questo smorzerà le preoccupazioni intorno al mercato obbligazionario statale? Da quello che vediamo negli USA, la risposta è un sonoro no. Il libero mercato è dinamico. La pianificazione centrale è statica.
Una situazione del genere impedirà seriamente alla FED di giocare al suo gioco preferito: calciare il barattolo lungo la strada. Sin dal 2008 la FED ha principalmente continuato a salvaguardare, con allegre quantità di denaro fiat, le entità protette dal suo cartello. Chi sono? Le sei più grandi banche del paese.
SEGUIRE IL DENARO
Il settore bancario commerciale è un'industria che a differenza di tutte le altre offre grandi proventi a coloro al suo interno. Soprattutto quando vincono. Quando perdono possono contare sul'appoggio del governo per ottenere una via d'uscita non pagando per i loro errori. I banchieri, infatti, giocano sulla curva dei rendimenti: prendono in prestito a tassi bassi e prestano a tassi alti. Questa curva non rimane sempre così e tende ad invertirsi, dando vita ad una recessione. Se una banca viene infestata dallo spettro della bancarotta, interviene la banca centrale che attraverso iniezioni di liquida forza un riassestamento della curva dei rendimenti ai parametri iniziali.
Ma non tutte le banche beneficiano della benevolenza della banca centrale, solo quelle cosiddette TBTF (es. troppo grandi per fallire). Questo azzardo morale, sfruttando denaro contraffatto dalla banca centrale e denaro dei contribuenti, permette ad alcune grandi banche di sopravvivre alle ondate di insolvenze che invece colpiscono le loro pari. Lo scorso anno negli USA c'erano 7,000 banche; oggi ce ne sono 6,900. Il 70% di tutti gli asset bancari è detenuto da 12 grandi banche. Questa crisi le ha rese più grandi, più potenti.
Lehman Brothers è stata una grande perdente, così come Bear Stearns. Ma i vincitori hanno ottenuto grossi sconti sui loro asset e, soprattutto, hanno ottenuto nuovi clienti. Chi ha perso? Le piccole imprese, le quali si rivolgono principalmente alle piccole banche per i propri prestiti. Le grandi banche sono rimaste all'apice della piramide. Perché? Basta seguire il denaro.
La maggior parte di questo denaro è stato canalizzato nelle cosiddette riserve in eccesso. I motivi sono due: le banche sono riluttanti a prestare e gli individui sono riluttanti a prendere denaro in prestito. La maggior parte delle banche deve fare i conti con crediti inesigibili ed asset non performanti che potrebbero distruggere i loro bilanci, quindi hanno bisogno di capitalizzazione per restare a galla. Non solo, ma anche per acquistare debito obbligazionario statale il quale rappresenta la più grande bolla di tutti i tempi. Con i rendimenti ridicoli dei titoli di stato, il mercato dei prestiti che è colato a picco, bilanci disastrati, come fanno le banche ad ottenere profitti? Semplice, nel settore bancario ombra e speculando in borsa. Il rally nel settore azionario, infatti, è nato sulle spalle della situazione odierna in cui gli investimenti più rischiosi sono diventati i più succulenti. Perché? Tre parole: fame di rendimenti.
Il gioco a cui giocano è tanto subdolo quanto ingarbugliato, con un mercato repo usato fino all'asfissia in cui si perde d'occhio chi detiene cosa e quanto si deve a chi. Cartolarizzazioni e prestiti ombra sono all'ordine del giorno, con un mercato che ha ragigunto cifre da capogiro. Ma come abbiamo appreso chiaramente sin dopo il 2008, se cede una parte di questa catena cade a terra anche il resto degli anelli. Dopo il fallimento della Lehman, infatti, e con AIG sull'orlo del fallimento, si è alzato un coro di parassiti che scuotevano le istituzioni affinché venissero in soccorso ad un'economia malata. Per curarla? No, prolungandone l'agonia.
I tassi di interesse sono scesi, andando a svantaggio delle piccole banche poiché queste riescono a fare profitti solo attraverso i prestiti mentre invece le grandi banche li fanno nella speculazione ad alta leva. Cosa succede quando queste ultime rischiano di andare in bancarotta? Vengono chiamati in causa contribuenti e banchieri centrali che mettono una pezza alla sconsiderazione di chi si sente con le spalle coperte; non tutti ce le hanno, e soprattutto non le piccole banche. Se, ad esempio, nel 2008 ci fosse stato Dick Fuld come Ministro del Tesoro forse sarebbe affondata Goldman Sachs e non la Lehman.
Chissà... Sta di fatto che la soluzione non è una maggiore regolamentazione. Questa non ha fatto altro che penalizzare le piccole entità bancarie che devono conformarsi ad una serie di normative avulse dalla realtà del mercato, ma che saranno espanse fintanto che il problema di fondo (es. l'azzardo morale) non sarà risolto. Qualcuno è diventato "più uguale" degli altri, e gli investitori brancolano nel buio in un panorama economico che non sa distinguere più chi è fallito e chi è sano. Il buon senso è stato affossato sotto quintali di terriccio fangoso, la pala che ha ricoperto la fossa si chiama denaro gratis.
Le banche centrali temono il peggio se dovessero ritirare il loro supporto artificiale ai cosiddetti TBTF, quindi continuano nella loro crociata contro qualcosa che non può esistere in queste condizioni: una ripresa sostenibile. Nonostante il loro operato non si sia trasformato in un'inflazione dei prezzi galoppante (anche se i numeri reali raccontano un'altra storia da quelli "ufficiali"), il denaro canalizzato per salvare i TBTF è finito principalmente in depositi in eccesso e come fondi speculativi con cui "giocare" in borsa, hanno influenzato solo marginalmente l'economia più ampia. Ciò ha prodotto enormi rally laddove quel denaro è stato utilizzato dai primi ricevitori (es. mercato azionario, prestiti studenteschi, bond statali, titoli ipotecari, ecc.), gonfiando nuove bolle e reflazionando quelel vecchie. Nessuno può sapere in anticipo quando scoppieranno, ma sicuramente non è una questione di "se scoppieranno." Semplicemente, accadrà. Così come nel 2008 basteranno poche margin call, solo che stavolta sarà peggio rispetto al 2008 perchè le distorsioni che si sono finora accumulate si sono amplificate.
CONCLUSIONE
La FED ha rassicurato i mercati: continuerà a finanziare le sconsideratezze in patria e all'estero. Questo sarà l'ultimo regalo prima che lo zio Ben se ne vada. Niente più "indecisioni" di politica monetaria, niente più boom-bust, si prosegue incuranti verso l'oblio. Infatti, secondo quella che è la nuova normalità, l'economia mondiale non ha bisogno di nient'altro che non sia una politica monetaria allentata infinita. Prima del 2007 una simile conclusione era vista con orrore dal mondo accademico, oggi viene accolta come il salvagente tanto atteso da coloro che si trovano in un mare in burrasca.
Si continua a chiamarlo stato di emergenza. Si evita di chiamarlo con il suo vero nome: pasti gratis a iosa. Perché? Perché in guerra lo stato ha pieni poteri di fare ciò che è giusto e bene per la popolazione. I banchieri centrali non possono permettersi di far esplodere deliberatamente quelle bolle che hanno gonfiato attraverso l'introduzione di una politica monetaria senza precedenti. Non possono permettersi una nuova recessione, perchè sarebbe peggiore di quella del 2008 e potrebbe far definitivamente perdere il controllo sull'economia.
Ma potete star certi che il conseguente disastro sarà sicuramente affibiato al capitalismo di libero mercato, il quale, giusto per ricordarlo al lettore distratto, ha chiuso i battenti circa 100 anni fa.
BRAVO!
RispondiEliminaTra qualche settimana le elezioni europee. Forse le prime davvero importanti. Non è difficile prevedere un massiccio e diffuso voto antieuropeista. Ma forse non determinante.
RispondiEliminaMi chiedo, oltre alla propaganda "illusioni e paure", "tutte chiacchiere e distintivo", quali eventi manipolati verranno messi in campo dallo status quo per lo status quo.
Nel frattempo non dimentichiamo la Catalogna e la sua probabilissima secessione pacifica.
2014 interessante. Non ci sarà alcuna ripresa, ma per il resto...
Lorsignori puntano ad un atterraggio morbido, senza dubbio. Almeno per loro stessi.
RispondiEliminaCon un po' di inflazione, un po' di ristrutturazione del debito, un po' di salvataggi mirati, un po' di bail in e forse qualche bail out, ed un bel po' di dolore distribuito ai soliti target. Se va tutto liscio per lorsignori, faranno proprio così...
Ma, purtroppo per loro, l'imprevisto esiste.
Commento qui per la prima volta, e saluto tutti.
RispondiEliminaHo espresso il mio apprezzamento a Francesco per il suo lavoro meno di un mese fa, un lavoro che comprendo sempre meglio anche grazie a vonmises.it e Roberto Gorini.
Proprio in questo cambio che sto vivendo vorrei suggerire una piccola sfida ai sudditi invocanti l'inflazione da stampa, e che possiamo usare a livello individuale.
L'idea è semplice: a chi ci dicesse che l'inflazione è a fin di bene, proponiamogli/le senza sosta di caricarsi anche quella nostra tramite regolare contratto libero, in modo da poter fare il bene non una ma due volte.
Così facendo, forse le persone cominceranno a intuire (non capire) che questa menzogna ha tutt'altro sapore quando è meno diluita.
Giusto per dare seguito al detto: "i put my money where my mouth is".
Un saluto
Riccardo Giuliani
saluti riccardo, proporrei nuovi soldi a noi, ed effetti inflativi a loro (perché ad alcuni l inflazione fa molto bene) :)
RispondiEliminaBenvenuto Riccardo.
RispondiEliminaGdb, piu pilu pe tutti!
Grazie per il vostro articolo che ho letto con molto interesse. Occorre più che mai sapere valutare i rischi nel campo finanziario prima di prendere delle decisioni....
RispondiEliminaCiao a tutti.
RispondiEliminaDopo lo scandalo dell'anno scorso presso la BoE, alla quale mancavano inspiegabilmente 1,300 tonnellate d'oro, adesso veniamo a sapere che: U.K. Royal Mint Runs Out of Sovereign Gold Coins on Demand .
L'occidente sta terminando l'oro da dare in leasing per manipolarne il prezzo spot.
Ma guarda un po'!
RispondiEliminaSarà per deformazione professionale o mentalità, ma oggi qualcosa ha cominciato a frullarmi in testa quando ho distrattamente ascoltato in tv la sconfortante rivelazione che il potere di acquisto di noi Italiani è ritornato quello di 25 anni fa, quello del 1989.
Ma perché non mi suonava nuova questa notizia?
....
Perché la stessa cosa l'avevo letta qualche tempo fa su zerohedge.
David Stockman, Sundown America.
http://www.zerohedge.com/news/2013-10-05/david-stockman-explains-keynesian-state-wreck-ahead-sundown-america