Bibliografia

martedì 24 dicembre 2013

Il principio di Santa Claus





di Ludwig von Mises


[Nota dell'editore: il messaggio del Presidente Obama sulla questione "Fiscal Cliff" può essere riassunto così: «O il Congresso mi peremtte di spennare i "ricchi," oppure voi sarete ad essere spennati quando un'impennata di tributi fiscali vi capiterà tra capo e collo il prossimo anno. O voi o loro.» La popolazione americana non dovrebbe cedere di fronte a questa demagogia criminale. Non solo spennare i ricchi porta al consumo di capitale e ad un impoverimento generale, ma contribuirebbe esiguamente a far scomparire il deficit federale. Senza un taglio della spesa del governo, il fardello di uno stato-leviatano ancor più ingombrante ricadrà inevitabilmente sulle spalle del settore produttivo. Mises spiega questi concetti in questo brillante estratto.]


[Azione Umana (1949). Un file mp3 di questo articolo, narrato da Jeff Riggenback, è disponibile per il download.]


L'esaurimento del fondo di riserva


L'idea che sottostà alle politiche interventiste è che i maggiori redditi e la ricchezza della parte più benestante della popolazione costituiscono un fondo che può essere liberamente usato per migliorare le condizioni dei meno abbienti. L'essenza della politica interventista è di togliere a un gruppo per dare a un altro. È confìsca e distribuzione. Ogni misura è in definitiva giustificata dichiarando che è equo opprimere il ricco a vantaggio del povero.

Nel campo della finanza pubblica la tassazione progressiva dei redditi e dei patrimoni è la manifestazione più caratteristica di questa dottrina. Tassare i ricchi e spendere il ricavato delle tasse per migliorare le condizioni dei poveri è il principio dei bilanci contemporanei. Nel campo delle relazioni industriali la riduzione delle ore di lavoro, l'aumento dei salari e mille altre misure sono raccomandate nella supposizione che favoriscano gli impiegati e gravino sul datore. Ogni problema economico di governo e della comunità è trattato esclusivamente dal punto di vista di questo principio.

Un esempio illustrativo è dato dai metodi applicati alla gestione delle imprese nazionalizzate e municipalizzate. Queste imprese spesso finiscono in un fallimento finanziario; i loro conti mostrano regolarmente perdite che gravano il Tesoro dello stato o della città. Non serve a nulla indagare se le perdite sono dovute all'inefficienza notoria della gestione pubblica delle imprese economiche o, almeno parzialmente, all'inadeguatezza dei prezzi a cui le merci e i servizi sono venduti ai clienti. Ciò che importa è che i contribuenti debbono coprire queste perdite. Gli interventisti approvano pienamente questo modo di agire. Essi rigettano appassionatamente le due altre soluzioni possibili: vendita delle imprese a imprenditori privati o aumenti dei prezzi praticati agli utenti a un livello che non determinino ulteriori perdite. La prima di queste proposte è per loro manifestamente reazionaria, perchè la tendenza inevitabile della storia è verso una sempre maggiore socializzazione. La seconda è ritenuta "antisociale," perchè graverebbe di più le masse consumatrici. È più giusto far sopportare l'onere ai contribuenti, cioè ai cittadini ricchi. La loro capacità contributiva è maggiore di quella della popolazione media che viaggia sulle ferrovie nazionalizzate, sui tram, sulle ferrovie sotterranee e sugli autobus. Domandare che tali pubblici servizi debbano essere autosufficienti è, dicono gli interventisti, un relitto delle vecchie idee della finanza ortodossa. Si potrebbe allora benissimo aspirare a rendere autonome le strade e le scuole pubbliche.

Non è necessario discutere coi sostenitori della politica del deficit. È ovvio che il ricorso al principio della capacità contributiva dipende dall'esistenza di redditi e fortune tali che possano ancora essere confiscate con le tasse. Non si può più ricorrervi una volta che questi fondi extra sono esauriti dalle tasse e da altre misure interventiste.

Questo è proprio il presente stato di cose della maggior parte dei paesi europei. Gli Stati Uniti non sono ancora andati così lontani. Ma se la tendenza attuale delle loro politiche economiche non viene alterata, quindi saranno nelle stesse condizioni fra pochi anni.

Per quanto ci riguarda, possiamo trascurare tutte le conseguenze prodotte dal completo trionfo del principio della capacità contributiva e concentrarci sui suoi aspetti finanziari.

L'interventista, sollecitando spese pubbliche addizionali, non è conscio del fatto che i fondi disponibili sono limitati. Egli non si rende conto che l'aumentata spesa in un settore impone restrizioni in altri settori. Secondo lui v'è abbondanza di moneta disponibile. Reddito e ricchezza del ricco possono essere liberamente assorbiti. Raccomandando una maggiore assegnazione per le scuole, egli semplicemente sottolinea il punto che sarebbe buona cosa spendere di più per l'istruzione. Non s'avventura però a provare che un aumento dell'assegnazione di bilancio per le scuole è più conveniente che aumentare quello di un altro settore (es. quello della sanità). Non gli capita mai che gravi argomenti possano essere sostenuti in favore della politica restrittiva della spesa e della riduzione degli imponibili fiscali. I sostenitori dei tagli di bilancio secondo lui difendono semplicemente gli interessi manifestamente ingiusti dei ricchi.

Al livello attuale delle imposte sul reddito e quelle di successione, questo fondo di riserva col quale gli interventisti cercano di coprire tutte le spese pubbliche va rapidamente esaurendosi. In molti paesi europei è praticamente scomparso del tutto. Negli Stati Uniti i recenti progressi dei tassi fiscali hanno prodotto soltanto risultati trascurabili sulle entrate, al di là di quanto si sarebbe ottenuto con una progressione che si fosse arrestata a tassi molto più bassi. Gli alti tassi di sovrimposizione per i ricchi sono molto popolari fra dilettanti demagoghi e interventisti, ma essi assicurano soltanto modeste aggiunte all'entrata.[1] Di giorno in giorno diventa sempre più ovvio che larghe aggiunte all'ammontare della spesa pubblica non possono essere finanziate "spremendo i ricchi," ma che gli oneri debbono essere sopportati dalle masse. La politica fiscale tradizionale dell'era interventista, i suoi magnificati strumenti della tassazione progressiva e della spesa generosa, sono stati spinti ad un punto in cui la loro assurdità non può più a lungo essere celata. Il noto principio che, mentre le spese private dipendono dalla dimensione del reddito disponibile, gli introiti pubblici si debbono regolare secondo le spese, si confuta da sè. Da qui in poi, i governi dovranno rendersi conto che un dollaro non può essere speso due volte e che le varie voci della spesa governativa stanno in mutuo conflitto. Ogni soldo addizionale di spesa governativa dovrà essere raccolto proprio da quella gente che sin qui si è preoccupata di trasferire gli oneri principali ad altri gruppi. Coloro che mirano a ottenere sussidi dovranno pagarseli da sè. Le perdite delle imprese gestite e possedute da enti pubblici verranno gravate sulla massa della popolazione.

La situazione del nesso datore-impiegato sarà analoga. La dottrina popolare sostiene che i salariati ottengono "guadagni sociali" a spese del reddito non guadagnato delle classi sfruttatrici. Gli scioperanti, si dice, non scioperano contro i consumatori ma contro "la direzione." Non vi è ragione di aumentare i prezzi dei prodotti quando i costi del lavoro sono aumentati; la differenza deve essere sopportata dai datori di lavoro. Ma quando la parte degli imprenditori e dei capitalisti viene sempre più assorbita da tasse, saggi salariali elevati e altri "guadagni sociali" degli impiegati e da prezzi di calmiere, nulla rimane per questa macchinosa funzione. Allora diventa evidente che ogni aumento salariale, con tutta la sua efficacia, deve influenzare i prezzi dei prodotti e che i guadagni sociali di ogni gruppo corrispondono esattamente alle perdite sociali degli altri gruppi. Ogni sciopero diventa, anche nel breve e non soltanto nel lungo andare, sciopero contro il resto della popolazione.

Un punto essenziale della filosofia interventista è l'esistenza di un fondo inesauribile che può essere spremuto senza fine. Tutta questa dottrina crolla quando questa fonte è prosciugata. Il principio di Santa Claus si elimina da sè.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Negli Stati Uniti il saggio di sovrimposta nella legge del 1942 era del 52% sul reddito imponibile tra $22,000-26,000. Se la sovrimposta si fosse arrestata a questo livello, la perdita d'entrata nel 1942 sarebbe stata di circa $249 milioni, ossia il 2.8% dell'imposta sul reddito totale individuale per sudetto anno. Nello stesso anno i redditi totali netti nelle classi di reddito da $10,000 e oltre erano di $8,912 milioni. La confisca completa di questi redditi non avrebbe prodotto un gettito di imposta come quello ottenuto in questo anno da tutti i redditi imponibili, cioè $9,046 milioni. Cfr. A Tax Program for a Solvent America, Committee on Postwar Tax Policy (New York, 1945), pagg. 116, 117 e 120.

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6 commenti:

  1. Credo che il pezzo di oggi calzi particolarmente anche alla tragedia italiana, dove le risorse estorte dal contribuente medio vengono sperperate in lungo e in largo l'autostrada interventista dello stato.

    Ultima porcata in ordine cronologico l'aumento di capitale della Banca d'Italia istituito per decerto-legge. Credo che, in fin dei conti conti, la classe dirigente rappresenti proprio questo: la sicurezza che con loro al comando queste porcherie passino lisce e senza troppi clamori come le stronzate di Krugman che appaiono sovente sul NyPo.

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  2. Mises non parla di ceto medio e da intellettualmente onesto non ha previsto il grado di perversione raggiunto dal sistema fiatmoney. I capitalisti di una volta sono oramai decaduti. Quelli della modernità sono clientes dell'erogatore centrale, bancario e/o politico di turno. Ricchi improduttivi se non foraggiati e ben contenti di sostenere le idee e le forze a la page politically correct, equo solidali, impegnate nel sociale, ...
    E non hanno alcun problema a pagare le tasse che per il resto evitano grazie a leggine ad hoc ed a profumate consulenze.
    Questo capitale fiat è socialista e democratico, non si impoverisce con questo sistema, anzi, ci prospera.
    E le tasse, infatti, colpiscono altrove, vanno a colpo sicuro. Non è il ricco cliente che va colpito, ma il poveraccio che si è dato da fare per migliorare la propria vita senza chiedere nulla a nessuno. Quello va spianato e reso uguale al resto del gregge questuante.

    Buon Natale a Noi!!!
    W la Libertà!

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  3. Nel frattempo vorrei augurare a tutti voi, cari lettori di Freedonia, buone feste... con un po' di buonumore: http://youtu.be/PhgGixOLn_Q

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  4. A parte tutti gli articoli di Francesco, tutti davvero speciali, nella mia classifica personale di Freedonia metto al primo posto per il 2013 Le confessioni di un QEaser, uomo Freedonia dell'anno ad E.Snowden, malvagio dell'anno allo sceicco saudita dei servizi segreti, sito dell'anno a Zerohedge.

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  5. Pollici in alto ed un applauso per il commento di Dna. :'D

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  6. buon natale a tutti gli amici di freedonia

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