Bibliografia

venerdì 13 dicembre 2013

Il colpo di grazia di Hutt a Keynes





di Hunter Lewis


[Introduzione a The Theory of Idle Resources (1939; 2011)]


Non sempre la genialità di una persona è qualcosa che viene ostentata. Vale soprattutto per William H. Hutt. Non c'era nulla di lui che potesse attirare l'attenzione. Nacque a Londra da genitori della classe operaia, si laureò in economia presso la London School of Economics nel 1924 , lavorò per una casa editrice di Londra ed emigrò in Sud Africa, dove teneva in segreto conferenze sull'economia, prima di andare in pensione e trasferirsi negli Stati Uniti nel 1965. Era gracile di corporatura e modesto nei modi, mai prepotente, sempre felice di vedere il trionfo altrui. Si definiva un economista classico, non apparteneva a nessun gruppo o movimento contemporaneo — molto facile da trascurarlo quindi, ma sarebbe stato un errore.

La mente di Hutt era fatta apposta per la logica. Poteva osservare le mille sfaccettature di un problema, disegnare ogni distinzione e sfumatura, poi penetrarvi fino in fondo. Nessun errore era al sicuro quando c'era lui e non batteva ciglio quando doveva dire la verità nuda e cruda.

La storia dell'economia moderna è piena di fallacie, a cominciare dai mercantilisti, continuando con Karl Marx, fino a John Maynard Keynes. Queste false idee hanno impoverito miliardi di persone e causato un'infinità di inutili sofferenze. Quando Keynes nel 1936 pubblicò la sua opera, The General Theory of Employment, Interest, and Money, un minestrone di fallacie supportate da confusione, definizioni mutevoli ed altri trucchi retorici, molti economisti la criticarono privatamente ma pochissimi lo fecero pubblicamente. Perché? Perché Keynes era un tipo intimidatorio, il miglior economista noto al mondo ed un polemista, nonché direttore dell'Economic Journal, un luogo di raccoglimento fondamentale per gli economisti di lingua inglese.

Nella prefazione a The Theory of Idle Resources, completato un anno dopo che apparve la General Theory di Keynes e pubblicato due anni dopo, nel 1939, Hutt dice senza mezzi termini: "Sono stato saggiamente consigliato a non toccare nessuna delle grandi polemiche che ha sollevato il suo contributo [la General Theory di Keynes]."[1] Ma poi, con una logica simile ad un laser, procede a demolire alcuni dei più importanti elementi intellettuali della teoria di Keynes. Inoltre lo fa, come dice lui, "in modo non tecnico per quanto possibile" così da permettere "al lettore che ignora i libri di testo economici di seguire il mio ragionamento da punto a punto e decidere sulla sua validità."[2]

La tesi di Keynes può essere semplificata come segue: la piena occupazione dovrebbe essere il nostro obiettivo. Il mercato non ce la porterà; c'è bisogno dell'aiuto dello stato. Ciò significa, in pratica, che lo stato dovrà continuamente stampare denaro al fine di ridurre i tassi di interesse, in ultima analisi, a zero[3] e anche prendere in prestito e spendere. I boom sono buoni ed anche le bolle economiche sono accettabili. Le recessioni ed i bust devono essere evitati a tutti i costi. Come scrisse Keynes: "Il rimedio giusto per il ciclo economico non è da ricercarsi nell'abolizione dei boom e quindi rimanere permanentemente in una semi-crisi; bisogna abolire la crisi e quindi rimanere permanentemente in uno stato di quasi-boom."[4]

In una serie di libri e articoli, Hutt ne ha sottolineato l'assurdità. Non si può creare ricchezza stampando semplicemente più soldi o prendendo in prestito e spendendo fondi che non possono essere rimborsati. Inoltre, la vera fonte della disoccupazione è un qualche disturbo nel sistema prezzi/profitti. Lo stato non può curarla intervenendo in modi che distorcono e disturbano ulteriormente questo sistema.

Nel suo Theory of Idle Resources, Hutt demolisce anche la premessa iniziale del pensiero di Keynes: dovremmo desiderare una condizione permanente di piena occupazione. Non solo la piena occupazione non è definibile; non è nemmeno auspicabile. Una breve riflessione mostrerà la verità di questa affermazione. Affinché possa crescere, l'economia deve cambiare. Affinché possa cambiare, gli asset ed i lavoratori devono essere spostati da dove sono meno necessari (meno produttività) verso dove sono più necessari (più produttività). Questi cambiamenti produrranno inevitabilmente disoccupazione temporanea. Se ci non fosse mai stata disoccupazione, e quindi nessun cambiamento economico, vivremmo ancora tutti nelle caverne, e ce ne sarebbero molti meno di noi, perché caccia e raccolta supporterebbero solo una piccola frazione della popolazione attuale.

Questa intuizione non è originale di Hutt. Lo scrittore economico Henry Hazlitt, un amico di Hutt, scoprì osservazioni simili in un articolo scritto da John Stuart Mill nel 1829-30 quando aveva 24 anni, e le raccolse nel suo Essays on Some Unsettled Questions of Political Economy. Il saggio di Mill smentisce del tutto la falsa tesi di Keynes secondo cui gli economisti "classici" davano semplicemente per scontato che ci sarebbe sempre stata "piena occupazione." Ma Hutt si spinge oltre nell'esame della disoccupazione. Egli, infatti, non si limita ad esaminarla, ma analizza la disoccupazione come parte di un fenomeno più ampio concernente risorse produttive inutilizzate o inattive, compresi terreni, impianti, attrezzature e denaro, nonché lavoratori.

Il ragionamento attento di Hutt dimostra, attraverso una varietà di illustrazioni, che non possiamo raggruppare (e quantificare falsamente) tutte le complessità della scelta e dell'azione umana che avvengono all'interno di un sistema di prezzi/profitti. Ciò che appare come ozio non produttivo può effettivamente essere molto produttivo, addirittura essenziale per il buon funzionamento del sistema. Per un ingegnere altamente qualificato, ma disoccupato, è più produttivo riempire le buste della spesa ed essere pagato, o investire il tempo senza paga in cerca di un lavoro come ingegnere? Se lui o lei ha intrapreso il lavoro di imbustatore, Keynes presumibilmente ne sarebbe soddisfatto; saremmo più vicini alla piena occupazione. Ma l'economia non sarebbe produttiva, perché il suo scopo è quello di creare nuovi posti di lavoro.

Questo ci porta al concetto cruciale di Hutt sul rapporto di lavoro non ottimale, non pienamente risolto in questo libro, ma un contributo fondamentale per il pensiero economico. L'intervento del governo per stimolare l'economia e aumentare l'occupazione non solo riduce l'occupazione nel lungo periodo, ma crea un enorme quantità di "lavoro non ottimale": incapacita le persone a trovare il lavoro per cui sono più adatte.

Un semplice esempio: la bolla immobiliare statunitense che è scoppiata nel 2007-2008. Dal 2002-2008 la stampa di denaro fuori controllo della Federal Reserve ed una miriade di altre politiche e programmi governativi hanno fatto esplodere la bolla. Milioni di persone non particolarmente adatte al settore edile ci sono finite lo stesso e hanno costruito case che, alla fine, nessuno voleva. Quando la bolla è scoppiata, anche i lavoratori più capaci si sono improvvisamente ritrovati senza un lavoro nel settore edile.

Il problema di fondo è che, contrariamente a quanto dice Keynes, non vogliamo l'occupazione fine a se stessa. E' un mezzo, non un fine. Ciò che vogliamo è un'economia produttiva, e lo stimolo del governo ci dà, come disse Henry Hazlitt, "una produzione sbilanciata, una produzione mal indirizzata, una produzione di cose sbagliate ... [il tutto conduce inesorabilmente] alla disoccupazione ed alla mal-occupazione."[5]

Nel parlare di occupazione ottimale contro quella subottimale, Hutt, maestro di logica, stava disegnando una distinzione logica tra qualità e quantità. Questa è una distinzione scomoda per i macroeconomisti Keynesiani; non c'è spazio per la qualità nelle loro equazioni. Ma in economia, come nella vita in generale, la qualità è più importante della quantità.

Questo è vero soprattutto negli investimenti. Keynes disse che qualsiasi investimento è meglio di nessun investimento.[6] In effetti, in assenza del suo stato indefinibile di piena occupazione, pensava che qualsiasi spesa, se al consumo o in investimenti, era meglio che nessuna spesa. Ecco perchè il governo deve continuare a stampare soldi: la conseguente riduzione dei tassi di interesse dovrebbe incoraggiare sempre più investimenti e spese.

Ci sono molte ragioni per cui questa è una sciocchezza, ma è sufficiente ricordare che i tassi di interesse sono un prezzo. Sono "grandi prezzi" che influenzano l'intera economia. L'obiettivo principale dei prezzi in un sistema di mercato è quello di inviare segnali su quello che vogliono i consumatori e sulla relativa disponibilità o scarsità di risorse. Quando il governo interviene per ridurre i tassi di interesse, manomette questo sistema di segnalazione, cosa che a sua volta porta gli investitori a prendere decisioni che, a lungo andare, si riveleranno sbagliate, come l'euforia della bolla tecnologica negli anni '90 o quella immobiliare negli anni 2000 — decisioni sbagliate che alla fine non portano all'occupazione, ma alla disoccupazione di massa.

Il concetto di Hutt di occupazione non ottimale si applica agli asset produttivi così come alle persone. Contrariamente a quanto dice Keynes, è meglio che le risorse produttive rimangano inattive per un po' di tempo piuttosto che essere usate impropriamente. I risparmiatori non sono "accaparratori," come sosteneva Keynes, quando tengono il loro capitale al di fuori di una bolla economica. Al contrario, stanno fornendo un servizio economico immenso, assicurando che ci sarà ancora capitale da investire dopo che scoppierà la bolla. Come dice Hutt, la "disponibilità" di una risorsa, se impianti, attrezzature, lavoratori o denaro, può di per sé rappresentare un servizio. Un altro motivo per cui risparmiare (ad esempio) oro non rappresenta accaparramento, ancora una volta in contrasto con quanto dice Keynes, è che l'acquirente e il venditore di oro scambiano semplicemente contanti per metallo prezioso, vale a dire, una forma di denaro per un altro. Il denaro non viene affatto ritirato dalla economia.

A differenza di Keynes, Hutt non aspirava al mondo della politica o finire in grandi imprese. Si annoverava tra "coloro [...] che non stanno vendendo politiche in cambio di potere,"[7] e traeva piacere nel correggere gli errori logici, grandi o piccoli. E' meglio conosciuto per aver ristabilito la legge di Say dopo la distorsione di Keynes e del suo tentativo di demolirla; ma gran parte del suo contributo intellettuale è sulla disoccupazione, soprattutto in The Theory of Idle Resources.

Nonostante tutto, Hutt apprezzava come funzionasse realmente il mondo. Ad esempio, Keynes parlava di "proventi che gli imprenditori si aspettano di ricevere dal lavoro di N [inserire un numero] uomini."[8] Gli imprenditori, naturalmente, non la pensano in questo modo perché inseriscono prodotti, prezzi e costi, di cui i dipendenti ne sono uno, nel calcolo del profitto. La parola profitto è quella che Keynes evita, per quanto possibile, nella sua General Theory, anche se negli scritti precedenti riconobbe il suo ruolo centrale nel guidare l'economia.

Hutt osserva, inoltre, che "non possiamo addizionare, per esempio, il numero di ore di utilizzo di una locomotiva, della pista e dei segnali. Allo stesso modo, non si può aggregare l'impiego del macchinista, del vigile del fuoco, della guardia e del segnalatore."[9] Keynes cerca di aggirare la difficoltà di aggregare il lavoro in modi quantificabili dicendo che "gli individui contribuiscono all'offerta della manodopera in proporzione alla loro remunerazione."[10] Hutt ribatte che:

Tale definizione del rapporto di lavoro conduce a risultati assurdi. Se i lavoratori organizzandosi potessero spostare il 10% del loro numero in occupazioni di livello inferiore, riducendo del 10% la quantità di lavoro fornita ma aumentando gli utili aggregati, diciamo, del 20%, allora la percentuale di tutta l'occupazione e la percentuale del totale del lavoro da essi fornita dovrebbero essere considerate in aumento![11]

Come suggerisce la citazione qui sopra, Hutt non era un fan dei sindacati. Egli fu, per quanto ne sa questo scrittore, il primo economista a spiegare perché un aumento dei salari guadagnato dai sindacati proveniva in realtà dalle tasche di altri lavoratori e non dai profitti dei datori di lavoro, un punto che è ormai ben consolidato ma ancora poco compreso. Ciò è vero, in termini semplici, perché i salari elevati riducono l'occupazione nei settori sindacalizzati, aumentando quindi l'offerta di lavoro in altri settori, cosa che a sua volta riduce i tassi di lavoro non sindacalizzati. Inoltre, i lavoratori sono anche consumatori e potrebbero dover pagare di più per i beni in settori sindacalizzati. Come regola generale, Hutt ha osservato che: "i più poveri [...] soffriranno di più come consumatori."[12]

Anche se nemico dei sindacati, Hutt si considerava un populista, nel senso di volere il meglio per la gente comune e soprattutto per i poveri. Si definiva anche un "egualitarista," una parola che è di solito va a braccetto col socialismo. Come poteva essere un sostenitore del libero mercato ed al contempo un egualitario autodefinito? Forse perché, a suo avviso, il libero mercato produce più pari opportunità di qualsiasi altro sistema.

Hutt spiega:

La chiave per comprendere i principali problemi economici e sociologici odierni la troviamo, a mio parere, nella lotta contro gli effetti egualitari del capitalismo competitivo. La competizione ed il capitalismo sono oggi odiati perché tendono a distruggere più rapidamente la povertà ed il privilegio rispetto al controllo ed alle aspettative stabilite dalle protezioni. Di conseguenza abbiamo che gli interessi privati si uniscono per frenare questo processo ed invitano lo Stato ad intervenire per fare lo stesso; e se la resistenza non viene espressa attraverso la politica monetaria, il contenimento assume la forma di restrizioni alla produzione. Qui nasce uno scontro tra quelli che ho chiamato "sistema produttivo" e "sistema distributivo"; e l'ozio dispendioso, sia nel lavoro sia nelle cose fisiche, sembra essere dovuto al conseguente contenimento del potere produttivo — un freno imposto immediatamente [dallo stato] in difesa degli interessi privati, ma [reso meno doloroso dai salari minimi e dai sussidi di disoccupazione che in ultima analisi portano solo a salari più bassi ed a più disoccupazione].[13]

Alcuni dei poveri sono disposti ad accettare il welfare dello stato piuttosto che cercare di migliorare le proprie prospettive? Se è così, dice Hutt, non dobbiamo necessariamente considerarli pigri o irrazionali. Possono solo rendersi conto che il sistema capitalista clientelare che prevale attualmente è assolutamente contro di loro.[14]

Se vogliamo davvero ridurre la disoccupazione e la povertà, continua Hutt, dobbiamo fare qualcosa per questo capitalismo clientelare, per le sue imprese privilegiate, i suoi monopoli, il suo supporto statale e la sua politica monetaria e fiscale fuori controllo. Tali sistemi monopolistici creano una "scarsità artificiale," uno "spreco forzato," ed altri risultati del tutto irrazionali. La disoccupazione e la povertà sono semplicemente "indizi della sua presenza,"[15] del "trionfo [degli] [...] interessi privati [...] sugli interessi sociali."[16]

Hutt predisse anche che questo problema sarebbe peggiorato. In un passaggio particolarmente acuto, spiegò perché il sistema sanitario sarebbe crescentemente finito nel quadro monopolistico del capitalismo clientelare.[17]

Come il lettore potrà vedere a breve, il lavoro di Hutt in The Theory of Idle Resources è veramente senza tempo, ed essendo tale è altrettanto fresco e pertinente oggi così come lo era quando venne pubblicato nel 1939.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] William H. Hutt, The Theory of Idle Resources, p. xiv.

[2] Ibid., p. XV.

[3] John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and Money (Amherst, N.Y.: Prometheus Books, 1997), p. 220.

[4] Ibid., p. 322.

[5] Henry Hazlitt, The Inflation Crisis (New Rochelle, N.Y.: Arlington House, 1978), p. 79.

[6] Keynes, The General Theory, p. 327.

[7] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 92.

[8] Keynes, The General Theory, p. 25.

[9] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 6.

[10] Keynes, The General Theory, p. 42.

[11] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 6.

[12] Ibid., p. 64.

[13] Ibid., p. XVI.

[14] Ibid., p. 44.

[15] Ibid., p. 74.

[16] Ibid., p. 106.

[17] Ibid., pp. 61–62.

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11 commenti:

  1. Grazie Francesco!
    Un altro genio dimenticato di cui non sapevo proprio nulla.

    Tutto ciò che ho appreso e compreso frequentando questo magnifico sito blog equivale ad un percorso esoterico verso la rivelazione, l'illuminazione. Ciò che era oscuro adesso è chiarito. Ciò che non si vedeva adesso risplende.

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  2. Ottimo articolo. Conciso e molto chiaro. A proposito di Hazlitt, ha scritto una delle poche smentite alla teoria generale di Keynes (http://mises.org/document/3655/Failure-of-the-New-Economics). E poi c’è Gary North, che sta promuovendo The Keynes Project (http://www.garynorth.com/public/department135.cfm), una critica profonda e, sperabilmente, definitiva di Keynes.

    Enrico
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    http://pulgarias.wordpress.com

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  3. Come andrà a finire?
    Ce lo spiega Bagus

    http://mises.org/daily/6609/How-the-Paper-Money-Experiment-Will-End

    http://www.youtube.com/watch?v=201B60N6ZsA

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  4. Grazie a tutti.

    Japan Seeks to Strengthen Arms Industry Amid China Tensions

    Questa i Keynesiani la chiamano crescita economica, signori e signore, vantandosi dei dati industriali in aumento per il paese nipponico. Stampare denaro e canalizzarlo negli armamenti bellici per creare "posti di lavoro"... uhm... ricorda vagamente qualcosa...

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  5. Per fortuna che da noi hanno abolito il finanziamento pubblico ai lestofan... Ops ai partiti politici.
    Solo che non è vero!

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  6. http://www.agoravox.it/Abolito-il-finanziamento-pubblico.html

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  7. Ah, dimenticavo!
    Buona Santa Lucia a tutti!
    Tenete gli occhi bene aperti!

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  8. Son troppo forti questi qua! La faccia come il culo.
    Per anni hanno detto che l'oro era in bolla... Ed ora negano l'evidenza!!!
    Ma il peggio del peggio sono quei nostri concittadini, statalisti genetici, affascinati da carte di credito e similari. La carta di credito fa sentire ricco anche un morto di fame!
    Poracci! La lotta al contante fa proseliti...
    Gente che le beve tutte, ma proprio tutte... Col cervello foderato... altro che occhi!

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  9. Catastrofismo?
    http://www.zerohedge.com/news/2013-12-13/faber-rogers-dent-maloney-stockman-%E2%80%93-what-do-they-say-coming-2014

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  10. Ciao Dna.

    Beh, il panorama economico mondiale è letteralmente una polveriera. Non mi sorprenderebbe se l'anno prossimo scoppiasse la bolla azionario negli USA, ad esempio. Il deficit federale è stato diminuito a $600 miliardi ed il prossimo anno si rinnoverà il balletto intorno al tetto del debito, se ci aggiungiamo anche un presunto tapering la recessione sarà sicura.

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