Questo è uno di quegli articoli che avrei dovuto presentare tempo addietro, uno che cerca di instillare un pizzico di buon senso nel lettore. Dopo tutto sono qui per questo; soprattutto ora che le sirene della svalutazione monetaria si fanno più rumorose e squillanti. Un certo pool "accademico" italiano continua a rompere i timpani dei suoi ascoltatori con continue note stridule circa la bellezza di una valuta deprezzata. Oggi, quindi, vedremo perchè questo non è vero, bensì è vero il contrario. Ma prima di procedere vorrei analizzare brevemente una domanda spesso sorvolata: perché essere disposti ad accettare una svalutazione monetaria? Davvero banchieri, speculatori ed imprenditori sono così "stupidi"? La risposta è ovviamente no; ogni qual volta c'è un'espansione artificiale dell'offerta di denaro il mercato è come se finisse vittima del cosiddetto dilemma del prigioniero. Infatti chi si volesse estraniare dalla gozzoviglia fornita dai persunti pasti gratis, perderebbe profitti e quote di mercato rispetto a chi vi si butterebbe a capofitto (e in caso di necessità verebbe salvato dal denaro del contribuente, es. TARP). L’emissione di credito a buon mercato, e la relativa distorsione del panorama economico, incentiva le banche a concedere prestiti rischiosi (es. finanziamenti bellici, finanziamenti dei deficit, ecc.) ma proficui. Per non parlare dei prestiti ipotecari su cui si è fondata la bolla immobiliare; sono stati concessi mutui pericolosi perché c’era la consapevolezza che entità spalleggiate dal governo (come Fannie Mae e Freddie Mac) avrebbero rastrellato la monnezza in circolazione con l’aiuto di un cartello di agenzie di rating che vi avrebbe apposto il bollino “AAA." Allora, diventa chiaro che il problema non risiede tanto nelle banche piuttosto in due altre entità: il governo e la banca centrale. Sono loro i “garanti” del nostro attuale casino finanziario.
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di David Howden
Se si ascoltano alcuni commentatori, si potrebbe pensare che i dolori del deficit commerciale americano potrebbero essere miracolosamente leniti da una rapida svalutazione. Un greenback molto apprezzato rende le importazioni "troppo a buon mercato" e incentiva gli americani a comprare dai loro concorrenti stranieri. Il corollario è che un dollaro costoso renderà poco attraenti gli esportatori americani agli occhi del resto del mondo. Il risultato è un deficit commerciale, in base al quale gli americani importano di più di quanto esportano ogni anno, un fenomeno che sembra essere peggiorato soprattutto all'inizio degli anni '70.
Eppure val la pena commentare due effetti del rapporto standard tra una valuta debole e la salute economica di un paese. In primo luogo, è vero che il tasso di cambio indebolito rende le proprie esportazioni più economiche? In secondo luogo, esistono effetti secondari nocivi se si persegue una politica di indebolimento della moneta? Cerchiamo di affrontare entrambi i punti usando il Giappone e lo yen come esempio.
Una moneta forte è generalmente vista come un'arma a doppio taglio. Mentre la maggior parte delle persone gode a guardare il proprio estratto conto bancario con tanti soldi dentro, possono continuare ad agire così solo se quei soldi significano qualcosa. Le valute forti consentono ai possessori di denaro di godere di merci importate in quantità maggiore — viaggi all'estero, o elettronica esotica più accessibile. Il rovescio della medaglia è che i produttori di questi beni — coloro con una moneta relativamente in rafforzamento — sono in genere visti come uno svantaggio di costo.
Alcune evidenze aneddotiche dal Giappone degli ultimi anni 20 mettono in dubbio questo ragionamento.
Lo scorso ottobre il dollar/yen ha raggiunto un minimo storico di circa 76.5. Dal momento che una moneta forte richiede un minor numero di unità per acquistarne un'altra, più è bassa questa cifra, più forte sarà la moneta. Questo ha segnato un apprezzamento del 55% negli ultimi dieci anni, ed un apprezzamento del 75% negli ultimi 40 anni. Eppure in tutto questo periodo il mercato delle esportazioni giapponesi è rimasto notevolmente resistente. Dal 2000 l'economia giapponese è riuscita a mantenere in media un saldo commerciale positivo, a circa il 6% del PIL, anche con questa moneta forte.
Confrontiamo tutto ciò con l'America, la quale è insuperabile in due aspetti. In primo luogo, sin dal 2000 il dollaro ha costantemente subito ribassi sui mercati dei cambi. In secondo luogo, la bilancia commerciale degli Stati Uniti ha solo visto un piccolo miglioramento. Dopo aver raggiunto un livello negativo del 6% del PIL nel 2008, la bilancia commerciale ha mostrato un miglioramento marginale, ma rimane ancora pesantemente in territorio negativo.
Il tasso di cambio rappresenta solo una parte del costo totale che uno straniero deve pagare per importare un bene. Non meno importante è il costo effettivo del bene nella propria unità monetaria nazionale. Esattamente un secolo fa Ludwig von Mises dedicò un intero capitolo a questo problema, delineando la fallacia del perché una valuta deprezzata non si tradurrebbe necessariamente in forti esportazioni.
Un modo — il modo sostenuto dalla maggior parte degli esperti — per indebolire la propria valuta è quello di svalutarla. Tuttavia tale processo produce due effetti. Uno è l'ambito deprezzamento del tasso di cambio. L'altro, e forse l'effetto più importante, è un aumento dell'inflazione interna. Che differenza fa per l'importatore dei nostri beni se il dollaro americano vale ora il 5% in meno e l'inflazione americana ha aumentato del 5% il prezzo che l'importatore paga in dollari? L'effetto è nullo.
A questo proposito il Giappone fornisce un'interessante caso di studio. Nonostante decenni di rafforzamento dello yen, il livello dei prezzi interni è rimasto stagnante. La deflazione in Giappone ha recentemente eroso il prezzo interno delle merci. Gli stranieri, dal canto loro, devono pagare un prezzo più elevato grazie all'apprezzamento dello yen. Ma pagano il prezzo più alto con un minor numero di unità di denaro a causa della deflazione. Nessun danno, nessun fallo, si potrebbe dire.
Eppure l' effetto va oltre. I produttori giapponesi hanno accedono ai mercati delle importazioni sostenendo esborsi inferiori. Composto da una serie di isole ed una delle economie più grandi del mondo, il Giappone manca di molte delle risorse naturali necessarie per essere una potenza mondiale. Uno yen forte permette a questi produttori di accedere a risorse straniere ad un costo basso, pur mantenendo i loro prezzi di vendita. I profitti sono consistenti. Anche i consumatori ne beneficiano. Molti giapponesi sono viaggiatori ben stagionati, in grado di girare il mondo con i loro preziosi yen. La qualità della vita dei consumatori giapponesi è elevata — completa di grandi foto delle vacanze — grazie alla forte posizione che hanno nel mondo. Questa posizione è riconducibile allo yen.
Se vogliamo una buona immagine dell'effetto netto di queste due forze, possiamo rivolgere la nostra attenzione al tasso di cambio reale. Il livello dei prezzi giapponese rispetto a quello degli Stati Uniti mette in evidenza la storia della competitività.
Mentre il tasso nominale continua a salire, il tasso reale è diminuito costantemente per oltre 15 anni. In effetti, in termini reali, lo yen è a buon mercato oggi come lo era nel 1986. Solo un'analisi superficiale che si concentra esclusivamente sul tasso nominale vi farebbe pensare che i produttori giapponesi sono in svantaggio.
Se oggi i politici americani sono preoccupati che senza un dollaro debole le imprese americane falliranno, dovrebbero prendere una lezione dal Giappone. Una valuta costosa non si traduce in prodotti costosi. Infatti, spesso può significare esattamente l'opposto. Mentre le pressioni inflazionistiche si affievoliscono, i prezzi rallentano la loro ascesa, o nel caso del Giappone, declinano un po'. Poiché questi prezzi diminuiscono, ci vuole un minor numero di unità di valuta per acquistare un bene. Anche se si potrebbe pagare un po' di più per comprare ogni yen, ne sono richiesti di meno per gli acquisti di beni.
Per finire con un punto logico, e per introdurre una reductio ad absurdum, i politici americani dovrebbero riflettere sul perché non sostengano un'inflazione galoppante. Certo, se inflazionano a sufficienza il dollaro esso diminuirà sicuramente di valore sui mercati dei cambi. Ma a quale costo? L'americano medio ne uscirebbe impoverito, e lo straniero medio probabilmente noterebbe pochi effetti: il guadagno sul mercato dei cambi, potrebbe essere cancellato da un prezzo maggiorato sul mercato americano interno.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/credito-non-uguale-tutti/a6753120-3f2d-11e3-849f-64e2eb8e7cda.shtml
RispondiEliminaUn caso da manuale... Cantillon.
Ma state certi che i gabanellati lo spiegheranno diversamente. Delle espansioni monetarie operate dalle banche centrali non ne sanno nulla. E se lo sanno le approvano. Purchè i soldi vadano dove dicono loro, cioè nel gran calderone del welfare statale.
http://www.youtube.com/watch?v=JoHW-Tk-d-k
"Quegli autori e politici che hanno fatto diventare la scarsità di denaro la presunta fonte di tutti i mali ed hanno invocato l'inflazione come panacea, non dovrebbero essere più considerati economisti bensì 'sciroccati.' E' una lotta tra i sostenitori di una moneta sonante e gli inflazionisti, ed è una lotta che è andata avanti per decadi. Ma non dovrebbe essere considerata una controversia tra varie scuole d'economia, ma un conflitto tra economisti ed anti-economisti, tra uomini ragionevoli e zeloti ignoranti."
RispondiElimina-- L. von Mises
La disconnessione tra prezzi ed economia è qualcosa di disarmante. Le distorsioni delle banche centrali hanno indebolito oltremisura quel meccanismo di mercato che segnalava agli attori economici dove mettere i soldi e la relativa redditività. La liquidità infinita delle banche centrali ha sfasciato tutto. L'illusione spacciata dai pianificatori centrali oggigiorno di una presunta e rinnovata stabilità è qualcosa di allucinante, dato che le banche commerciali detengono quote maggiori di debito statale e continuano a farci crogiolare nella falsa affermazioen che esistono pasti gratis e lo stato può fornirli ad libitum.
E indovinate un po'? Più della stessa cosa è in arrivo:
In Fed and Out, Many Now Think Inflation Helps
Redistribuzione della miseria in arrivo. Poi tutti a votare il nuovo fornitore di sussidi.
RispondiEliminaCiao Francesco,
RispondiEliminasecondo me, stavolta, a differenza degli anni 70 ed 80, fanno i conti senza l'oste (del loro megadebito).
Non le mitiche forze eterne ed immutabili del libero mercato, che arrivano sempre alla fine della "festa" (il famoso "quando?") a ribaltare il sistema e chi ne dipende e c'ha creduto (ma non chi l'ha ordito, che cmq se la cava e si ricicla grazie al potere accumulato), ma i molto più prosaici e pragmatici Cinesi, che cominceranno a sbarazzarsi più velocemente di tutti quei coriandoli senza valore che saranno i dollari svalutati al 5-6% annuo per almeno un lustro.
La guerra delle valute finirà molto male per la carta irredimibile.
una nuova tesi: l inflazione rivaluta la moneta: se oggi ho 100 euro e compro 150 dollari per una vacanza in usa, se domani la vacanza costa 200, devo comprare piu dollari. il dollaro per me si è rafforzato, perché devo usare piu euro di quanti ne avevo messi da parte. :)
RispondiEliminaa me sembra tutto un grande circo
preciso, riprendendo dall articolo:
RispondiEliminacostano di più, ce ne vogliono di meno;
costano di meno, ce ne vogliono di più;
chi la fa franca?
dei nuovi ricordi: nei decenni scorsi, al tempo delle varie svalutazioni competitive, le lire italiane venivano acquistate all'estero come valuta di riserva per salvaguardare i risparmi ed i capitali...
RispondiEliminaEra in assoluto la valuta più sana e richiesta dagli investitori di tutto il mondo, e soprattutto tedeschi e francesi,...
Tutti volevano comprare buoni del tesoro italiano e vivevamo tutti alla grande...
se la valuta è lasciata libera, manifesta il valore di un area economica. e muta al mutare di quella. c erano svalutazioni di mercato. certe volte bankitalia cercava pure di resistere. ma la speculazione, il filantropo benefattore soros, che manda pistolotti che pare la boldrini, il mercato lo faceva lui, piu che scommetterci lo creava. sempre merito del fiat ovviamente. se manipolata costantemente dalle bkC. è un delirio. siamo in pieno dilemma del prigioniero tra banche centrali.
RispondiEliminaps non mi avete detto nulla sulla moneta creata dal diritto, mi pareva una cosa fichissima...
Forse, gdb, la moneta creata dal diritto avrebbe a che fare con concetti come la reputazione ed il rischio reputazionale.
RispondiEliminaIl fiatdollar sta perdendo del tutto la reputazione buona ed a forza di QE aumenta il suo rischio reputazionale.
Oramai se ne sono accorti in troppi. Ma gli unici che possono contestarlo sono i BRICS. Le bc invece cercano di rovinare la reputazione della valuta alternativa alla carta fiat: l'oro.
Ed infatti dovrebbero esser denunciate per ingiurie e diffamazione. :)
Questa partita è la Storia ignota ai più.
in tema del post di oggi (mises antibuddista e filosofo dell azione) l idea della moneta debito al servizio ideologico dello scientismo progressista e del potere infinito della tecnologia, che abbiamo espresso piu volte...
RispondiEliminal azione umana...
ma secondo voi, se non è stimolata (dal debito, ad esempio), se gli esseri umani non vengono in qualche modo incasinati e messi in una situazione di bisogno...
produrrebbero o ciondolerebbero tutto il giorno in modo buddista, anche se un po ubriachi, al bar?
ps. francesco, ma quel zibordi, che anche se certamente non stupido, mi pare un pò squlibrato, ma è veramente apprezzato come analista, o sono i fan che gli fanno pubblicità?
Scrivere che lo yen ha raggiunto un minimo di 75 non è corretto. Bisognerebbe dire che il dollar/yen(usd/jpy) ha raggiunto un minimo di cira 76.50 e non 75 ;-).Vale a dire che lo yen ha raggiunto un max nel rapporto di cambio con il dollaro.
RispondiEliminaIMHO zio bordo come trader e anal ista non vale granchè, è solo uno dei tanti che disegna linee su un chart in scala lineare. Se poi consideriamo che è uno dei sostenitori cd MMT allora meglio glissare completamente sul personaggio
Refusi corretti.
RispondiEliminaNon ho mai avuto modo di conoscerlo come analista perché non ho mai letto qualcosa di suo riguardo il trading. Si dice che se la cavi, ma l'alchimia economica sparsa da monitor su monitor non mi interessa. Soprattutto dau n personaggio che si erge a monumento della MMT. Brividi.
Inoltre gdb mi ha fatto pensare ad una cosa. Sguazziamo nel debito, eppure c'è l'euro che svaluta meno degli altri quindi sembra un po' meno brutto degli altri. Dove sono i prezzi in discesa? Non ci sono perché dall'altro lato i vari stati stanno ammazzando l'imprenditoria e di conseguenza la domanda monediale di beni e servizi. Risultato? Offerta in calo e prezzi levitanti. Le ultime cifre del Baltic Dry Index stanno a significare proprio questo. Se non fosse per la Cina, il crack sarebbe stato accelerato non di poco...
Guardate questo video di Ron Paul. La cosa da rimarcare, secondo me, sono i dubbi avanzati per quanto riguarda i soldi dati all'estero a banche centrali, commerciali e corporazioni. Insomma, così si spiegherebbe ancora una volta come lo zio Mario stia ancora dormendo bene la notte. Non sarebbe una novità questa, ma val sempre la pena ricordarlo.
RispondiEliminatemo che la mmt sia l esito inevitabile di tutto sto casino fiat. gia col chicago plan c erano andati vicini. se rensare che a friddman piaceva, e keynes era contrario...
RispondiEliminauna domanda, ma se l'euro non è il nostro problema (da un punto di vista di valuta forte su un'economia inefficiente), tuttavia non credo che la thatcher (a parte i rilievi politici contro il superstato europeo che immagino condividi) possa essere accusata di essere keynesiana o MMTers, e i suoi rilievi sull'euro si sono rivelati ahime veri.. http://www.youtube.com/watch?v=P8hpXG-206Q
RispondiEliminad altra parte i greenbakers nella storia hanno avuto i loro momenti di gloria. è un alternarsi sulla detenzione del potere monetario. invece che allo scontro finale, potremmo assistere alla fusione definitiva tra banchieri e stato, coi banchieri centrali organici, consustanziali se non IL potere statale. anche se forse in qualche modo è gia così. in europa è diverso che in usa, laddove sembra ancor piu probabile, sia per come opera la fed, che per l imperialismo della nazione patria del "nuovo eccezionalismo" (che prima era: siamo un eccezione, ora è siamo eccezionali). in europa la bkC non rilascia piu riserve (ovviamente, come diceva bagus; e sempre relativamente, eh?nel senso non a piacimento degli stati!). allora le banche e gli stati rientrano a forza su beni reali. squilibri, crisi, forse sommosse. a quel punto unione politica e mmt. i black block sono funzionali all unione politica.
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